giovedì 25 luglio 2019

Consip, il gip di Roma dice no ad archiviazione per Tiziano Renzi: fissata camera di consiglio.

Consip, il gip di Roma dice no ad archiviazione per Tiziano Renzi: fissata camera di consiglio

Il giudice ha detto no anche ad altri nove indagati nei confronti dei quali i pm di piazzale Clodio avevano chiesto di archiviare singoli capi di imputazione. Tra loro anche l’ex ministro dello Sport Luca Lotti.“La richiesta di archiviazione non può essere accolta”. Il giudice per le indagini preliminari di Roma dice no ai pm di Roma che avevano chiesto il non luogo a procedere per Tiziano Renzi e altri indagati. Al padre dell’ex presidente del Consiglio era contestato il reato di traffico di influenze illeciteIl giudice Gaspare Sturzo ha fissato la camera di consiglio per il prossimo 14 ottobre dopo aver vagliato anche una informativa dei carabinieri che era allegata a una richiesta con cui si insisteva con la richiesta di archiviazione. La procura capitolina aveva sollecitato l’archiviazione il 25 ottobre scorso e l’aveva sollecitata il 23 gennaio scorso. Nel documento per gli inquirenti scrivevano che le ricostruzioni del padre dell’ex premier rese in Procura a Roma quando venne interrogato erano “largamente inattendibili“. Anche perché le risposte erano state fornite nella veste di indagato, quindi con la facoltà di non dire la verità.Il 3 marzo 2017 papà Renzi dichiarò di non aver “mai preso soldi”, che si trattava “di un evidente caso abuso di cognome”,  di non aver mai incontrato Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano finito nei guai a Napoli per corruzione, né di aver “avuto rapporti con lui”. Totalmente esclusi, in quell’audizione a verbale, i passaggi di denaro dall’imprenditore campano a Renzi senior che rispondeva però del solo traffico di influenze. Oltre alla posizione di Renzi senior, il giudice ha detto no anche ad altri nove indagati (per alcuni dei quali la procura ha già chiesto il rinvio a giudizio per altre fattispecie) nei confronti dei quali i pm di piazzale Clodio avevano chiesto di archiviare singoli capi di imputazione. Tra loro l’ex ministro dello Sport Luca Lotti (rivelazione del segreto d’ufficio), il generale dell’Arma in Toscana, Emanuele Saltalamacchia (rivelazione del segreto d’ufficio), l’imprenditore Carlo Russo (prima turbativa d’asta, poi millantato credito). Respinta la richiesta di archiviazione anche per l’imprenditore Alfredo Romeo (corruzione e turbativa d’asta) e per l’ex parlamentare del Pdl Italo Bocchino (corruzione e turbativa d’asta), l’allora ad di Grandi stazioni Silvio Gizzi (turbativa d’asta), l’ex ad di Consip Domenico Casalino (turbativa d’asta) e il dirigente Francesco Licci (turbativa d’asta). I pm, chiudendo l’indagine, avevano modificato l’ipotesi di accusa per l’imprenditore di Scandicci Carlo Russo, per millantato credito, ma ritenevano comunque che il padre dell’ex presidente del Consiglio avrebbe messo in contatto proprio Russo con l’allora ad di Consip Luigi Marroni (colui che era diventato una sorta di collettore della rivelazione dell’esistenza dell’indagine della Procura di Napoli). Senza contare che gli inquirenti restano convinti che ci sia stato un incontro fra Renzi senior e Alfredo Romeo che sarebbe avvenuto però nel 2015 a Firenze, in un periodo antecedente alla vicenda. Appuntamento tenutosi in un bar di giorno e non a Roma a cena, come era stato detto. Però ci sarebbe stato come emerso nel marzo scorso. Detto questo però, per i pm, non c’erano elementi concreti che potessero provare una sua partecipazione a fatti illeciti: anche perché Renzi senior non era un soggetto attivo nelle intercettazioni telefoniche e ambientali. Il padre dell’ex premier aveva sottolineato di essere legato a Russo da una frequentazione di carattere religioso e con cui aveva partecipato ad alcuni pellegrinaggi a Medjugorje, mentre l’imprenditore di Scandicci, anche lui interrogato a marzo, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Romeo era interessato alla vittoria dei lotti dell’appalto Fm4 e l’ipotesi, poi  tramontata, è che ci fosse stato un passaggio di denaro. Nelle carte dell’inchiesta era finto il presunto do ut des; individuato nei pizzini vergati da Romeo e recuperati dagli inquirenti in una discarica. Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato in esclusiva il pezzo di carta in cui Romeo annotava i compensi da dare a T. e C.R.: 30mila euro al mese per il primo, 5mila ogni due mesi per il secondo. Ma quelle iniziali evidentemente erano state attribuite ai due amici di pellegrinaggio. I pm avevano chiesto l’archiviazione anche per Italo Bocchino, finito nel registro degli indagati per traffico di influenze a causa del suo rapporto con Alfredo Romeo (era dell’ex parlamentare del Pdl la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” e non di Romeo). Anche per il titolare della Romeo Gestioni era stata chiesta l’archiviazione così come per l’ex ad di Consip Domenico Casalino, per l’ex ad di Grandi Stazioni Silvio Gizzi, per il dirigente Francesco Licci e infine per l’ex presidente di Consip, Luigi Ferrara. Tutte, per ora, respinte.https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/25/consip-il-gip-di-roma-dice-no-ad-archiviazione-per-tiziano-renzi-fissata-camera-di-consiglio/5350051/Leggi anche: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/29/consip-chiuse-le-indagini-luca-lotti-e-generale-del-tullio-sette-verso-il-processo-chiesta-archiviazione-per-tiziano-renzi/4726916/https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/30/consip-leffetto-domino-che-porta-il-non-attendibile-tiziano-renzi-alla-richiesta-di-archiviazione/4731143/https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/03/27/chat-tiziano-russo-buono-lincontro-con-alfredo-romeo/5065048/https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2018/11/07/matteo-devi-portare-a-casa-il-culo-niente-provocazioni/4747508/

