giovedì 31 marzo 2022

Batteria termofotovoltaica: una novità assoluta per l’energia rinnovabile. - Federica Pichierri

 

La batteria termofotovoltaica è la nuova frontiera dell’energia rinnovabile. Scopriamo di cosa si tratta e perchè ognuno di noi dovrebbe averne una.

L’energia rinnovabile è sempre più in crescita nel nostro paese. Gli ultimi rincari sul carburante, così come la troppa dipendenza da pesi esteri per il rifornimento di gas stanno facendo si che il nostro governo spinga sempre Pianta sulle fonti di energia rinnovabile già presenti nel nostro paese.

Nell’ultimo periodo infatti la ricerca nel settore energetico sta andando sempre più avanti. Un esempio è il progetto di sviluppo di una forma di intelligenza artificiale applicata all’energia eolica, ma i progetti sono ogni giorno sempre di più.

In questo momento la richiesta maggiore riguarda la necessità di maggiore spazio per accumulare grandi quantità di energia rinnovabile.

I ricercatori sono già al lavoro da tempo per trovare una soluzione e questa volta qualcuno sembra averla trovata davvero. La risposta a questa esigenza sarebbe una batteria termofotovoltaica, capace di immagazzinare grandi quantità di energia elettrica nel lungo termine.

Il progetto è tutto spagnolo e più precisamente è stato ideato dall’Istituto per l’energia solare del Politecnico di Madrid. I ricercatori avrebbero trovato in modo di sopperire all’esigenza di raccogliere energia e conservarla per lungo tempo. Hanno ideato un sistema capace di immagazzinare l’elettricità nel lungo termine ma soprattutto a costi decisamente ridotti.

In sostanza hanno realizzato una batteria molto speciale, una batteria termofotovoltaica a calore latente. Utilizzando la fusione di alcuni materiali metallici, quali alcune leghe di ferro e silicio, questa batteria riesce a immagazzinare l’elettricità come calore latente.

Questo è reso possibile grazie alle elevate temperature di fusione che toccano i 1000 gradi centigradi. Una volta fuso il silicio, il calore irradiato da esso può essere riconvertito in elettricità permettendo così un notevole risparmio di energia elettrica ad un costo minimo.

Grazie a questa batteria, infatti, si potranno produrre quantità di energia 100 volte maggiori rispetto alle normali quantità di energia elettrica prodotte da dei normali impianti solari.

https://www.orizzontenergia.it/2022/03/29/batteria-termofotovoltaica-novita-energia-rinnovabile/

mercoledì 30 marzo 2022

Sanità, scuola, ricerca, fisco e molto altro. Ecco cosa si potrebbe fare con i 13 miliardi che il Governo vuole buttare in spese militari. - Stefano Iannaccone

 

I 13 miliardi di euro previsti per l’aumento delle spese militari sono l’equivalente di una manovra correttiva, anche con un bel peso specifico. I numeri, del resto, parlano chiaro: la somma è un terzo dell’ultima Legge di Bilancio approvata, che – dati alla mano – ha avuto una movimentazione di 40 miliardi di euro complessivi.

Spese militari, mentre l’esercito viene armato fino ai denti, la Sanità viene lasciata senza strumenti per lavorare

Si parla dunque di un gruzzolo di risorse che potrebbe avere numerose destinazioni. Quali? L’elenco è lungo: dalla Sanità al fisco, dalla scuola al welfare. Per non dimenticare le misure contro l’aumento delle bollette che sta funestando i bilanci delle famiglie. Le risorse in più che il governo dei Migliori vuole prevedere per l’acquisto di nuove armi, facendo passare la cifra da 25 a 38 miliardi, sono insomma un tesoretto prezioso.

Per rendere l’idea delle proporzioni: è sei volte e mezzo più grande del fondo previsto, ogni anno, per finanziare degli enti di ricerca, tra cui il Cnr. Ma questo è solo un esempio tra i tanti. Eppure il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che pure di professione è economista e sicuramente capace con i numeri, è fermamente intenzionato ad accontentare la Nato, portando le spese militari al 2 per cento del Pil. Un progetto che lo vede andare in tandem, con il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. E in pochi sono davvero pronti a dire no, come fa il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.

Mentre l’esercito viene armato fino ai denti, la Sanità viene lasciata senza le armi per lavorare al meglio. Il sistema, negli ultimi due anni di pandemia, ha mostrato tutti i suoi limiti. La tenuta è stata possibile solo grazie all’impegno eroico di medici e infermieri. Il Piano nazionale di riprese e resilienza investe sulla salute 15 miliardi e 600 milioni di euro. In pratica l’incremento dei fondi per le spese militari sarebbe equiparabile alle risorse messe a disposizione dal Recovery plan su uno dei capitoli ritenuti fondamentali, specie dopo la tragedia del Covid-19.

Peraltro, già attualmente, per avere una macchina pienamente efficiente, occorrerebbero – stando alle stime della Fnopi (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche), oltre 63mila infermieri. Ma all’appello mancano già più di 1.300 medici e per il 2027 la prospettiva è quella di 35mila pensionamenti totali, che potranno essere rimpiazzati solo per metà, nella migliore delle ipotesi. Servono dunque forze fresche e per immetterle è fondamentale fornire risorse strutturali. Altrimenti sono dolori, nel vero senso della parola.

Nell’ultima Legge di Bilancio il governo ha realizzato una riforma dell’Irpef. In totale ha speso 7 miliardi di euro per rivedere le aliquote, peraltro avvantaggiando in maniera palese i redditi più alti. Un esempio è arrivato dai dati, forniti dal Mef, sulle pensioni. Su questo specifico capitolo la spesa è stata di 2 miliardi 100 milioni. Per i redditi fino a 15mila euro, praticamente nella soglia di povertà, la riforma ha portato un “guadagno” di 177 euro all’anno, pari a 14,75 euro al mese. Chi ha fatto una dichiarazione tra 50mila e 55mila euro, può contare su un incremento di 744 euro annui.

Rinunciando alle armi si potrebbe prevedere un intervento molto più incisivo sulla tassazione

Un calcolo semplice che dimostra come la rinuncia all’acquisto di bombe potrebbe determinare un intervento molto più incisivo sulla tassazione, magari a sostegno dei più poveri. E che dire poi della delega fiscale, che al di là dell’Irpef è chiamata a ridisegnare l’architrave dell’imposizione sui contribuenti, a cui sono stati destinati solo 8 miliardi? Il lavoro in Parlamento è portato avanti con il bilancino per evitare che qualsiasi misura introdotta dai deputati possa avere un costo per le casse pubbliche. Il mantra, in questo caso, è che non ci sono soldi a sufficienza, così come mancano, a parole, quando si tratta di misure che potrebbero sostenere i redditi bassi.

