mercoledì 16 luglio 2014

Siberia: scoperto un gigantesco cratere nella crosta terrestre!



A Yamal, nella vasta penisola siberiana in Russia, un cratere dalle dimensioni impressionanti ha fatto la sua comparsa pochi giorni fa. Le teorie, le opinioni e la fantasia la fanno da padrone, ma alla base di questo cratere dovrebbe esserci una spiegazione fisica. Le immagini riprese da una telecamera aerea sono impressionanti, il cratere dovrebbe avere una larghezza di circa 262 metri.
Le teorie soprattutto quelle più fantasiose parlano di un atterraggio di un grosso Ufo che avrebbe provocato l’enorme buco nel terreno, mentre è stata esclusa la possibilità che possa essersi trattato di un meteorite. Considerando che Yamal è il principale produttore di gas della Russia la causa potrebbe essere meno fantasiosa e più naturale.




Un team di scienziati si è messo subito all’opera per cercare di verificare le cause di quella che sembra essere una vera e propria esplosione. Una spedizione urgente di esperti, del centro russo per lo studio dell’Artico, si è messa in moto ed ha rilevato diverse anomalie nel suolo a pochi metri dal cratere. Gli esperti dicono che la parte esterna del cratere stava ancora bruciando come se una grossa esplosione da sotto avesse causato il tutto.
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Dunque l’ipotesi principale parla di un’esplosione causata da una miscela di gas, sale ed acqua provocata dal riscaldamento globale.; il gas sarebbe esploso sotto la superficie provocando questo enorme cratere. Nel frattempo il fenomeno è stato ribattezzato come “The end of the world” ( La fine del mondo ). Nei prossimi giorni sono attese ulteriori notizie e conferme grazie anche ad alcuni campioni di suolo ed acqua raccolti dagli esperti. La teoria del riscaldamento globale è stata confermata anche da 
Anna Kurchatova, una ricercatrice del centro scientifico del Sub – Artico.
Di Stefan Makarov



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Gaza, 4 bambini uccisi in spiaggia Israele: sei ore di tregua umanitaria.



Una bambina palistinese ferita in un ospedale della Striscia di Gaza - 

Ancora raid israeliani sulla Striscia. Il bilancio delle vittime a quota 216.

Quattro bambini sono rimasti uccisi oggi a Gaza, nel corso dei raid israeliani. Le vittime, riferiscono fonti palestinesi, sono state colpite da proiettili provenienti dal mare, probabilmente da una motovedetta, mentre si trovavano in un bar sulla spiaggia.  

Israele è tornato a mettere in guardia la popolazione di Gaza, chiedendo ai 100mila persone di lasciare le proprie case e tornando a minacciare di far entrare i blindati e le ruspe nella Striscia. «Non saremo in grado di garantire un’estate serena ai nostri figli senza un’operazione di terra a Gaza», ha avvertito il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, secondo cui Israele deve impiegare ogni mezzo per garantire la sicurezza dei suoi cittadini. Ma in serata gli israeliani hanno accolto la richiesta dell’emissario dell’Onu per la regione Robert Serry: domani osserverà a Gaza una tregua umanitaria di sei ore. Ancora non è noto se in parallelo anche Hamas sospenderà i lanci di razzi verso Israele. 

Al nono giorno dell’offensiva Margine Protettivo, il bilancio dei morti è arrivato a 216, con oltre 1.550 feriti (in uno degli ultimi raid è morto anche un ragazzino di 10 anni). Nella notte Israele ha bombardate le case di vari capi di Hamas e della Jihad, in gran parte vuote. Dalla Striscia sono partite nuove raffiche di razzi, almeno sei intercettati da Iron Dome nei cieli di Ashkelon. Ma proprio perché evidentemente prevede una più intensa offensiva, Israele nella notte ha intimato agli abitanti del settore orientale e settentrionale di Gaza di lasciare le proprie case con messaggi telefonici e volantini. Un avvertimento in gran parte ignorato, sia perché nessun punto di Gaza è considerato sicuro e sia perché Hamas continua a liquidare gli avvertimenti come «guerra psicologica». E mentre il presidente palestinese, Abu Mazen, vola al Cairo per cercare un soluzione alla crisi, la diplomazia mondiale si muove e chiede la tregua. Il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, lo ha detto stamane al presidente uscente, Shimon Peres, e lo ha ripetuto ai vari interlocutori della giornata, il presidente designato, Reuven Rivlin, considerato un “falco”; il suo omologo, Lieberman, il ministro della Giustizia, Tzipi Livni, lo stesso premier, Benjamin Netanyahu. 

