Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 9 novembre 2013
Che bello lavorare a Montecitorio: 1.494 dipendenti d’oro.
Il personale di Montecitorio è costituito da 1.491 dipendenti diviso in cinque livelli retributivi, a questi numero vanno aggiunti il segretario generale (Ugo Zampetti) e i due vice (Guido Letta e Aurelio Speziale), per un totale complessivo di 1.494 dipendenti. Dipendenti d’oro.
Lo stipendio più elevato è quello dei segretario generale che, al momento dell’assunzione dell’incarico era pagato 406.399,02 euro, seguito a poco più di 100mila euro di distanza dai suoi due vice, a quota 304.847,29 euro. Gli stipendi hanno aumenti biennali del 2,5 per cento.
Ma anche Barbieri, elettricisti, centralinisti e falegnami sono lavori da stipendi d’oro alla Camera dei deputati. Gli operatori tecnici (barbieri, elettricisti, centralinisti, falegnami) iniziano la loro vita lavorativa alla Camera con uno stipendio di 30.351,39 per arrivare, dopo 40 anni di anzianità, a 136.120,45. Cifre analoghe a quelle degli assistenti parlamentari per i cosiddetti “commessi”, che guadagnano inizialmente poco più di 34mila euro, ma poi hanno avanzamenti economici identici a quelli degli operatori tecnici, fino a svettare oltre i 136mila euro dopo 40 anni di attività. Partono da poco più di 30mila euro gli stipendi dei collaboratori tecnici neoassunti, che sono i tecnici per le riprese audio e video della web tv di Montecitorio. I loro stipendi progrediscono più rapidamente delle altre due categorie, oltre i 61mila euro già dopo il decimo anno, oltre 101mila dopo il 20° anno, oltre 136mila dopo il 30° anno, oltre 145mila dopo il 35° anno di attività, per svettare sopra i 152mila euro dopo quarant’anni di attività. Beati loro!!!
I consiglieri parlamentari che svolgono funzioni di organizzazione e direzione amministrativa; di revisione e controllo delle procedure amministrative e contabili, di certificazione, di consulenza procedurale, di studio e di ricerca, di assistenza giuridico‐legale, di organizzazione e direzione delle attività connesse alle relazioni istituzionali con enti nazionali ed internazionali (sono, in pratica, i funzionari della Camera dei deputati), partono da una retribuzione di ingresso di oltre 64mila euro. Dopo 10 anni sono poco al di sotto dei 145mila euro, dopo venti superano i 228mila. Dopo trent’anni di anzianità si possono portare a casa 318mila euro, dopo i 40 anni volano a 358mila euro.
L’ultima “fascia” che riserva le maggiori sorprese è quella del segretario parlamentare, cioè i segretari dei vari uffici, commissioni, con stipendi compresi in una forbice fra i 34mila euro e i 156mila. Poi ci sono i documentaristi e i ragionieri di Montecitorio che hanno uno stipendio di ingresso di poco meno di 40mila euro, ma possono giungere dopo 40 anni di attività a 237mila euro.
C’è da ricordare che gli straordinari non sono retribuiti, non si può svolgere un secondo lavoro e che gli assunti dal 1 febbraio 2013 hanno stipendi ridotti del 20%, come deciso dal Consiglio di Presidenza recentemente.
Dopo tutte queste cifre, quanti di voi sognano di lavorare alla Camera? Tutti! Bene ma come si fa ad essere assunti?
Alla Camera si viene assunti esclusivamente attraverso pubblico concorso che prevede l’espletamento di prove scritte e orali molto selettive, dirette a verificare il possesso di un patrimonio di conoscenze specialistiche relative a settori assai diversi tra loro, quali quelli giuridico, economico, finanziario, umanistico, linguistico e tecnico, in relazione ai diversi livelli e professionalità da reclutare. A titolo di esempio si riportano le prove che sono previste per il concorso per consiglieri parlamentari.
