venerdì 8 marzo 2019

Sicilia, 8 Marzo macchiato di sangue: massacrata di botte dal fidanzato per un post.

https://www.tp24.it/immagini_articoli/08-03-2019/1552026319-0-sicilia-marzo-macchiato-sangue-massacrata-botte-fidanzato-post.jpg

"Non permettere a nessuno di spegnere il suo sorriso". Per questo post una giovane di 30 anni è stata uccisa dal suo fidanzato. Massacrata di botte. 
Alessandra aveva 28 anni e amava la cucina. Viveva con Christian, 26 anni, in un piccolo appartamento in una borgata di Messina, Santa Lucia Sopra Contesse. I genitori di Alessandra abitano nello stesso edificio, al piano di sotto, ma non hanno sentito né le urla dell’ennesima lite scoppiata tra i due fidanzati, né le grida della ragazza, colpita più volte alla testa, sbattuta a terra fino a morire. A scoprire il delitto è stato il padre della giovane vittima. Con la moglie avevano più volte provato a chiamarla e, non avendo avuto risposta, si erano allarmati. Così ha deciso di salire in casa per capire cosa fosse accaduto. Entrato da una finestra rimasta aperta, ha trovato Alessandra sul letto in una pozza di sangue. Era morta probabilmente da qualche ora. Il viso tumefatto, il corpo pieno di lividi. Segni inequivocabili di una violenza bestiale. I sospetti degli inquirenti - le indagini sono state coordinate dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia - sono caduti presto sul fidanzato. Le cose nella coppia non andavano più bene. Christian era geloso di un ex ragazzo della vittima e temeva che i due si fossero riavvicinati. Era diventato ossessivo, lei aveva deciso di lasciarlo.
Ieri sera l’ultima discussione. Christian ha perso la testa e l'ha massacrata di botte. Poi si è allontanato. Interrogato dalla polizia, ha prima negato. Poi è crollato e ha confessato l’omicidio, raccontando agli investigatori di aver agito in preda a un raptus di gelosia. La Procura l’ha fermato in serata.
«Non c'era stato mai nessun segnale e per questo non è stato possibile evitare questo gesto fatto eclatante» ha spiegato questa sera in una conferenza stampa, nella Questura di Messina, il Procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci. «Gli strumenti oggi ci sono per prevenire questi fatti - aggiunge - ma non c'era mai stata una denuncia. Mi auguro che chiunque in futuro sia vittima di questo tipo di episodi li denunci». Il pm Marco Accolla titolare dell’inchiesta presente alla conferenza stampa osserva: «quanto è avvenuto è molto grave. A prescindere da quello che l’indagato ha dichiarato abbiamo continuato l’interrogatorio fino a quando ha ammesso le sue responsabilitá. La relazione inizia meno di un anno fa. Convivevano da maggio del 2018 spesso litigavano e interrompevano relazione ma si continuavano a frequentare. Ultimamente non dormiva a casa della ragazza. L’omicidio è avvenuto in tarda serata. Inizialmente ha tentato di allontanare da se ogni sospetto. Ha mandato una sms dal telefono della ragazza al padre di lei chiedendo aiuto. Nel messaggio dava la colpa all’ex ragazzo della giovane dicendo che era presente in casa e che le impediva di aprire la porta. Dopo alcune verifiche è emerso che l’ex fidanzato non c'entrava nulla e Ioppolo ha confessato. Il movente è la gelosia e le condizioni economiche molto difficili».

Ennesimo massacro il cui motivo non è, come vorrebbero far credere, la gelosia, ma la presunzione di possedere la donna come un bene del quale usufruire a piacimento. L'uomo difficilmente ama altri che non siano se stesso.
Il suo ego gli impedisce di amare, perché vuole sentirsi libero di volare di fiore in fiore pur continuando ad usufruire della stabilità del focolare domestico dove il suo "bene acquisito" gli garantisce una continuità, della quale non riuscirebbe a fare a meno; fermo restando, però, che questo bene-acquisito, essendo assurto all'onorifico ruolo di mamma-adottiva, non può permettersi la libertà di mollarlo, mettendolo in difficoltà anche nei confronti di parenti ed amici, per cui, durante una "tempesta emotiva", può capitargli di mettere in mostra .....il mostro che è!
bycetta.