Secondo un’emittente tv israeliana, Channel 2, Hamas è pronto a un cessate-il-fuoco ma solo se sarà accompagnato da una tregua decennale. Il movimento silamico chiede anche il rilascio dei prigionieri liberati nello scambio per il soldato israeliano, Gilad Shalit, riarrestati recentemente, l’apertura dei valichi di Gaza per far passare beni e persone e la supervisione internazionale del porto di Gaza, attualmente bloccato da Israele. L’ex deputato arabo-israeliano, Azmi Bishara, ha illustrato le condizioni del Movimento di resistenza islamica dagli schermi di Al-Jazira. Bishara, fuggito da Israele nel 2007 perché accusato di aver aiutato Hezbollah, ha ipotizzato che l’escalation durerà ancora un paio di giorni e ha anche accusato Israele di aver accettato brevemente il cessate-il-fuoco mediato dall’Egitto soltanto per poi riprendere con maggiore virulenza gli attacchi.  

Cardinali milionari: la mappa delle proprietà private del clero. - Paolo Biondani



Appartamenti, ville, vigneti, uliveti, boschi. I risultati di mesi di ricerche catastali sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati: una collezione di fortune private (regolarmente dichiarate al fisco), alla faccia dell'umiltà e alla modestia di Papa Francesco.

Beati i poveri, perché di essi è il regno dei cieli, insegnava Gesù di Nazareth nel  Discorso della Montagna. Dopo duemila anni di predicazioni nel nome di Cristo, però, sulla terra continuano a passarsela meglio i ricchi. Non solo i laici, agnostici o miscredenti. Anche tra i cattolici più devoti c’è chi ostenta patrimoni invidiabili. E perfino tra gli alti prelati di Santa Romana Chiesa ora spunta una specie di club dei milionari: cardinali e vescovi che sono proprietari di grandi fortune private. Palazzi, appartamenti, monolocali, fabbricati rurali, capannoni, cantine, fattorie, agrumeti, uliveti, frutteti, boschi e pascoli sterminati.

Si tratta di ricchezze assolutamente lecite, spesso frutto di lasciti testamentari o eredità familiari, che non si possono in alcun modo accostare alle fortune illegali accumulate da quelle pecore nere che, ieri come oggi, non sono mai mancate neppure nelle greggi cattoliche. Dopo l’avvento di Papa Bergoglio, il pontefice che ha scelto di ispirarsi già dal nome a San Francesco d’Assisi e che non perde occasione per richiamarsi alla «Chiesa dei poveri», ammonire che «San Pietro non aveva il conto in banca», scagliarsi contro «il peccato della corruzione» e «certi preti untuosi, sontuosi e presuntuosi» che sfoggiano «macchine di lusso», però, anche in Vaticano c’è chi comincia a chiedersi quante ricchezze personali possiedano i prelati più potenti. Chi riuscirà a passare dall’evangelica cruna dell’ago?

A regalare le prime risposte documentate è il nuovo libro-inchiesta di Mario Guarino (“Vaticash”, ed. Koinè), il giornalista investigativo che più di vent’anni fa svelò molti segreti di Silvio Berlusconi quando era solo “il signor tv”. Dopo aver ripercorso i vecchi e nuovi intrighi ecclesiastici, dall’Ambrosiano allo Ior, dalle collusioni mafiose alle cricche edilizie e finanziarie, Guarino espone i risultati di mesi di ricerche catastali sui patrimoni personali di oltre cento alti prelati, con dati aggiornati all’aprile 2014. Una collezione di fortune private regolarmente dichiarate al fisco, che non ha nulla a che fare, dunque, con le polemiche sulle leggi di favore per le istituzioni religiose o sull’esenzione dalle tasse riservata ai beni degli enti ecclesiastici. Nessuno scandalo giudiziario, insomma: solo un viaggio ragionato, tra citazioni dei vangeli e appelli all’umiltà e alla modestia di Papa Francesco, alla scoperta delle fortune immobiliari, schedate nei pubblici registri del catasto italiano, che fanno capo alle persone fisiche di cardinali e vescovi. Un’inchiesta giornalistica che sfata e riserva parecchie sorprese.  