Consiglieri Prova selettiva (attraverso lo svolgimento di quesiti a risposta multipla, alla cui correzione si procede in modo automatizzato) – Diritto costituzionale, anche con riferimento ai principali caratteri degli ordinamenti costituzionali dei Paesi dell’Unione europea – Diritto e procedura parlamentare – Diritto amministrativo – Diritto civile - Diritto dell’Unione europea – Politica economica.
Prove scritte – Storia d’Italia dal1848 ad oggi – Diritto costituzionale, con eventuale riferimento anche ai principali caratteri degli ordinamenti costituzionali dei Paesi dell’Unione europea e dell’ordinamento dell’Unione europea – Diritto e procedura parlamentare – Diritto amministrativo, con eventuale riferimento anche alla contabilità dello Stato e degli enti pubblici – Lingua straniera, da scegliere tra inglese, francese, tedesco e spagnolo – Diritto civile – Politica economica. Prova orale. La prova orale consiste in un colloquio sulle materie oggetto della prova selettiva e su tutte le materie oggetto delle prove scritte. Nel corso della prova orale si procede altresì all’accertamento della capacità di utilizzo di un personal computer per la produzione di documenti, con particolare riferimento alle tecniche di ricerca, attraverso Internet, di dati e documenti disponibili presso i principali siti istituzionali. Lingue straniere oggetto della seconda prova orale, a carattere facoltativo: Inglese; Francese; Tedesco; Spagnolo.
E quali sono le caratteristiche richieste a chi lavora alla Camera dei Deputati? L’imparzialità caratterizza l’operato dell’intero corpo del personale della Camera, cosa che è necessaria e funzionale in un contesto parlamentare nel quale sono rappresentate le diverse forze politiche. Tale imparzialità riguarda i singoli dipendenti e l’apparato nel suo complesso, che, con elevati livelli di qualità professionale, svolge i propri compiti secondo metodi di lavoro, regole e procedure predeterminate. Le funzioni dei Servizi e degli Uffici sono assolte con tempestività, in relazione all’esigenza degli organi parlamentari di svolgere pienamente e senza alcun ritardo le proprie funzioni. I Servizi e gli Uffici della Camera devono, dunque, garantire risposte in ‘tempi reali’ alle diverse esigenze istruttorie, affinchè le questioni tecniche non impediscano, né differiscano i tempi della decisione politica. La disciplina dell’orario di lavoro dei dipendenti della Camera risponde all’esigenza di assicurare il pieno supporto all’attività degli organi parlamentari. Ai dipendenti è dunque richiesta la massima disponibilità sia in termini di durata e flessibilità della presenza in servizio (legata ai lavori parlamentari e alla loro frequente imprevedibilità, sia in termini di reperibilità al di fuori dell’orario di lavoro).
Ora che sapete tutto potete provarci ma ricordate che con la raccomandazione tutte queste pratiche e conoscenze non servono…..
I Letta tengono famiglia.
"Ma i Letta che vivono sulle spalle dello Stato quanti sono?
Oggi apprendo che il vicesegretario generale della Camera prende 305.000 euro l'anno lordi e si chiama Guido Letta, cugino del presidente del consiglio Enrico e nipote di Gianni. Non ho parole." Massimo Lafranconi, Lecco
http://www.beppegrillo.it/2013/11/i_letta_tengono_famiglia.html
Regione Sicilia, 14 milioni per editoria. Consenso bipartisan, M5S compresi. - Giuseppe Pipitone
Quattrocentomila euro elargiti subito e ben 14 milioni per il 2014. E’ un piatto ricco, anzi ricchissimo, quello messo sul tavolo dall’Assemblea Regionale Siciliana, che ha portato in aula l’atteso disegno di legge per gli aiuti all’editoria. Un malloppo che, stando al bozza di legge, andrebbe a spartire 14 milioni di euro di fondi comunitari a periodici on-line e cartacei, agenzie e televisioni private per tutto il 2014. Entro dicembre invece, l’editoria siciliana potrà beneficiare di tre tipi di contributi, per un totale di quattrocentomila euro: duecentomila per chi ospiterà sui propri canali informazione istituzionale, centomila per le aziende editoriali impegnate in nuovi investimenti ed altri centomila per coprire le passività onerose.
