mercoledì 22 maggio 2019

Cucchi, il Viminale sarà parte civile.



Nel processo depistaggi. Lo hanno chiesto anche l'Arma e la Difesa. Coinvolti otto carabinieri, tra cui ufficiali. Ilaria: 'E' un fatto senza precedenti'.


L'Arma dei carabinieri e il ministero della Difesa hanno presentato istanza di costituzione di parte civile nel corso dell'udienza preliminare di oggi a Roma che vede coinvolti otto carabinieri, tra cui anche ufficiali, accusati di depistaggio sul caso della morte di Stefano Cucchi. Il Gup si è riservato di decidere. A presentare istanza è stata anche la famiglia Cucchi, l'appuntato Riccardo Casamassima, gli agenti di plizia penitenziaria, il Sindacato dei Militari e Cittadinanzattiva.

La richiesta era stata avanzata anche dal Viminale e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dato il via libera con una lettera all'Avvocatura dello Stato.
"Il fatto che l'Arma abbia chiesto di costituirsi parte civile, nel procedimento che vede coinvolti otto carabinieri per i depistaggi sul caso della morte di mio fratello, è un fatto senza precedenti. La dedico a tutti coloro che continuano ad insinuare che la famiglia Cucchi è contro l'Arma e viceversa. Questo è un momento di riavvicinamento tra cittadini e istituzioni". Lo ha detto Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il detenuto morto nel 2009. "In vicende come la nostra - ha aggiunto Ilaria Cucchi - troppe volte ho visto i sindacati di polizia intromettersi contro le nostre famiglie. In quest'aula per la prima volta un sindacato - ha aggiunto Ilaria Cucchi riferendosi all'istanza di costituzione di parte civile da parte del sindacato dei Militari - si è schierato al nostro fianco e non contro di noi. Questo lo dedico al signor Gianni Tonelli", l'ex segretario generale del sindacato di polizia Sap e parlamentare della Lega, che denunciò Ilaria Cucchi per diffamazione.
"Le forze dell'ordine sono un esempio di professionalità e dedizione che ci fa essere orgogliosi: per colpa di poche mele marce non possiamo accettare che vengano infangate tutte le divise. È questo che ha motivato la costituzione di parte civile del Viminale nel processo Cucchi: mi auguro finiscano gli attacchi e le insinuazioni contro tutte le donne e gli uomini che tutti i giorni vigilano sulla sicurezza degli italiani", dice il ministro dell'Interno Matteo Salvini.

martedì 21 maggio 2019

Morto Niki Lauda, leggenda della F1. - Vincenzo Piegari

Niki Lauda © ANSA


Dai tre titoli Mondiali, di cui due con la Ferrari, all'incredibile finale del campionato 1976 dove rinunciò a correre sotto il diluvio sul circuito giapponese del Fuji 'consegnando' il titolo al rivale di sempre James Hunt e ne incrinò irrimediabilmente i rapporti con la Rossa. Una vita da film, quella del pilota leggenda Niki Lauda poi diventato imprenditore e uomo Mercedes, come ricostruito bene anche nell'ultima e fortunata pellicola 'Rush', sconvolta dal terribile incidente al Nurburgring che lo lasciò sfigurato: fu estratto incosciente, ma vivo, e con ustioni di terzo grado su tutto il corpo dall'abitacolo della sua monoposto dal collega italiano Arturo Merzario, si salvò e ricominciò a correre quasi subito. Oltre alle fiamme che ne segnarono il volto per sempre, il pilota austriaco fu fiaccato dalle inalazioni dei velenosi fumi di benzina che evidentemente ne danneggiarono i polmoni.

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Continua a correre, campione!

Francia: giudici, riprendere le cure di Lambert.

 © EPA

La decisione dopo un ennesimo ricorso dei familiari contrari alla sospensione dei trattamenti.


