martedì 17 settembre 2019

Tonnellate di olio di oliva contraffatto: 14 indagati.

Tonnellate di olio di oliva contraffatto: 14 indagati

Olio di semi di soia adulterato con clorofilla e betacarotene veniva spacciato sul mercato toscano per olio extravergine pugliese.

I Nas di Firenze e di Foggia e l’Ispettorato centrale repressione frodi hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misura cautelare per due persone e hanno posto in tutto 14 persone a indagine per i reati riciclaggio e ricettazione di ingenti quantità di olio di semi di soia contraffatto come olio extravergine di oliva. L’olio era adulterato con clorofilla e betacarotene e spacciato come olio extravergine di oliva pugliese nel circuito commerciale toscano in ristoranti, bar, panifici, venditori all’ingrosso di alimenti.
Contraffazione.
Dalle indagini è emersa l’esistenza di «un sodalizio criminale che gestiva il traffico di ingenti quantitativi (circa 50 tonnellate) di olio di semi di soia sofisticato con l’aggiunta di clorofilla e betacarotene, non dannoso per la salute umana, ma in modo da renderlo simile all’olio extravergine di oliva». Nell’inchiesta sono coinvolte altre persone che operano nel settore, tra i quali sette prestanome indagati per aver consentito l’utilizzo del marchio di società a loro intestate. Sono state sequestrate oltre 16 tonnellate di prodotto contraffatto e sequestrato un autocarro che trasportava 5.500 litri di olio sofisticato intercettato a Firenze.

Dai finanzieri ai parlamentari (tra cui Boschi e Bellanova): ecco le donazioni ai comitati di Matteo Renzi. In due mesi più di 470mila euro.

Dai finanzieri ai parlamentari (tra cui Boschi e Bellanova): ecco le donazioni ai comitati di Matteo Renzi. In due mesi più di 470mila euro

Dai 100mila euro di Daniele Ferrero ai 90mila di Davide Serra, dal figlio di Susanna Agnelli alla società di concierge portata in Italia dal duo Santanchè-Briatore: sono i protagonisti del boom di donazioni ai Comitati Azione Civile - Ritorno al Futuro tra luglio e agosto. Versamenti a cui hanno partecipato anche molti parlamentari Pd: la viceministra Ascani, i sottosegretari Scalfarotto e Margiotta, oltre ad altri 23 che ora attendono la scissione.
Il 3 luglio arrivano 100mila euro da Daniele Ferrero, primo azionista con il 27% nonché amministratore delegato della Venchi, colosso della cioccolateria. Il giorno dopo Lupo Rattazzi, imprenditore e figlio di Susanna Agnelli, versa altri 40mila euro. Segue con 90mila euro Davide Serra, finanziere italiano naturalizzato britannico, fondatore e amministratore delegato del fondo Algebris. È solo l’inizio dell’impennata di donazioni ai Comitati Azione Civile – Ritorno al Futuro di Matteo Renzi: un boom che porta solo tra luglio e agosto, come certifica la sezione Trasparenza del sito, a raccogliere più di 470mila euro. Se a iniziare sono stati i milionari, a finire sono i parlamentari Pd: tra loro Maria Elena Boschi, la ministra all’Agricoltura Teresa Bellanova, la viceministra Anna Ascani, i sottosegretari Ivan Scalfarotto Salvatore Margiotta. Dal 20 agosto, data delle dimissioni di Giuseppe Conte da premier del governo gialloverde, i democratici versano circa 36mila euro ai comitati di Azione Civile -Ritorno al futuro. Il segno che il piano di Renzi – una scissione che, secondo i retroscena, è pronta a consumarsi domani (martedì) – era già sul tavolo da almeno due mesi.
Da gennaio a maggio infatti i comitati renziani non raccolgono mai più di 4mila euro al mese (a febbraio sono appena 600). A giugno arrivano i primi 10mila euro da Rattazzi, seguito da Tci – Telecomunicazioni Italia del deputato dem Gianfranco Librandi che versa poco più di 6mila euro. Nulla in confronto alle donazioni che i comitati ricevono a luglio, quando vengono superati i 260mila euro. Oltre a Ferrero, Serra, ancora Rattazzi e altri 5mila euro dall’azienda di Librandi, al 19 luglio figura anche la somma versata dalla Quintessentially Concierge (10mila euro): un’azienda che si occupa di servizio concierge portata in Italia da Daniela SantanchèFlavio Briatore e dall’ad Tony Gherardelli.
Le donazioni di aziende e milionari proseguono anche ad agosto: arrivano 20mila euro da Bruno Tommassini, stilista di lusso e tra i fondatori dell’Arcigay, 10mila euro da Energas Spa, azienda che si occupa di distribuzione e vendita del Gpl e ancora 4mila euro da Ciemme Hospital Srl, impresa attiva nel commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici. Tra i finanziatori dei comitati renziani ci sono anche aziende ‘green’ come Eco Iniziative Srl (2mila euro) e la Acqua Sole Srl (1.500 euro). Ed ancora 3mila euro da Angelo De Cesaris Srl, azienda abruzzese che si occupa di costruzioni e ambiente. E poi, oltre ai 90mila euro dell’amico e sostenitore Davide Serra, altri soldi che arrivano da Londra: 10mila euro da Gabriele Cipparrone e altri 25mila da Giancarlo Aliberti, entrambi di Apax Partners, finanziaria britannica.
Dopo i 260mila euro a luglio, ad agosto vengono versati poco meno di 220mila euro. Merito anche delle donazioni dei parlamentari – tutte tra i mille e i 2mila euro – utili a capire anche chi si schiererà con Renzi al Senato e alla Camera. Da Palazzo Madama sono arrivati i soldi di Andrea Ferrazza, Eugenio Comincini, Laura Garavini, Nadia Ginetti, Ernesto Magorno, Mauro Maria Marino, Teresa Bellanova, Davide Faraone, Giuseppe Cucca, Caterina Biti, Alan Ferrari, Salvatore Margiotta, Leonardo Grimani: 13 senatori in tutto. Tra i deputati, compresa la Boschi (1.500 euro versati in due tranche ad agosto), si contano altre 13 donazioni: Ettore Rosato, Marco Di Maio, Anna Ascani, Mauro Del Barba, Martina Nardi, Lisa Noja, Maria Chiara Gadda, Andrea Rossi, Vito De Filippo, Luciano Nobili, Gennaro Migliore, Ivan Scalfarotto.