Un piatto che fa gola a moltissime testate, e che fino ad oggi è stato pensato – forse non a caso – in maniera molto generica: l’unico requisito sostanziale per le società editoriali è avere una sede nell’isola che produca almeno il 60 per cento del fatturato totale. Opzione molto comune, dato che in Sicilia le televisioni a diffusione locale sono diverse, come pure numerosissimi sono ormai diventati i quotidiani online, sia regionali che cittadini. Rimane invece ferma al palo del duopolio l’informazione quotidiana su carta, da decenni appannaggio equidiviso del Giornale di Sicilia e de La Sicilia.
Le norme poco nette sull’accesso agli aiuti economici però hanno bloccato il disegno di legge a Sala d’Ercole: mentre si aspetta che il governo garantisca la copertura finanziaria, i parlamentari dovranno quindi produrre emendamenti al ddl, che fino a questo momento è stato ampiamente condiviso da tutti gli schieramenti. Aiutare l’editoria con fondi pubblici, insomma, è un’operazione bipartisan, piace a molti e fa comodo a tutti: non è un caso se il disegno di legge sia il prodotto di tre diverse proposte, provenienti rispettivamente dal Pd, dal Pdl, e da Articolo 4, neonato gruppo parlamentare di area centrista che appoggia Rosario Crocetta, creato dal sempreverde Lino Leanza (già vicepresidente di Totò Cuffaro e alleato di Raffaele Lombardo).
Il disegno di legge però potrebbe a sorpresa riscuotere l’apprezzamento anche del Movimento Cinque Stelle, da sempre contrario agli aiuti pubblici per i giornali. “Quei 14 milioni – spiega il capogruppo Giancarlo Cancelleri – sono soprattutto aiuti per adeguamenti tecnologici dovuti al passaggio al digitale terrestre, non li considererei aiuti pubblici tout court. Potremmo anche votarlo quel ddl, anche se al momento siamo perplessi. E’ certo però che quel disegno di legge va studiato riga per riga: vogliamo capire se si tratta di un’operazione per garantire la pluralità di informazione o è solamente un modo per aiutare i giornali amici”.
Tra i corridoi di Palazzi dei Normanni, le voci di nuovi emendamenti che aprirebbero le casse ad alcune società editrici piuttosto che ad altre corrono veloci. È il caso di alcune modifiche che potrebbero essere presentati dal Pdl, per inserire nell’elenco dei beneficiari anche Il Quotidiano di Sicilia, testata economica catanese. Sullo sfondo però fa silenziosamente capolino anche il file rouge che collega Catania direttamente a Palazzo d’Orleans. In molti non hanno dimenticato il trattamento generoso riservato al governatore in campagna elettorale dalla Sicilia di Mario Ciancio Sanfilippo, ancora oggi indagato dalla procura etnea per concorso esterno a Cosa Nostra. “Evidentemente Ciancio vedrà in Crocetta il garante di certi interessi che possono essere mantenuti solo con un presidente vicino e non in modo diverso” diceva più di un anno fa al fattoquotidiano.it Claudio Fava, in quel momento candidato alla presidenza regionale.
E in attesa di capire se votarlo o meno, il capogruppo dei Cinque Stelle Cancelleri sintetizza così il punto nevralgico del ddl sugli aiuti all’editoria: “Il nodo è uno – spiega – capire se questo disegno di legge sia un abito cucito su misura per rimpinguare le casse dei soliti grandi editori noti a tutti”.
Squallore mediatico italiano. Chi (e che cosa) c'è dietro la visita di Enrico Letta in Irlanda e delle sue esternazioni. - Sergio Di Cori Modigliani
Media e potere in Italia.
