martedì 29 novembre 2011

Biocarburanti: alghe, urina cioccolato e acqua sporca. - di SARA FICOCELLI



Le auto a biocarburante sono una delle soluzioni che il mercato sta valutando per il futuro. Le alghe, in grado di produrre 30 volte più energia per ettaro rispetto al mais e della soia, sono una delle novità più interessanti del momento.

Biocarburanti: alghe, urina cioccolato e acqua sporca


C'è un solo prodotto al mondo che si può ottenere sia dal mais che dalla soia che dalle alghe che dal cioccolato. Il carburante per auto. Messa così sembra una storia a metà tra la fiaba e la barzelletta, eppure non c'è niente di più serio, fattibile e conveniente, sia dal punto di vista economico che ecologico. Le auto a biocarburante sono una delle soluzioni che il mercato sta valutando per superare la crisi del caro-petrolio, alla luce del fatto che questa risorsa non solo inquina, ma è destinata a esaurirsi.

Le alghe, in grado di produrre 30 volte più energia per ettaro rispetto al mais e alla soia, sono una delle novità più interessanti del momento, e diverse start up hanno cominciato a tastare il mercato riempiendo i serbatoi con soluzioni a base vegetale. In occasione dell'ultimo Sundance Film Festival, ad esempio, la Solazyme si è fatta notare facendo sfilare una Mercedes C320 alimentata ad alghe: "L'obiettivo era trovare una soluzione a breve termine - ha detto il presidente CTO Harryson Dillon - economicamente possibile ed efficacemente sostenibile. Questa tecnologia combina tutte le componenti chiave: bassa impronta ecologica, sostenibilità ambientale, certificazione di compatibilità con gli attuali veicoli e infrastrutture distributive". Tanto che la Solazyme, in partner con Chevron Corporation, sta pianificando di produrre e distribuire l'innovativo biocarburante da qui ai 3 anni.

Ma come si ottiene un prodotto del genere? Le alghe crescono senza luce solare all'interno di vasche di fermentazione alimentate da zuccheri e possono essere coltivate in stagni all'aria aperta o al chiuso, in serre riscaldate. La loro produzione quindi non intralcia in nessun modo l'ecosistema. Teoricamente si stima una resa possibile tra i 1000 e i 20000 litri di biocarburante per ettaro, in funzione naturalmente della specie coltivata. Calcolando che il potenziale di produzione negli USA si aggira intorno agli 8 - 16 milioni ettari, questi potrebbero produrre abbastanza alghe per sostituire il petrolio e lasciare all'agricoltura 180 milioni di ettari di terreni agricoli ad uso alimentare.

Altro esempio di auto eco-sostenibili arriva dall'azienda inglese World First Racing, specializzata in vetture da competizione in Formula 3: la sua ultima creazione è un'auto interamente realizzata con fibre vegetali (più che altro patate), ribattezzata "potato-pack" e interamente biodegradabile. Il produttore ha creato in materiale riciclato anche i diversi componenti a bordo, a partire dal radiatore, in vetro riciclato, fino al carburante, che usa scarti di cacao.

Altro aspetto interessante è quello delle auto che vanno ad aria compressa: all'aeroporto di Amsterdam circolano ad esempio vetturette a tre ruote che usano come carburante la semplice aria, il cui pieno costa appena mezzo euro e consente di percorrere non meno di 100 chilometri. Ma non tutti i carburanti "green" si ottengono lavorando sostanze tanto gradevoli e pulite.

Molte aziende del Nord Europa stanno ad esempio lavorando per ricavare biometanolo dall'acqua putrida delle fogne: "Questo carburante è prodotto in quattro fasi di digestione anaerobica - spiega Ole Jakob Johansen, uno degli studiosi che lavora al progetto - ossia in assenza di ossigeno, grazie agli stessi microrganismi della decomposizione di rifiuti umani ed alimentari. Tale tecnica la vedremo addirittura applicata fin dal prossimo anno sugli autobus urbani di Oslo".