La questione energetica è esplosa con la guerra in Ucraina. Il governo è intervenuto in due tempi, prima con il decreto bollette, da 7 miliardi di euro, e poi con il decreto energia, da 4 e passa miliardi. Messi insieme non arrivano alla fatidica cifra dei 13 miliardi. Ed è sotto gli occhi di tutti come l’intervento sulla riduzione dei costi del carburante di 25 centesimi sia da considerare alla stregua di una mancetta. Peraltro con l’aggravante che la misura ha un carattere molto limitato nel tempo: il 30 aprile 2022 si torna punto e daccapo.

Bisognerà inevitabilmente reperire nuove risorse, a meno di non dover sottoporre gli italiani a una risalita improvvisa dei costi per fare il pieno di benzina. Perché difficilmente nel prossimo mese la situazione potrà tornare sotto controllo in termini di approvvigionamenti energetici. Anzi l’ipotetico distacco dal gas russo imporrebbe un intervento statale ancora più significativo.

Il caro-energia, con tutti gli annessi, è solo uno dei problemi scoppiati con il conflitto in Ucraina. Le sanzioni inflitte al governo di Mosca hanno messo in affanno intere filiere finite.“La guerra commerciale mette in pericolo le esportazioni agroalimentari Made in Italy in Russia e in Ucraina per un valore che nel 2021 ha superato il miliardo di euro”, ha riferito la Coldiretti. Una contrazione che colpisce in maniera particolare il settore enologico: secondo una stima di Nomisma, nello scorso anno sono stati esportati in Russia vini per 340 milioni di euro, una somma che cresce di altri 60 milioni considerando il mercato ucraino.

Non va poi dimenticato l’export di olio, caffè e pasta. E ancora: la filiera del legno perde qualcosa come 400 milioni di euro con la chiusura dello sbocco russo. Un business che viene a mancare per le aziende italiane e a cui bisogna sopperire in qualche modo. Così come si dovrebbe far riflettere il rincaro delle materie prime per le costruzioni. L’Ance ha evidenziato che il prezzo dell’acciaio “tra novembre 2020 e febbraio 2021 ha registrato un aumento eccezionale pari a circa il 130%”. A rischio ci sono i lavori pubblici, senza un supporto.

Un altro eterno problema italiano riguarda la scuola. Basti pensare all’edilizia scolastica. Secondo quanto riferito da un dossier della Camera, il fondo unico prevede uno stanziamento ulteriore di 500 milioni di euro per gli interventi sugli edifici. Una cifra che è insufficiente rispetto a quanto effettivamente potrebbe servire per garantire una maggiore sicurezza agli studenti. Una ricerca della fondazione Agnelli indica che sarebbero addirittura necessari 200 miliardi di euro per un piano di effettivo ammodernamento. Certo, sarà una stima al rialzo.

Ma un elemento risulta certo: per il triennio 2018-2020, l’investimento sull’edilizia scolastica è stato di 10 miliardi in totale. Non va meglio, poi, se si parla di ricerca. Il Foe (il fondo assegnato agli enti controllati dal Ministero dell’università e della ricerca) è cresciuto nel 2021, ma è fermo a un miliardo e 900 milioni di euro. In confronto al 2011 l’incremento è stato di appena 200 milioni. Per superare la soglia ormai “mitica” dei 13 miliardi che il governo intende investire in spese militari, bisogna mettere insieme le risorse date ai ricercatori in 8 anni.

https://www.lanotiziagiornale.it/sanita-scuola-ricerca-fisco-e-molto-altro-ecco-cosa-si-potrebbe-fare-con-i-13-miliardi-che-il-governo-vuole-buttare-in-spese-militari/?fbclid=IwAR1rfvkKYafVKbMvqS5bEfrHNE74C3FZk_ctzUyiEmYFg1Uz0VZqJRi1_L0

Riarmo, lo “sgambetto” di Giorgia a M5S e LeU: l’ordine del giorno non si vota. - De Carolis, Salvini

 

GUERRIGLIA DI PALAZZO - Il governo accoglie l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia al decreto Ucraina per aumentare le spese militari fino al 2% del Pil. Ma i meloniani chiedono di non mettere ai voti i documento. Protestano M5S e LeU: così è vietato il dissenso.

Alle quattro del pomeriggio, nella sala Koch del Senato, la maggioranza implode. Urla, accuse, fascicoli agitati come drappi in commissione. Il governo, per bocca del ministro dei Rapporti col Parlamento, Federico D’Incà, ha appena accolto l’ordine del giorno di Fratelli d’Italia al decreto Ucraina per aumentare le spese militari fino al 2 per cento del Pil, senza modifiche. Ma, a sorpresa, i senatori meloniani guidati da Luca Ciriani e Isabella Rauti decidono di non strafare: FdI non chiede di mettere ai voti l’ordine del giorno e quindi di non obbligare la maggioranza a una sanguinosa conta. “Abbiamo vinto, non volevamo fare un dispettuccio di maggioranza” sorride la senatrice Rauti. A quel punto, succede di tutto. Perché sia i senatori del M5S che quelli di LeU, rappresentati da Loredana De Petris, non ci stanno. Vogliono che sia messo ai voti il loro dissenso dalla scelta del governo sul riarmo. Ma non è possibile: una volta accolto l’odg, se i firmatari non chiedono di metterlo ai voti lo stesso, non si tiene alcuno scrutinio. Così la spaccatura nella maggioranza, dall’interpretazione del regolamento, tracima sul piano politico. La mossa dei meloniani fa andare in mille pezzi l’asse giallorosa. Il senatore 5S Gianluca Ferrara accusa i colleghi di voler fare “gli interessi dell’industria della Difesa”, Paola Taverna parla di “propaganda becera” di FdI, Andrea Cioffi attacca: “Il governo si trincera dietro fratelli d’Italia”. De Petris fa asse con i pentastellati sostenendo che l’atteggiamento del governo è “inaccettabile” e la decisione di alzare le spese militari è “sbagliata e dannosa”.

Da fuori anche Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana spara: “È un favore alla lobby industriale bellica, un colpo serio alle ragioni della pace – attacca – da oggi il governo Draghi ha ampliato la sua maggioranza ancora più a destra con FdI”. Ma l’accusa più rumorosa è quella del M5S nei confronti della presidente della commissione Difesa del Pd, Roberta Pinotti, rea di non aver voluto mettere ai voti l’odg. Vito Crimi riassume così: “Con il nostro Petrocelli le cose sarebbero andate diversamente”. Ma dicono che non la pensi proprio così Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri, ieri assente. Ma comunque voglioso di annunciare che non voterà il decreto che invia armi all’Ucraina, ossia il testo a cui è collegato anche l’odg di FdI. “Partiti guerrafondai, politici decotti e presunti servitori dello Stato si fanno interpreti del Paese reale e ci fanno diventare co-belligeranti” attacca. Il Pd, a cui era stato offerto un punto di caduta (mandare direttamente il decreto in Aula senza relatore, così da non dover votare sugli odg) prova a rispondere con Alessandro Alfieri: “Va bene le esigenze dei partiti, ma non si metta in difficoltà il governo”.