Luigi Di Maio - Ecco tutta la verità sulla TAV.




“Quinta da Regaleira”: il Grandioso ed Enigmatico Palazzo di Sintra in Portogallo. - Annalisa Lo Monaco

Non distante dal centro storico della magnifica città di Sintra, in Portogallo, si erge uno dei luoghi più enigmatici della regione, la Quinta da Regaleira, ovvero la Tenuta di Regaleira. Nella proprietà, di quattro ettari, ci sono giardini, fontane, statue, pozzi, grotte e un incredibile palazzo, che dal 1995 sono patrimonio dell’UNESCO.



Dopo aver cambiato, nel corso dei secoli, molti proprietari (tra cui la baronessa di Regaleira, di cui conserva il nome), la tenuta fu acquistata dal ricco commerciante di caffè Antonio Augusto de Carvalho Monteiro (Monteiro detto “il Milionario”), che nel 1904 iniziò la costruzione del palazzo dei suoi sogni, con l’aiuto dell’architetto/scenografo italiano Luigi Manini.



Nella costruzione si fondono diversi stili, tra cui il gotico ed il rinascimentale, a cui si mescolano chiari riferimenti esoterici ed alchemici.



Il grandioso palazzo comprende anche una piccola cappella adornata con stucchi, affreschi e vetrate colorate, ma la parte più suggestiva della tenuta è in realtà la sua ampia e lussureggiante area verde, il complemento indispensabile del sogno di Monteiro, dove si estende un enigmatico labirinto di tunnel, che convergono in due pozzi a spirale, conosciuti anche come “Torri invertite”.



La struttura a spirale avrebbe il significato simbolico di morte/rinascita, un’allegoria comune in molte teorie ermetiche.



