giovedì 4 gennaio 2018

The Tesla Scooter



La complessità delle forme di vita di 3,5 miliardi di anni fa. - Dario Iori



Analisi effettuate tramite spettrometria di massa a ioni secondari (SIMS) confermerebbero l’origine biologica di alcuni resti fossili rinvenuti in Australia occidentale e risalenti a 3,5 mld di anni fa. Tali forme di vita erano già ampiamente diversificate, suggerendo che la vita sulla Terra possa essere comparsa ancora prima.

Alcuni resti fossili scoperti n Australia Occidentale apparterrebbero a microorganismi risalenti a 3,5 miliardi di anni fa, e costituirebbero pertanto una delle più antiche forma di vita conosciute. Sulla base delle loro complesse caratteristiche, non è da escludere che la vita abbia avuto origine 500 milioni di anni prima. E’ quanto afferma uno studio pubblicato su PNAS e realizzato da alcuni ricercatori provenienti dalla University of California di Los Angeles (UCLA) e dalla University of Wisconsin di Madison.

Non è la prima volta che la regione di Pilbara, in Australia occidentale, è luogo di ritrovamenti di resti fossili che permetterebbero, almeno ipoteticamente, di spostare indietro le lancette dell’origine della vita o di fare supposizioni a tal riguardo
(Pikaia ne ha già parlato qui). I reperti considerati in questo recente studio furono rinvenuti nel 1983 da William Schopf, professore di paleobiologia alla UCLA nonché primo autore dello studio.

Schopf, servendosi solamente dell’aiuto di un microscopio, riferì che i fossili erano appartenenti a microorganismi, e li identificò sulla base della loro morfologia (cilindrica o filamentosa), descrivendoli su Science; tale identificazione, però, in seguito venne messa in dubbio poiché, stando ai detrattori,
le forme osservate da Schopf avrebbero potuto originarsi anche a causa di processi geologici, e non biologici come si era pensato.


Il recente lavoro pubblicato su PNAS, oltre che confermare l’origine biologica dei microorganismi (dopo che ulteriori prove in tal senso erano state fornite anche nel 2002 su Nature) e datarli in maniera più precisa, ha permesso anche di descrivere approfonditamente le forme di vita presenti all’interno dei fossili, rivelandone una sorprendente complessità.

Per l’analisi di 11 di questi microfossili, Schopf ed i suoi collaboratori, tra cui John Valley dell’Università del Wisconsin, hanno utilizzato la Spettrometria di massa a ioni secondari (SIMS): tale tecnologia analitica permette di determinare la composizione chimica dei campioni analizzati, separandone gli isotopi del carbonio (C-12 e C-13) e calcolandone i rapporti. Gli esseri viventi hanno un rapporto isotopico differente da quello che si osserva nelle rocce, e, in più, organismi differenti presentano rapporti differenti.

Tutti i campioni analizzati avevano una composizione chimica differente da quella della roccia nella quale erano stati rinvenuti; in più, fossili dalla stessa forma avevano i medesimi rapporti isotopici (RI). Tali informazioni hanno permesso ai ricercatori di confermare l’origine biologica degli organismi presi in esame, ed anche di determinarne la fisiologia ed eventuali correlazioni con esseri viventi più moderni.

Gli 11 microfossili appartenevano a 5 grandi taxa: due di essi avevano lo stesso RI dei moderni batteri ed erano fotosintetici, pur non producendo ossigeno; altri due avevano lo stesso RI dei microbi definiti Archea, che dipendono dal metano come fonte energetica e che utilizzano come materia prima per la composizione della propria parete cellulare; un altro microfossile produceva metano.

In accordo con i ricercatori, il fatto che i rapporti isotopici riscontrati siano così diversi, costituisce una ulteriore prova a sostegno del fatto che debba trattarsi di veri fossili, poiché processi geologici avrebbero dato origine a rapporti molto più omogenei tra gli isotopi; nonostante ciò però, alcuni scienziati pensano ancora che i resti siano di origine geologica. La complessità di queste primitive forme di vita inoltre, lascerebbe supporre che la vita possa essere iniziata decisamente prima, e che non abbia avuto particolari difficoltà nell’evolversi in forme più complesse e diversificate.


http://pikaia.eu/la-complessita-delle-forme-di-vita-di-35-miliardi-di-anni-fa/

Il mio angelo custode.

L'immagine può contenere: una o più persone, meme e sMS

Gesù diventa 'Perù' in una canzone di Natale per rispetto dei bambini islamici. E scoppia la polemica. - Greta Di Maria

Gesù diventa 'Perù' in una canzone di Natale per rispetto dei bambini islamici. E scoppia la polemica

Se ne sono accorti i familiari di alcuni bimbi che l’avevano intonata a casa. La preside dell'istituto: "Non ero a conoscenza del fatto". A Trieste una "raccolta di giochi usati per i bambini italiani meno fortunati". Il post dell'assessore comunale Lorenzo Giorgi scatena l'ira degli internauti 

TRIESTE -  Lingue, ideologie, civiltà diverse: la convivenza tra i popoli non è sempre facile, nemmeno a Natale. Soprattutto in Friuli-Venezia Giulia. Così due iniziative, prese una da un'insegnante della scuola Beato Odorico da Pordenone di Zoppola e una dell'assessore triestino Lorenzo Giorgi hanno scatenato la bufera in Rete.