Il palmares del biocarburante più disgustoso va però alle vetture con tecnologia Selective Catalyst Reduction (SCR), alimentate da una miscela a base di urina che, iniettata nel catalizzatore, abbatte in modo drastico le emissioni inquinanti. L'additivo non è propriamente urina animale, ma il prodotto ottenuto per sintesi da vari gas naturali ha caratteristiche molto vicine a quelle della nostra pipì. Del resto se è vero, come dice una nota canzone, che dal letame nascono i fior, è anche probabile che dall'urina nasca il carburante del futuro.



http://www.repubblica.it/motori/attualita/2011/11/25/news/motori_biocarburanti-25508529/

"Soldi sporchi", indagine sul riciclaggio fra banchieri, tycoon e criminali. - di SILVANA MAZZOCCHI



"Soldi sporchi", indagine sul riciclaggio  fra banchieri, tycoon e criminali



Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, con il giornalista di Repubblica Enrico Bellavia, racconta e analizza in un libro un mondo potente e sommerso che muove il 5% del Pil del pianeta e minaccia l'economia mondiale.


Chi è rimasto fermo all'immagine del boss semianalfabeta che comunica a pizzini e si nutre di ricotta e cicoria, se ne faccia una ragione. La mafia corre e si muove a livello planetario, il denaro nero s'insinua rapido ovunque e coloro che gestiscono e riciclano i soldi sporchi del tesoro criminale portano colletti di un bianco sparato. Hanno studiato nelle università d'eccellenza, viaggiano e parlano (bene) più di una lingua, conoscono la legge e i segreti dell'economia mondiale e si muovono a loro agio nella rete dei paradisi fiscali. Sono i protagonisti del riciclaggio, i mafiosi in grisaglia inquinano l'economia mondiale per un ammontare che sfiora il 5% del Pil del pianeta, tra 600 e 1.500 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti. Un gotha senza confini dove l'Italia del crimine raddoppia e si attesta al top. Una realtà di cui molto si parla, ma che raramente è stata esplorata attraverso la lente esperta di chi disponendo, oltre che di sapienza ed esperienza, di dati e dettagli inediti, può finalmente offrire una fotografia completa del fenomeno. 

E' il caso di Pietro Grasso, il procuratore nazionale antimafia che, con il giornalista di Repubblica Enrico Bellavia, autore di numerosi libri sui segreti di Cosa nostra, ha messo insieme nell'illuminante Soldi sporchi, (Dalai editore) tutte le analisi, le storie, le informazioni e considerazioni utili per comprendere fino in fondo l'entità di quella che è diventata una delle minacce più insidiose al sistema economico mondiale. Una folla di banchieri e comparse, di manager e prestanome, forme e figure del riciclaggio, frequentatori dei paradisi fiscali e tycoon rampanti attenti ai nuovi mercati. Un mondo potente e sommerso impegnato a ripulire il denaro dal sangue e dal crimine e, mentre Bankitalia ammonisce che "il riciclaggio rappresenta un ponte fra criminalità e società civile" e, ciò che è più grave, informa che i criminali arrivano spesso a sedere nei consigli d'amministrazione e "a contribuire all'assunzione di decisioni economiche e sociali rilevanti",  si tenta di trovare armi efficaci per combattere l'ascesa e il successo del business planetario.

Ma come si può contrastare un'aggressione criminale di tale portata? I soldi, si sa, non hanno colore né odore e, pur entrando "in lavatrice" sporchi anche di sangue, ne escono puliti sotto forma di affari leciti, attraverso un percorso tanto tortuoso e mascherato da rendere i complici difficilmente rintracciabili, lasciando le indagini troppo spesso senza esito. E, se conoscere il problema e non sottovalutarne il peso è un  primo passo avanti per invertire la rotta, Soldi sporchi ammonisce: è urgente e indispensabile che gli Stati raggiungano al più presto nuovi accordi legislativi e culturali mirati a combattere il fenomeno. E' la sfida antimafia del terzo millennio. 

Procuratore Grasso,  a quanto ammonta il business dei soldi sporchi? 