Il più grande dei pozzi è composto da nove piani, che forse rimanderebbero ai nove gironi infernali della Commedia di Dante, così come alle nove sezioni del Purgatorio, e ai nove cieli del Paradiso.



In fondo al pozzo c’è un mosaico dove è raffigurata la croce dei Templari. La funzione iniziatica dei pozzi sembra evidente, ma quale fosse la loro utilizzazione, e quali riti vi siano stati compiuti, nessuno lo sa.



La Quinta da Regaleira, dal 1997 proprietà del Comune di Sintra, ospiti ogni anno eventi culturali, come concerti e rappresentazioni teatrali, ma è anche aperta alle visite del pubblico.



Una delle grotte:



La Grotta di Leda:



La Cappella:





https://www.vanillamagazine.it/quinta-da-regaleira-il-grandioso-ed-enigmatico-palazzo-di-sintra-in-portogallo/?fbclid=IwAR0cmFXcK8Nx3c5gjedVvWVTGDzPU43RQVD7yzgE0Y-foq4yuY5YZhzizVE

Avrà preso una cantonata? - Anna Lombroso

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Spaventapasseri, lo avevo definito quando venne incaricato di guidare l’organismo di vigilanza e controllo sul fenomeno della corruzione. Mi pareva efficace come definizione perchè con le competenze e il budget che gli erano stati affidati avrebbero potuto mettere paura solo ai passeri e non certo a avvoltoi e gazze ladre.
A 5 anni di distanza, uno prima della naturale scadenza,  Cantone lascia per tornare a vestire la toga presso l’Ufficio del massimario della Corte di Cassazione, motivando così la sua decisione: “la magistratura vive una fase «difficile», che mi impedisce di restare spettatore passivo”.
Verrebbe da dire che al ruolo di astante, sia pure dal palco d’onore, doveva essere abituato.  L’Autorità anticorruzione era stata istituita nel 2012 durante il governo di Mario Monti nell’ambito della cosiddetta legge Severino, con il compito di  prevenire fenomeni di illegalità all’interno della pubblica amministrazione attraverso pratiche di trasparenza e mediante vigilanza sui contratti, appalti e incarichi pubblici. A nominare lui al vertice dell’Anac era stato però Matteo Renzi nel 2014 seguendo il trend di moda allora, sistemare un magistrato, un tecnico dunque,  a incarnare la legalità e la sua tutela conferendogli un’autorità  morale oltre che legale, sull’intera società. Anche se di fatto si trattava di un potere virtuale più che reale, e pure “postumo”,  come un pompiere chiamato a spegnere incendi già appiccati da quelli che lo chiamano in soccorso.
E infatti non  a caso la designazione avviene poco prima che si aprano i cantieri e fervano le opere dell’Expo (ha l’incarico di commissario speciale del grande evento),    ma un bel po’ dopo che gran parte degli appalti, delle attribuzione  e delle consulenze erano stati assegnati. A vedere i ritagli di allora si legge Cantone chiede spiegazioni, Cantone non ritiene soddisfacenti le spiegazioni sull’affidamento a Farinetti, e Cantone indaga sui subappalti, per poi sentirlo ammettere che  “esulavano del tutto da un suo possibile controllo», accontentandosi della squadra anticorruzione istituita da Sala, della altisonante Piattaforma per la trasparenza del premier, con tanto di App, e rassegnandosi a  chiudere un occhio anzi tutti  e due sulla sostanza dell’iniziativa, sul già concluso e  spartito,  mettendo un sigillo di impunità e legittimità sulla sua inutilità, sui danni erariali e per la collettività, sulla pretesa emergenza coltivata per permettere licenze  e deroghe, sul contributo alla cancellazione di diritti, garanzie e conquiste del lavoro, che più corruzione morale di quel “volontariato” ce n’è poche.