Monsignor Liberio Andreatta è da molti anni il responsabile dell’Opera romana pellegrinaggi (Orp), l’agenzia vaticana per il turismo religioso, che organizza i viaggi di milioni di pellegrini verso mete di culto come Assisi, Fatima o Medjugorje. Nato nel 1941 in provincia di Treviso, il religioso proviene da una famiglia molto in vista e oggi risulta titolare di un notevolissimo patrimonio personale: a suo nome, il catasto italiano rilascia ben 38 fogli di visure immobiliari. Monsignor Andreatta infatti possiede a titolo personale svariate centinaia di ettari di terreni, coltivati a uliveti, frutteti, boschi da taglio e castagneti, sparsi tra la Maremma e le campagne di Treviso. Nella provincia natia, precisamente a Crespano del Grappa, possiede anche un edificio di 1432 metri quadrati e, insieme ad alcuni parenti, ha altri tre immobili in usufrutto. Inoltre risulta proprietario di una serie di fabbricati rurali tra Fibbianello e Semproniano, sulle colline toscane attorno a Saturnia. Stando ai registri catastali, ha accresciuto il suo patrimonio anche in tempi recenti, acquistando tra il 2008 e il 2011 altre centinaia di ettari di uliveti in Maremma.

Grande possidente, specializzato però nell’edilizia residenziale, è anche l’attuale arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo, nato nel 1938 ad Acireale: nella sua cittadina d’origine risulta aver acquistato, dal 1995 al 2013, otto appartamenti e quattro monolocali in via Felice Paradiso, oltre ad alcune abitazioni per complessivi 22 vani e altri due monolocali in corso Italia. Le visure catastali, inoltre, attribuiscono all’arcivescovo la proprietà di altri nove appartamenti (più un monolocale) in otto diversi stabili in via Giuliani; tre abitazioni e due monolocali in via Kennedy; altri cinque appartamenti (il più grande di 15 vani) in via San Carlo; un altro edificio residenziale e tre monolocali in altre strade sempre di Acireale, dove è intestatario di un ulteriore appartamento in via Miracoli. Nella stesso comune siciliano, il cardinale possiede anche decine di ettari di terreni seminativi, oltre a un vastissimo agrumeto che però è in comproprietà con alcuni familiari.

Più diversificato il patrimonio personale del cardinale Camillo Ruini: l’ex presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), nato a Sassuolo nel 1931, è proprietario di tre appartamenti e tre monolocali a Modena, in via Fratelli Rosselli. A Reggio Emilia possiede un ulteriore appartamento, più un monolocale e un seminterrato. Insieme a una sorella, inoltre, è cointestatario di un’abitazione (con pertinenze immobiliari) nella natia Sassuolo. Il catasto infine attribuisce all’ex rappresentante dei vescovi italiani la proprietà di altri tre appartamenti e un monolocale a Verona.

Il cardinale Fiorenzo Angelini, nato a Roma nel 1916, storico sponsor di Giulio Andreotti ed ex responsabile della sanità vaticana, si accontenta invece della proprietà di due appartamenti su due piani a Roma, per complessivi 16,5 vani, in via Anneo Lucano, zona Monte Mario.

Molto meglio se la passano alcuni prelati che hanno assunto cariche importanti negli ultimi anni. L’arcivescovo ciellino Ettore Balestrero, nato a Genova nel 1966, che si schierò al fianco del cardinale Tarcisio Bertone nella contesa sullo Ior, è un poliglotta che ha girato il mondo e ora è nunzio apostolico in Colombia. Eppure conserva numerose proprietà in Italia, tra cui una residenza di dieci vani a Roma, in via Lucio Afranio, alle spalle dell’Hotel Hilton Cavalieri, altre quattro unità immobiliari a Genova tra le vie Tassorelli e Pirandello (la più grande è di 9,5 vani) e un appartamento in nuda proprietà a Stazzano, nell’Alessandrino, dove però possiede anche molti terreni agricoli e boschi da taglio.

Monsignor Carlo Maria Viganò, nato a Varese nel 1941, che sotto papa Ratzinger si era conquistato la fama di incorruttibile moralizzatore, proviene da una famiglia più che benestante: insieme a un familiare è comproprietario di circa mille ettari di terreni a Cassina de’ Pecchi, vicino a Milano. Nello stesso comune possiede inoltre quattro appartamenti e tre fabbricati.

Anche il vescovo Giorgio Corbellini, nato a Travo (Piacenza) nel 1947, attuale presidente dell’Autorità d’informazione finanziaria (Aif, cioè l’antiriciclaggio) dopo le dimissioni di Attilio Nicora, appartiene a una famiglia ricca. Con alcuni parenti è comproprietario, sulle colline di Bettola (Piacenza), di circa 500 ettari di boschi, due fabbricati e altre centinaia di ettari di pascoli e terreni seminativi. Inoltre possiede tre appartamenti e un fabbricato nel suo paese natale.