Oggi pomeriggio il decreto arriva in Aula, per essere votato già domani. Con o senza fiducia, non è ancora chiaro. “Se FdI non ripresenta in Aula l’odg non servirebbe” spiegano fonti di governo. Oppure se i meloniani confermeranno la scelta di non metterlo ai voti. Ma si deciderà nelle prossime ore. A occhio lunghissime, per la maggioranza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/30/riarmo-lo-sgambetto-di-giorgia-a-m5s-e-leu-l-ordine-del-giorno-non-si-vota/6541822/

Draghi l’amerikano: promesse a Zelensky e resta zitto su Biden. - Wanda Marra

 

IN PRIMA FILA - La telefonata con l’ucraino e l’impegno a intervenire in caso di nuove aggressioni. Silenzio sugli insulti Usa.

Si aspettava una telefonata tra Mario Draghi e Vladimir Putin. E invece ieri il premier italiano ha sentito Volodymyr Zelensky. L’Italia sarà tra gli Stati garanti della sicurezza dell’Ucraina, quelli che dovranno assicurare una reazione militare immediata nel caso di nuove aggressioni da parte della Russia. Almeno a quanto dice ufficialmente Zelensky. L’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnik, ha parlato ieri mattina dell’iniziativa U24, United for Peace, per creare questo gruppo di Paesi. Di cui farebbero parte i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, più la Germania, il Canada, la Turchia e anche l’Italia. Poi è arrivata la telefonata Draghi-Zelensky. E nel frattempo, nessuna presa di distanza c’è stata da parte di Draghi dopo le parole di Joe Biden che da Varsavia si lasciava andare così: “Putin non può restare alla guida della Russia”. Una precisa dichiarazione o una gaffe rivelatrice, con il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken impegnato a gettare acqua sul fuoco. E lo stesso presidente degli States costretto a negare ieri con evidente poca convinzione.

Domenica a intervenire per dire che non si punta a un cambio di regime in Russia sono stati sia il presidente francese Emmanuel Macron, sia il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Ammettere l’obiettivo dichiarato dal presidente degli States rischia di favorire l’escalation. Draghi però non parla. Dopo settimane ai margini, il premier è riuscito nell’ultima settimana a essere riammesso nei formati che contano. Con tanto di ribadita fede atlantista. L’unico bilaterale a Bruxelles con un leader europeo di cui ha dato conto la Casa Bianca su Twitter è stato quello con lui. Il premier aveva comunque annunciato venerdì che avrebbe sentito Putin. Mentre Macron e Scholz non hanno mai smesso di parlarci, con un tempismo ferale, Draghi aveva annunciato un incontro proprio nei giorni precedenti all’attacco all’Ucraina. Ovviamente cancellato. Il tempismo non è stato dei migliori neanche in questo caso, con l’“Amico americano” che a Putin ha dato anche del “macellaio”. La telefonata resta in agenda, ma intanto ieri Draghi ha parlato con Zelensky. Dialogo che ormai è costante, raccontano da Palazzo Chigi.

Da dove trapela un certo imbarazzo, però, rispetto alle informazioni diffuse dall’ucraino sulla conversazione. Su Twitter, infatti, Zelensky ha ringraziato per “la disponibilità dell’Italia di unirsi alla creazione di un sistema per le garanzie di sicurezza a sostegno dell’Ucraina”. Questione di cui non si faceva cenno nel comunicato di Palazzo Chigi, in cui si raccontava che il presidente Zelensky ha lamentato “il blocco da parte russa dei corridoi umanitari e la prosecuzione del- l’assedio e dei bombardamenti delle città”.

Si tratta di procedere negli aiuti che stiamo dando, come spiegano fonti di governo. A cominciare, dunque, dalle armi, ma non solo. Non a caso ieri il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, era in Romania, in visita al contingente che fa air policing. E non secondario il fatto che il presidente ucraino abbia voluto dare notizia delle promesse dell’Italia, dopo aver stilato una lista dei governanti europei a lui più vicini. In testa c’è Johnson: un altro che non ha criticato le parole di Biden.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/29/draghi-ucraina-mario-lamerikano-promesse-a-zelensky-e-resta-zitto-su-biden/6540574/?utm_campaign=Echobox2021&utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR0LQr3ywRCrxQoo0fmiwTcYWuZbS3D5sLlKCRgTxKVr3kXAFs-ApGgP7VE#Echobox=1648546356

Alcune delle tappe principali della leader di #FratelliDiTaglia. - M. Travaglio

 

❌ Trent'anni (TRENTA!) di politica Berlusconiana, durante i quali capisce come reinventarsi e vendersi per "nuova" all'elettorato;

❌ Ha votato praticamente ogni taglio ai danni degli italiani: scuola, sanità, infrastrutture. C'è solo l'imbarazzo della scelta;

❌ Ha votato il MES e il pareggio di bilancio, anche se adesso si finge contraria per fare opposizione;

❌ Ha votato per circa 8 miliardi di tagli all'Istruzione Pubblica, anche se adesso si lamenta per i banchi con le ruote attaccando chi lavora a soluzioni in tempo di crisi;

❌ Ha distrutto il sistema sanitario pubblico, favorendo quello privato con i suoi colleghi di partito;

❌ Ha votato la Legge Fornero, e già questo dovrebbe bastare a capire di chi stiamo parlando;

❌ Ha votato in favore del Legittimo Impedimento per permettere a Berlusconi ed altri amichetti di arrivare alla prescrizione;

❌ Era lì anche quando fu varato il Lodo Alfano, ovvero l'impunità per le alte cariche dello Stato;

❌ Era lì quando fu votato il taglio all'istruzione universitaria di 1 miliardo e mezzo;

❌ Ha votato lo Scudo Fiscale anche per il Falso in Bilancio, parente dello stesso scudo fiscale di cui ha usufruito Fontana;

❌ Ha votato in favore della Legge Bavaglio sulle intercettazioni;

❌ Ha votato in favore dello Svuotacarceri che ha portato fuori più di 7mila detenuti;

❌ Era saldamente in maggioranza quando si votò il primo Trattato di Dublino, obbligando l'Italia a trattenere i migranti su territorio nazionale, anche se ora sbraita contro l'immigrazione;

❌ Era lì quando fece ricorso contro il Taglio dei Vitalizi di tutti i politici, ma sotto Natale ha pensato bene di farsi un regalo con i soldi degli italiani ;

❌ E più di recente, ha votato contro il taglio alle pensioni d'oro.

