domenica 19 aprile 2020

Mi sbagliavo: al peggio (politico) non c’è fine. - Antonio Padellaro - IlFQ.


– Qualche giorno fa, devo aver scritto o detto che tutto a questo mondo poteva migliorare dopo lo choc pandemia, eccettuata la politica italiana che sarebbe rimasta più meno la stessa.
Mi sbagliavo: il teatrino di queste ore dimostra che al peggio non c’è mai fine, con l’aggravante che lo spettacolo si svolge nel corso di un’immane tragedia. Intramontabile, la tecnica dello scaricavirus va molto di moda ai piani alti del Pirellone dove il governatore Attilio Fontana addebita ai “nostri tecnici delle Ats” la responsabilità dei contagi, e delle stragi, nelle residenze per anziani. Agenzie di tutela della salute che avrebbero proposto l’utilizzo delle case di riposo per i malati Covid: insomma degli untori irresponsabili alle cui disposizioni i soprastanti vertici della Regione Lombardia si sarebbero prontamente “adeguati”.
Come sempre si fanno volare gli stracci, sperando che a processo ci vada soltanto qualche anonimo funzionario. Altra formula rinfrescata con il morbo è la chiamata di correo, ovvero: tutti colpevoli, nessun colpevole. Per esempio il cda della disgraziata Baggina nel quale, fanno sapere i leghisti, siedono anche membri nominati dal Comune di Milano, dove regna il sindaco pd Giuseppe Sala. Molto gettonato dalle code di paglia verdognole il caso di una Rsa di Rocca di Papa dove, effettivamente, si registra un’epidemia fuori controllo.
Siamo nel Lazio a guida Pd (Nicola Zingaretti) ma, guarda un po’, in una clinica di proprietà di Antonio Angelucci, editore di Libero e del Tempo, nonché deputato di Forza Italia. Funziona sempre la regola del tanto peggio tanto meglio. Come al Parlamento europeo dove Lega, Forza Italia e altri patrioti hanno votato contro un emendamento dei Verdi a favore degli eurobond.
Sul Corriere della Sera Walter Veltroni chiede di “progettare il mondo del dopo”. Con certa gente meglio no.

Funeral Party - di Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano | 19 APRILE 2020

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Siccome per scrivere servono le mani, adotto un paio di accorgimenti per non tenerle impegnate h24 a fare gli scongiuri: guardo meno tv possibile e, appena arriva il Savonarola di turno a ricordarmi che devo morire, la fine del mondo è vicina, è tutto sbagliato e tutto da rifare, metto un film di Totò o di Sordi; non potendo esimermi dalla lettura degli altri giornali, alterno le lugubri apocalissi che invadono ogni pagina, inclusi lo sport e il meteo, con alcuni ritagli di buone notizie che conservo a mo’ di amuleto. Lo studio dell’Imperial College di Londra pubblicato su Lancet, che già il 31 marzo calcolava in 40mila le vite umane salvate in Italia dalle misure del governo (su 60mila in tutt’Europa). 
Gli elogi dell’Oms e della Ue al governo Conte per la reazione ai primi casi di coronavirus, poi copiata da quasi tutti gli altri. Ranieri Guerra dell’Oms che riconosce al governo italiano, diversamente da molti altri, il merito di seguire gli scienziati. 
I dati dell’Inps, che dopo il crollo del sito il primo giorno, versa in breve tempo i 600 euro alla gran parte degli aventi diritto, in un Paese sgarrupato che di solito, per queste operazioni, impiega mesi. 
La ricerca internazionale pubblicata l’altroieri su Condensed Matter, che usa la fisica quantistica per calcolare il fattore di successo dei provvedimenti adottati dai vari Paesi e colloca quelli italiani subito dietro Cina e Sud Corea e davanti al resto del mondo.
Piccole soddisfazioni per chi ha sempre sostenuto che questo fosse il peggior governo possibile a eccezione di tutti gli altri. E che Conte non fosse né Cavour, né De Gasperi, né Churchill, ma neppure il pirlacchione che veniva descritto dal Giornale Unico. 