Ieri, la notizia del giorno, tra lazzi e frizzi di varia natura, è stata quella relativa alle dichiarazioni rilasciate dal nostro premier alla stampa irlandese. Considerata talmente importante da spingere -tanto per fare un esempio- la nostra Lilly Gruberberg a dedicarle uno spazio nella puntata del suo show 8 e 1/2.
Peccato che la notizia fosse un'altra.
Peccato, soprattutto, che l'abbiano presentata in maniera sbagliata, mettendo quindi l'audience nella condizione di essere passivamente manipolata.
Così vanno i media in Italia.
Ma non si tratta della consueta, ormai noiosissima, denuncia della corruzione intellettuale dei professionisti della cupola mediatica. Si tratta della salute del nostro paese.
Il comportamento dei media, in epoca attuale post-moderna, è fondamentale come termometro e sintomo che rivela (e rileva) la tenuta degli equilibri sociali e spiega al mondo intero che cosa effettivamente sta accadendo in quel paese.
Non è certo un caso che, lanciando la novità della nuova piattaforma on line per la votazione sui propri progetti, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, potendo scegliere uno qualunque tra i primi dieci punti del programma cinque stelle, abbiano deciso di optare per la richiesta dell'abolizione immediata di qualunque finanziamento pubblico statale a favore dell'editoria. Purtroppo si sta parlando troppo poco (non è un caso) di questo punto essenziale.
Per poter dire a se stessi che ci si sta muovendo verso un riconoscimento dell'esistenza del concetto di cittadinanza come "soggetto politico che merita una voce" è necessario spezzare l'anello di collusione complice tra le istituzioni dello Stato, il mondo della politica e quello della professione mediatica.
L'evento di ieri ne è una testimonianza chiara e netta.
E' anche il sintomo di una situazione di disgregazione del tessuto intellettuale della nazione e di un vero e proprio sgretolamento del sistema.
La notizia, di per sè, appartiene al territorio dello squallore. E lì sarebbe rimasta.
Ma i media l'hanno ripresa e, per scelta, l'hanno ampliata, commentata, amplificata e di conseguenza -pur tra le risa soffocate a stento- hanno in qualche modo attribuito una qualche dignità all'evento.
Nel mondo attuale ciò che conta non è più "il dato oggettivo", che è stato cancellato e annullato del Senso per dare modo all'oligarchia di poter sostenere bugie e falsità. Ciò che conta, come ho detto altre volte, è quanto e come e dove e da parte di chi, un certo evento, una frase, una citazione, vengono commentate, analizzate, dibattute. E a quel punto, la responsabilità passa dalle mani di chi ha pronunciato una certa frase nelle mani di coloro che l'amplificano. Domattina, Belen Rodriguez potrebbe anche sostenere una sua idea personale (anche la più strana e disparata) sull'attività intellettuale di Simone de Beauvoir, ne ha il diritto, fa parte della libertà di opinione garantita a tutti. Ma se i media ci si buttano sopra e cominciano a diffonderla e da lì aprono un dibattito su quella frase, la notizia a monte diventa un'altra, ovvero, in questo caso, "Belen Rodriguez è considerata una persona abilitata a poter lanciare un dibattito su una grande intellettuale europea".
Veniamo, dunque, al punto del post.
Nessuno -su nessun giornale- ha spiegato agli italiani come mai, in questo momento così delicato per il paese, Enrico Letta e Fabrizio Saccomanni, invece di starsene rinchiusi dentro una stanza a Palazzo Chigi a parlare con i sindacati, gli imprenditori, i portavoce dell'opposizione, per trovare il bandolo della matassa, se ne sono andati l'uno a Londra e l'altro a Dublino. A fare che?
A fare le stesse identiche cose che Mario Monti e Corrado Passera (loro predecessori) erano andati a fare, a Londra e a Dublino, nella prima metà del Gennaio 2012, tornando (allora) trionfanti in patria. E' un copione consueto e stabilito dalla gerarchia oligarchica italiana.
Il punto è che la situazione è diversa, ma il governo italiano non lo ha capito.