Nella classe terza alla scuola primaria Beato Odorico da Pordenone di Zoppola la maestra ha deciso che la parola Gesù fosse sostituita con Perù per non urtare la sensibilità dei bambini stranieri. Si tratta di una canzone dal titolo "Minuetto di Natale", dove in un passaggio c'è il nome del bambinello. L'insegnante, pensando che in questo modo si potesse turbare la sensibilità di chi non appartiene alla religione cristiana, ha sostituito il nome Gesù con uno che non avrebbe messo in difficoltà nessuno.


La vicenda è stata scoperta dai familiari di due fratellini che durante il pranzo di Natale hanno intonato a casa la canzoncina imparata a scuola. I genitori hanno allora chiesto spiegazioni. La notizia si è diffusa in poco tempo e sui social sono state postate tante critiche nei confronti della maestra e della scuola. La dirigente dell'istituto scolastico si è dichiarata estranea alla vicenda: "Non sapevo nulla dell'iniziativa della maestra". "Roba da matti: ormai il politicamente corretto ha superato ogni limite di decenza ed è diventato grottesco e ridicolo", è stato il commento su Facebook della presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni. 

Ma non si tratta dell'unico episodio a far discutere in città. A Trieste la Befana arriva per i bambini meno fortunati, ma - secondo l'interpretazione di un amministratore pubblico - solo per quelli italiani. È questo il messaggio lanciato sui social mercoledì 27 dicembre dall'assessore comunale al Commercio e agli eventi correlati di Trieste, Lorenzo Giorgi. 

"Ritorna la Befana!! In piazza Ponterosso (dal 29 docembre al 7 gennaio) il mercatino (promosso assieme ai commercianti stanziali) che sposa solidarietà, commercio ed educazione stradale. Raccolta di giochi usati per i bambini ITALIANI meno fortunati": scrive l'assessore Giorgi su Facebook. Parole che sono passate tutt'altro che inosservate, facendo scatenare una vera bufera mediatica sul web e suscitando fiumi di polemiche che nel giro di poche ore sono rimbalzate in tutta Italia, assumendo proporzioni nazionali. Tant'è che alla fine l'assessore Giorgi è stato costretto a rimuovere il post contestato.
 

Ma dopo poche ore è tornato a difendersi: "Da politico dico che l'Italia è l'unico Stato al mondo in cui, affermare che aiutare i propri connazionali prima degli altri, ti fa essere tacciato di razzismo". Secondo Giorgi, infatti, "in Italia si strumentalizza ogni iniziativa".
 
"Lo dico a chi il 4 marzo andrà in Parlamento: c'è uno stato sociale in difficoltà e dobbiamo garantire ai nostri connazionali per primi il modo di sopravvivere dignitosamente. Dopo aver sistemato i nostri, pensiamo agli altri". L'assessore ha inoltre evidenziato: "Nelle mie innumerevoli deleghe ricevo e ascolto tutti, collaborando con tutte le associazioni di qualsiasi orientamento e senza fare distinzioni su chi siano i destinatari finali, purché leciti e bisognosi di aiuto. Qui non si è deciso di non destinare qualcosa a qualcuno, ma di destinare qualcosa a qualcun altro". Per Giorgi, "c'è chi fa la raccolta per i cani e i gatti, chi fa la raccolta ugualmente importante per i bambini siriani: hanno tutti la stessa dignità. Questa associazione ha deciso di dare settimanalmente ai residenti di Trieste e quindi ai nostri cittadini in stato di bisogno. Non ci vedo nulla di male".
 
L'assessore rassicura comunque che "se arrivasse in piazza qualche bambino non italiano a chiedere un giocattolo vorrei vedere chi avrà il coraggio di non darglielo. Ho una lista di insulti e minacce - conclude Giorgi - lunga così: se questi sono i democratici... Si presentassero tutti sotto casa mia: sarò disponibile a confrontarmi con tutti dal vivo per ribadire che la ragione sta dalla mia parte".