Dall’intelligenza artificiale all’IoT, l’innovazione “tira” le rinnovabili. - Vito De Ceglia

Le Officine Edison, il nuovo digital center del Gruppo alla Bovisa di Milano
Le Officine Edison, il nuovo digital center del Gruppo alla Bovisa di Milano. 

Più in sordina rispetto ad altri settori, le nuove tecnologie stanno trasformando i processi industriali e i mercati di sbocco delle fonti alternative. Ecco come Sviluppi nello storage.

Officine Edison, il raddoppio il digitale spinge l’energia.


Il ruolo strategico dell’intelligenza artificiale (IA) e degli algoritmi di machine learning per prevedere la produzione di energia eolica e fotovoltaica. L’adozione di sistemi di accumulo (storage) di piccola e grande taglia per gestire le fonti rinnovabili che sono per loro natura non programmabili. La diffusione di sistemi di Internet of Things (IoT), basati su una rete di sensori che misurano e comunicano tra di loro via internet, per fornire una quantità elevata di dati che poi vengono elaborati e tradotti in soluzioni efficienti in ambito industriale, residenziale e urbano. Sono temi di cui si sente parlare molto, ma quanto è concreto lo sviluppo e l’applicazione di queste tecnologie in ambito energetico in Italia, in Europa e nel mondo?

rivoluzione hi-tech.
Prendiamo il caso dell’IA, considerata dagli addetti ai lavori la tecnologia più rivoluzionaria in gran parte dei settori economici. Mentre le innovazioni nel campo dei trasporti, dell’industria manifatturiera e della domotica hanno avuto un’ampia risonanza nel dibattito pubblico, quelle nel settore energetico sono rimaste ai margini, relegate ad ambienti specialistici. Tuttavia, anche il mondo dell’energia è stato investito in pieno dallo sviluppo dell’IA e le ripercussioni stanno trasformando processi industriali e mercati di sbocco. In sostanza, si stanno diffondendo a macchia d’olio sistemi integrati in grado di raccogliere dati in tempo reale da una rete di sensori remoti disposti a monte e a valle della filiera produttiva: nel caso delle fonti rinnovabili, dall’impianto fotovoltaico o eolico alla rete di distribuzione. Dati che vengono trasmessi tramite connessioni wi-fi verso strutture di controllo, dove vengono elaborati attraverso sofisticati software di analisi e algoritmi di apprendimento automatico (machine learning). L’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) prevede che nei prossimi anni in campo energetico l’IA sarà determinante e trasformerà i sistemi energetici globali in maniera fondamentale rendendoli maggiormente interconnessi, affidabili e sostenibili. In particolare, per la produzione di energia pulita e il consumo di energia in generale, l’Aie sottolinea che l’IA può risolvere molte problematiche complesse.