Il cardinale Domenico Calcagno, nato a Parodi Ligure (Alessandria) nel 1943, ha dovuto lasciare in gennaio la commissione di vigilanza sullo Ior, mentre mantiene dal 2011 la carica di presidente dell’Apsa, l’ente che amministra gli immobili dello Stato vaticano. Ma anche il suo patrimonio privato non è trascurabile: il catasto italiano gli attribuisce, tra l’altro, un appartamento di 6,5 vani in via della Stazione di San Pietro e altri quattro edifici residenziali nel suo paese natale. Inoltre, insieme a due parenti, è comproprietario di oltre 70 ettari di campi e vigneti in Piemonte.

I terreni agricoli sono un bene-rifugio molto apprezzato anche da altri prelati. L’arcivescovo Michele Castoro, presidente dal 2010 della fondazione che controlla tra l’altro il grande ospedale di San Giovanni Rotondo, possiede 43 ettari di terreni a Gravina di Puglia, oltre a vari fabbricati rurali e a due appartamenti (il più grande di 12,5 vani). Ad Altamura, dove è nato nel 1952, risulta inoltre comproprietario, con cinque familiari, di altri 63 ettari di vigneti. Mentre l’ex decano dei cerimonieri pontificali, monsignor Paolo Camaldo, possiede insieme a due parenti nella natia Basilicata, tra Lagonegro e Rivello, un totale di 281 ettari di campi e vigneti.

Il libro di Guarino riporta correttamente che decine di cardinali italiani anche con ruoli di prim’ordine, come Angelo Bagnasco, Pio Laghi, Giovan Battista Re o Angelo Sodano, non hanno alcuna proprietà immobiliare.

Nullatenente risulta, come molti altri, anche l’ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone, criticato però per la scelta di una lussuosa abitazione intestata al Vaticano: un attico di circa 700 metri quadrati a Palazzo San Carlo, ricavato dall’accorpamento di due residenze (la prima di un monsignore morto nel 2013, l’altra di una vedova convinta a sgomberare). Va ricordato che Papa Francesco vive in un semplice bilocale di 70 metri quadrati, così come monsignor Pietro Parolin, il nuovo segretario di Stato vaticano.

Gli archivi del catasto gettano nuova luce anche sulle ricchezze personali di alcuni dei personaggi più controversi della Chiesa siciliana. Monsignor Salvatore Cassisa, l’ex vescovo di Monreale più volte inquisito dai magistrati di Palermo ma sempre assolto in Cassazione, risulta tuttora contitolare, insieme a una parente, di due immobili per complessivi 18 vani a Palermo. Con altri familiari, inoltre, ha un appartamento in comproprietà e tre in usufrutto a Erice, che si aggiungono a 26 ettari di terreni e 14 unità immobiliari (per complessivi 54 vani) a Trapani.

Un vero mistero (errore della burocrazia o qualcosa di peggio?) riguarda don Agostino Coppola, l’ex parroco di Carini che fu arrestato e condannato come complice dei mafiosi corleonesi di Luciano Liggio nella sanguinosa stagione dei sequestri di persona. Gettata la tonaca e sposatosi, si era visto sequestrare tutti i beni scoperti dai giudici di Palermo e Milano, tra cui una villa da un miliardo di lire, prima di morire nel 1995. Eppure l’ex sacerdote, che celebrò le nozze in latitanza di Totò Riina, compare tuttora come proprietario di 83 ettari di uliveti e 14 di agrumeti a Carini. A nome del defunto e dei suoi familiari è registrato pure il possesso perpetuo (con l’antico sistema dell’enfiteusi) di altri 49 ettari di campagne e due fabbricati a Partinico. Terreni concessi al prete mafioso, stando ai dati del catasto siciliano, da due proprietari istituzionali: il Demanio statale e l’Amministrazione del fondo per il culto.

La portulaca.




E una pianticella molto comune e piuttosto diffusa. Cresce in luoghi incolti, nei giardini, negli orti e lungo le strade. Chissà quante volte le siete passati accanto o addirittura sopra, inconsapevoli delle sua notevoli proprietà nutrizionali.