Se si smettesse di insegnare religione nelle scuole, migliorerebbe la qualità della vita. Bisognerebbe insegnare che essere umani non è sinonimo di fede, ma il normale comportamento che dovrebbe adottare l'essere vivente nei confronti dei suoi simili.
Le religioni sono come i partiti politici, ognuno segue quella in cui crede, nessuno dovrebbe essere obbligato a seguirne una. Anche chi non crede in nessuna religione merita rispetto se porta rispetto nei confronti degli altri.
Bandiamo questi dogmi, queste ipocrisie, nessuno di noi è in grado di affermare che la propria religione è quella vera, sono tutte vere e, al contempo, tutte false, quindi non imponiamole nelle scuole.
Le nostre divinità, le uniche e vere, sono la terra sulla quale viviamo e che stiamo distruggendo, l'aria che respiriamo e che stiamo appestando, l'acqua che beviamo e che stiamo inquinando.
Tutto il resto è il nulla.

Miliardi di computer e smartphone esposti ai cybercriminali. Ecco cosa sta succedendo. - Biagio Simonetta


Intel, alcuni processori sono fallati. Bene, ora capite a che serve la cybersecurity?

Un'apocalisse informatica. La madre di ogni vulnerabilità è stata scovata nelle ultime ore e riguarda più o meno ogni personal computer e ogni device prodotto negli ultimi dieci anni. La falla, stavolta, non riguarda un software ma il componente hardware cardine di ogni dispositivo: il processore. I chip di Intel e AMD, nonché i microprocessori basati su architettura ARM e costruiti da case come Qualcomm e Samsung, sono esposti a due vulnerabilità che rendono ogni macchina attaccabile. In parole più semplici: è molto probabile che anche il dispositivo che state usando per leggere questo articolo sia interessato alle falle scovate. 
Il risultato è che tutte le password e i dati sensibili contenute su miliardi di Pc, smartphone e tablet sono alla mercé dei cybercriminali. E a peggiorare un quadro già di per sé drammatico, si aggiunge un dettaglio pesantissimo: al momento non esiste soluzione.



Meltdown e Spectre. 
Le due vulnerabilità, scovate da Jann Horn (ricercatore interno al progetto Google Project Zero) sono state ribattezzate Meltdown e Spectre. Lo studio, che successivamente ha trovato la collaborazione di altri centri di ricerca, ha dimostrato come un utente esterno possa accedere alla CPU di un dispositivo, sottraendo dati sensibili e password, attraverso una “speculative execution”, un'azione che serve per ottimizzare le prestazioni dei processori stessi. Ma non è tutto. Sempre attraverso le vulnerabilità dei processori è possibile accedere alla memoria fisica delle macchine. 
Quali computer sono a rischio. Quello che inizialmente sembrava un caso relativo solo alle macchine con processori Intel, col passare delle ore è diventato un problema globale. Le vulnerabilità affliggono in modo trasversale tutti i sistemi operativi. Tutte le CPU prodotte da intel dal 1995 ad oggi (ad eccezione dei modelli Intel Itanium e Intel Atom precedenti al 2013) sono soggette alla vulnerabilità Meltdown. Mentre la vulnerabilità chiamata Spectre – che per difficoltà di soluzione preoccupa maggiormente i produttori – appartiene a tutti i processori prodotti da Intel, ARM e AMD. 
Un problema senza precedenti. 
Per gli esperti siamo davanti a un problema senza precedenti. La gravità assoluta è dovuta al fatto che le vulnerabilità non riguardano il lato software dei sistemi, ma quello hardware. E non è un problema di fornitore, ma di come tutte le CPU sono state pensate e prodotte. «Se Intel, AMD e ARM sono influenzati, stiamo fondamentalmente parlando di tutto ciò che funziona in un sistema informatico in qualsiasi parte del mondo che ha meno di 10 anni», ha detto Beau Woods, esperto di sicurezza informatica al Consiglio Atlantico. Da Intel hanno confermato che «il “difetto” potrebbe consentire agli hacker di vedere informazioni altamente sensibili come password e chiavi di crittografia contenute nel computer, che potrebbero essere utilizzate per accedere alle comunicazioni crittografate degli utenti».
Come si risolve. 
Per risolvere il problema sarà necessaria una combinazione di modifiche da apportare al software e all'hardware, il che richiederà uno sforzo inusuale a livello industriale che coinvolgerà un po' tutta l'industria informatica. Dai produttori di software a quelli di chip e hardware. Va detto che la vulnerabilità Meltdown può essere arginata con un aggiornamento lato software (in tal senso Microsoftha già prodotto una patch per i sistemi Windows che può essere installato da Windows Update sul proprio computer). Mentre quella denominata Spectre – che consente a un programma in esecuzione su un chip di accedere ai dati in un programma separato, senza bisogno di chiamare il sistema operativo – non esistono ancora soluzioni.
Per quanto riguarda i device Android, Google ha reso noto che il problema interessa anche il suo sistema operativo, ma ha aggiunto che è comunque una falla difficile da sfruttare. Da Mountain View hanno annunciato, inoltre, che sono già al lavoro per rilasciare un aggiornamento di sistema. Al momento, invece, Apple non ha preso una posizione ufficiale, anche se alcuni rumors parlano di una nuova versione di macOS in arrivo. È bene, dunque, tenere sotto controllo gli aggiornamenti.