Per quanto riguarda la produzione di energia, l’IA rappresenta lo strumento principe per privilegiare la produzione da fonti rinnovabili ed efficientare i processi, aiutando così a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità del mix energetico nazionale e di decarbonizzazione della produzione. Per quanto riguarda il consumo di energia e l’efficienza energetica, l’IA sta forse avendo un impatto ancor più determinante. In ambito industriale, ad esempio, l’uso di energia è spesso una delle voci più significative dei bilanci annuali e i margini di miglioramento potenziali offerti dall’IA sono considerevoli.

Lo stoccaggio.
Spinta dall’attuale transizione energetica verso le energie pulite, anche la domanda di batterie subirà un aumento nei prossimi anni, rendendo questo mercato sempre più strategico. Circoscrivendo il perimetro di analisi all’Europa, secondo la Ue il potenziale del mercato comunitario potrebbe raggiungere un valore di 250 miliardi di euro l’anno a partire dal 2025. Non a caso, la Commissione ritiene che le batterie rappresentino una catena del valore fondamentale, in cui accrescere investimenti e innovazione. Dall’Europa al resto del mondo, il mercato globale dei sistemi di accumulo energetico crescerà velocemente, tanto che Bloomberg New Energy Finance (Bnef) ha recentemente rialzato le sue precedenti stime sulla diffusione dell’energy storage al 2040.

Si tratta di batterie impiegate in diverse applicazioni nel campo dell’energia, dalla ricarica dei veicoli 100% elettrici alle grandi installazioni di rete che servono a immagazzinare l’elettricità prodotta in eccesso dai parchi eolici e solari, passando per l’accumulo domestico behind-the-meter (dietro al contatore) e le tecnologie off-grid nelle aree più remote, scollegate dalle principali linee di distribuzione. Secondo Bnef, il mercato cumulativo arriverà a 942 GW e 2.857 GWh nel 2040, attirando investimenti per oltre 1000 miliardi di dollari nei prossimi 22 anni. Cina, Usa, India, Giappone, Germania, Francia, Australia, Corea del Sud e UK — evidenzia Bnef — saranno i paesi-guida di questo boom delle batterie e rappresenteranno due terzi dell’intera capacità installata in sistemi di accumulo nel 2040.

Internet of Things.
Per quanto riguarda invece l’efficienza energetica, una delle applicazioni più interessanti risulta l’IoT. Sistemi basati su una rete di sensori che misurano e comunicano tra di loro via internet, fornendo una quantità molto elevata di dati che poi vengono elaborati e tradotti in soluzioni efficienti. In particolar modo per la Smart Home, ossia la casa connessa e intelligente, dotata di un sofisticato sistema di misura e controllo per tutti gli elettrodomestici (lavastoviglie, frigorifero, lavatrice, forno a microonde). Proprio le Smart Home, o più in generale gli Smart Building, risultano gli ambienti ideali per testare soluzioni di piattaforma IoT. Soluzioni che giocoforza potranno rappresentare l’architrave per le future Smart City. Altro fattore chiave sarà l’elevata percentuale di penetrazione dei veicoli elettrici, che metterà a dura prova la capacità della rete elettrica. Da qui l’imperativo di gestire al meglio e in maniera intelligente il tessuto urbano, possibile grazie alle tecnologie e, in particolare, alle potenzialità dell’IoT. L’interesse è in aumento e lo si nota dalle stime: la stessa Abi Research prevede che i ricavi globali della tecnologia in chiave Smart City IoT sperimenteranno un incremento straordinario, passando da 25 miliardi di dollari registrati nel 2017 a oltre 60 miliardi entro il 2026, con un tasso di crescita medio dell’11%.


https://www.repubblica.it/economia/rapporti/energitalia/lascossa/2019/09/16/news/dall_intelligenza_artificiale_all_iot_l_innovazione_tira_le_rinnovabili-236163135/ 

Operazione antimafia Octopus, la mafia gestiva i buttafuori nei locali notturni.



Cosa nostra imponeva i nomi dei vigilanti all'interno dei locali di Palermo e Provincia.