E' infestante e presente in quasi tutto il mondo: si contano circa 500 specie diverse. Appare come una pianticella semistrisciante. 
I piccoli fiori gialli si aprono solo per poche ore al giorno e quando c'è il sole diretto. 
Gli steli sono tipicamente rossastri. Resistente e bisognosa di pochi nutrienti e acqua, cresce bene soprattutto in ambienti soleggiati.
In passato è stata utilizzata più come pianta commestibile che come pianta medicinale. Si possono mangiare gli steli più teneri, le foglie e i boccioli dei fiori. 
I boccioli vengono conservati sottaceto o in salamoia e usati al pari dei capperi. 
Ha un sapore acido-salato, molto particolare. 
Ancora ancora oggi è impiegata in diverse ricette tradizionali, sebbene non tutti ne gradiscono il sapore e la consistenza un po' mucillaginosa delle foglie. 
Tuttavia, quest'ultima caratteristica può essere usata per addensare minestre e stufati.
Da un punto di vista terapeutico, la tradizione riconosce a questa piantina proprietà diuretiche e depurativa del sangue. Valnet la indicava come rimedio efficace nelle litiasi urinarie e nelle emorragie. Comunque, per godere appieno delle sue proprietà, deve essere utilizzata fresca e cruda.
Vediamo più da vicino quali sono le proprietà nutritive della portulaca:
- per gli irriducibili grassofobici e i calcolatori di calorie, va subito detto che questa meravigliosa pianta ha pochissime calorie, solo 16Kcal7100g e pochi grassi, in compenso è ricca di fibre, minerali e vitamine.
- ed ecco il punto forte: le foglie contengono più acido alfa-linolenico (AAL), un omega-3, di qualsiasi altro vegetale - 100 g di foglie fresche di portulaca forniscono 350 mg di AAL.
- è tra le piante più ricche di beta-carotene (1320 UI/100g);
- è ricca di vitamina C e alcune vitamine del complesso B, come la riboflavina, niacina, piridossina;
- contiene minerali come ferro, magnesio, calcio, potassio e manganese;
- sono anche presenti due gruppi di betalaine, degli alcalodi pigmentari: le betacianine, di colore rosso, e le beta-xantine, di colore gallo. Questi pigmenti hanno forti proprietà antiossidanti e hanno mostrato proprietà antimutagene
Uno zucchero contenuto nella portulaca possiede un'azione antitumorale sulle cellule di carcinoma de fegato (studio sui topi). Inoltre, in diversi studi, la portulaca ha mostrato uno specifico e distinto effetto inibitorio sulla crescita delle cellule tumorali gastriche (in vivo e n vitro) e su quelle del tumore del colon (in vitro).
Le uova di gallina ruspante sono di qualità indubbiamente superiore a quelle di gallina allevate nei capannoni. Quelle libere, oltre ad insetti e larve si nutrono anche di portulaca! ... parlando di uova, non mi stancherò mai di ripetervi di non vi farvi ingannare dalla dicitura “allevate a terra”!!  Le galline sì, sono allevate a “terra” , ma su quella, spesso piena di sterco, dei capannoni di cemento e nutrite con pastoni e antibiotici!!

- Dr Francesco Perugini Billi

    

http://www.dottorperuginibilli.it/-archivio-articoli-/481-la-portulaca


I suoi semi: 

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Già visti da lontano i semi della Portulaca grandiflora destano l’attenzione, per il loro aspetto metallico.
Sfiorando una capsula di semi secca, la parte superiore salta via e scopre la parte inferiore della capsula che come un calice porta i semi ormai maturi e luccicanti. Raccoglieteli subito perchè un soffio di vento li disperderà velocemente.
Ma guardandoli da vicino, è ancora più stupefacente la loro forma e le loro cromate sfumature di colore.
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Sembrano piccoli gioielli, cangianti, con riflessi verdi, blu petrolio, argentati, dorati, rossicci.
Il tegumento presenta piccole protuberanze che li rendono ancor più caratteristici.


Ricetta frittelle di portulaca.



Ingredienti:

portulaca
farina
sale e pepe
olio d'oliva o per friggere

Non ho indicato le dosi, perché ho fatto a occhio. Lavate e fate cuocere la portulaca in una pentola d'acqua. Quando è cotta, scolatela molto bene e strizzatela leggermente. Cercate di eliminare più acqua possibile, altrimenti le frittelle risulteranno molto morbide. Tritate la portulaca in un tritatutto e ponetela in una scodella aggiungendo la farina, il sale e il pepe. Mescolate per bene formando un composto non troppo umido. Fate riscaldare dell'olio e con l'aiuto di un cucchiaio formate delle frittelle che farete scivolare nella padella. Fate cuocere per 5 minuti circa per parte e girate.
Servite le frittelle di portulaca con delle patate lesse, dell'insalata verde o di pomodori e cetrioli.

Sono buonissime, molto frugali perché senza uova e la portulaca la trovate gratis in giardino!

Buon appetito!