Rifiuti. La questione legata alla valorizzazione.
Lo stato. Dopo 11 anni dall’ingresso ufficiale nell’emergenza, la Sicilia non ha ancora risolto i problemi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonostante una spesa abnorme e un costo collettivo insopportabile.
Il Piano. Il commissario delegato, Lombardo, ha previsto in contemporanea l’aumento delle discariche, la raccolta differenziata e la valorizzazione energetica dei rifiuti. Le linee guida devono essere riviste.
PALERMO – La crisi dei rifiuti vive giorni di grande intensità. Nel collasso generale del sistema, incluso il rischio dello sciopero degli addetti alla raccolta che paralizzerebbe tutto, si spera nell’ulteriore implementazione del piano “rimandato” da Roma e ora al vaglio dei tecnici della Regione. Paiono inevitabili sia la differenziata che la progettazione di un processo a lungo periodo con nuovi impianti di recupero e valorizzazione energetica del rifiuto. Proprio la valorizzazione, quasi una condicio sine qua non per restare in Europa, è stata ribadita sia nella l.r. 9/2010 che nel provvisorio aggiornamento del piano.
La soluzione si chiama dissociatore molecolare, impianto che permette una comunione tra sostenibilità ambientale e valorizzazione energetica del rifiuto.
Il sonno di una virtuosa gestione dei rifiuti continua a produrre mostri. Le difficoltà burocratiche e politiche bloccano un sistema sostenibile di valorizzazione dei rifiuti e continuano ad affossare la gestione finanziaria degli ambiti isolani. Gli aggiornamenti del piano del 2002 mandati a Roma sono stati rinviati a Palermo per ulteriori implementazioni, come largamente anticipato e approfondito nelle scorse settimane. Altrove la gestione dei rifiuti produce ricchezza per tutti con impianti di valorizzazione energetica, recupero dei materiali e tariffe tarate per un servizio funzionante, mentre nell’Isola a guadagnarci sono in pochi e soprattutto i proprietari delle discariche, principalmente soggetti privati che vantano crediti milionari e stanno chiudendo le porte all’immondizia.
Uno dei grandi dilemmi irrisolti ruota ancora sulla questione della valorizzazione energetica del rifiuto. In tal senso sia la l.r. 9/2010, ancora inapplicata, che l’aggiornamento del Piano rifiuti del 2002 inviato a Roma, non nascondono il progetto di utilizzo di impianti per la valorizzazione energetica del rifiuto. Un’attestazione ovvia, perché non farlo sarebbe una scelta anti-europea, dal momento che questo trattamento è previsto anche nella normativa partorita da Bruxelles ed è una modalità largamente utilizzata in Europa (20% dei rifiuti europei finiscono per essere valorizzati energicamente contro il 12% della media italiana). Resta il problema della modalità. Chiusa definitivamente la stagione dei quattro termovalorizzatori previsti nel piano Cuffaro del 2002, si continua a parlare di impianti di valorizzazione energetica (nella fase a regime del piano di aggiornamento si definiscono genericamente “impianti dedicati a tecnologia complessa ed avanzata” tali da “minimizzare i rischi ambientali ed igienico sanitari”).
Nei giorni scorsi il governatore Lombardo è tornato su questi temi precisando sul suo blog come Franco Gabrielli, neo sottosegretario alla Protezione Civile, abbia apprezzato “la strategia di fondo del documento regionale pianificatorio dei rifiuti”, dove sono previsti “impianti di termovalorizzazione a tecnologia evoluta con potenzialità fortemente correlata alla quantità di rifiuto residuo”. Ma Bertolaso, proprio il giorno del suo pensionamento (11 novembre), ha rimandato il piano, tra le altre cose, anche perché sulla valorizzazione energetica dei rifiuti “sarebbe opportuno che, laddove si optasse per la loro presenza nel ciclo, le relative attività fossero inserite nel piano e avviate fin dalla prima fase emergenziale”.