"Secondo il Fondo monetario internazionale il riciclaggio muove almeno il 5 per cento del Pil del pianeta. In Italia, Bankitalia ha stimato che le mafie muovano con il denaro sporco almeno il doppio. A conti fatti si tratta di 150 miliardi di euro, come dire 4.750 euro al secondo. Se il riciclaggio fosse una holding, sarebbe la prima azienda italiana. Si tratta di cifre impressionanti capaci di sovvertire le regole del libero mercato, di inquinare l'economia di un Paese e di attentare alla stessa tenuta del sistema. Con questa enorme massa di denaro liquido, le mafie entrano in Borsa, rilevano aziende e si infiltrano nel mondo bancario: giocano la loro partita come un'azienda in salute dentro a un mercato in crisi. Soprattutto in fase di recessione economica, il denaro sporco mostra tutta la sua pericolosità, rischiando di essere l'unico denaro in circolazione per nuovi investimenti e per rilevare aziende in difficoltà". 

Quali i canali per pulire il danaro?
"Esistono vari livelli del riciclaggio. Il sistema più semplice è quello del ricorso a prestanome per l'acquisto di immobili o attività commerciali: ristoranti e centri commerciali su tutto. Ma si tratta solo di una minima parte del reinvestimento del denaro sporco in attività legali. Con le misure patrimonali, i sequestri e le confische, pur tra mille difficoltà e con risultati comunque apprezzabili, aggrediamo gli spiccioli dell'organizzazione. È molto più impegnativo invece riuscire a stare sulle tracce del fiume di denaro che prende la via dei paradisi fiscali, che si nasconde dietro allo schermo di società anonime e rientra poi in circuito, passando spesso per il sistema bancario. Nel libro abbiamo documentato decine di sistemi ingegnosi per occultare il denaro sporco: dalle scommesse sportive, all'acquisto di gioielli e quadri fino alle complesse architetture finanziarie che chiamano in causa la responsabilità di finanzieri specializzati in questo genere di operazioni. Si tratta di movimentazioni di capitali ingenti per conto di clienti che a loro volta non hanno più il profilo del classico criminale ma, come accade ad esempio per alcuni ex oligarchi russi o per i cervelli economici dei narcos, quello di veri e propri manager". 

Riciclare è un'arte, chi sono gli artisti?
"Chi presta la propria opera per riciclare il denaro è un professionista esperto, che ha studiato nelle migliori università e si muove con disinvoltura sullo scacchiere planetario. Studia con attenzione le legislazioni dei vari Paesi e sfrutta a proprio vantaggio quelle più permissive, riuscendo a utilizzare i canali normalmente utilizzati per ottenere una minore tassazione per veicolare denaro da portare all'estero e poi far rientrare attraverso il gioco societario o degli strumenti di garanzia. Quando pensiamo ai paradisi fiscali pensiamo a luoghi esotici e lontani. Ma attività di riciclaggio sono possibili oltre che spostando quantità enormi di denaro con un clic, anche portando fisicamente valige di banconote a San Marino. Proprio la facilità di trasporto dell'euro che ha il taglio da 500 è una delle ragioni che ha convinto i professionisti del riciclaggio a utilizzare questa divisa piuttosto che il dollaro. È ormai un fatto consolidato che la piazza europea sia quella che attrae i riciclatori di denaro più degli Usa. Ed è preoccupante constatare che la gran parte dell'attività di antiriciclaggio poggia sulle segnalazioni di operazioni sospette allo sportello bancario, con poche se non addirittura inesistenti segnalazioni da parte dei professionisti". 

Pietro Grasso
con Enrico Bellavia
Soldi sporchi
Dalai Editore
pag 358, euro 18.



http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/11/28/news/soldi_sporchi_pietro_grasso-25725455/?ref=HREC2-10

La galassia delle fondazioni ‘politiche’. Nessuno spiega da dove arrivano i soldi. - di Ferruccio Sansa




Di centrodestra, di centrosinistra e sempre più spesso trasversali: le associazioni culturali fondate dai parlamentari vengono finanziate dai big dell'imprenditoria nazionale e da società di Stato senza nessuna trasparenza. La legge lo permette.