Niente di diverso da quello che succede a proposito del Mose, quando tira fuori il capo e chiede informazioni per poi ammettere  ragionevolmente (in una intervista alla Rai di giugno 2014) che. “Credo non abbia alcun senso indagare, non è che ogni emergenza necessita di un commissario. Sull’ Expo può avere un senso perché ci sono termini stretti, sul Mose i tempi sono già da tempo superati”.  E altrettanto avviene per la Metro C di Roma, che definisce la madre di tutte le corruzioni: anche là, come succede ai treni, è arrivato in ritardo e i giochi sono fatti.
Eppure ieri nel dare le dimissioni rivendica  i risultati della sua battaglia: «Naturalmente la corruzione è tutt’altro che debellata ma sarebbe ingeneroso non prendere atto dei progressi, evidenziati anche dagli innumerevoli e nient’affatto scontati riconoscimenti ricevuti in questi anni dalle organizzazioni internazionali (Commissione europea, Consiglio d’Europa, Ocse,  Fondo monetario) e dal significativo miglioramento nelle classifiche di settore».
E come  non esultare del fatto che Trasparency ci faccia scendere di due piazzamenti nella graduatoria della percezione “popolare” del fenomeno,  uno di quegli organismi concepiti dallo stesso sistema che genera il malaffare, un po’ come le agenzie di rating,  che prende in esame come indicatori le malefatte dei pesci piccoli, quelli che fanno la cresta sui documenti e le merci, che non danno la fattura, lasciando fuori  le banche, gli enti pubblici, i vertici delle multinazionali  e quindi i grandi impuniti e i grandi immuni, i Paesi guida dell’Occidente e della Ue non levantina o che dire dell’Ue dove se volessimo applicare il criterio della lievitazione dei costi delle opere pubbliche, si scoprirebbe  che in Germania le spese dei lavori pubblici vengono gonfiati artificialmente e  a dismisura, come ha denunciato perfino Der Spiegel, lo stesso organo di stampa che ha definito Vienna un “intrico del malaffare” riprendendo il giudizio di un grippo di lavoro Ocse che ne parlò come del “crocevia della corruzione”.  E come non esultare dell’encomio delle istituzioni europee, quando basterebbe leggere il Sole 24 ore per sapere che il crimine economico trova un humus favorevole  nella regione e mica solo alle Cayman se è vero che “nell’ultimo decennio sono stati almeno 133 mila gli oligarchi dell’ex Unione Sovietica, i milionari cinesi e arabi, i ricchi uomini d’affari turchi, libanesi, brasiliani, venezuelani e sudafricani, che hanno acquistato a mani basse la cittadinanza o la residenza in un Paese dell’Unione europea in cambio di soldi“,  ritenendola un luogo favorevole a traffici illeciti e opacità.
Va a sapere come mai proprio adesso il presidente Cantone, ha raggiunto il limite della sua sopportazione, stanco  che “all’Anac istituita sull’onda di scandali ed emergenze,  e che rappresenta oggi un patrimonio del Paese e motivo di orgoglio” (e si direbbe a lui che ne incarna l’autorità), vengano riservati scarsi riconoscimenti.
Dipenderà che i supposti reati del lobbista Siri ( indagato per aver ricevuto una promessa di denaro in cambio di una norma da inserire in una legge) sono più disdicevoli dell’azione di un ministro che tenta di favorire l’esonero dalle responsabilità di una banca e del suo management?
Sarà che alcune  misure contenute nel decreto sblocca cantieri entrato in vigore a giugno in materia di appalti   (lo stop all’obbligo per gli enti locali di avere una centrale unica, lo stop di scegliere i commissari per le gare da un registro dell’Anac, l’aumento al 40% per i subappalti)  gli sono sembrate più rischiose dello Sblocca Italia, delle deregulation promosse a livello regionale e locale dai piani paesaggistici e dalle deroghe comunali in forma bipartisan, come in Emilia, Lazio, Veneto o Firenze e Milano?
Sarà perchè il nefasto si all’Alta Velocità del governo in carica macchiato di abiura, scoprirà l’osceno vaso di Pandora delle cordate delle imprese sempre in piedi, ma non sul banco degli imputati? E allora è meglio dedicarsi alle sudate carte del Massimario in attesa di una meritata ricompensa elettiva, in forma di premio fedeltà? 