Questo non ci impedisce di segnalare gli errori del governo: di comunicazione (scarsa, a dispetto di chi la ritiene eccessiva) e di sostanza (ritardi e sottovalutazioni nella fase iniziale, conflitti d’interessi nei comitati tecnici, nell’App del tracciamento e nei test sierologici, timidezza con le Regioni più sediziose). Ma ci aiuta a restare ancorati alla realtà: quella di un Paese governato, almeno a Roma, da persone perlopiù perbene e con la testa sul collo, che ci hanno evitato la catastrofe (pressoché certa con i cazzari che vogliono la testa di Conte) e accompagnati in poco tempo fuori dall’emergenza (al netto dei dati di Lombardia e Piemonte), con qualche speranza anche per la Fase 2. Di questa realtà oggettiva non c’è traccia nella narrazione politico-giornalistica dominante, improntata al più lugubre Funeral Party. Ti dicono che siamo peggio della Cina, poi si scopre che la Cina s’è scordata qualche decina di migliaia di morti.
Ti dicono che Conte parla troppo, troppo poco, troppo tardi, in diretta Facebook (falso), a reti unificate (falso), non risponde alla stampa, anzi risponde ma replica pure alle opposizioni e non sta bene (se polemizzi con qualcuno, non devi dire con chi, ma solo farlo intuire). Ti dicono che Conte fa tutto da solo e non si fa aiutare dagli esperti; poi nomina comitati di esperti e ti dicono che gli esperti sono troppi, meglio fare tutto da solo. Ti dicono che siamo in ritardo sulla Fase 2, ma non specificano rispetto a quale data, visto che il lockdown finisce tra due settimane. Ti dicono che questo governo non lo vuole nessuno, ma purtroppo l’80% degli italiani apprezza ciò che fa. Allora ti dicono che tanto arriva Draghi (“facciamolo senatore a vita!”, “santo subito!”), o Colao (“ministro!”, “premier!”), o il primo che passa; ma non spiegano quale maggioranza li sosterrebbe, posto che il M5S passerebbe difilato all’opposizione: Pd, Lega e Forza Italia Viva? Boh. Buontemponi e malvissuti che passano la vita alla buvette a fare e disfare governi e accroccare alleanze in base a boiate origliate e flatulenze annusate, senza mai azzeccarne una.
Fosse per Verderami del Corriere, avremmo avuto 10 anni di governo Alfano e ora saremmo in pieno governo Giorgetti. Fosse per Minzolini del Giornale e Folli di Repubblica, avremmo le larghe intese permanenti in saecula saeculorum. Poi c’è il prof. Sabino Incassese, con quella vocina da vecchietto del Far West, che scuote il capino in tv perché, signora mia, non ci sono più le classi dirigenti di una volta, quando Re Giorgio gli piazzava i suoi protetti nei posti giusti. E i cipressetti del club Repubblica-Verano Illustrato-Huffington Post che fanno il giro delle sette tv a dispensare cattivi consigli, avendo esaurito i cattivi esempi. E i giornali di destra, vedovi inconsolabili del Cazzaro Verde e dei suoi cabarettisti lombardi, che ogni giorno annunciano la morte violenta del governo (senza nulla togliere agli altri, stravince Libero: “Feltri: ‘Conte sequestratore, il Quirinale si svegli’”,“‘Conte fuorilegge’. Farina: ‘Ufficiale, il premier è un pericolo pubblico’”, “Vespa: ‘Governo di unità nazionale o rischio secessione. Non vorremmo che quando la rissa finirà, sul campo restasse il cadavere dell’Italia’”). Chi legge e ci casca pensa che il governo abbia le ore contate, anzi i minuti. Come quando tutti davano per certa la procedura d’infrazione Ue contro i gialloverdi, con agognata Apocalisse, poi ci restavano male perché Conte ogni volta la sventava. E allora come oggi si confermava – per citare Flaiano su Cardarelli – il più grande premier italiano morente.