L’altra verità sulla Tav. - Roberto Schena



In Italia il tratto Torino-Lione è in mano a un mega consorzio di note mega aziende: FIAT, Impregilo, Gruppo Gavio, Gruppo Marcegaglia, Gruppo Benetton autostrade, Fincantieri, Gruppo della Valle, Cooperativa Cmc legata al Pd (soprattutto a Bersani), Rocksoil legata all’ex ministro Lunardi (centrodestra), l’immobiliare lombarda di Ligresti, in sostanza c’è tutto il vertice di Confindustria, compresi piccoli industriali dell’Api di Torino.
E ci sono tutti i partiti, Lega compresa, che pure inizialmente era contraria al progetto (Borghezio negli anni 90 faceva i comizi in val di Susa sparando contro). Belusconi e An le hanno fatto cambiare idea con l’adesione alla coalizione di centrodestra.
L’azienda più interessante, però, è l’LTF (Lyon-Turin Ferroviaire), la società madre responsabile della realizzazione dell’opera. Paolo Comastri, direttore generale di Ltf, nel 2011 è stato condannato in primo grado a otto mesi per turbativa d’asta, la metà di quanto chiesto dal pm; oggetto: la gara per la direzione dei lavori per il tunnel esplorativo della Torino-Lione. L’avvocato difensore di Comastri era Paola Severino, ministro della Giustizia del Governo Monti. L’appello a quanto pare non si è mai fatto.
Si comprende così l’enorme pressione mediatica degli interessi in gioco, lo sfacciato coacervo di lucro e politica, nonché la vera e propria disinformazione di regime che punta soprattutto a liquidare i 5 stelle dal governo, gli unici che resistano davvero a un simile comitato d’affari costruito su una grande, miliardaria opera senza utilità.
D’altra parte, se è fallita la linea av che collega le due maggiori città turistiche del continente, la Parigi-Barcellona, e in particolare il tratto Perpignan-Barcellona, le due maggiori città catalane, indebitando sino al fallimento le due maggiori aziende di costruzione francese e spagnola, è plausibile che possa funzionare la Torino-Lione?

Mi riscatto per Roma, i detenuti curano le strade della Capitale

Voto di scambio, Forza Italia all’attacco della legge: “Così stop a campagna elettorale. Parlamento sarà in galera”. - Giuseppe Pipitone

Voto di scambio, la Camera approva con 280 sì. Fdi vota con M5s e Lega. Contrari Pd e Forza Italia. La legge torna al Senato

Alla Camera dei deputati si discute la nuova legge sulle preferenze dei boss alla politica e i berlusconiani è in fibrillazione. La norma uscita dalla commissione giustizia di Montecitorio ai parlamentari di Silvio Berlusconi proprio non piace. E gli azzurri intervengono in ordine sparso: "Come si fa a sapere che uno è mafioso se non ce l'ha scritto in faccia?". "Questo disegno di legge scoraggia l'attività politica sul territorio. E rischia di coinvolgere anche la Lega. Poi rimane solo Rousseau".