https://ilsimplicissimus2.com/2019/07/24/avra-preso-una-cantonata/?fbclid=IwAR0K0ybmEpfteJxZ_w-gdvcjNwwlkNC5SasR6uW6LLj6X211duUA58kMFzI

FACILE..... FACILE..... Conte è unico. - Alberto Mariani

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Possibile che così poche persone abbiano capito il genio politico di Conte e Di Maio?
Ma è davvero così difficile?
Pensate, non lo ha capito neppure Travaglio, tanto è obnubilato dal proprio ego e dai propri fantasiosi scenari politici!
Di fatto stanno stanando Salvini, rendendolo giorno dopo giorno sempre più debole e ridicolo.
Conte non ha mai detto di voler fare il TAV; ha semplicemente illustrato i nuovi sviluppi, alla luce delle consultazioni europee, con UE e lo psicopatico Micron, mettendo ulteriormente in evidenza che, pur di far sparire il M5S, i neoliberal sarebbero disposti a qualunque cosa; anche a cacciare più soldi per l’inutile buco (soldi che non arriveranno mai, ma questo è un aspetto risibile della faccenda, in questo momento storico).
Conte, un assoluto fuoriclasse, ha rimesso nelle mani del Parlamento (siamo ancora in democrazia-lo ricordo a beneficio di quelli che non lo sanno-) la decisione. Peraltro in ossequio alla Costituzione.
Insomma, vuole mostrare (ancora una volta) a tutti , chi sta davvero dalla parte dei Cittadini.
E quando Salvini voterà per quel buco nero in Val di Susa, domani, si suiciderà in diretta, a reti unificate, mostrando di fatto la sua appartenenza al vecchio e corrotto sistema di potere, quello delle mafie e delle tangenti.
Cosa penseranno i suoi seguaci padani quando vedranno i voti della Lega appassionatamente associati a quelli del PD e di FI?
E cosa penseranno i fans del selfista quando capiranno (anche se obnubilati dal colesterolo derivante dalle troppe salamelle ingurgitate nelle sagre delle valli Lombardo - Venete) lo sperpero del loro denaro per il buco nero che forse vedrà la luce nel 2030, quando non esisteranno più nè lavoro nè merci da trasportare?
Pensiamoci; il TAV era uno dei tanti tangentifici sparsi per lo Stivale. Ora semplicemente uno dei tanti pretesti per far saltare il nostro amato Movimento, il solo e unico baluardo mondiale contro il partito unico dei neoliberisti.
Ma senza questo ulteriore pretesto destabilizzante, a cosa si attaccheranno i malefici distruttori di democrazia?
Vi sto invitando alla risposta, amiche e amici,su, facciamolo in coro!
Si attaccheranno a sto.......?
Alberto Mariani


https://www.facebook.com/salvatore.gandolfo.545

Il migliore in assoluto.

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Conte sbugiarda Salvini ma nessuno se ne accorge. - Paola Zanca