La Corte d'appello di Parigi ha ordinato la ripresa delle cure per Vincent Lambert, il tetraplegico in stato vegetativo al centro di una decennale battaglia legale. I trattamenti che tenevano in vita Lambert erano stati interrotti solo stamattina. La decisione è stata assunta dopo un ennesimo ricorso dei familiari contrari alla sospensione dei trattamenti.

Si tratta di un incredibile colpo di scena nel caso che da dieci anni è divenuto un simbolo del dibattito sul fine vita in Francia. Per la Corte d'appello di Parigi, a cui erano ricorsi in mattinata i genitori contrari alla sospensione dei trattamenti che mantenevano in vita Vincent Lambert, bisogna riattaccare la spina. Nel pomeriggio, la Corte europea dei diritti umani aveva invece respinto il ricorso dei genitori, in assenza di "nuovi elementi". Mentre il presidente, Emmanuel Macron, aveva detto che la decisione non spettava a lui. La Corte d'appello di Parigi ha invece accolto a sorpresa il ricorso dei genitori, ferventi cattolici, che hanno invocato le raccomandazioni del Comitato dei Diritti dei disabili delle Nazioni Unite.



Io spero, se mi dovesse succedere qualcosa del genere, che i miei parenti preferiscano rispettare la mia volontà e non la loro. E' triste pensare e constatare che, per mero egoismo, si possa costringere una persona a giacere inanimata in un letto. 
E non credo che si possa ricondurre tale costrizione a credenze religiose, perché Dio, è stato lapalissianamente chiaro: lo voleva morto; o attribuirla all'affetto verso il congiunto perché vederlo immobile, inanimato, inerte, è doloroso.
Oltretutto, a me non piacerebbe affatto dover dipendere da altri.
Cetta.

sabato 18 maggio 2019

Elezioni europee, sfida su Facebook: Salvini spende più di tutti, M5S (quasi) assente. - Marco Lo Conte

Tanto Salvini, quasi altrettanto il Pd, Movimento 5 Stelle pressoché zero. E poi Berlusconi, con un gran numero di post sponsorizzati ma targettizzati poco. È in sintesi la fotografia delle campagne elettorali in vista delle elezioni europee del prossimo 26 maggio, scattata da Facebook che ha deciso di fornire piena trasparenza sulle sponsorizzazioni dei post pubblicati sulla propria piattaforma. Da cui emerge chi ha speso di più e meglio, per attirare l'attenzione degli elettori in queste ultime settimane cruciali per l'esito elettorale.

Perché, per chi non lo sapesse, ciò che guardiamo magari distrattamente sui social arriva sul nostro profilo perché magari qualcuno ha pagato del denaro affinché quel messaggio politico ci venisse sottoposto, considerandoci un “target” interessante ai fini elettorali (Facebook offre un livello di precisione in questo senso del 90%).

La ragione è nota: gli italiani trascorrono in media 6 ore e 42 minuti connessi a Internet, di cui due ore e un quarto da smartphone. Inevitabile che questo sia diventato il terreno in cui conquistare consenso politico, tralasciando i desueti cartelloni pubblicitari, desolatamente vuoti in questi giorni. 

Complessivamente dal marzo scorso ad oggi, sono stati spesi su Facebook 868.254 euro per promuovere 16.772 post legati alle elezioni europee. Questo è il dato offerto dalla piattaforma fondata da Mark Zuckerberg, che mostra il pubblico di riferimento coinvolto da ciascun post, distinti per classi di età, genere e regione, oltre al denaro stanziato. Una trasparenza che ha fatto seguito allo scandalo Cambridge Analytica, che ha intaccato l'immagine e messo in difficoltà Facebook, dopo che in occasione delle presidenziali Usa e del referendum su Brexit, erano state sponsorizzate dall'estero centinaia di pagine che veicolavano talvolta messaggi contenenti fake news.