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“Io non mollo” - Intervista a il Giornale - 19/04/2020 - Alessandro Sallusti e Adalberto Signore

la ex moglie di Giuseppe Conte cosa fa? Somiglia un'attrice Oscar ...
Elogia Mario Draghi e Vittorio Colao, anche se non pensa di nominarlo ministro. Apre a Forza Italia. E a tutti quelli che ipotizzano la nascita di un governo "diverso" per la ricostruzione, Giuseppe Conte dice chiaramente che la soluzione, a suo giudizio, non è quella di rivolgersi ai tecnici perché «serve la politica con la "P" maiuscola».
Presidente, giovedì si terrà un Consiglio Ue decisivo per le sorti dell'Europa. Si sente ottimista rispetto alla possibilità di superare le resistenze dei Paesi del Nord (Germania, Olanda e Austria in testa) e trovare un'intesa accettabile su Mes e Recovery fund? In caso di mancato accordo, sta considerando la possibilità di esercitare il diritto di veto dell'Italia?
«Il negoziato si annuncia molto difficile, ma resto fiducioso. Nel corso degli scambi che ho avuto con gli altri leader europei sono stato chiaro: solo grazie a un ambizioso Fondo per la ripresa, con emissione di titoli comuni, riusciremo ad affrontare l'attuale, difficile situazione. Sul resto delle misure ci continueremo a confrontare fino al Consiglio europeo del 23 aprile».
A proposito di Mes, a prescindere da come finirà, non teme che una frattura come quella delle ultime settimane tra M5s e Pd con Di Maio sulle stesse posizioni di Salvini e Meloni - possa avere comunque degli strascichi in futuro? Può una maggioranza essere spaccata su un tema tanto centrale, soprattutto in un momento simile?
«Il governo e la maggioranza che lo sostiene sono compatti nel chiedere all'Europa di liberare la sua forza economica come fanno Cina e Stati Uniti, di mettere sul tavolo meccanismi nuovi per una condivisione e una risposta comune all'emergenza economica in atto. Non abbiamo da affrontare un semplice compitino di "matematica" o una questione meramente "contabile"».
Cosa intende?
«Dobbiamo confrontarci con una vera e propria prova di maturità per la nostra Unione. Bisogna dare tutto. Quello sul Mes è un dibattito che rimane al momento molto astratto. È un meccanismo che rimane affidato a un accordo intergovernativo che, all'origine, prevede finanziamenti con condizionalità molto severe anche di ordine macro-economico. Nasce per rimediare a crisi e tensioni finanziarie di singoli Paesi. È la ragione per cui l'ho giudicato inadeguato e insufficiente ad affrontare questa sfida epocale. Dal confronto europeo può però venire fuori qualcosa di molto diverso dal Mes attuale ed è anche questa la ragione per cui appoggiamo la battaglia di altri Paesi che, come la Spagna, hanno chiesto da subito di cambiarlo e di volerlo utilizzare. Valuteremo i dettagli di questa nuova linea di finanziamento al momento opportuno e sceglieremo la strada migliore per i nostri interessi nazionali, con una discussione trasparente in Parlamento».
Lei ha gestito l'emergenza in prima persona e mettendoci la faccia, al punto di essere accusato di volere fare l'uomo solo al comando. Sabino Cassese, esimio giurista e giudice emerito della Consulta, è stato molto critico, arrivando a dire che «una pandemia non legittima i pieni poteri al governo» oltre a criticare nel merito i vari Dpcm («norme scritte male, contraddittorie, incomprensibili»).
«Rispetto tutte le opinioni giuridiche. Io stesso provengo dal mondo accademico dei giuristi e nei rarissimi ritagli di tempo cerco di seguire l'ampio dibattito scientifico che sta sollevando questa emergenza, ad un tempo, sanitaria, economica e sociale. Esiste purtroppo una differenza tra la perfezione delle disquisizioni teoriche e la perfettibilità delle applicazioni pratiche. Il professore Cassese è il primo a conoscere bene questo divario avendo rivestito in passato incarichi di governo ed essendosi impegnato a fondo - anche attraverso il contributo di tantissimi suoi allievi dislocati in posizioni chiave - per riformare la pubblica amministrazione e rendere più rapidi e trasparenti i vari procedimenti amministrativi. Eppure ancora oggi la burocrazia compromette l'efficienza della pubblica amministrazione e costituisce un freno alla crescita economica e sociale del Paese. Gli atti di questo governo sono sicuramente perfettibili, ma la pandemia ci ha costretti all'urgenza dell'azione, perché in gioco c'era l'assoluta necessità di salvare vite umane. Ma pure nei momenti più critici, nessuno, a iniziare dal sottoscritto, ha mai perso di vista l'importanza del bilanciamento degli interessi in gioco e l'equilibrio dei poteri ripartito tra gli organi costituzionali che rappresentano garanzie irrinunciabili».
Al di là delle valutazioni tecniche, politicamente non teme che il suo approccio possa avere compromesso i rapporti con le opposizioni? Non pensa che dipenda anche da lei il fatto che l'invito di Mattarella al dialogo e alla coesione sia caduto nel vuoto?