Questa è una minima parte del passato di Giorgia Meloni.
Ricordiamolo a tutti gli italiani”

M.Travaglio 

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martedì 29 marzo 2022

Per sdrammatizzare. - Marco Travaglio














Dovevamo vedere anche questa. Il portavoce di Erdogan, l’autocrate turco che perseguita oppositori e bombarda curdi, che insegna diplomazia e buonsenso a Biden, dopo le ultime flatulenze contro Putin (“macellaio che non può restare al potere”): “Se tutti bruciano i ponti con la Russia, chi parlerà con Mosca a fine giornata?”. Senza contare che l’annuncio di un golpe Mosca senza invadere e bombardare il Cremlino per destituire Putin (dopo Saddam e Gheddafi) ha un solo effetto: rafforzarlo col suo establishment e col suo popolo, aggiungere altri alibi alla sua propaganda sulle mire imperialiste della Nato a Est e gelare i dissensi interni, visto che nemmeno il più antiputiniano dei russi accetterebbe mai di farsi scegliere il presidente da Washington. Non a caso, a capotavola dei negoziati russo-ucraini, non siedono gli Usa, guidati da un nonnetto rinco che dichiara guerra alla Russia senza neanche accorgersene, smentito da tutti gli alleati dignitosi (quindi non Draghi) e persino dal suo portavoce e dal suo segretario di Stato; né l’Europa, cobelligerante con Kiev; ma la Turchia. Di questo passo pure Kim Jong-un diventerà un po’ meno imbarazzante di un Biden che riesce a non far danni solo quando tace, o scoreggia, o entrambe le cose. E, mentre tutti strologano su chi e quando rovescerà Putin, Biden rischia di essere il primo presidente americano destituito per inability in base al XXV Emendamento, sia perché non collega la bocca all’eventuale cervello, sia perché il figlio è nei guai per i finanziamenti ai laboratori di armi biologiche (in Ucraina: toh). O meglio, lo rischierebbe se poi non dovesse subentrarli la sua degna vice Kamala Harris, che è peggio di lui: l’altro giorno è esplosa in una grassa e beota risata a una domanda sui profughi ucraini e il Washington Post ha scritto: ”L’America è in mano a un’imbecille”. Anzi due. Ma è il mondo che è in buone mani: l’invaso Zelensky, l’invasore Putin, l’invasato Biden.

Nel 2001, quando Bush jr. attaccò l’Afghanistan coi suoi servi sciocchi, fece di tutto per chiarire che non ce l’aveva con l’Islam, ma solo con al Qaeda: visitava una moschea e abbracciava tre imam al giorno. Poi, per fare cosa gradita, B. se ne uscì con “la superiorità della nostra civiltà su quella islamica, che è rimasta ferma ad almeno 1400 anni fa e siamo destinati a conquistare”. Nel giro di tre minuti insorsero tutti i Paesi occidentali e islamici dell’orbe terracqueo, più la Lega Araba. E Stefano Disegni svignettò il Day After: una landa di rovine fumanti abitata da due mostriciattoli verdi con una tromba al posto del naso. “Papà, ma come finì il pianeta Terra?”. “Niente, Bin Laden stava trattando, poi Berlusconi per sdrammatizzare raccontò quella dell’araba pompinara…”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/29/per-sdrammatizzare/6540550/

Spese per la difesa, maggioranza divisa al Senato. Il governo verso la fiducia. -

 

I punti chiave.


Prove di mediazione sul decreto Ucraina e, in particolare sull’aumento delle spese militari, su cui la maggioranza rischia di spaccarsi al Senato. Fieramente contrario alla soglia del 2% del Pil, per gli investimenti sulla difesa, è il Movimento 5 stelle, seguito da Leu. Pronto a trattare il governo, fermo sugli impegni presi a livello militare ma anche pronto a valutare il voto di fiducia per “salvare” il provvedimento azzerando tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno come quello di FdI che lo impegna a raggiungere la soglia del 2 per cento sulle spese militari. In quest’ottica rientra il faccia a faccia che si terrà nelle prossime ore tra il premier Mario Draghi e il suo predecessore e leader dei 5S, Giuseppe Conte.

Maggioranza in cerca di intesa.

Intanto, è fallita la ricerca di un’intesa con una riunione, in videocollegamento, tra il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà e i vertici dei vari gruppi a Palazzo Madama e delle due commissioni Esteri e Difesa che dovrebbero approvare il decreto, per discuterlo in aula mercoledì. Secondo quanto si apprende, M5S e Leu sono rimasti sulle barricate rifiutando ogni tipo di mediazione proposta, che sarebbe potuta entrare - in caso di accordo - in un ordine del giorno ad hoc.

Sul provvedimento, già votato alla Camera il 17 marzo, le divisioni non sono in sostanza sui contenuti ma proprio sull’ordine del giorno proposto da Fratelli d’Italia che chiede al governo di tener fede all’impegno preso - anche dal presidente Draghi, si rammenta nel documento - sulla «necessità di incrementare le spese per la difesa» fino al 2%.

Per FdI spazi di manovra.

Se il partito di Giorgia Meloni chiederà di metterlo ai voti (molto probabile), avrà il no di 5S e LeU. «La nostra posizione è lineare. Andiamo avanti», insiste Conte. E proprio la fiducia automaticamente blinderebbe il decreto, facendo decadere ogni mozione collegata. Estrema ratio per “salvare” il provvedimento - passato indenne e senza fiducia a Montecitorio - visto che tutti confermerebbero la fiducia. M5S compreso. L’opposizione ha, insomma, un’occasione per stanare e fiaccare la maggioranza, facendo leva sulla coerenza del governo rispetto alle posizioni prese a livello europeo e alla credibilità internazionale. Tant’è che fa spallucce la leader di FdI, Giorgia Meloni quando ribadisce che «sulle spese militari è il governo che sostiene noi», liquidando i rischi di una spaccatura “governativa” come «un problema della maggioranza».

L’approdo al Def.

Da Palazzo Chigi nessun tentennamento. L’Italia sarà fedele all’impegno preso con la Nato di portare al 2% le spese militari entro il 2024, con un percorso che dovrebbe essere ribadito nel Documento di economia e finanza (giovedì potrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri). L’approdo al Def potrebbe essere quindi la via d’uscita per i 5 Stelle. Sul tavolo - e su pressing soprattutto del Pd e di Iv- ci sarebbe anche l’opzione di un ordine del giorno unitario della maggioranza (in aggiunta a quello di FdI) che dia il segno della compattezza nonostante tutto, e su cui ad esempio ci potrebbe essere un rimando vago al Def sulle spese militari, specificando che l’arrivo al 2% del Pil sarebbe un obiettivo graduale.

Il premier sente Zelensky.