Il manifesto è chiaro: “Declinare al futuro i valori dell’unità nazionale”. Tra le parole chiave il “patriottismo consapevole”. Ma a leggere l’elenco dei membri dell’associazione Italiadecide ecco Roberto Calderoli. Un politico che del patriottismo, per di più consapevole, non ha mai fatto una bandiera. Non è la sola sorpresa: accanto a Luciano Violante (presidente), e a tanti esponenti Pd, c’è mezzo governo Berlusconi. Centrosinistra e centrodestra uniti; pare quasi un embrione della strana coalizione che ritroviamo oggi a sostegno del governo Monti. Italiadecide è una delle decine, forse centinaia di fondazioni e associazioni politiche fiorite negli ultimi anni. Una febbre, per essere un politico decente bisogna averne almeno una. Soggetti che promuovono attività culturali, ma che talvolta sembrano il nuovo bancomat della politica. Un fenomeno che dopo le inchieste degli ultimi mesi merita un approfondimento.


Indagati e inchieste

Tommaso Di Lernia dal carcere dice: “Optimatica è una società vicina al ministro Altero Matteoli, credo che eroghi finanziamenti alla fondazione a lui riconducibile”. Di Lernia sostiene che Optimatica finanzierebbe anche l’Officina delle Libertà vicina ad Aldo Brancher (che inizialmente aveva sede in casa di Silvio Berlusconi). Ma ci sono anche le inchieste su Franco Morichini, in contatto con i vertici Finmeccanica e procacciatore di finanziamenti per Italianieuropei. Per finire con l’indagine sul ‘sistema Sesto’ che tocca anche la fondazione FareMetropoli di Filippo Penati. Finora, va detto, le fondazioni di Brancher, Matteoli e D’Alema non sono state oggetto di addebiti penali. Le polemiche e gli scandali degli ultimi mesi, però, sono legati da un filo invisibile: le fondazioni e le associazioni di esponenti politici. Sulla scena politica degli ultimi anni, con i partiti defilati, sono loro i protagonisti: “Soggetti perfettamente trasversali, che non hanno nemmeno più bisogno di quello sgradevole inciampo che sono gli elettori e gli iscritti”, racconta l’ex dirigente di una fondazione di centrodestra che mantiene l’anonimato. Aggiunge: “I segreti del loro successo, però, sono altri: le fondazioni con le assemblee e i convegni sono un formidabile centro di potere. Lobbies all’amatriciana, tanto diverse da quelle americane”. Ma non somigliano neanche ai think tank del resto del mondo, ai salotti del potere tipo Davos. Qui non sono in gioco gli eventuali gettoni di presenza, ma l’appartenenza, l’influenza, le poltrone. Una merce invisibile e, però, preziosissima. Ma soprattutto, grazie a una disciplina molto benevola, da questi soggetti passano finanziamenti per la politica. Per questo in tanti si sono buttati a pesce nello spiraglio lasciato aperto (apposta?) dalla legge. Niente di illegale, quindi, ma le inchieste rischiano di scoperchiare il pentolone.

Matteoli, tanto per ricordare l’ultimo nome assurto all’onore delle cronache, smentisce categoricamente le affermazioni degli indagati dell’inchiesta Finmeccanica. Ma questi organismi geneticamente modificati restano un mondo inesplorato. Un labirinto di nomi che paiono slogan, dove le parole ‘fare’, ‘futuro’, ‘Italia’, ‘libertà’ sono le più gettonate. Ormai tanti esponenti politici o aspiranti tali comunicano attraverso editoriali di fondazioni e associazioni: da Gianfranco Fini (Farefuturo) a Luca Cordero di Montezemolo (Italiafutura), fino a Claudio Scajola rientrato sulla scena dopo lo scandalo della casa comprata “a sua insaputa” contando i deputati fedeli nell’associazione Cristoforo Colombo per le libertà. Un viaggio attraverso le fondazioni e le associazioni politiche apre nuovi mondi, aiuta a disegnare la mappa del potere. Magari partendo proprio dalla prestigiosa Italiadecide (mai toccata da inchieste, né da ombre di alcun genere), perché è l’emblema del trasversalismo: destra e sinistra, politica e affari. “Niente di strano, lo scopo della nostra associazione è proprio unire persone di aree diverse”, racconta il presidente Luciano Violante. Tra i promotori (il grado più alto della gerarchia) compaiono nomi perfettamente bipartisan: si va da Giuliano Amato a Giulio Tremonti passando per Gianni Letta.