«Il mio approccio è sempre stato trasparente e corretto con tutti. Il governo ha sinceramente aperto al confronto con le opposizioni e questo confronto rimane aperto anche adesso, confidando che ci sia la effettiva disponibilità delle opposizioni di raccogliere questo invito e di offrire il proprio contributo al Paese impegnato in questa difficilissima prova. Capisco che per una forza di opposizione questa sfida al confronto non sia semplice, ma esso può dare frutti utili nel comune interesse se si ha il coraggio di mettere da parte ambiguità e rinunciando ad alimentare il malcontento sociale. Quanto a me, non mi impressionano neppure gli insulti. Intervengo solo quando, come è successo da ultimo, vedo che alcuni esponenti delle opposizioni lanciano una campagna di false accuse che rischia di dividere l'Italia tra opposte tifoserie, danneggiando pericolosamente la credibilità del nostro Paese in Europa in una fase così drammatica. Il presidente Mattarella, nella sua saggezza, ha invitato tutti ad orientare il dialogo verso la coesione e la solidarietà nazionale, mettendo da parte in questa fase lo scontro politico. Continuerò, da parte mia, a offrire la massima disponibilità per confrontarmi su tutti i temi e su tutte le misure concrete, privilegiando le migliori strategie per risollevare il nostro Paese».
Pensa sia possibile riallacciare il filo del dialogo almeno con una parte dell'opposizione?
«Io sono sempre aperto al dialogo con tutti. Ho apprezzato l'atteggiamento costruttivo e responsabile di Forza Italia, tanto nell'emergenza coronavirus quanto nei rapporti con l'Europa. All'interno della Lega e di Fratelli d'Italia mi sembra non vi siano univoche visioni sugli atteggiamenti da tenere in questa fase. Attendiamo le posizioni definitive e i comportamenti conseguenti. A conferma della varietà di posizioni che questa emergenza sollecita, devo riconoscere che il vostro giornale - e soprattutto il suo direttore Sallusti - sta dimostrando di sapere distinguere quello che è un atteggiamento legittimamente critico da quello che è invece un approccio aprioristicamente prevenuto nei confronti delle misure del governo. E lo affermo nella consapevolezza che abbiamo quasi sempre opinioni divergenti».
Sulla «fase 2» c'è incertezza e confusione. Molte regioni del Nord (Lombardia, Piemonte, Veneto, ma anche la Sicilia) chiedono di ripartire dal 4 maggio. Qual è la posizione del governo? Sono ipotizzabili aperture «autonome» o per territorio?
«In questi giorni circolano numerose ipotesi, auspici e proposte con tanto di date, anche da parte di alcune Regioni, sulle possibili riaperture nel Paese. Proprio oggi pomeriggio (ieri, ndr) abbiamo avuto un confronto tra il governo e due delegazioni, una del comitato tecnico-scientifico, che già da tempo ci coadiuva, e una del comitato socio-economico. Stiamo lavorando su alcune proposte di allentamento delle misure, in modo da poter "convivere" con il virus nei prossimi mesi in condizioni di massima sicurezza, tenendo sotto controllo la curva epidemiologica e le condizioni di stress del sistema sanitario e ospedaliero locale. Tutte le notizie che filtrano, le ipotesi che si fanno in questi giorni sono prive di fondamento. Nei prossimi giorni saremo in condizione di offrire a tutti gli italiani un piano chiaro e, quindi, informazioni certe. Prima di questo momento faccio un appello, anche agli organi di informazione, affinché ci sia un atteggiamento di massima collaborazione e responsabilità da parte di tutti, in modo da evitare incertezze e confusione nei cittadini».
Che idea si è fatto di quanto accaduto in Lombardia? Pensa che la gestione delle Rsa abbia avuto un ruolo determinante? Pensa di andare di persona in Lombardia nei prossimi giorni come segno di vicinanza del governo?
«La Lombardia si è sicuramente trovata ad affrontare il fronte più caldo di questa battaglia. Credo che ogni discussione a proposito delle responsabilità andrà affrontato a tempo debito, nessuno si sottrarrà alle proprie. Adesso, però, la cosa importante è stare al fianco di chi ogni giorno combatte in corsia. Finora, purtroppo, ho potuto manifestare il mio sostegno e quello dell'intero governo solamente a distanza, con colloqui telefonici e videoconferenze anche con vari sindaci e responsabili sanitari. Ma non vedo l'ora di avere l'occasione di farlo di persona».
L'incertezza è anche su chi fa cosa in questa pletora di task force: compresa quella di Colao, sono almeno sei le commissioni di consulenti ed esperti attualmente operative. Non c'è il rischio che il moltiplicarsi degli esperti possa generare confusione oltre che deresponsabilizzare chi dovrebbe decidere?