Qualcuno dice di essere pronto a “chiudere la segreteria politica“. Qualcun altro profettizza: “Così si svuoteranno i comuni“. Di più: “Si rischia di trasferire il Parlamento dentro a una galera“. Tutti o quasi sono d’accordo: se davvero passasse questa riforma “si smetterebbe di fare campagna elettorale“. “Come si fa a sapere che uno è mafioso se non ce l’ha scritto in faccia?“, è la più retorica delle domande. Già come si fa? “Questo disegno di legge scoraggia l’attività politica sul territorio. E rischia di coinvolgere anche voi della Lega. Poi rimane solo Rousseau“.
Alla Camera dei deputati si discute la nuova legge sul voto di scambio e Forza Italia è in fibrillazioneLa norma uscita dalla commissione giustizia di Montecitorio ai parlamentari di Silvio Berlusconi proprio non piace. La colpa è soprattutto di un emendamento approvato in commissione per punire tutti quei politici che prendono voti da mafiosi o intermediari di mafiosi. Non è necessario che l’appartenenza ai clan di questi “grandi elettori” sia nota oltre ogni ragionevole dubbio, come invece prevedeva la legge uscita dal Senato. Del resto – è il ragionamento dei 5 stelle – gli accordi tra politici e boss si giocano sul filo dell’ambiguità. Nessuno va ad offrire voti presentandosi come esponente di Cosa nostra, ‘ndrangheta o camorra: “Buongiorno, sono un mafioso, li vuole i miei voti?”. In questo modo il politico potrà sempre dire: ma io come facevo a sapere chi erano? Chi li conosce? Faccio politica, vedo gente, prendo voti. È per questo motivo che a Palazzo Madama un emendamento di Fdi aveva annacquato il ddl originario, con il bene placido dello stesso Mario Giarrusso, che tra l’altro è relatore del provvedimento. Con la legge approvata al Senato si poteva punire solo il politico che accetta voti “da parte di soggetti la cui appartanenza alle associazioni di cui all’articolo 416 bis sia a lui nota“. A Montecitorio, dunque, hanno fatto saltare quelle tre parole, quel “sia a lui nota“. Tanto è bastato per scatenare i berlusconiani, intervenuti in ordine sparso. “Come si fa a sapere che uno è mafioso se non ce l’ha scritto in faccia? Io non sono tenuta a sapere se uno è mafioso. Vuol dire non potere più fare campagna elettorale. Si farà solo su Rousseau“, dice l’onorevole Giusi Bartolozzi, che prima di entrare a Montecitorio faceva la giudice in Sicilia.  “Questa è la seconda puntata di un film dell’orrore”, aggiunge la collega Matilde Siracusano. Ma quale era la prima? “L’anticorruzione“, spiega la deputata azzurra, proponendo un emendamento per tornare alla formulazione del Senato, inserendo quel “sia a lui nota” che salverebbe i politici presunti inconsapevoli del voto dai clan. “Chi non lo vota, mafioso è“, dice Vittorio Sgarbi. Quell’emendamento non lo votano e quindi non passa.
Jole Santelli è un fiume in piena. “Ma chi sono i soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416-bis?, si chiede. Rispondendosi da sola: “Ipoteticamente con questa legge è un problema parlare con una persona che magari ha dei legami ma che poi non è indagato. La verità è che quest’aula è sempre influenzata dall’accento di chi interviene. Ci sono colleghi eletti in Lombardia che ritengono di non essere toccati da questi problemi. Ma non è così”, continua appellandosi agli alleati a corrente alternata del Carroccio. “La Lega non può assistere inerme a questo scempio. I colleghi della Lega, avendo incassato la legittima difesa ritengono di doversi prendere questo schifo”, si lamenta, visto che i banchi del governo sono occupati solo da esponenti del Movimento 5 stelle. Quelli di Matteo Salvini non partecipano al dibattito: hanno ottenuto l’approvazione della legittima difesa e dunque disertano in blocco i lavori per il voto di scambio politico mafioso.