Amici di amici

Ma l’elenco dei “semplici” soci riserva altre sorprese. Ecco il dalemiano Antonio Bargone, che dalla politica è passato all’impresa con la passione per le grandi opere. Come l’autostrada Livorno-Civitavecchia della cui società Bargone è diventato presidente (oltre che Commissario Governativo) dopo essere stato sottosegretario alle Infrastrutture con Prodi e D’Alema. Poi, si diceva Roberto Calderoli, quindi Franco Bassanini (Pd), Giovanni Maria Flick (ex ministro del governo Prodi), Altero Matteoli (altro ministro berlusconiano), Vito Riggio (presidente Enac) e Alessandro Profumo (il banchiere che stava preparando il grande salto in politica, corteggiato dal Pd, quando è stato azzoppato da una clamorosa inchiesta giudiziaria). Tra i soci anche l’attivissimo Andrea Peruzy, che oltre a sedere in diversi consigli di amministrazione (Acea, per dire) è anche in Italianieuropei e nell’associazione Romano Viviani (che raccoglie altri dalemiani soprattutto toscani).

Non basta, perché, caso più unico che raro, Italiadecide tra i soci accoglie non solo persone fisiche, ma anche giuridiche. Insomma, imprese con il portafogli bello gonfio e gli occhi magari puntati sulle opere pubbliche: Autostrade per l’Italia, Banca Intesa San Paolo (fino a pochi giorni fa guidata dal ministro Corrado Passera), Banca Popolare di Milano, Eni, F 2 i e Unicredit spa. Ma è una specie di catena di sant’Antonio, prendi un nome, uno qualsiasi, e lo ritrovi in tante altre fondazioni e associazioni. Prendete Giuliano Amato e lo ritrovate, per dire, in Italianieuropei di D’Alema. Non è il solo, anche Violante e Bassanini sono in entrambe le associazioni. Tremonti invece siede anche nell’Officina delle Libertà. Matteoli ha la sua Fondazione della Libertà per il bene comune. Nel sito campeggia una bella immagine di un Lego tricolore: come dire costruiamo l’Italia. Le attività, però, non paiono esattamente febbrili visto che ancora ieri veniva reclamizzato un evento del 26 ottobre scorso. Nessuno pare aver aggiornato il sito.

Vetrine “vuote”

Ma stando alle pagine web di associazioni e fondazioni parecchie paiono vetrine tutte addobbate di negozi che nel magazzino non hanno molta merce. L’ultima news di Riformisti Europei (presidente Carlo Vizzini) è del 26 giugno. Il sito di Riformismo e Libertà di Fabrizio Cicchitto è totalmente kaputt. Su quello di Costruiamo il futuro di Maurizio Lupi (nel comitato anche il neo-ministro Lorenzo Ornaghi) sono ancora reclamizzate le cene estive e appuntamenti di mesi fa. Oltre ovviamente alle presentazioni di libri di Lupi. Ma davvero ogni politico ha una fondazione:Renato Brunetta ha la sua Free Foundation, in inglese perché la parola ‘libera’ era già inflazionata. Praticamente è un Brunetta fan club: interventi, dichiarazioni, rassegna stampa, l’ex ministro domina. Poi, tra mille esempi possibili, ecco Magna Carta (senza ‘h’) di Fabrizio Quagliariello Foedus di Mario Baccini. Spostandosi verso il centro troviamo Liberal che fa capo a Ferdinando Adornato. In zona centrosinistra ecco NensNuova Economia e Nuova Società, fondata da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco. Un’associazione in passato toccata da qualche polemica: la sede (“in affitto”, precisò Visco) era di proprietà della famiglia di uno dei massimi dirigenti pubblici del Demanio.