«In un momento così delicato per il Paese abbiamo scelto la collaborazione di esperti capaci di programmare le migliori strategie per la ripartenza, tanto ad esempio negli ambienti di lavoro quanto nei trasporti pubblici. A parte alcuni gruppi di lavoro settoriali che rientrano nelle competenze dei vari dicasteri, sono due i comitati di esperti che stanno coadiuvando la nostra azione di governo: il comitato tecnico-scientifico, che sin dall'inizio elabora raccomandazioni soprattutto sul fronte sanitario, e il comitato di esperti, coordinato da Colao, che sta preparando proposte per gestire al meglio la ripresa delle attività economiche e sociali. Non stiamo percorrendo la via dell'incertezza, l'unione di più competenze sta generando importanti risultati, fondamentali per delineare i prossimi scenari e dare le risposte necessarie, nella trasparenza e nell'assunzione da parte del governo della piena responsabilità politica».
A proposito di Colao si è scritto e letto molto. Facciamo chiarezza: l'ha nominato lei o le è stato suggerito da Mattarella? Sarebbe pronto ad affidargli una responsabilità ministeriale?
«Vittorio Colao è un manager esperto che tutto il mondo ci invidia e la scelta di affidare a lui la guida della task force è stata condivisa da tutta la maggioranza. Per correttezza istituzionale ho informato anche il presidente della Repubblica, come faccio sempre per i passaggi più delicati che il Paese sta attraversando. Il compito del comitato è quello di elaborare analisi e proposte utili per la ripresa graduale dell'attività economica e di suggerire nuovi modelli organizzativi e relazionali che tengano conto di questa emergenza. Ma la valutazione delle analisi dei comitati tecnici di cui ci avvaliamo, la loro sintesi e le decisioni politiche spettano sempre al governo. Conoscendo Colao non credo che la sua aspirazione sia far parte della squadra di governo, per cui un allargamento della squadra ministeriale non è all'orizzonte».
In una fase critica come quella che stiamo vivendo e, soprattutto, quella che vivremo nei prossimi mesi, non pensa possa essere una buona idea coinvolgere - in qualunque forma - una personalità come Mario Draghi, certamente l'italiano con più autorevolezza nel mondo?
«Draghi è persona di grande autorevolezza e di elevata professionalità. Se il riserbo dei nostri rapporti personali non mi facesse velo, io stesso potrei rivelare un episodio che testimonia la grandissima stima che ho per lui. Ma proprio per questo non è persona che si lascia tirare per la giacchetta in polemiche che nascono in modo palesemente strumentale e sono frutto di manovre politiche estemporanee».
Guardando l'Italia in una prospettiva di medio periodo non pensa che per una ricostruzione come quella a cui dovremo andare incontro possa essere più efficace l'azione di un governo per così dire di «unità nazionale», il più ampio e condiviso possibile, piuttosto che un esecutivo in cui Pd e M5s sono sempre più distanti e conflittuali?
«Ormai ho alle spalle una discreta esperienza di governo. Quel che davvero serve al Paese è avere un governo sostenuto da forze che maturino la piena convinzione che l'opera di ricostruzione sarà tanto più efficace se tutti lavoreremo nella medesima direzione, con forte coesione e lungimiranza. Questo compito deve spettare alla politica, intesa con la "P" maiuscola, non può essere affidato a governi tecnici, sul presupposto che le forze politiche non siano disponibili ad assumersi la responsabilità delle scelte, anche molto difficili, che il Paese è chiamato a compiere. Io sono sempre per un governo politico che ci mette la faccia e dovrà risponderne agli elettori. Quanto ai governi di "unità nazionale", sono formule astratte, molto improbabili da perseguire in concreto. Basti considerare le divisioni che si sono manifestate evidenti anche nella fase più acuta dell'emergenza. In realtà, questo governo sta operando con coraggio e determinazione».
In verità, soprattutto sul fronte degli interventi economici per affrontare l'emergenza, ci sono state molte critiche e non solo dall'opposizione.
«In appena un mese abbiamo liberato circa 750 miliardi di euro a vantaggio delle imprese e del tessuto economico, messo in campo 50 miliardi di denaro fresco per il sistema sanitario, la macchina dell'emergenza e i lavoratori. Questa settimana sono iniziati ad arrivati i bonus sul conto corrente di tanti cittadini, nei prossimi giorni rafforzeremo il sostegno a famiglie, lavoratori e imprese con un'altra poderosa sterzata economica. Le forze di maggioranza, lavorando insieme, hanno messo in campo queste e varie altre misure. Ascoltando anche l'opposizione. All'estero sono molti che ci fanno i complimenti. Se questo governo non fosse forte e determinato, sarei il primo a sollecitare una nuova soluzione per non compromettere la realizzazione del bene comune, tanto più in questa difficilissima sfida».

