giovedì 15 marzo 2018

«Montecchio (Vi), allarme percolato: peggio della Terra dei Fuochi». - Alberto Peruffo



Pubblichiamo la nota di Alberto Peruffo, prima linea del Movimento No Pfas e di altre questioni territoriali, come l’Istanza Unesco per Vicenza. Peruffo aveva già lanciato l’allarme sulla situazione di Montecchio Maggiore con un post su Facebook (clicca qui per leggere). Oggi rivolge 7 domande al Sindaco, agli Assessori preposti – comunali, provinciali, regionali – all’ARPAV, ai Carabinieri del NOE, e se fosse necessario alla Procura.
Ieri sera un gruppo di cittadini di Montecchio esperti di discariche si è riunito dopo aver fatto un sopralluogo presso la discarica Ex Cava Bozzetti dove stanno costruendo la rampa della Superstrada Pedemontana Veneta. Chiediamo a viva voce al Sindaco, agli Assessori preposti – comunali, provinciali, regionali – all’ARPAV, ai Carabinieri del NOE, e se fosse necessario alla Procura, di bloccare il cantiere o di rispondere a queste domande, se veramente hanno a cuore la salute dei propri cittadini, in modo inequivocabile. Altrimenti i lavori vanno bloccati, subito. La situazione è grave. Dopo le recenti forti piogge si vede il percolato stagnare e scendere nel terreno. E si sta cercando di nascondere tutto. Chiediamo risposte precise a domande precise:
1. A che profondità sono appoggiati/ancorati i pali di sostegno della strada?
Chiediamo questo perché è necessaria una verifica immediata, soprattutto su quanto è fonda la vecchia discarica, poiché questa non ha il classico telo di contenimento entrato in uso negli anni successivi, ma ha uno strato di argilla bentonitica + drenaggio, è c’è il serio pericolo che i pali abbiano forato questo strato con il risultato di fare andare il percolato in falda.
2. A fronte di questo evidente sventramento del perimetro di arginatura della discarica, fatto dalla rampa, dove finisce il percolato in circolo, adesso?
Lo stesso che con grande evidenza si vede nelle foto allegate. L’ARPAV qui deve dare una risposta certa e inequivocabile.








Ph: Marta Bortoli
3. Sotto le rampe si vedono degli accumuli di terra di fonderia coperti da teli neri e parte scoperti. Questi scarti sono stati analizzati?
Tutti sanno infatti che pure il fondo della SP 246 – come quella della rampa! – è di terra di fonderia messa in opera dalla stessa ditta indagata per scarti illegali nella Valdastico Sud. Interrogate i responsabili delle vecchie giunte di Montecchio, a riguardo, e fateci sapere cosa fanno in quel luogo quegli scarti.
4. Come mai sulla quota finale della strada hanno tolto la ghiaia in natura che sarebbe stata utile per fare la strada e che può essere – tra le cose – venduta, e al posto di questa hanno messo terra di fonderia come rilevato stradale?
Ci domandiamo se la Giunta attuale e gli organi competenti abbiano controllato e vigilato sui lavori. Un cantiere così osceno non poteva passare inosservato o si voleva farlo passare per tale, visto che tutti ora stanno correndo per coprire le immondizie.
5. Perché sono stati costruiti una serie indefinita di pozzi a fondo perduto lungo tutta la sede stradale essendo questi pozzetti vietati?
Sappiamo tutti dove finisce il fondo perduto. Di fronte a una situazione così delicata e pericolosa ci si aspetterebbe di vedere una canalizzazione con pozzi di recupero collegati tra loro per il filtraggio delle acque su vasche a monte e a valle. Non quelli che abbiamo visto nel cantiere.
6. Con quale folle criterio si dà il via libera a una strada sopra a una discarica dopo aver speso milioni di euro per creare e mettere in sicurezza la discarica stessa?
Sorge il dubbio che come criterio di utilizzo dei soldi della comunità ci sia quello di generare spazzatura da smaltire e soldi da spartire, altrimenti non si investirebbero milioni di euro per poi gettarli dalla finestra e ricominciare tutto da capo.
7. Ed è questo il punto cruciale: riuscirà il vecchio fondo/strato a sostenere 8/10 metri di nuovo materiale, compreso lo schiacciamento dei vecchi rifiuti, senza implodere su se stesso e far uscire senza più nessuna possibilità di recupero il percolato?
Quel percolato lo berranno i nostri figli.
A queste domande vogliamo che rispondano tutte le autorità preposte. Invitiamo i cittadini di Montecchio e non solo, visto che il percolato andrà in falda, di fermare i consiglieri, gli assessori, i sindaci, i tecnici, per farsi dare immediatamente una risposta o di fare in modo che le stesse domande siano portate nelle loro assemblee o davanti alle autorità inquirenti. Perché nessuno di noi in questa terra dorme più sonni tranquilli. Perché oltre ai PFAS di cui la MITENI è la massima responsabile, oltre alla follia della Pedemontana, dovremmo in futuro gestire le discariche tossiche della Paulona, e, ancora peggio, la discarica di via Molinetto dove in anni tristi sono stati sversati dalle concerie prodotti inimmaginabili, ma di cui noi cittadini di Montecchio stiamo ricostruendo la storia e sulla quale chiediamo ora nuovi carotaggi. Peggio della Terra dei Fuochi. E non ultima, nella zona Laghetti tra Montecchio e Montorso, ci è giunta notizia che dei privati stanno trattando per aprire una nuova discarica dove si era formata una piccola oasi di pace e natura. Il fronte dei crimini ambientali qui da noi è vastissimo e per questo il 22 aprile faremo la prima giornata nazionale contro di essi.
Vigilate, domandate, analizzate. O i vostri figli berranno liquame. Delle cui conseguenze nessuno vuole parlare.
Fin quando il pianto e lo sdegno di essere stati cittadini inerti non crollerà sulle vostre case. Insieme a quello di avere avuto dei politici ignavi e una classe dirigente inqualificabile.
Alberto Peruffo
prima linea del Movimento No Pfas e di altre questioni territoriali, come l’Istanza Unesco per Vicenza
Ph foto principale: Marta Bortoli

