lunedì 17 gennaio 2011

Mirafiori, la ribellione della dignità. - di Giuseppe Giulietti.


Alla Fiat hanno vinto i sì e dunque viva i no! Non si tratta di un paradosso, ma della giusta lettura politica di quanto è avvenuto in queste ore.
Nessuno di noi vuole disconoscere il risultato finale, ma non vi è dubbio che, nelle condizioni date, bisognerebbe consegnare un premio a quanti hanno respinto minacce e ricatti e hanno comunque votato no, costoro dovrebbero essere davvero nominati cavalieri del lavoro dal presidente Napolitano!

Mai si era consumata una consultazione elettorale e referendaria in presenza di una così clamorosa disparità di condizioni mediatiche, economiche, politiche.
"O si vota, o si vota sì, e se non dovesse comunque vincere il sì, chiuderò tutto e andrò all'estero", così aveva dichiarato Marchionne, raccogliendo, non a caso, l'immediato sostegno di Berlusconi, dei suoi fedelissimi e di non pochi esponenti del Pd, tutti insieme appassionatamente.
Coloro che avrebbero comunque votato no, avrebbero dovuto portare sulle spalle il peso di aver condannato alla fame i familiari, Torino, il Piemonte, l'Italia intera.
Sembrava quasi che il futuro della nazione, dei giovani, dei precari, fosse ostaggio di qualche migliaia di tute blu, veri sabotatori di ogni modernizzazione.

In queste condizioni i sì avrebbero dovuto raggiungere percentuali bulgare, una quasi unanimità. Invece no! Invece è scattata una ribellione profonda, un fastidio non solo verso la intesa, ma anche vero i toni e i modi disgustosamente autoritari con i quali si è tentato di imporre il ricatto.
Centinaia e centinaia di donne e di uomini di Mirafiori, pur preoccupati quanto quelli che con altrettanta sofferenza hanno votato sì, hanno comunque scelto di difendere la dignità loro e quella di tanti altri lavoratori, ai quali ora si cercherà di applicare il metodo Marchionne, come ha già anticipato la signora Marcegaglia.

Nei giorni scorsi politici di ogni colore, giornalisti e persino qualche prete hanno più volte invitato la Fiom e la Cgil al senso di responsabilità, alla necessità di rispettare il voto e di restare in fabbrica. Dopo questo risultato lo chiederanno con la stessa petulanza e con la stesa determinazione anche a Marchionne? Gli chiederanno di deporre i panni del caudillo e di rinunciare a quelle parti dell'intesa che sono lesive persino dei diritti costituzionali e dello statuto dei lavoratori? Ci permettiamo di dubitarne.

Per queste ragioni continueremo a sostenere l'appello di MicroMega e ci impegniamo sin da oggi a compiere ogni sforzo per favorire la più ampia adesione e partecipazione allo sciopero del prossimo 28 gennaio che, a questo punto, dovrà essere anche la giornata di chi ancora crede nella Costituzione e in quei valori di libertà, legalità, dignità, senza i quali la declamata modernizzazione rischia di assomigliare alle più arcaiche forme di neo feudalesimo.