Ora le parole d'ordine per il social seguito nel mondo da oltre 2 miliardi di persone – 34,8 milioni solo in Italia, oltre ai 23,4 della controllata Instagram –sono rimuovereridurreinformare: una volta identificate (Pagella Politica collabora in Italia su questo tema con Facebook) le fake news vengono cancellate, le campagne devono essere certificate e se non rispettano le regole indicate nel disclaimer vengono ridotte e le somme investite restituite (all'80%).

Gli investimenti quantitativamente maggiori riguardano Matteo Salvini, per il quale la Lega ha speso poco meno di 78mila euro, di cui 43.500 solo nell'ultima settimana. Da registrare l'effetto prodotto nei differenti target dai differenti messaggi politici: post come “Stavolta voto Lega!” è stato distribuito dall'algoritmo di Facebook in particolare tra le donne over45 con forte prevalenza nelle regioni del Centro-Sud (Sicilia 16%, Lazio 13%, Campania 13%), analogamente a “Salvini ha fermato la mangiatoia dell'immigrazione”.



Molto visto soprattutto tra le donne il post sponsorizzato (con il budget maggiore, fino a 5mila euro) sulla castrazione chimica (“Il 58% degli italiani è favorevole”, recita il post), distribuito in modo più uniforme a livello territoriale; mentre ha incontrato l'interesse prevalentemente giovane e maschile il post l'immagine di un giovane di colore che affronta un vigile urbano (“Se non avessi questa divisa”): la Campania, la regione in cui si è rivelato più popolare, almeno per il periodo in cui è stato visibile, prima di essere bloccato da Facebook. Da registrare come invece sia stato rimosso da Facebook il famoso post sponsorizzato del VinciSalvini, il gioco messo in campo dallo staff del leader della Lega, popolare in larga parte tra gli uomini under44, in base alla normativa di Facebook.

Il Partito Democratico ha stanziato finora 73mila euro (26mila circa nell'ultima settimana) per sponsorizzare i post del suo segretario, Nicola Zingaretti. Da registrare il cartellino giallo di Facebook che ha segnalato il ritardo nell’adeguamento alle policy di pubblicazione (per una somma pari alla metà dello stanziamento circa). Molti i post del Pd, anche se con cifre basse, ad eccezione di “Una nuova Europa per andare #avantitutti”, per cui sono stati stanziati 5mila-10mila euro, coinvolgendo un pubblico soprattutto di uomini over45.



Tra i 500 e i mille euro il post sull'indennità europea di disoccupazione che, come prevedibile, ha raggiunto soprattutto gli uomini giovani, ma in modo rilevante anche uomini e donne over55. Appena presente invece Carlo Calenda, capolista Pd nel nord est: l'ex ministro, particolarmente attivo su Twitter, ha sponsorizzato pochi post sulla piattaforma più seguita, rivolgendosi in particolare agli uomini giovani e, in un caso, unicamente agli abitanti del Trentino Alto Adige. 

Meno efficace la campagna dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha sponsorizzato quasi 400 post, ciascuno però con budget particolarmente basso: complessivamente sono stati spesi 66mila euro, di cui 16mila nell'ultima settimana, parcellizzati in un pulviscolo di messaggi. Da segnalare la forte targettizzazione di alcuni post di Silvio Berlusconi, che ha puntato in modo netto sugli over45, escludendo nella campagna i più giovani.



Insieme al fondatore, da registrare un post sponsorizzato da Forza Italia riguardante il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, targhettizzato a livello regionale: il 57% degli utenti raggiunti, infatti, risiede in Lazio, gli altri lettori del post sono in Toscana, Marche e Umbria.

Sempre nel centro destra, sono da segnalare i numerosi post di Giorgia Meloni, sponsorizzati complessivamente per 17mila euro (8mila nell'ultima settimana) da Fratelli d'Italia. Numerosi, ma in gran parte uguali tra loro, il che non migliora la comunicazione meno efficace nel raggiungimento dei target di riferimento. Da notare la forte prevalenza di pubblico maschile coinvolto da questi post e la bassissima percentuale di lettrici donne, ad eccezione del post “Casa diritto di tutti”. 