Le tasse calano per le multinazionali (-9%) ma non per i cittadini (+6%). - Enrico Marro








Sul fatto che la grande crisi finanziaria del 2008 abbia rappresentato uno spartiacque storico pochi hanno dubbi. Anche sotto il profilo della pressione fiscale, con i Governi alle prese con il contenimento del deficit e la riduzione dei debiti pubblici. Il risultato è che nei Paesi Ocse il livello di tassazione sulle persone fisiche dal 2008 a oggi è aumentato in media del 6%, secondo i dati di Kpmg, mentre la pressione fiscale sulle imprese è scesa del 5%. Fin qui restiamo nel regno della logica: non tartassare le imprese in teoria significa sostenere il lavoro, e quindi i redditi delle persone fisiche.
Quello che però fa impressione è come le grandi multinazionali riescano a “tagliarsi” le tasse a una velocità quasi doppia rispetto alla media delle imprese: secondo uno studio del Financial Times, dal 2008 a oggi le big corporation sono riuscite a diminuire del 9% la tassazione sui profitti rispetto al periodo precrisi, grazie anche alle note tecniche di elusione legalizzata effettuate parcheggiando montagne di denaro in sofisticate scatole societarie all’estero.
Ma le grandi multinazionali, elusione a parte, hanno anche raccolto i frutti della corsa mondiale ad abbassare la corporate tax, con diversi Paesi in competizione per attrarre le grandi società. L’aliquota media per le imprese nei Paesi Ocse, che superava quota 32% nel 2000, è progressivamente calata al 26% nel 2008 e al 25% nel 2015, come attesta lo studio “Tax Policy Reforms in Oecd”. I Paesi che hanno tagliato di più nel periodo 2000-2015 risultano essere Germania, Canada, Grecia e Turchia, con le soltanto Ungheria e Cile che hanno ritoccato verso l’alto le aliquote.
Anche l’Italia, dal 1° gennaio 2017, ha ridotto dal 27,5% al 24% l’Ires, l’imposta sul reddito delle imprese, mentre da quest’anno la riforma fiscale voluta da Donald Trump ha quasi dimezzato la corporate tax statunitense, passata dal 35% al 21% con un risparmio stimato per le società di circa 500 miliardi di dollari.
Il risultato della gara globale ad attrarre le grandi compagnie è che dal 2000 a oggi, stando allo studio del Financial Times, le maggiori multinazionali mondiali sono riuscite a “tagliarsi” le tasse di un terzo del totale. Il gettito fiscale perduto è stato compensato dall’aumento di altre imposte, spiega invece l’analisi dell’Ocse, in particolare l’Iva, che nei Paesi Ocse è passata da un’aliquota media del 17,6% nel 2008 al 19,2% nel 2015.
Un esempio da manuale resta quello dell’Irlanda. La famosa corporate tax al 12,5% che fin dall’inizio degli anni Duemila ha fatto la fortuna della Tigre Celtica si ritrovava, negli anni Ottanta, all’astronomico livello del 50%. Con un Pil che continua a macinare record proprio grazie alle multinazionali che hanno spostato la loro sede nell’isola di Smeraldo “fondendosi” con controparti irlandesi, Dublino è un ottimo esempio di come un’aggressiva detassazione possa far correre il prodotto interno lordo. E di come le multinazionali abbiano gioco facile, in questo risiko fiscale planetario, a lasciare che siano i cittadini (o le piccole imprese) a contribuire alle finanze pubbliche dei singoli Stati.