Intanto Palazzo Chigi conferma la sua posizione sull’Ucraina, in linea con il monito per «la pace subito» lanciato dal presidente Mattarella. Draghi, che ha sentito al telefono il presidente ucraino Zelensky, ribadisce il sostegno alle autorità e al popolo ucraini, contribuendo all’azione internazionale per mettere fine alla guerra. Ma anche aprendo alla possibilità, sostenuta dall’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnyk, che l’Italia si faccia garante in caso di aggressione all’Ucraina, insieme ad altri Paesi.

https://www.ilsole24ore.com/art/spese-la-difesa-maggioranza-divisa-senato-governo-media-ma-valuta-fiducia-AEwaTVNB

Trovate microplastiche nel sangue umano.

 

Le particelle di plastica sono inquinanti onnipresenti nell’ambiente e nella catena alimentare, ma nessuno studio fino ad oggi ha riscontrato la presenza delle particelle di plastica nel sangue umano.

A raccogliere la prima prova è la ricerca condotta nei Paesi Bassi e coordinata dalla Vrije Universiteit di Amsterdam.

I risultati, pubblicati sulla rivista Environment International, sono stati ottenuti dal gruppo di lavoro guidato alla ecotossicologa Heather Leslie e dalla chimica Marja Lamoree, nell’ambito del progetto Immunoplast.

I dati sono stati raccolti grazie all’analisi del sangue donato da 22 persone anonime, nel quale sono state cercate le tracce di cinque polimeri, ossia molecole che sono i mattoncini di cui è costituita la plastica, e per ciascuno di essi sono stati misurati i livelli presenti nel sangue.

È risultato che in tre quarti dei 22 campioni esaminati erano presenti tracce di plastiche e che il materiale più abbondante è il Pet (polietilene tereftalato) di cui sono fatte le bottiglie: è stata misurata una quantità di 1,6 microgrammi per millilitro di sangue, pari a un cucchiaino da tè di plastica in mille litri di acqua (una quantità pari a dieci grandi vasche da bagno).

È risultato molto comune anche il polistirene utilizzato negli imballaggi, seguito dal polimetilmetacrilato, noto anche come plexiglas.

Adesso, osservano le ricercatrici, resta da capire se e con quale facilità le particelle di plastica possono passare dal flusso sanguigno agli organi.

“Si tratta dei primi dati di questo tipo e ora – ha detto Lamoree – se ne dovranno raccogliere altri per capire quanto le microplastiche siano presenti nel corpo umano e quanto possano essere pericolose. Grazie ai nuovi dati sarà possibile stabilire se l’esposizione alle microplastiche costituisca una minaccia per la salute pubblica”.

https://beppegrillo.it/trovate-microplastiche-nel-sangue-umano/?fbclid=IwAR2gx2VgpEtEyNbziNtKT-dVmh3qLKoUCz5otb6JAx7bJULuw0vwHiSwmqM

lunedì 28 marzo 2022

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Neolingua/1. “Escalation anti-armi del capo M5S” (Corriere della sera, 25.3). “L’escalation grillina: ‘Se il Def aumenta i fondi alla difesa, pronti a bocciarlo’” (Repubblica, 27.3). Quindi l’escalation la fa chi vuole meno armi e la de-escalation chi ne vuole di più. Orwell, dove sei?

Neolingua/2. “Pronte le nuove armi per Kiev. Draghi: ‘Cercare la pace’” (Repubblica, 25.3). “Le armi fanno vivere la pace” (Enrico Letta, segretario Pd, 27.3). È il disarmo che la ammazza.

La sfiga. “È la sfida decisiva fra democrazie e regimi” (Francis Fukuyama, storico americano, Corriere della sera, 22.3). Vince chi ne ammazza di più.

Filo-spinato. “Orsini, sociologo filoputiniano” (Domani, 24.3). “Docente filorusso” (Giornale, 24.3). “La Rai straccia il contratto del filo-Putin Orsini” (Repubblica, 25.3). “Orsini, il professore idolo dei putiniani” (Salvatore Merlo, Foglio, 25.3). ”Orsini, il sociologo filo-Putin” (Giornale, 25.3). “Orsini, il Paladino di Putin” (Francesco Merlo, Repubblica, 25.3). “La fauna da talk che piace al Cremlino. La Tass loda Orsini” (Repubblica, 26.3). Per la cronaca, Orsini non ha mai detto un monosillabo a favore di Putin in vita sua: solo durissime parole di condanna.

Turbe. “Alla Luiss c’è una fronda piuttosto nutrita di prof, nel cui novero spiccano personalità illustri come Sabino Cassese, decisamente turbati dal fatto che il collega Orsini si fregi in tv del brand Luiss” (Repubblica, 26.3). Oh no, Cassese è turbato perché un docente della Luiss risulta docente della Luiss: e adesso come facciamo?

Cerasa invade il Vaticano. “Caro Papa, la pazzia è solo quella di Putin” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 25.3). Francesco: mo’ me lo segno.

L’arma segreta. “E ora mettiamo Putin con le spalle al muro” (Roberto Formigoni, Libero, 20.3). Putin cambia la combinazione della cassaforte.

Il pazzo ringrazia. “Draghi ringrazia il Papa” (Corriere della sera, 26.3). Che aveva dato dei “pazzi” ai capi di governo che vogliono aumentare la spesa militare al 2% del Pil, cioè a lui. Pazzo, ma riconoscente.

Come passa il tempo. “Erdogan è un dittatore di cui però si ha bisogno” (Mario Draghi, presidente del Consiglio, 8.4.21). “Draghi vede Biden ed Erdogan” (Corriere della sera, 25.3.22). Bisogno di qualcosa?

Modestamente. “Berlusconi ha definito Salvini ‘il politico più coerente, trasparente e affidabile’” (Giornale, 21.3). Dopo di lui.

Doni. “Medvedev e Putin sono un dono di Dio per la Russia” (Silvio Berlusconi, FI, presidente del Consiglio, 11.9.2010). “Il Cavaliere definisce Marta Fascina ‘dono di Dio’” (Repubblica, 20.3). Ma non saranno troppi, ’sti doni?

Mestiere incerto. “Non ho capito quale fosse la reale missione degli ufficiali russi a Bergamo nel marzo 2020, in piena pandemia… Compiti sanitari, di intelligence? Conte potrebbe forse spiegarlo” (Concita De Gregorio, Repubblica, 25.3). Mentre lei scriveva, Conte lo spiegava al Copasir, dopo averlo già fatto in una dozzina di interviste, confermate dai vertici dei Servizi, dal sottosegretario delegato Gabrielli e dallo stesso Copasir. Ma lei fa la giornalista, mica è tenuta a saperlo.

Un vero analista. “La retromarcia dei populisti” (Giovanni Orsina, Stampa, 23.3). Meloni primo partito, Lega terzo: praticamente estinti.

Una tantum. “Fermare la guerra si può. Per il Donbass serve un accordo sul modello Trentino Alto Adige, che garantisca autonomia e libertà. L’Europa prenda una iniziativa diplomatica, non lasciamo la responsabilità del dialogo solo a Turchia o Cina. #StopWar” (Matteo Renzi, leader Iv, 8.3). Segnatevela, perché ne dice una giusta ogni dieci anni. Fino al 2032 siamo a posto.