Niente di illegale, una questione di opportunità. Poi ecco Astrid, di Franco Bassanini, dove ritroviamo, tra gli altri, Amato (siamo a quota tre) e Giulio Napolitano (stimato professore universitario, figlio del Presidente Giorgio, presente anche in Italianieuropei), e Democratica che fa capo a Walter Veltroni. A un primo esame le associazioni di centrosinistra sembrerebbero più attive. Italianieuropei di D’Alema, per esempio, ha una sua sede in piazza Farnese, nel centro di Roma, suoi dipendenti e un’attività consistente: organizza convegni, aggiorna il sito e stampa una rivista. Lo stesso per Democratica di Veltroni che, tra l’altro, organizza corsi di politica. Ma gli organigrammi delle fondazioni vanno letti insieme con quelli dei cda delle società, soprattutto pubbliche. Nel consiglio della Nuova Italia, presieduta da Gianni Alemanno, oltre a sua moglie Isabella Rauti, troviamo, per dire, Franco Panzironi, nominato dal sindaco amministratore delegato dell’Ama (società comunale che si occupa di rifiuti) e Ranieri Mamalchi (già capo segreteria di Alemanno al ministero dell’Agricoltura e oggi dirigente di Acea).

Fondazioni e associazioni sono, però, oggetti misteriosi. A parte le dichiarazioni di principio piuttosto vaghe. L’unico modo per saperne qualcosa sono i siti internet dove compare almeno l’elenco dei soci. Come per esempio nel Maestrale di Claudio Burlando (governatore della Liguria), associazione trasversale che ha tra i membri la Genova che conta. Sono esplose polemiche per gli incarichi pubblici ottenuti dai membri, anche perché tra i promotori apparivano una bella fetta della società Italbrokers (da cui Lorenzo Borgogni, pezzo grosso di Finmeccanica, sostiene di aver ricevuto due milioni, ma gli interessati smentiscono e annunciano azioni legali), nonché Franco Pronzato, arrestato per le mazzette Enac. Lo stesso Pronzato che era socio di Interconsult (società in passato legata a Italbrokers), impresa che ha versato 25 mila euro di contributi pubblicitari alla società Solaris che fa capo a Italianieuropei. Dopo le polemiche nessun chiarimento, ma il sito di Maestrale non è più visitabile.

Copertura assoluta

Impossibile, ecco il nodo della questione, per comuni cittadini e cronisti avere notizie sui finanziatori di associazioni e fondazioni. Si era visto all’epoca dell’inchiesta su Franco Morichini, procacciatore di finanziamenti per Italianieuropei: “Rivelare i nomi sarebbe come renderne pubblici gli orientamenti politici”, dissero dalla fondazione dalemiana. Vero, ma i partiti hanno l’obbligo di rendere pubblico chi li finanzia. I nuovi soggetti della politica italiana invece no: basta depositare in prefettura l’atto costitutivo e lo statuto. E nessuno, a parte eventualmente i magistrati, può metterci il naso. Così ecco la domanda: chi paga le fondazioni? Chi è il destinatario finale del denaro? Certo, ci sono casi – più unici che rari – come Magna Carta che rende pubblici i nomi dei finanziatori, come Francesco Bellavista Caltagirone, British American Tobacco, Mediaset, Wind e Finmeccanica.