Io la vedo cosi: mentre Saccomanni andava a Londra alla sua riunione con le logge massoniche che contano, per garantirsi l'appoggio della finanza inglese e valutare il tipo di (s)vendita delle proprietà statali, Letta andava a Dublino per una riunione con gli alti vertici vaticanensi locali che da secoli hanno rapporti privilegiati con i loro cugini anglicani della finanza inglese. Prima di partire per Dublino, Enrico Letta ha un'idea (nella sua mente) geniale: rilasciare una intervista in esclusiva alla stampa irlandese. Essendo abituato al modello italiano, ovvero le informazioni si danno soltanto ai giornalisti amici degli amici, chiede ai suoi "chi c'è dei nostri?" e lì arriva la dritta dallo zietto "c'è il corrispondente di Irish Times dal Vaticano, una firma di prima caratura". E così, Letta lo convoca a Palazzo Chigi e fa le sue dichiarazioni. Questo giornalista le invia per e-mail a Dublino e vengono pubblicate mentre letta sta arrivando lì.
Primo errore (??) della stampa italiana: se Letta ha convocato un giornalista irlandese a Palazzo Chigi e ha parlato con lui, sostenere che in Irlanda ha parlato con la stampa è falso.
Ma chi è il giornalista irlandese prescelto? Un esperto di economia? Un esperto di politica?
Si chiama Paddy Agnew, e' un esperto di calcio. Arriva nel 1985 a Roma, con la moglie. Fa il free lance e scribacchia notizie sportive su Irish Times. Frequenta l'ambiente del pallone e diventa amico di Galliani, che poi sarà il presidente del Milan, il quale lo fa accreditare presso il Vaticano. Scrive di calcio, parla soltanto di quello, ma ogni tanto elabora degli editoriali che escono in Irlanda, schierandosi a favore della curia reazionaria romana, quella contraria al papa, tanto per intendersi. Nel 2005 scrive un libro che si chiama "Forza Italia" dove parla di calcio e politica, presentando al pubblico anglosassone l'epopea berlusconiana come la spina dorsale del paese che si va modernizzando, dal quale imparare. Fa carriera, diventa sodale di Gianni Letta. Ma il 27 febbraio 2013 va a sbattere. Perchè Ratzinger si arrabbia per davvero.
In data 27 febbraio 2013 sul più importante sito cattolico al mondo in lingua inglese, The Catholic News Agency, viene pubblicato un lungo reportage nel quale si racconta che il nostro Paddy ha un vizietto davvero brutto per un giornalista: copia. Riporta, infatti, un articolo da lui pubblicato interamente copiato dal quotidiano la Repubblica, a firma Conchita de Gregorio. Trovate tutto qui:http://www.catholicnewsagency.com/column.php?n=2489).
Il punto è il seguente: come mai Enrico Letta sceglie un giornalista come questo?
Come mai, in questo momento?
Come mai ha escluso altri, forse più bravi, giornalisti irlandesi optando per un corrispondente sportivo, esperto di calcio, attaccato e sbugiardato dalla corrente papista del Vaticano? (quella progressista vicina a Bergoglio, tanto per intendersi).
Questa è la notizia del giorno.
Non ciò che Letta ha detto nel suo volgarissimo delirio, meritevole di platea calcistica.
Così gestiscono i media in Italia.
La scelta di Paddy Agnew non è stata casuale nè fortuita.
E' parte del consueto copione democristiano doppiogiochista.
Tutto qui.
L'intera cupola mediatica nazionale si è inchinata e si è comportata di conseguenza, aggiungendo squallore a squallore..
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/11/squallore-mediatico-italiano-chi-e-che.html
Come e perché Facebook sta “fregando” utenti e clienti.