Genny ’a Poltrona. “La querela è un atto intimidatorio e strumentale verso un giornalismo libero” (Gennaro Migliore, deputato Iv, 26.3). Ce l’ha con le querele al Fatto di Renzi e Migliore?

Parmigiano grattato. “Vignali ci riprova a Parma: rivincita su toghe e grillini. L’ex sindaco di centrodestra, costretto a lasciare a causa di un’inchiesta giudiziaria, è stato assolto e riabilitato” (Libero, 27.3). Infatti ha patteggiato 2 anni di carcere per corruzione e peculato e restituito al Comune mezzo milione di euro rubati.

È andata così. “Mascherine: la Procura grazia Arcuri” (Giornale, 26.3). È il modo garantista per dire che le accuse di corruzione e peculato sono state archiviate perché Arcuri era innocente.

Il titolo della settimana/1. “Verso un nuovo scontro di civiltà” (Paolo Guzzanti, Giornale, 27.3). Per trovarne almeno una.

Il titolo della settimana/2. “Giusto pregare, ma facciamolo armati” (Fausto Carioti, Libero, 27.3). Giusto: tutti in chiesa col bazooka.

Il titolo della settimana/3. “I valori della Nato” (Kurt Walker, Repubblica, 23.3). In dollari o in morti?

Il titolo della settimana/4. “Ecco cos’ha in testa Berlusconi” (Libero, 22.3). Catrame?

Il titolo della settimana/5. “Cari amici, sarà ora di capire cosa è stata davvero Tangentopoli?” (Giuseppe Gargani, Dubbio, 23.3). Sì: rubavano.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/28/ma-mi-faccia-il-piacere-262/6539284/

I nazi-illuminati dell’Azov: prima le torture, ora Kant. - Daniela Ranieri

 

Dopo la foto glamour della bambina-soldato con fucile e lecca-lecca, il Gruppo Gedi, non insensibile al valore (simbolico e pecuniario) delle armi, ci regala un’altra piccola, romantica epopea.

Repubblica intervista Dmytro Kuharchuck, 31 anni, comandante del battaglione Azov, un’unità della Guardia nazionale ucraina esplicitamente nazista, almeno a voler prender sul serio le svastiche, i simboli runici, i tatuaggi delle SS dei suoi componenti.

Titolo dell’intervista: “Non sono nazista, ai soldati leggo Kant. Il reggimento Azov lotta per la nazione”. Accipicchia: Kant, il padre dell’Illuminismo tedesco, uno dei pilastri del pensiero filosofico europeo. “Dmytro”, si legge, “non è il tipo di combattente che ti aspetti di trovare nell’Azov. Misura le risposte, legge Kant e argomenta non solo col bazooka”. Un moderato, un centrista liberale.

Ma vediamo chi sono, questi ragazzoni che alla sera leggono la Critica della ragion pura alla luce dei fuochi da campo sotto le bombe russe. Soprannominati anche “Uomini in nero”, o “Corpo Nero” (sicuramente per l’eleganza dei loro outfit), dopo diverse denunce di Amnesty International nel 2016 sono indicati in un rapporto dell’OSCE come “responsabili dell’uccisione di massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell’uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica”. “Il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me”, cita Dmytro sognante, dimenticando le fosse comuni sotto di lui.

Dmytro, dice Rep, “conferisce direttamente col capo, Andrij Biletsky, che nel 2014 formò il Reggimento mettendo insieme gruppi di ultranazionalisti ucraini e attivisti di Maidan”. Wow! E vediamo chi è questo capo: membro del Parlamento ucraino dal 2014 al 2019, Biletsky è cofondatore dell’Assemblea Social-nazionale, in cui obiettivi sono “la protezione della razza bianca” mediante un sistema di “nazionecrazia antidemocratica e anticapitalista” e l’eradicazione di “capitale speculativo sionista internazionale” (Wikipedia). Come si vede, gente illuminata, idealista, cosmopolita. “Costruiamo relazioni che non si basano solo sul curriculum militare ma anche su principi morali universali”, dice Dmytro. Quali principi? Nel 2010, Biletsky disse che la missione dell’Ucraina era “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale contro gli Untermenschen (popoli inferiori, ndr) guidati dai semiti” (ibidem). Qui praticamente c’è tutto Kant, ma pure un po’ di Hegel, Voltaire, Spinoza e Hume.

Certo l’Ucraina non è, come dice Putin, una nazione di nazisti. Ciò nondimeno il 19 marzo il presidente Zelensky ha dichiarato “eroe dell’Ucraina” il maggiore Prokopenko, comandante di un distaccamento speciale di Azov. E dal 2010 è eroe nazionale Stepan Bandera, collaborazionista dei nazisti durante la Seconda guerra Mondiale e uccisore di migliaia di ebrei e polacchi, il cui compleanno è festa comandata.

Così succede che per giustificare l’impegno bellicista del nostro governo, che trova 13 miliardi sull’unghia per le spese militari mentre per la Sanità e 6 milioni di poveri non scuce che spiccioli (e le due diverse destre di Italia viva e Fratelli d’Italia vogliono eliminare anche il reddito di cittadinanza), si costruisca una narrazione in cui il governo ucraino è l’incarnazione del bene, al punto che le sue milizie naziste finiscono ritratte sul quotidiano progressista fondato da Scalfari. (Orsini no, il capitano del Battaglione Azov sì. Avercene. Capito come siamo messi?).

Commovente lo sforzo di romanticizzare la guerra, come fossero, i soldati dell’Azov, giovani intellettuali idealisti europeisti alla Byron, di quelli che negli anni venti dell’Ottocento andarono a combattere in Grecia contro l’Impero Ottomano. Nazionalismo e vitalismo, da sempre marchi del fascismo, presentati come esuberanza giovanile e amore per la democrazia, una specie di requisiti per l’Erasmus, via.

Che aspettiamo a invitare Dmytro al Festival del cinema di Roma, intervistato da Antonio Monda quale virgulto della gioventù liberale e riformista che sconfigge i populisti filo-russi (magari gasandoli)? Sempre che i pacifisti, ancora fermi al vetero-intellettualismo marxista e ignari delle potenzialità democratiche delle bombe, non si mettano di mezzo con la loro smania di censura.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/27/i-nazi-illuminati-dellazov-prima-le-torture-ora-kant/6538796/

Armi biologiche in Ucraina: Biden jr. inguaiato dalle mail. - Sabrina Provenzani

 

LA METABIOTA - Per il “Daily Mail” il figlio del presidente avrebbe veicolato finanziamenti a una società per sviluppare virus. Secondo i russi, esisterebbe un'organizzazione che mira, fra l’altro, alla produzione di una “variante estremamente patogena di antrace”.