Viene da chiedersi che utilità abbia una società pubblica a sponsorizzare la fondazione di un politico. Per scoprire chi finanzia le fondazioni non resta che prendere scorciatoie. Per esempio andando a vedere l’elenco degli inserzionisti pubblicitari dei loro giornali. Prendiamo Italianieuropei. Nel 2011 troviamo una bella lista di imprese pubbliche: Eni, Fincantieri, Enel, Trenitalia e ancora Finmeccanica. Poi giganti del settore privato: di nuovo British American Tobacco, poi si passa al mattone stavolta di sinistra con Coopsette, quindi al settore ferroviario con Bombardier che sforna centinaia di locomotive per i nostri treni, quindi Lottomatica, Barclays, Conad-Leclerc, Allianz, Sky, la banca ‘rossa’ del Monte Paschi di Siena e Telecom Italia. Infine Sma, società del gruppo Intini, un imprenditore amico di D’Alema che faceva affari con Gianpi Tarantini. Lo stesso Intini che attraverso due società, Sma e Milanopace, contribuisce all’associazione Faremetropoli di Penati. Niente di illegale, comunque, Italianieuropei (comeFaremetropoli) ha sempre regolarmente registrato i finanziamenti.

L'aiuto del Sismi e anche un rogo. Una microspia svela i piani di don Verzè.



Registrato anche un colloquio con l'ex capo dei Servizi Pollari: «quello non vende, manda la Finanza»