Per un movimento nato sulla rete può apparire un paradosso, ma per questa competizione elettorale le pagine del MoVimento 5 Stelle non hanno messo in campo alcuna sponsorizzazione su Facebook. Effetto anche del cambio di passo comunicativo che il M5S ha messo in campo ormai da tempo, con una sterzata “moderata” (in concomitanza con l'arrivo di Augusto Rubei ai vertici della comunicazione del movimento). Di fatto sui social la comunicazione dei grillini è solo organica e sponsorizzati sono solo alcuni post di singoli candidati. 

Non solo i partiti: Facebook stessa ha stanziato in Italia circa 62mila euro per due post “istituzionali” in vista delle elezioni europee. Ma la parte più consistente degli investimenti pubblicitari di post politici su Facebook è stata realizzata dal Parlamento europeo: 200mila euro, poco meno di un quarto del totale, per una campagna istituzionale che è iniziata molto mesi fa e che in molti casi è stata mirata ai giovanissimi che si recano alle urne per la prima volta.



https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-05-17/elezioni-europee-sfida-facebook-salvini-spende-piu-tutti-m5s-quasi-assente-182704.shtml?uuid=ACuarBE

Voti i leader, ma eleggi i peones. L’inganno dei pluri-candidati. Nelle liste delle Europee 37 politici già eletti altrove. Da Salvini alla Meloni, tanti big a caccia di più poltrone. - Carmine Gazzanni

Salvini Meloni

Il meccanismo è molto semplice: ti rechi alle urne, scegli il tuo candidato preferito, lui ottiene una marea di preferenze e… come per magia, alla fine al Parlamento europeo andrà un’altra persona, un altro volto, spesso sconosciuto e certamente non quello che tu hai deciso di votare. Senza ombra di dubbio questa è la più antica presa in giro degli elettori, il classico gioco dei partiti che pur di raccattare qualche voto mettono in lista candidati che non faranno mai parte del prossimo Parlamento europeo. L’articolo 122 della Costituzione è chiarissimo: “nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e a una delle Camere del Parlamento, a un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo”. Ciononostante i partiti, da destra a sinistra, hanno deciso di candidare politici che già ricoprono incarichi elettivi e che, dunque, difficilmente abbandoneranno il loro posto.
IL REPORT. A fare le pulci sulle pluricandidature e candidature “spot” è stato il sempre puntuale OpenPolis. Sono 37 i candidati alle europee che attualmente siedono o in un consiglio regionale o nel Parlamento italiano. Più nel dettaglio, 20 sono consiglieri regionali, 10 sono deputati e 7 sono senatori. I partiti politici con più candidati coinvolti sono Fratelli d’Italia, con 14 tra consiglieri regionali o parlamentari che corrono per un seggio a Bruxelles, Forza Italia con 9, la Lega con 6, e infine il Partito democratico con 4. Se i “magnifici 37” dovessero essere eletti, per loro si aprirà dinanzi un bivio, se lasciare la via vecchia per la nuova oppure no. Per alcuni di questi la scelta è scontata: è difficile immaginare che i 4 leader politici nazionali candidati – Emma Bonino(+Europa), Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Matteo Salvini (Lega) – abbandonino il loro posto all’interno del Parlamento o del Governo per emigrare a Bruxelles.
ELETTORI TRADITI. Ma nelle liste non ci sono soltanto politici già eletti. Ma anche persone che risultano candidati in più circoscrizioni, con la conseguenza – anche qui – che poi alla conta dei voti il singolo eletto potrà scegliere in quale circoscrizione venire eletto, lasciando il posto a chi è dietro di lui. Con tanti saluti al rispetto degli elettori. Gli stessi Salvini e Meloni, dopotutto, sono candidati in tutte le circoscrizioni. Ma non sono gli unici: Silvio Berlusconi (Fi), candidato in 4 circoscrizione su 5, Alessandra Mussolini (Fi), sia in Italia meridionale che in quella centrale, e infine 2 nomi forti della destra, Simone Di Stefano di Casapound e Roberto Fiore di Forza Nuova, entrambi candidati in tutte le circoscrizioni. Anche Pietro Bartolo, il noto medico di Lampedusa sceso in campo con il Partito democratico, compare i più circoscrizioni, candidato sia nelle isole che al centro.
MOVIMENTO 10 E LODE. In questo trambusto che pare non conoscere fine e decenza, c’è tuttavia una mosca bianca. “Da sottolineare – scrive OpenPolis – che tra i grandi partiti nazionali l’unico che non è coinvolto da quanto raccontato finora è il M5S”. In questo caso, infatti, non ci sono pluricandidature, e soprattutto non figurano consiglieri regionali o membri del parlamento italiano. Da questo punto di vista quindi il partito guidato da Luigi Di Maio rappresenta un unicum, e soprattutto un esempio di buona pratica: chi viene eletto, va a fare ciò per cui è stato eletto. Sembrerebbe scontato e banale. Ma in Italia, a quanto pare, non è così.