Nel corso dell’operazione antimafia sono state arrestate 11 persone accusate di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Nel corso dell’operazione antimafia Octopus questa mattina a Palermo I carabinieri hanno arrestato 11 persone accusate a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Si tratta di persone legate al mondo della criminalità organizzata di Palermo e Provincia. 
Gli arresti sono stati disposti dalla dda di Palermo. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal Gip di Palermo.
I carabinieri hanno scoperto un vasto giro di interessi e di estorsioni all’interno di alcuni locali notturni del Palermitano. La mafia a questi imponeva in particolare la gestione dei buttafuori che in molti casi dovevano essere quelli scelti da Cosa nostra. Gli indagati pretendevano inoltre un quantum economico ai danni dei locali.
L’imposizione avveniva con minacce e con il metodo mafioso.
Le intercettazioni hanno consentito di fare emergere numerose estorsioni nei confronti di almeno 5 locali notturni di Palermo e provincia ai quali veniva imposta, mediante violenze e minacce, l’assunzione dei “buttafuori”.

Il morbo smemorino. - Marco Travaglio



Una terribile malattia sta colpendo tutti i Matteo che fanno politica. È una forma selettiva di demenza giovanile che attacca la memoria. I primi sintomi si sono riscontrati in Matteo Orfini, di cui avevamo perso memoria anche noi, finché non l’abbiamo rivisto in una Maratona Mentana tutto sdegnato per l’intesa “contro natura” Pd-M5S: aveva dimenticato che nel 2013 definì “inimmaginabile e inesistente in natura un governo Pd-Pdl-Monti e senza Grillo”, poi due mesi dopo votò il governo Letta senza Grillo con B. e Monti. 

Il contagio s’è diffuso rapidamente a Renzi, quello che doveva ritirarsi in caso di sconfitta al referendum e invece restò. Poi si diede un gran daffare per regalare il palcoscenico al terzo Matteo, l’altro Cazzaro, con l’astuta strategia dei pop corn. Infettato a sua volta dal virus smemorino, Salvini passò 15 mesi a rinnegare le sue battaglie precedenti: No Tav anzi Sì, No Triv anzi Sì, No inceneritori anzi Sì, No Benetton anzi Sì. Poi rovesciò il suo governo e iniziò ad accusare Conte e Di Maio che non c’entravano una mazza. Fino all’apoteosi di Pontida, dove mancava poco che si scordasse come si chiama. 

Lì ha sventolato una presunta bimba di Bibbiano (che però è di Milano), immemore di aver ordinato di “tenere i bambini fuori dalla politica” quando suo figlio scorrazzava nel mar del Papeete sull’acquascooter della Polizia. Poi ha accusato Conte, restando serio, di avere “svenduto l’Italia all’Europa per le poltrone”. Ora, Conte la poltrona ce l’aveva già grazie alla fiducia di Salvini. Che l’8 agosto presentò una mozione di sfiducia. Il 20 agosto Conte lo demolì in Senato e lui, mentre replicava a rutti, ritirò la mozione di sfiducia. Conte a quel punto avrebbe potuto restare. Invece salì al Quirinale a mollare la poltrona senza che più nessuno glielo chiedesse, mentre Salvini restò imbullonato alla sua. E iniziò a stalkerare Di Maio per offrirgli la poltrona di premier e tenere la sua e quelle degli altri leghisti incollate ai rispettivi culi. Intanto l’altro cazzaro Matteo, che da tre anni menava chiunque nominasse i 5Stelle, prese a menare chiunque si opponesse ai 5Stelle. E ora si scinde dal Pd che ha fatto quel che ha detto lui per fondare un bel centrino, come se qualcuno ne avvertisse l’impellente bisogno. Lui che nel 2017, quando la scissione la fecero Bersani &C., la bollò come “una delle parole peggiori” e così ritrasse i fuorusciti: “Se fossero rimasti nel Pd, in Parlamento non ci sarebbero più rientrati: frustrati nella prospettiva di tornare a occupare gli scranni... decidono di andarsene... nel tentativo di logorare il segretario”. Ora ovviamente ha rimosso tutto. Ma stava dipingendo, a futura memoria, il suo autoritratto. 

https://infosannio.wordpress.com/2019/09/17/il-morbo-smemorino/

Sanità, la denuncia: “I governi hanno sottratto 37 miliardi al Sistema Nazionale in dieci anni. A rischio le risorse del Patto per la salute”.