Ci sono solo i grillini, che spingono per la riforma. Ma per Carlo Fatuzzo, storico leader del partito dei Pensionati, con una legge così “il rischio è quello di fare il Parlamento dentro una galera“. Più moderata Daniela Ruffino: “Con questa legge si svuoteranno le aule dei consigli comunali. Non avete mai fatto la fatica per andare ad amministrare un piccolo comune”. Per Mario Occhiuto la legge del voto di scambio “scoraggia l’attività politica sul territorio e condanna molte zone all’isolamento. Chi andrà ad avvicinare certi cittadini, a fare campagna elettorale in zone come la Sicilia, la Campania, la Calabria?”. Sembra quasi che nel Sud Italia siano tutti mafiosi.  “Io chiuderò la segreteria politica“, annuncia quindi Felice D’Ettore. Il sardo di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda fa un esempio pratico: “ Se siete in un bar di Orgosolo (in provincia di Nuoro, ndr) provate a non stringere la mano a uno dell’Anonima sequestri. Come fate a riconoscerlo? Come fate a rifiutargli il saluto? Perché non ci provate a farlo? Questo vuol dire mettersi d’accordo con una persona?”.
Secondo Luigi Casciello la legge avrà un effetto opposto a quello previsto: “Consegnerà alla criminalità organizzata la selezione della classe dirigente”. Ma in che senso, visto che la legge punisce con il doppio della pena i politici eletti con i voti dei clan? In teoria, dunque, è vero il contrario: sarà sempre più pericoloso avvicinarsi ai mafiosi. E infatti Casciello non si riferisce ai mafiosi ma  “ai pentiti“, cioè agli eventuali collaboratori di giustizia che da boss si trasformano in accusatori dei politici. “Inserire quel consapevolmente vuol dire mettere in mano ognuno di noi ai gruppi mafiosi”, sostiene. L’onorevole Pierantonio Zanettin invita i colleghi all’umiltà: “Non riteniamoci immuni all’infiltrazione dei mafiosi. La prima garanzia che dobbiamo avere rispetto a certe cose che ci possono arrivare dalle procure è la consapevolezza“. Certe cose che ci possono arrivare dalle procure si intuisce essere gli avvisi di garanzia. Qui l’onorevole portavoce Andrea Colletti dei 5 stelle è costretto a replicare con una punta di malizia: “Questo discrimine tra consapevolezza e inconsapevolezza è curioso farselo ricordare da Forza Italia, di cui uno dei fondatori è un soggetto condannato per concorso esterno in associazione mafiosa“.  Il riferimento ovviamente è per Marcello Dell’Utri. Il Pd Enrico Borghi non condivide la valutazione del pentastellato e interviene per difendere Forza Italia: “Smemorato collega che ha votato con un partito definito in quei termini – afferma rivolto a Colletti – Si sciacqui la bocca prima di parlare“. E in effetti i 5 stelle hanno appena votato con Forza Italia la legittima difesa. Il riferimento a Dell’Utri, però, fa perdere le staffe a Giorgio Mulè: “Questo è un dibattito incardinato sui binari della miseria. Stiamo bestemmiando la verità. L’intermediario non ha la coppola e la lupara. E anche il migliore ministro dell’Interno finisce in galera. Le campagne elettorali così non si potranno più fare. Vi dimenticate i mercati. Chiunque farà il kamikaze dell’antimafia. Rendetevene conto”.
Ce l’ha con gli intermediari politici-boss anche Francesco Paolo Sisto: “Questa cosa dà la possibilità di perseguire senza sosta chiunque. In questo Paese basta una notizia su facebook per essere cacciati da un partito. Bene, in questo Paese noi inseriamo la figura dell’intermediario nello scambio politico elettorale di voti di matrice mafiosa. Nella passata legislatura noi avevamo una norma migliore. Puniva i voti raccolti con matrice mafiosi, non i contatti mafiosi”. Però secondo la Cassazione quella legge approvata dal centrosinistra ha reso il voto di scambio più favorevole al reo.  L’onorevole bolognese Galeazzo Bignami, quindi, decide di inserire nel dibattito una fattispecie mai citata da nessuna riforma, di destra, sinistra o centro: la stretta di mano.  “Conoscono tanti colleghi della Lega – dice –  che sanno perfettamente cosa significa stringere le mani“. Quali mani? Il ddl punisce il voto di scambio, solo quello. E infatti Erasmo Palazzotto di Liberi e Uguali cerca di conferire (con scarso successo) un minimo di serietà al dibattito: “Questa è un provvedimento delicato. Qui non si sta parlando di chi stringe la mano a chio siete in malafede o non sapete di cosa state parlando”. Tra i berluscones, però, l’umore è molto diverso. Lo fa notare il grillino Filippo Perconti, che interviene ma non sul merito della legge: “Ci dicono che non abbiamo senso delle istituzioni, ma quale è il senso delle istituzioni del collega Cannizzaro che dice alle nostre colleghe di stare a cuccia? Sarà che siamo vicini alla festa della donna?“.