venerdì 17 maggio 2019

Cisl, stipendi d'oro: compensi che sfiorano 300mila euro. Espulso il dirigente che ha denunciato il caso.



Scoppia il caso dei megastipendi alla Cisl. Un ex funzionario del sindacato ha denunciato i mega compensi di alcuni dirigenti dell'organizzazione guidata da Annamaria Furlan e per questo verrà espulso.
Nel dossier - rivelato da Repubblica - e firmato da Fausto Scandola un atto d'accusa corredato di nomi e cifre: retribuzioni che sfiorano i 300mila euro l'anno e superano quindi anche il tetto fissato per i dirigenti pubblici (240mila euro).
Ecco alcuni dei nomi e dei mega stipendi citati dal giornale: «Antonino Sorgi, presidente nazionale dell'Inas Cisl, nel 2014 si è portato a casa 256mila euro lordi: 77.969,71 euro di pensione, 100.123,00 euro di compenso Inas e 77.957,00 euro come compenso Inas immobiliare. Valeriano Canepari, ex presidente Caf Cisl Nazionale, nel 2013 ha messo insieme 97.170,00 euro di pensione, più 192.071,00 euro a capo della Usr Cisl Emilia Romagna: totale annuo, 289.241,00 euro. Ermenegildo Bonfanti, segretario generale nazionale Fnp Cisl, 225mila euro in un anno, di cui 143mila di pensione. Pierangelo Raineri, gran capo della Fisascat Cisl, 237 mila euro grazie anche ai gettoni di presenza in Enasarco, più moglie e figlio assunti in enti collegati alla stessa Cisl».
«I nostri rappresentanti e dirigenti ai massimi livelli nazionali - dice Scandola - si possono ancora considerare rappresentanti sindacali dei soci finanziatori, lavoratori dipendenti e pensionati? I loro comportamenti, lo svolgere dei loro ruoli, come gestiscono il potere, si possono ancora considerare da esempio e guida della nostra associazione che punta a curare gli interessi dei lavoratori?».
Lo scorso settembre l'ex numero uno Raffaele Bonanni aveva lasciato improvisamente l'incarico fra veleni sul suo stipendio. Alcune voci avevano infatti riferito che l'ex segretario si fosse aumentato lo stipendio, proprio in vista del ritiro, per far lievitare la pensione.
Furlan, alla guida della Cisl da meno di un anno, ora promette una svolta. «L'organizzazione aveva bisogno di nuove regole e se le è date con il regolamento approvato il 9 luglio, che entrerà pienamente in vigore il 30 settembre escluse d'ora in poi le possibilità di cumulo delle indennità. Abbiamo imboccato la strada della trasparenza - dice a Repubblica - e la completeremo con l'assemblea di organizzazione di novembre».
«Metteremo tutto su internet», annuncia il leader della Cisl. Inoltre, continua, «abbiamo introdotto una norma per cui se un sindacalista ottiene incarichi esterni, il compenso sarà versato direttamente all'organizzazione e non al diretto interessato. Del resto, lo stipendio da sindacalista è più che sufficiente ed è giusto che gli incarichi esterni producano introiti da destinare alle strutture della Cisl». «Infine con una delibera di segreteria immediatamente esecutiva abbiamo provveduto e ridurre in modo drastico le indennità di vertice più alte», sostiene ancora Furlan.
L'espulsione del pensionato che ha denunciato questa vicenda, rileva infine il segretario generale della Cisl, «è stata decisa dalla nostra magistratura interna che è autonoma nelle sue scelte. Non sono tanto decisive le offese personali che mi sono state rivolte nella lettera che mi ha inviato ma la scelta di far circolare quel documento in questo modo gettando discredito sull'organizzazione». Insomma il discredito sul sindacato, secondo Furlan, lo getta chi denuncia i compensi d'oro, non chi stabilisce e incassa quei megastipendi.