È vero che, come sostiene il Cremlino, Hunter Biden, il figlio del Presidente degli Stati Uniti, ha cofinanziato una società americana impegnata, per conto del Pentagono, nella ricerca e sviluppo di armi biologiche in Ucraina?

Per fare chiarezza su questa storia, potenzialmente l’ennesimo imbarazzo provocato da Hunter all’amministrazione statunitense, bisogna riannodare fili complessi muovendosi nel terreno minato della propaganda, uno dei principali fronti dello scontro in corso in Ucraina. E tornare indietro di qualche giorno.

Giovedì scorso il ministro della Difesa russo indice una conferenza stampa in cui accusa Biden figlio di finanziare laboratori di armi biologiche in Ucraina, e il miliardario vicino al Partito Democratico americano George Soros di supportare la produzione di antrace. Il documento, intitolato “Il coordinamento di laboratori biologici e ricerca scientifica fra Ucraina e Stati Uniti” vuole dimostrare l’esistenza di una organizzazione ad altissimi livelli che mirerebbe, fra l’altro, alla produzione di una “variante estremamente patogena di antrace”. Per l’agenzia russa Sputnik, bandita in occidente perché considerata fonte di propaganda del Cremlino, le informazioni sarebbe contenute in documenti riservati ritrovati da soldati russi in Ucraina.

Secondo il diagramma mostrato in conferenza stampa, di questo piano farebbero parte anche due prestigiose istituzioni scientifiche Usa, l’Agency for International Development e il Centers for Disease Control and Prevention (noto anche alle recenti cronache italiane per il suo ruolo nel contrasto al Covid) e almeno 31 laboratori finanziati dal Pentagono per condurre ricerche illegali.

Secondo Igor Kirillov, capo del dipartimento per la difesa radiologica chimica e biologica delle forze armate russe, “la portata del programma è impressionante”.

La conferenza stampa viene liquidata da una serie di analisti occidentali come propaganda russa, con il chiaro scopo di trovare una giustificazione all’invasione dell’Ucraina e di accusare gli Stati Uniti e i suoi alleati di volere utilizzare armi biologiche. Il Pentagono replica ricordando di aver investito 200 milioni di dollari dal 2005 nel Programma di riduzione della minaccia biologica, cioè nella sorveglianza ucraina dei rischi biologici.

Ma, lo rivela il Daily Mail in esclusiva, nelle accuse russe ci sarebbe un elemento di verità, sulla scia di quanto già scritto dal New York Times, inizialmente dubbioso sulla vicenda. Secondo email riservate ottenute dal quotidiano britannico, Hunter Biden avrebbe effettivamente ottenuto e veicolato finanziamenti a Metabiota, una società americana fornitrice del ministero della Difesa e specializzata in agenti patogeni in grado di provocare pandemie. Tramite la sua società di investimenti Rosemont Seenca Technology Partners, il figlio del presidente avrebbe investito in Metabiota almeno 500 mila dollari, al contempo raccogliendo milioni per la società da investitori come Goldman Sachs.

E avrebbe presentato i vertici di Metabiota alla controversa società energetica ucraina Burisma, nel cui consiglio di amministrazione Hunter ha servito dal 2014 al 2019, cioè proprio negli anni in cui gestiva gli investimenti di Metabiota. Lo scopo della proposta di collaborazione? Lavorare a un “progetto scientifico”, chiamato Science Ukraine Project, che avrebbe coinvolto laboratori biologici ucraini.

Come risulta dal documenti ufficiali, fra il febbraio 2014 e il novembre 2016 il ministero della Difesa Usa finanzia Metabiota con 18,4 milioni di dollari, di cui 307.091 destinati a progetti di ricerca in Ucraina. Progetti ucraini su cui Metabiota avrebbe lavorato sotto il controllo di Black&Veatch, fornitore del Pentagono che, scrive il Daily Mail, ha “profondi legami” con le agenzie di intelligence miltare, e che in Ucraina “ha costruito laboratori di massima sicurezza destinati ad analizzare malattie fatali e armi biologiche”. Che ora, questo il timore, potrebbero cadere in mani russe.

Secondo la ricostruzione del Mail, Hunter Biden sarebbe stato particolarmente coinvolto nelle attività di Metabiota: in una mail a lui diretta, nell’aprile 2014, la vice presidente Mary Guttieri invia un memo che fornisce una panoramica della presenza della società in Ucraina e suggerisce come “potremmo far leva sul nostro team, network, e idee per rafforzare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia e la sua integrazione nella società occidentale”.

Propositi molto ampi, per una società specializzata in ricerca scientifica. “Viene da chiedersi, qual era il vero scopo dell’impresa?” è il commento al Daily Mail di Sam Faddis, ex ufficiale della Cia che ha esaminato le email.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/28/armi-biologiche-in-ucraina-biden-jr-inguaiato-dalle-mail/6539288/

Joe Biden scaricato da tutti. Il figlio nei guai per bio-armi. - Giampiero Gramaglia

 

FIGURACCIA - L’Occidente prende le distanze da Sleepy Joe e gli Usa fanno retromarcia: “Non vogliamo rovesciare lo zar”. Erdogan: ok negoziati in Turchia.

Non era forse mai capitato a un presidente degli Stati Uniti, neppure all’imprevedibile e vulcanico Donald Trump, di essere così coralmente “corretto” da alleati e collaboratori. Per tutta la domenica, la Casa Bianca e l’intero staff di Joe Biden hanno sostenuto che il presidente non intendeva dire quel che ha detto: che gli Usa vogliono un “cambio di regime” a Mosca, mettere cioè politicamente fuori gioco il presidente russo Vladimir Putin, a causa dell’invasione dell’Ucraina.

L’operazione coordinata di damage control vuole evitare che il Cremlino prenda sul serio le parole di Biden, che su Putin si lascia spesso scivolare la frizione lessicale: assassino, criminale di guerra, dittatore, macellaio sono alcuni degli epiteti già appioppati al leader russo, con cui, se vuole la pace, l’Occidente dovrebbe negoziare.

Vanno intanto avanti le trattative dirette tra Ucraina e Russia: le due delegazioni si vedranno, da oggi a mercoledì – domani e mercoledì, precisano i russi – probabilmente in Turchia, visto l’accordo raggiunto ieri tra Putin e il numero 1 di Ankara Recep Erdogan. Pare un passo avanti, almeno rispetto agli ultimi round solo virtuali.

Il segretario di Stato Antony Blinken assicura che gli Usa non hanno una strategia per un cambio di regime in Russia, nonostante Biden, sabato, a Varsavia abbia detto che Putin “non può restare al potere”. Blinken arzigogola che Biden voleva solo dire che “Putin non può avere il potere di fare una guerra o impegnarsi in aggressioni”; e ammette che il destino di Putin è “una scelta dei russi”.