Eh si: questa volta Facebook ha sul serio superato ogni limite. Con le ultime, disastrose modifiche apportate all’Edge Rank (l’algoritmo che decide quali post far visualizzare sulla newsfeed degli iscritti), il social network più famoso al mondo ha letteralmente tagliato le gambe a tutti i gestori di pagine fan e, al contempo, ha chiuso ogni utente in una sorta di recinto virtuale dove l’interazione con i propri contatti è sempre più ristretta, ripetitiva e limitata. Anche se come sempre i responsabili negano gli effetti devastanti delle ultime modifiche (come di consueto applicate senza preavviso ed in maniera unilaterale), di fatto il social in blu si è trasformato in una sorta di condominio virtuale dove, se hai 4500 amici e sei iscritto a 300 pagine fan, ti ritrovi nella newsfeed praticamente sempre gli stessi contenuti, a volte addirittura ripetuti in loop. Controllate voi stessi sulle vostre rispettive home: vi capiterà di scorgere quasi esclusivamente i post di amici con i quali interagite spesso, anche più volte nel giro di pochi minuti. Oppure vedrete post vecchi di giorni comparire in alto solo perché hanno collezionato tanti “mi piace” ed altrettante condivisioni e commenti o sono di quelli a pagamento.
In estrema sintesi, da un po’ di tempo Facebook ha deciso di stuprare la propria natura, ciò che lo ha reso tanto diffuso e soprattutto rivoluzionario. Come? Modificando l’algoritmo che decreta quanta visibilità concedere ai contenuti condivisi dai suoi utenti. Se un tempo c’era grande alternanza, eterogeneità e possibilità di scoperta del nuovo, oggi ci si ritrova in maniera sempre più stringente ad essere profilati e poi automaticamente “indirizzati” verso un range molto limitato di amici e contenuti. Questo perché la nuova regola è semplice quanto stupida: se tizio interagisce abbastanza con determinate pagine e contatti, allora vedrà i post di tali pagine e tali contatti comparire sulla sua newsfeed sempre più spesso. Se però smette, allora le pagine e i contatti “trascurati”, vengono inesorabilmente oscurati. La home di chi vi scrive, ad esempio, è praticamente priva di ogni contenuto postato dalle centinaia di pagine fan alle quali sono iscritto e mi rimanda gli aggiornamenti di stato, i post e le interazioni delle solite 30-40 persone (a dispetto delle oltre 4500 che ho tra i contatti) che più si confrontano con me, lasciando commenti e like ai contenuti che posto. Spesso mi capita addirittura di scorgere lo stesso aggiornamento di stato dello stesso amico più di una volta lungo la stessa time line e questo soprattutto sui dispositivi mobiie (dove l’effetto dell’algoritmo è ancora peggiore).
Qualcuno a questo punto potrà osservare che tutto sommato è meglio così: indirizzati verso qualcosa che ci interessa e verso le persone con le quali chiacchieriamo con più piacere e frequenza, potremo fare pulizia tra contatti e contenuti superflui. Peccato, però, che in questo modo si precluda agli iscritti l’attività senza dubbio più interessante e utile del social in blu e cioè la scoperta anche casuale di pensieri e persone, quel meraviglioso caos di stimoli disparati che tanto manca a chi, come il sottoscritto, usa Facebook dalla fine del 2006. E peccato, soprattutto, che con simili algoritmi si censuri di fatto coloro che si occupano di fare informazione senza tramutarsi in una sorta di prostitute dei click e dell’interazione. Senza, cioè, farsi ossessionare dal numero di like, condivisioni e mi piace ottenuti dai post diffusi attraverso le proprie pagine ed i propri profili personali. Insomma: non parliamo di adolescenti intenti a postare frasi stucchevoli ed immagini glitterose ma di giornali online e professionisti della comunicazione che devono diffondere contenuti di un certo tipo, non per forza virali o “viralizzabili” per venire incontro ai capriccio di mister Facebook e dei suoi utenti più nevrotici e superficiali.