Voto di scambio, la Camera approva con 280 sì. Fdi vota con M5s e Lega. Contrari Pd e Forza Italia. La legge torna al Senato.

Voto di scambio, la Camera approva con 280 sì. Fdi vota con M5s e Lega. Contrari Pd e Forza Italia. La legge torna al Senato

L'effetto principale della riforma è l’inasprimento delle pene che potranno arrivare a quindici anni di carcere. Con le aggravanti speciali (per i politici eletti) si arriva fino a 22 anni e mezzo di condanna: un passaggio che però - per le opposizioni - è a rischio di ricorsi alla Consulta. Fraccaro: "Tutela il rispetto della democrazia e del diritto di voto dei cittadini. Il dem Verini: "Pasticcio che non passerà il vaglio costituzionale".


La Camera ha approvato la riforma del voto di scambio. A favore hanno votato 280 deputati, 135 i contrari mentre in dieci si sono astenuti. La legge adesso tornerà al Senato, dove era stata approvata una prima volta il 24 ottobre, dato che nel frattempo è stata modificata dalla commissione giustizia di Montecitorio. In aula a votare a favore della legge sono state le forze di governo: i deputati del Movimento 5 stelle, che hanno proposto la norma, e quelli della Lega. A favore anche gli esponenti di Fratelli d’Italia. Giurisprudenza a parte, l’effetto principale della riforma è l’inasprimento delle pene che potranno arrivare a quindici anni di carcere. Con le aggravanti speciali si arriva fino a 22 anni e mezzo di condanna: un passaggio che però – per le opposizioni – è a rischio di ricorsi alla Consulta. “Questa è una legge di cui andiamo orgogliosi, che tutela il rispetto della democrazia e del diritto di voto dei cittadini. Con noi la mafia rimane fuori dallo Stato”, dice il ministro grillino Riccardo Fraccaro.
Pd e Forza Italia votano contro – Hanno votato contro i parlamentari del Pd e quelli di Forza Italia.”Con questa legge si fa confusione. Noi preferiamo l’attuale testo del 416 ter“, ha detto Michele Bordo annunciando il voto contrario dei dem. L’attuale testo è quello approvato nel 2014 dalla maggioranza di centrosinistra e che – secondo la Cassazione – aveva reso l’originaria versione del voto di scambio più favorevole al reo. Scontata la posizione di Forza Italia, i cui deputati – come ha raccontato ilfattoquotidiano.it – sono arrivati ad esaurire il tempo d’intervento pur di attaccare la legge, monopolizzando il dibattito in aula. Il senso dell’opposizione dei berlusconiani è sintetizzato dall’intervento di Matilde Siracusano: “Questa è una fiction dell’orrore con la subdola regia del M5s. Nella prima puntata, protagonista è stato il ddl anticorruzione. Adesso il voto di scambio politico-mafioso che espone a rischio di condanna fino a10-15 anni di carcere i consiglieri comunali, regionali e soprattutto i giovani che si affacciano alle prime campagne elettoraliinconsapevoli di aver accettato la sola promessa di voto da persone di cui ignoravano l’identità”. Il timore dei forzisti è soprattuto uno: ““Si rischia di trasferire il Parlamento dentro a una galera“.
L’astensione di Leu e i dubbi sulla formulazione – Si sono astenuti invece i parlamentari di Leu: “Questo provvedimento che riguarda il voto di scambio politico mafioso poteva essere l’occasione per affrontare una questione dimenticata nel dibattito politico: la questione morale, un macigno nella vita politica e pubblica del nostro Paese. Avremmo dovuto provare ad uscire da un dibattito ideologico e precostituito e affrontare il tema della questione morale”, ha spiegato il deputato Erasmo Palazzotto. Pur condividendo lo spirito della legge, infatti, a non convincere i parlamentari di sinistra è soprattutto la definizione introdotta dalla nuova legge di “appartenenti” ad associazioni mafiose. “Chi è appartanente? Un condannato in via definitiva? O anche il cugino di Matteo Messina Denaro incesurato?”, dice Palazzotto. Bisognerà capire che interpretazione daranno i giudici sul punto. Puntavano a sanare questo aspetto alcuni emendamenti del deputato Andrea Colletti del M5s (per la prima parte proponeva di tornare alla originaria versione della legge del 1992) che però sono stati bocciati dal suo stesso partito.