Giuseppe Conte.

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Si è da poco conclusa la riunione della Cabina di regia tra Governo, Regioni ed enti locali durante la quale, con i ministri competenti, ho voluto aggiornare la delegazione di governatori, sindaci e presidenti di provincia sullo schema di lavoro per la ’fase due’ che l’Esecutivo sta portando avanti, coadiuvato dalla Task force di esperti e dal Comitato tecnico scientifico.

Gli effetti positivi di contenimento del virus e di mitigazione del contagio si iniziano a misurare, ma non sono ancora tali da consentire il venir meno degli obblighi attuali e l’abbassamento della soglia di attenzione.

Nel frattempo continua incessantemente il lavoro del Governo a un programma nazionale che possa consentire una ripresa di buona parte delle attività produttive in condizioni di massima sicurezza, che tenga sempre sotto controllo la curva epidemiologica e la capacità di reazione delle nostre strutture ospedaliere.


Anche i rappresentanti dei governi locali hanno espresso adesione al disegno dell’Esecutivo di adottare un piano nazionale contenente linee guida omogenee per tutte le Regioni, in modo da procedere, ragionevolmente il 4 maggio, a una ripresa delle attività produttive attualmente sospese, secondo un programma ben articolato, che contemperi la tutela della salute e le esigenze della produzione.
Un piano così strutturato dovrebbe garantirci condizioni di massima sicurezza nei luoghi di lavoro e sui mezzi di trasporto.


Dovremo proseguire nel confronto con tutte le parti sociali e le associazioni di categoria per ribadire la comune volontà di rafforzare il protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro, già approvato lo scorso mese di marzo, e di continuare sulla strada del potenziamento dello smart working.


Sul fronte delle misure di tutela della salute, il Governo continua a lavorare per implementare i Covid hospital, l’assistenza territoriale e usare al meglio le applicazioni tecnologiche e i test per riuscire a rendere sempre più efficiente la strategia di prevenzione e di controllo del contagio.


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