Sanità, la denuncia: “I governi hanno sottratto 37 miliardi al Sistema Nazionale in dieci anni. A rischio le risorse del Patto per la salute”

È quanto fotografato dal rapporto della Fondazione Gimbe che lancia quindi un appello al nuovo esecutivo affinché si occupi il prima possibile, già a partire dalla Nota di aggiornamento al Def della questione sanità pubblica. Italia agli ultimi posti anche tra i paesi Ocse per spesa sanitaria. Divario incolmabile con i paesi del G7.
Trentasette miliardi di euro in meno per il Sistema Sanitario Nazionale dal 2010, un’Italia agli ultimi posti rispetto ai paesi dell’Ocse e del G7 in termini di spesa sanitaria, e un Patto per la Salute che rischia di saltare, facendo venir meno le risorse aggiuntive previste per l’anno 2020-2021. È quanto denuncia un rapporto della Fondazione Gimbe, che ha lo scopo di promuovere e realizzare attività di formazione e ricerca in ambito sanitario, sottolineando la necessità di rilanciare la sanità pubblica fin da subito, a partire dalla Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2019.
Una situazione alla quale hanno contribuito “tutti i governi”, definanziando, per far fronte alle emergenze del Paese, proprio la sanità, “di fatto il capitolo di spesa pubblica più facilmente aggredibile”. Tra il 2010 e il 2015 sono stati tagliati “circa 25 miliardi” per “tagli conseguenti alle varie manovre finanziare”. Oltre 12, invece, quelli a cui la Sanità ha dovuto rinunciare tra il 2015 e il 2019, per “esigenze di finanza pubblica”. “In termini assoluti il finanziamento pubblico – si legge nel rapporto di Gimbe – è aumentato di 8,8 miliardi, crescendo in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua (1,07%)”. Il Def, inoltre, ha ridotto progressivamente il rapporto spesa sanitaria/Pil, passato dal 6,6% dell’anno 2019-2020, al 6,4 previsto per il 2022.
La situazione italiana è critica anche rispetto agli altri paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Il nodo è la spesa media sanitaria, inferiore rispetto agli altri Stati sia se si guarda alla spesa totale ($3.428 vs $ 3.980), sia a quella pubblica ($ 2.545 vs $ 3.038). Dopo di noi ci sono solo i paesi dell’Europa orientale, oltre a Spagna, Portogallo e Grecia. Nel periodo 2009-2018 l’incremento percentuale della spesa sanitaria pubblica, inoltre, si è attestato al 10%, rispetto a una media OCSE del 37%. Il quadro si aggrava, poi, se si guarda ai soli paesi del G7: il divario diventa incolmabile. Ad esempio, se nel 2009 la Germania investiva “solo” 1.167 dollari (+50,6%) in più dell’Italia ($ 3.473 vs $ 2.306), nel 2018 questo divario è salito al 97,7 per cento: Berlino ne investe 5056, Roma 2545. Ma non solo. Ancora al palo, evidenzia la fondazione, è il Patto per la Salute 2019-2021, che dovrebbero stipulare Governo e Regioni e che permetterebbe di aumentare il fabbisogno sanitario nazionale per il 2020 di 2 miliardi e per il 2021 di 1,5 miliardi.
“Le prime dichiarazioni del neo Ministro della Salute – sottolinea il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta – non lasciano dubbi sulla volontà di preservare e rilanciare una sanità pubblica e universalistica e di rifinanziare il Sistema sanitario nazionale”. Il riferimento è a quanto detto da Roberto Speranza, neo ministro della Salute, che ha identificato nella carta Costituzionale il “faro” del suo programma, affermando che “la spesa sanitaria non è un costo ma un investimento per la salute”. Impegno che, sottolinea il report, non si trova nel programma di governo, in cui si evidenzia la volontà attuare “un piano straordinario di assunzioni di medici e infermieri”, senza però prevedere esplicitamente il rilancio del finanziamento per il Sistema sanitario. “In tal senso – puntualizza Cartabellotta – la prima cartina al tornasole è rappresentata dall’imminente Nota di Aggiornamento del DEF 2019: ad esempio, se si volesse attuare la cosiddetta “Quota 10” proposta dal Partito Democratico (cioè 10 miliardi di investimenti aggiuntivi nei prossimi 3 anni) occorrerebbe incrementare il rapporto spesa sanitaria/PIL almeno dello 0,2-0,3% per ciascuno degli anni 2020-2022″. Da tenere in considerazione anche il mancato allineamento delle retribuzioni del personale sanitario rispetto agli standard europei, che per essere “rimotivato” non deve solo essere “rimpiazzato”. Proprio dagli stipendi di “personale dipendente e convenzionato”, infatti, come evidenzia il report, è stato “scippato” il “50% degli oltre 37 miliardi sottratti alla sanità”.