MILANO - È dicembre 2005 e don Luigi Verzè, il gran capo dell'ospedale San Raffaele, ha le microspie nel suo ufficio. Non sa che un'inchiesta della magistratura sta legalmente violando la sua privacy. Non si era mai saputo finora.
Non lo sa mentre parla con Nicolò Pollari, l'allora direttore dei servizi segreti militari (Sismi), delle difficoltà politiche dell'amico comune Silvio Berlusconi, della scalata alla Bnl e dei controlli fatti su Stefano Ricucci a favore di Sergio Billè. È ignaro, don Verzè, che qualcuno lo sta ascoltando quando accoglie Cesare Geronzi per parlare di politica o quando risponde alla telefonata dell'«eminenza» vaticana che gli chiede un favore. Con Mario Cal, il manager suicida, conversa di una «grana» giuridica da sistemare con Roberto Formigoni e la Regione Lombardia. E certo il prete che si ispira a San Matteo apostolo («Guarite gli infermi») non immagina che le cimici elettroniche stiano captando il suo piano diabolico per fiaccare la resistenza di un vicino che non intende liberare un terreno.
I BROGLIACCI SEPOLTI - L'inchiesta in corso dovrebbe essere un rivolo di quella sulla maga Ester Barbaglia per presunto riciclaggio (accusa poi rivelatasi infondata) del denaro del clan calabrese dei Morabito. La Barbaglia alla fine del 2004 aveva creato, nello studio di Enrico Chiodi Daelli, notaio storico del San Raffaele, una Fondazione con un patrimonio di 28 milioni destinato alla Fondazione Monte Tabor di don Verzè. È il nesso, probabilmente, alla base delle intercettazioni. Le indagini, però, hanno subito escluso qualsiasi ipotesi a carico del fondatore del polo sanitario milanese. Tant'è che è rimasto sepolto per anni il fascicolo con centinaia di pagine di brogliaccio, cioè il riassunto di conversazioni captate nell'ufficio di don Verzé tra dicembre 2005 e settembre 2006. Molti i «buchi» per i guasti alle apparecchiature e le difficoltà di ricezione. Alla fine non sono molte le conversazioni «rilevanti».
LA FINANZA AL CAMPO DI CALCETTO - È il 13 gennaio 2006 alle 11,32 del mattino quando nell'ufficio di presidenza del San Raffaele «entra l'ing. Roma (capo dell'ufficio tecnico, ndr) al quale don Verzè - riassume l'operatore delle Fiamme Gialle all'ascolto - anticipa che farà venire la Guardia di Finanza per fare i verbali a coloro che giocano a calcio presso gli impianti sportivi vicini al San Raffaele che lo stesso don Verzè vuole acquisire ma che uno dei titolari, tale Lomazzi, non vuole cedere».
I Lomazzi, secondo le informazioni raccolte dal Corriere , avevano un regolare contratto d'affitto (scadenza 2008) su quei terreni del San Raffaele. Ci avevano investito costruendo campi da tennis, calcio e calcetto, spogliatoi ecc. Nel 2005 e nell'inverno 2006 hanno anche subìto due incendi dolosi con blocco dell'attività e danni notevoli. Sembravano avvertimenti. Carabinieri e polizia fecero indagini, senza risultato.
«L'ing. Roma - prosegue il sunto della conversazione intercettata - dice che i finanzieri dovranno chiedere la ricevuta ai giocatori, ricevuta che non avranno perché pagano tutti in nero e così la Finanza inizierà a fare le multe sia ai giocatori sia a Lomazzi ...». Don Verzè non si scompone, tutt'altro, «chiede a che ora dovrebbe mandare la Finanza e l'ing. Roma risponde dalle 21 circa». Non risulta però che un sacerdote abbia titolo per «mandare la Finanza». Dunque?
UN «PIACERINO» DAL SISMI - Passa un'oretta ed «entra in studio tale dott. Pollari». Cioè Nicolò Pollari, generale della Guardia di Finanza, in quel momento anche direttore del Sismi, i servizi segreti militari, finito sotto processo per il sequestro di Abu Omar e attività di «dossieraggio», oggi consigliere di Stato. Da poco Pollari, come ha documentato Il Fatto, aveva acquistato una villa a Roma dal San Raffaele pagandola (500 mila euro) la metà dei soldi sborsati anni prima da don Verzè.
Parlano di politica e a proposito di Berlusconi (in quel momento capo di un governo agli sgoccioli) «Pollari confida a don Verzè che sono momenti difficilissimi», che «lui è preso da molti problemi e la misura della sua buona fede io la valuto ... prima di tutto perché gli voglio bene». «Don Verzè dice: "È travolto dal suo entusiasmo ... lui adesso purtroppo si è lasciato andare ..un pochettino eh eh ... per correttezza morale... però tiene molto alla famiglia". Pollari: "Sì qualche giro di valzer" ...».
La conversazione scivola sulle scalate bancarie, tema caldissimo in quell'inizio 2006. I due parlano di Sergio Billè, ex presidente della Confcommercio. «È un amico - dice il capo del Sismi - sto cercando di difenderlo in tutti i modi ... la storia di Ricucci... posso dirti la verità... Billè è stato informato... puntualmente sulla vicenda di Ricucci almeno da un anno e mezzo». Dossier Ricucci pro Billè, par di capire. Mezz'ora di chiacchiere e poi don Verzè va al punto: «Chiede un aiuto a Pollari per mandare la Gdf da Lomazzi in modo che lo stesso Lomazzi possa cedere una parte del terreno per costruire un residence per studenti. Poi si salutano e Pollari dice che si interverrà su Letta per il finanziamento sulla ricerca ...».
IL BASTONE E IL VANGELO - Temi alti. Poi terra terra. Il sacerdote nato nel 1920 da un latifondista e da una nobildonna veneta, ex segretario del Santo don Giovani Calabria e prediletto del Beato Cardinale Ildefonso Schuster, vuole cacciare il Lomazzi, quello del centro sportivo. «Don Verzè - rilevano le microspie - dice (all'ingegner Roma, ndr) di fare un sabotaggio e di stare attento ai cavalli e all'asilo», che sono del San Raffaele.
«L'ing. Roma specifica di aver individuato il generatore... sarà sabotato il quadro elettrico ... quindi i campi non potranno essere illuminati e quando gli amici dell'ing. Roma andranno da Lomazzi a fargli la proposta di acquisto (per conto del San Raffaele) "sarà in ginocchio..."».
Qualche giorno dopo l'ingegner Roma bussa alla presidenza. I microfoni nascosti afferrano la conversazione, così riassunta: «Roma dice a don Verzè che quando lui sarà in Brasile ci sarà del fuoco, facendo riferimento ai fili del quadro elettrico degli impianti sportivi di Lomazzi che verranno liquefatti».
Metodo don Verzè: il bastone e il vangelo.