Ma l’aspetto più clamoroso ed odioso, riguarda i cosiddetti “promoted post” e cioè quei contenuti che vengono promossi pagando cifre anche molto alte. Neppure in quel caso, infatti, il nuovo algoritmo assicura un risultato certo e chiaro in termini di visibilità ed efficacia. Come confermato dai test noi effettuati nelle ultime settimane e stando a quanto confermano anche le riviste specializzate, l’utente-cliente può anche pagare 200 euro nella speranza di raggiungere un numero più elevato di fan o, in alternativa, potrà “acquistare” nuovi fan promuovendo la propria pagina. Tuttavia, per quel contenuto a pagamento, varrà la stessa regola utilizzata per tutti gli altri post e cioè: poche interazioni, poca visibilità concessa. Se nessuno regala like, commenti e condivisioni, quel contenuto che avete pagato per vedere diffuso, magari anche oggettivamente interessante, verrà automaticamente oscurato dall’algoritmo. Allo stesso modo, quindi, anche se compriamo spendendo cifre esorbitantanti 100.000 nuovi fan per la nostra bella pagina, solo un numero esiguo di questi ultimi visualizzerà i nostri post, tutti gli altri saranno letteralmente tenuti in ostaggio dall’Edge Rank di ultima generazione e rimarranno “parcheggiati” potenzialmente in eterno in zone d’ombra (la nostra pagina più grande ha oltre 350.000 iscritti e post visualizzati da 80 persone). Di fatto, questo significa vendere fumo e dare zero possibilità di recesso e/o reclamo ai consumatori. Non solo: se pagate e la vostra campagna inizia proprio durante uno dei non pochi aggiornamenti/problemi tecnici riscontrati dal social, nessuno vi rimborserà la cifra sborsata. E il servizio clienti? Meglio non considerarlo visto che risponde una volta su dieci, se siete particolrmente fortunati ed insistenti. I blocchi ingiustificati di account e la rimozione altrettanto arbitraria ed imprevedibile dei contenuti postati? Idem (nessuno ci ha ad esempio spiegato come mai, un nostro articolo sulla psoriasi, sia stato segnalato da qualche utente bontempone, rimosso da tutte le pagine sulle quali era stato diffuso e, cosa ancora più grave, abbia causato il blocco di un mese a tutti gli account amministratori). Facebook si è quotato in borsa, ha avuto un disperato bisogno di tramutare i suoi iscritti in prodotti da vendere e clienti da spremere ma non ha saputo offrire alcuno strumento professionale e chi lo utilizza, appunto, per lavoro e non solo per condividere foto con frasi da baci perugina e video di gattini fuffolosi o patetici sfoghi autoreferenziali. Chi lavora e mantiene aziende e dipendenti grazie all’utilizzo professionale dei social network, deve ovviamente anche essere pronto a pagare per tale utilizzo che possiamo definire commerciale. Ma poi, coloro che offrono il servizio, devono garantire trasparenza, assistenza ed una policy decisamente più affidabile e partecipativa. Non è possibile, per chi gestisce portali d’informazione, svegliarsi un mattino, ritrovarsi con un calo di traffico pari al 50% ed essere obbligato ad investire decine di migliaia di euro praticamente al buio per mantenere un trend che prima veniva garantito gratuitamente. E non è possibile che le autorità garanti del caso dormano e non si decidano ad intervenire in maniera ferma nei confronti di questi giganti senza volto che spesso, troppo spesso, si comportano da vere e proprie divinità digitali che in nessun caso devono dar conto delle proprie azioni (o non azioni). Se ti “puniscono” tu puoi solo pregare inviando una mail o una segnalazione e sperare che qualcuno, prima o poi, risponda.
Con questo editoriale, YOUng spera di poter ricevere il supporto di altre realtà editoriali medio-grandi e di numerosi professionisti di settore per portare avanti una protesta comune e chiedere a Facebook Italia un tavolo di confronto con le aziende che, da anni, lavorano incessantemente ed indirettamente anche per il social network che le ospita, mantenendolo attivo e vivo. In merito agli utenti, è decisamente odioso il relegarli a semplici prodotti da profilare e poi rivendere, privandoli di fatto della possibilità di un’interazione più ampia e di una selezione meno rigida e ripetitiva dei contenuti visualizzati nella propria newsfeed. Che il social resti social e non si tramuti in asocial-truffa-network.
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