Legnano, la figlia del candidato paracadutata nel cda in cambio di voti: “Io non capisco, ho paura di dire cazzate”. - Giovanna Trinchella

Legnano, la figlia del candidato paracadutata nel cda in cambio di voti: “Io non capisco, ho paura di dire cazzate”

La figlia del candidato sindaco ottiene un incarico perché suo padre, stando alle indagini della procura di Busto Arsizio, ha ceduto i suoi voti al ballottaggio a Fratus. E nelle intercettazioni l'assessora Lazzarini (ai domiciliari) le spiega come funziona un Cda.

La politica che diventa baratto, a discapito di tutto: della legge, delle competenze, del bene pubblico. Succede a Legnano, feudo leghista stravolto da un’inchiesta della Guardia di Finanza di Milano per turbativa d’asta e corruzione elettorale con la giunta decapitata. E dalle carte emerge emblematica la storia di una giovane laureata in giurisprudenza che, senza alcuna esperienza, viene paracaduta nel cda della partecipata Aemme Linea Ambiente. Perché? Perché il suo papà, Luciano Guidi, candidato alla carica di primo cittadino per Alternativa Popolare e Lista Civica – Giovani Popolari (ex-Ncd/Udc), “vende” i suoi 1046 voti al leghista Gianbattista Fratus. Quest’ultimo, candidato del centrodestra con 9.196 voti al primo turno, vince le elezioni dopo il ballottaggio con un totale di 10.865 preferenze. Il candidato di centrosinistra, Alberto Centinaio, al primo turno aveva totalizzato 7.717 preferenze. Un “prezzo” pagato come spiega in una intercettazione l’assessora alle Opere pubbliche Chiara Lazzarini, ex presidente della società partecipata Amga spa, perché Martina Guidi arriva nella società per cooptazione, un’assunzione su designazione, senza sapere cosa fare. Dopo che il sindaco aveva costretto alle dimissioni un’altra consigliera.
L’intercettazione: “Senti io volevo chiederti … una serie di cose perché io non le capisco”. È il 7 dicembre del 2018 quando la giovane chiede delucidazioni proprio a Lazzarini: “Senti io volevo chiederti solo questa … una serie di cose perché io non le capisco cioè poi ho provato a leggerle ma non mi è chiara la tempistica … ma noi ieri abbiamo fatto il cda e l’assemblea dei soci”. E la Lazzarini parte con la spiegazione: “Prima si fa il cda, il cda delibera poi sottopone all’assemblea per l’approvazione…”. La neoconsigliera chiede anche di sottoporle dei documenti… “perché ho sempre paura di dire cazzate e quindi non ho detto niente ieri ma allora quando la società per esempio fa la gara per definire qual è la società che fornisce i ticket per esempio no…  e poi senti un’altra cosa operativa… ma io devo firmare quando vado o no?”.
E il sindaco: “Questa l’ho fatta dimettere, metto una mia amica”. Sulla poca preparazione della giovane consigliera, prima impiegata in un studio legale, un paio di mesi prima (il 26 ottobre 2018), parlavano Lorenzo Fommei, direttore generale del gruppo Agma (di cui Aemme fa parte, ndr), e Gianni Geroldi, ex presidente cda Amga. Il primo dice: “Sì sì assolutamente, questi sono … sono sfrontati impuniti ce l’hanno di tutte … poi hanno messo lì, mi hanno fatto, mi hanno chiamato che dovessi fa’ dimette … la Miriam Arduin …sì me l’ha chiesto il Comune di Legnano!!! Il Comune di Legnano ha chiamato e dice … la faccia dimettere … Proprio … per me sta ragazzetta … mi dice, “è avvocato!” Sì è avvocato dei miei…scusi, dei miei coglioni!!! È diventata avvocata a Gennaio 2018, ha 29 anni ora mi dica lei questa, cosa capirà di azienda… quindi … voglio dire mhhh scelte comple … ovviamente però ho saputo che è amica intima della Chiara Lazzarini … quindi!”