Cosa prevede la nuova legge: pene più alte – Il testo approvato da Montecitorio modifica l’articolo 416 ter del codice penale ed è formato da un solo articolo. Prevede che chiunque accetti, direttamente o con intermediari, la promessa di voti da persone di cui sa che appartengono ad associazioni mafiose, in cambio di denaro o della promessa di denaro oppure di un altro favore, o in cambio della disponibilità a soddisfare interessi dell’associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416 bis. In pratica la formulazione del reato lega il voto di scambio con l’associazione a delinquere di stampo mafioso. In questo modo si stabilisce un collegamento ontologico tra le due fattispecie criminali: non è un caso, infatti, che nel 416 bis tra i reati fine delle associazioni mafiose s’indica anche “impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”. In soldoni vuol dire che le pene sono più dure: da sei/dodici anni si passa a dieci/quindici anni. Per tutti i condannati scatta poi l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

L’aggravante per gli eletti: condanne più alte dei boss. C’è poi “un’aggravante speciale“: se il politico si è messo d’accordo con il mafioso per ottenere voti e viene effettivamente eletto le pene sono aumentate. In questo caso la pena dei 10-15 anni previsti dal 416 bis, viene aumentata della metà, perché “parliamo di una persona riconoscente alla mafia e per noi è un pericolo pubblico”, ha detto Francesco D’Uva. L’aggravante speciale, però, è stata contestata dai deputati di Pd e Leu. “Questo è un pasticcio che non passerà il vaglio costituzionale, perché equipara pene a reati diversi (416 bis, delitto di associazione a delinquere di stampo mafioso e 416 ter, voto di scambio politico-mafioso)”, dice il dem Walter Verini. Da parte di Leu, invece, fanno notare  che “in caso di voto di scambio conclamato, il mafioso può essere condannato al massimo a 15 anni di carcere, il politico invece a 22 e mezzo. Quest’aggravante rischia di violare il principio costituzionale di proporzionalità della pena”.
Norma modificata: torna al Senato – Adesso la norma dovrà tornare a Palazzo Madama. La legge approvata, infatti, è stata modificata dalla commissione Giustizia della Camera. Nella prima approvazione al Senato l’originaria riforma depositata dal grillino Mario Giarrusso era stata alleggerita da un emendamento di Fratelli d’Italia .. Una modifica minima che aveva inserito tre semplici parole. In origine il testo del senatore del M5s recitava: “Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416 bis, in cambio dell’erogazione o della promessa…”. Con al modifica, l’ultima parte era diventata “da parte di soggetti la cui appartanenza alle associazioni di cui all’articolo 416 bis sia a lui nota“. Un cambiamento che era stato in qualche modo condiviso da parte dei senatori del M5s che infatti l’avevano votato. Ma che rischiava di neutralizzare l’intera legge, originariamente ideata per irrigidire il reato vigente. Per questo motivo, dopo l’approvazione di Palazzo Madama, l’associazione Libera aveva criticato la riforma definendola come “‘un’occasione sprecata“.
Le modifiche alla Camera – Alla Camera, però, la maggioranza ha approvato un emendamento per cancellare quel “sia a lui nota“. In questo modo vengono puniti tutti quei politici che prendono voti da mafiosi o intermediari di mafiosi. Non è necessario che l’appartenenza ai clan di questi “grandi elettori” sia nota oltre ogni ragionevole dubbio, come invece prevedeva la legge uscita dal Senato. Del resto – è il ragionamento dei 5 stelle –  gli accordi tra politici e boss si giocano sul filo dell’ambiguità. Nessuno va ad offrire voti presentandosi come esponente di Cosa nostra, ‘ndrangheta o camorra. In questo senso la riforma rende più dura la versione della legge vigente. Restano i dubbi per le obiezioni sollevate da Leu sulla dicitura di “appartenente mafioso” e sulle pene previste dagli aggravanti speciali. Adesso bisognerà vedere cosa succede al Senato.