Il presidente francese Emmanuel Macron, che è il più attivo fra i leader Ue e Nato a tenere i contatti con Putin, ammonisce: “Non si deve alimentare una escalation di parole o azioni, non avrei detto ‘macellaio’” – e, sicuramente, non avrebbe detto il resto –. Tra oggi e domani Macron organizzerà con Putin un’evacuazione di civili da Mariupol.

Anche Londra prende le distanze dalla sortita di Biden: esponenti del governo di Boris Johnson riconoscono che “sta ai russi decidere da chi essere governati”, pur esprimendo l’auspicio che l’invasione e i contraccolpi economici determino “la sorte di Putin e dei suoi accoliti.” Il “ministro degli Esteri” Ue Josep Borrell chiarisce che l’obiettivo è “fermare la guerra”, non rovesciare Putin.

La durezza verbale di Biden nei confronti del presidente russo ne incrina la credibilità diplomatica e non gli fa guadagnare punti in politica. Per un sondaggio della Nbc, il gradimento del presidente è al 40 per cento, come una settimana fa in un altro sondaggio, in calo dal 43 per cento di gennaio. Sette americani su 10 hanno scarsa fiducia nelle sue capacità di gestire il conflitto in Ucraina; otto su 10 ritengono che l’invasione si tradurrà in prezzi della benzina più alti – già successo – e temono che inneschi una guerra nucleare.

A soffiare sul fuoco del conflitto sono le fonti di Kiev. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky torna a chiedere armi offensive, carri armati e caccia-bombardieri, mentre il capo dell’intelligence Kyrylo Budanov sostiene, sul Guardian, che Mosca, avendo fallito nel prenderne il controllo, mira a dividere in due il Paese; e annuncia azioni di guerriglia nei territori occupati dalla Russia.

Per tranquillizzare i russi e gli alleati, l’ambasciatrice degli Usa presso la Nato Julianne Smith parla di “una reazione umana” da parte del presidente, dopo quello che aveva visto e sentito incontrando rifugiati ucraini nello stadio nazionale di Varsavia. Il Giappone giudica la crisi ucraina la più grave dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Pare che i funzionari della Casa Bianca siano stati colti di sorpresa dalla sortita di Biden, che non era nella traccia del discorso di Varsavia.

Non è la prima volta che il presidente non sta al copione e improvvisa. Esponendosi al fuoco amico: “Una gaffe orrenda”, sottolinea il senatore repubblicano James Risch. Si rifà vivo pure Donald Trump: “Putin è intelligente, ma invadere l’Ucraina è stato un errore”, da un estremo all’altro.

Un ex diplomatico di rango statunitense, attualmente presidente del Council on Foreign Relations, Richard Haas, ammonisce che le parole di Biden hanno reso “una situazione difficile più difficile e una situazione pericolosa più pericolosa”. Non sarà semplice, aggiunge Haas, citato dalla Bbc, “rimediare al danno provocato, ma suggerisco ai collaboratori del presidente di mettersi in contatto con le controparti e di chiarire che gli Usa sono pronti a relazionarsi con il governo russo in carica”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/28/che-errore-su-putin-biden-sbugiardato-da-macron-e-blinken/6539286/

sabato 26 marzo 2022

L’accordo sul gas tra Stati Uniti e Unione Europea.

 

Prevede l’aumento delle forniture, con l'obiettivo di rendere i paesi europei meno dipendenti dalla Russia.


Venerdì Stati Uniti e Unione Europea hanno annunciato un nuovo accordo che prevede l’aumento delle forniture di gas americano ai paesi europei, con l’obiettivo di ridurre e progressivamente eliminare la dipendenza europea dal gas russo. Non potendo farne a meno, infatti, i paesi europei stanno continuando a comprarlo, nonostante la guerra: pagano alla Russia centinaia di milioni di euro al giorno, e allo stesso tempo si rifiutano di imporre sanzioni specifiche sulle esportazioni di gas. L’accordo è dunque un segnale positivo per l’Europa, anche se per varie ragioni è ancora molto limitato rispetto agli obiettivi complessivi.

L’accordo prevede che nel 2022 gli Stati Uniti, il primo paese per produzione di gas al mondo, inviino almeno altri 15 miliardi di metri cubi di gas in Europa, in aggiunta ai 22 miliardi già previsti, arrivando quindi ad almeno 37 miliardi di metri cubi di gas per quest’anno. L’obiettivo finale dell’accordo è arrivare a importare 50 miliardi di metri cubi di gas l’anno entro il 2030.

Anche se dimostra la reale intenzione dei paesi europei nel diversificare i propri fornitori di fonti energetiche, l’accordo non è comunque sufficiente a rendere i paesi europei indipendenti dal gas russo, almeno nel breve termine.

Innanzitutto perché le forniture previste di gas americano restano comunque irrisorie rispetto a quelle importate dalla Russia, equivalenti a circa 150 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il gas russo copre attualmente circa il 40 per cento del fabbisogno energetico complessivo (in Italia, il paese più dipendente dal gas russo insieme alla Germania, nel 2021 quasi il 40 per cento del gas è arrivato dalla Russia): l’accordo tra Stati Uniti e Unione Europea ne garantirà poco più della metà, il 24 per cento.

Il gas americano, poi, arriverà ai paesi europei allo stato liquido, dato che non esiste un gasdotto diretto che colleghi Stati Uniti ed Europa. Per poter usare il gas che arriverà dagli Stati Uniti serviranno quindi attrezzature specifiche: navi metaniere, terminal per riceverlo e gasdotti per trasportarlo, innanzitutto, e soprattutto i rigassificatori, cioè le strutture che servono per far tornare il gas allo stato gassoso grazie a un processo di riscaldamento controllato all’interno di un vaporizzatore.

Sia i terminal per importare il gas naturale liquefatto che i rigassificatori attualmente esistenti in Europa non bastano per gestire l’intero approvvigionamento energetico dell’Unione: il paese con più impianti in questo senso è la Spagna, che ha 6 rigassificatori, seguita da Regno Unito e Francia. L’Italia ne ha tre, la Germania nessuno. Sia la costruzione di rigassificatori che quella dei terminal per ricevere il gas naturale liquefatto fanno parte degli obiettivi della “task force” congiunta annunciata venerdì da Stati Uniti e Unione Europea, insieme all’accordo sulle forniture del gas.

Per rendersi davvero indipendenti dal gas russo, infine, i paesi europei dovranno fare accordi anche con altri paesi fornitori di gas naturale liquefatto (come l’Algeria, il Qatar o l’Australia), oltre che investire sulle fonti rinnovabili.

Foto: Un impianto di trattamento del gas negli Stati Uniti (AP Photo/Keith Srakocic, File)

https://www.ilpost.it/2022/03/25/gas-accordo-unione-europea-stati-uniti/