. Che sia andata proprio così viene confermato dallo stesso Fratus in un’altra conversazione di tre giorni prima con un parente: “…Questa l’ho fa dimettere e metto dentro un’altra mia amica … ” e sempre nella logica dell’esercizio di un potere: “… io li sostituisco con queste due persone che sono gente che conosco, amici e cose varie e quindi da quel punto di vista non hai nessun ….poi scusami ehhh, le cose si fanno … “. Un “accordo politico” come lo definisce la stessa Lazzarini che Fratus aveva preso con Guidi “per il ballottaggio” e di cui era informato anche il segretario federale della Lega Matteo Salvini (leggi l’articolo).  Tra Fratus e Guidi il gip di Busto Arsizio individua un “pactum sceleris” confermato dalla telefonata tra i due il 22 ottobre: “Tua figlia si chiama Martina vero? (…) sto provvedendo alla nomina in Ala”. Il gip lo stigmatizza descrivendo la “totale assenza di ragioni concrete a giustificazione della nomina di una neolaureata” del tutto priva “di quell’esperienza professionale necessaria”che mostrava tutta la sua “ignoranza delle procedure concrete anche solo di redazione di un verbale di cda”.
“Ho fatto un accordo per il ballottaggio”. La nomina della giovane Guidi era mal vista dall’assessore al Personale, Letterio Munafò, che ne discute e si lamenta con la Lazzarini perché “candidata in una lista contraria alla nostra”. La donna però spiega che quella nomina non sarà in quota al partito: “Sono nomine del sindaco… ha detto (riportando quelle che sono le parole di Fratus) “per Aemme Linea Ambiente li scelgo tutti e due io e non li metto in quota ai partiti…”. Alle rimostranze di Munafò la Lazzarini risponde riportando la posizione del sindaco: “No, ma ti spiego perché e l’altro siccome prima del ballottaggio a livello regionale io ho fatto un accordo con Paolo Alli (ex formigoniano di Alternatinva popolare, ndr), Salvini e quell’altro provinciale loro della Lega in cui Paolo Alli e Guidi hanno detto che mi avrebbero appoggiato al ballottaggio e che io in cambio gli avrei dato un posto. quindi io devo mantenere questa promessa e l’ho fatto non do nessun consigliere in quota a nessun partito. Lì scelgo io quindi…”. Per questo e per gli altri episodi che sono costati la misura cautelare il giudice per le indagini preliminari scrive: “Un modus operandi ispirato a logiche di supremazia personale e di controllo totalitario delle amministrazioni pubbliche anche in totale mancanza di qualsiasi giustificazione formale (come per Lazzarini, entrata solo nel marzo 2019 nella qualifica assessorile all’urbanistica) che vale ad escludere l’occasionalità degli episodi passati in disamina dovendosi, invece, ritenere che gli stessi si collochino in un contesto di abitualità, dal quale non hanno mai mostrato di volersi dissociare“.