Il problema è che il documento resta ancora opaco nei termini sostanziali di questi impianti: costo, destinazione, tempi. Conciliare sostenibilità ambientale e valorizzazione? Una strada esiste e si chiama dissociatore molecolare. Non è solo un gioco di terminologia, ma di sostanza, perché la tecnica e le conseguenze tra le due tipologie di impianti sono assai differenti: emissioni, conti economici, dimensioni tarabili sulle esigenze. Un tassello essenziale, quindi, da inserire in una riforma che dovrà partire dal superamento dell’emergenza attuale, che, conseguenza inevitabile, è anche finanziaria. Infatti, questo continuo gioco al rimando - l’aggiornamento del piano del 2002, nonostante due squadre di supertecnici della regione era prevedibilmente incompiuto – non fa altro che continuare ad affossare gli ambiti isolani sempre più devastati da debiti e parallelamente aumentare i crediti pretesi dalle discariche isolane.
Il nuovo Piano prevede tra ampliamenti e nuove discariche 17 interventi tra 2010 e il 2013, che andranno ad aggiungersi alle discariche che resteranno aperte delle 14 ancora disponibili al febbraio del 2010. Di queste ultime le quattro private sono le più capienti della Regione, compresa la discarica di Motta che, se ampliata, sarà una delle più gradi della Regione. Senza valorizzazione e con le attuali medie di smaltimento in discarica (88% del totale) ci sarà una pioggia di euro per proprietari di discarica visto che le tariffe attuali arrivano fino a 109,50 euro a tonnellata per lo smaltimento. E per i comuni sarebbero dolori: a Motta Sant’Anastasia la società Oikos, proprietà della famiglia Proto, tra settembre e ottobre ha accumulato crediti per poco meno di due milioni di euro. Il giro d’affari dell’abbancamento complessivo è presto detto: 2 milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti all’anno smaltite in discarica per 100 euro di media producono affari per 2 miliardi mezzo di euro.
Senza contare le porzioni controllate dalla malavita organizzata, dove il sistema discarica-trasporti, come ha denunciato la commissione Pecorella, ha garantito per anni una vera manna dal cielo per le cosche. Ripulire il sistema è priorità per la Sicilia e l’Italia.
No agli inceneritori
Lombardo: sì ad impianti di ultima generazione
Lombardo: sì ad impianti di ultima generazione
PALERMO – Legambiente non ci sta. A seguito del rinvio di Bertolaso dell’aggiornamento del piano varato dalla Regione l’associazione del cigno ha espresso la sua contrarietà. “La vera questione dirimente tra le previsioni della commissione, supportate dal Governo regionale, e quelle del Governo nazionale – ha spiegato Mimmo Fontana, presidente regionale di Legambiente - è ancora una volta la realizzazione degli inceneritori. Inceneritori che vengono considerati sostanzialmente inutili dall’esecutivo Lombardo ed indispensabili da quello Berlusconi”. In realtà, Raffaele Lombardo ha sempre escluso i termovalorizzatori del piano Cuffaro, ma non ha mai escluso la logica della valorizzazione energetica dei rifiuti.
Infatti, quando Pier Carmelo Russo era ancora assessore all’Energia, Lombardo firmò una nota congiunta in cui attestavano, nell’ottica della normativa comunitaria, la necessità di “procedure di autorizzazione accelerate, per garantire in tempi rapidi la realizzazione degli impianti di ultima generazione (in particolare: pirolisi, trattamento meccanico-biologico; dissociatore molecolare e similia)”.
Infatti, quando Pier Carmelo Russo era ancora assessore all’Energia, Lombardo firmò una nota congiunta in cui attestavano, nell’ottica della normativa comunitaria, la necessità di “procedure di autorizzazione accelerate, per garantire in tempi rapidi la realizzazione degli impianti di ultima generazione (in particolare: pirolisi, trattamento meccanico-biologico; dissociatore molecolare e similia)”.