Appoggiato allo schienale dei banchi del governo, il volto provato, gli occhi inferociti, Giuseppe Conte si accorge di essere solo. È venuto qui, nell’aula del Senato, per informare il Parlamento di quel che sa dell’affare russo. Tutti lo ringraziano, ne apprezzano la buona volontà. Ma è lui stesso a premettere che non può “presagire se questa mia informativa sarà in grado di soddisfare appieno l’urgenza di essere informati” dell’opposizione che ne ha fatto richiesta. Perché del Metropol, delle missioni a Mosca, del ruolo di quel Gianluca Savoini può dire solo quel che risulta dai suoi uffici a Palazzo Chigi. “Non ho ricevuto informazioni dal ministro competente” dice. Eppure le aveva chieste ufficialmente, voleva che Matteo Salvini gli consegnasse per iscritto la sua versione su quell’audio diffuso da BuzzFeed. Il Viminale non ha buttato giù neanche una riga: tutto può tornare indietro e fare male, meglio non lasciare tracce.
Non ha fogli in Aula, Giuseppe Conte. E non ha quasi amici. Lo assiste il titolare dei Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, qualche poltrona più in là è seduta la collega Giulia Bongiorno, a fine giornata arriva il ministro Giorgio Bonisoli. Poca roba: la maggioranza che lo sostiene, lì, non si vede. I leghisti sono sul banco degli imputati e hanno un solo mandato: buttarla in caciara. Ci riescono benissimo, tant’è che lo stenografico della seduta alle 17.35 segna il punto di non ritorno della discussione: “Bibbiano!”, “Mitrokhin!”, “Soldi all’Unità!”, “Ciaone!”, urla il capogruppo del Carroccio Massimiliano Romeo, mentre Mosca, Savoini e il Metropol diventano un puntino lontano. Ma non ci sono nemmeno i 5 Stelle, che hanno improvvisato la sciagurata mossa di uscire dall’Aula per protestare contro Salvini: qualcuno esegue l’ordine di Di Maio, molti altri no (si vedono, tra gli altri, Paola Taverna, Primo Di Nicola, Elio Lannutti, Alberto Airola).
Il risultato è che mezzo dibattito si esaurisce a parlare del fatto che non sono venuti ad ascoltare il presidente del Consiglio nemmeno quelli che gli hanno dato la fiducia un anno fa. Se lo ricorda lui, quel 5 giugno del 2018. E in apertura del suo intervento, butta lì l’unica frase che fa davvero indispettire Salvini: “A questo consesso siate pur certi tornerò – dice Conte a Palazzo Madama – ove mai dovessero maturare le condizioni per una cessazione anticipata dal mio incarico”. “Le maggioranze non si raccolgono come funghetti. Non mi presto a operazioni di palazzo”, gli risponderà in serata il suo vice: “Malevolo”, è la reazione off di Palazzo Chigi, che fa sapere che ieri mattina Conte aveva incontrato Salvini per avvertirlo di quel che avrebbe detto.
“Chiacchierate di aria fritta”, le giudicherà il leader della Lega. Eppure qualche fatto sul Rubli-gate, Conte lo ha messo in fila. Tre, per la precisione. Primo, Savoini non ha mai avuto incarichi o consulenze con il governo e “tuttavia era presente in una missione ufficiale a Mosca, avvenuta nei giorni 15 e 16 luglio 2018, al seguito del ministro dell’Interno”. Secondo, agli appuntamenti col presidente russo Vladimir Putin – il forum e la cena a Villa Madama – Savoini è venuto su invito di Claudio D’Amico, lui sì “consigliere per le attività strategiche e di rilievo internazionale” del vicepremier Salvini. Terzo, il viaggio di Salvini a Mosca del 17 e 18 ottobre (in contemporanea all’incontro del Metropol registrato) è stato organizzato dal Viminale solo per la partecipazione all’assemblea di Confindustria Russia: il resto degli incontri erano di “carattere privato”.
Conte aggiunge che la sua fiducia nel ministro dell’Interno “non è incrinata”. Eppure sente il bisogno di chiarire che nonostante non abbia motivo di “dubitare” di possibili “deviazioni rispetto ai nostri interessi nazionali”, la “piena garanzia” che questo non sia avvenuto la dà anche “il fatto che alla Presidenza del Consiglio sia stato chiamato il sottoscritto, persona terza rispetto alle due formazioni politiche di maggioranza”. E d’ora in poi, conclude riferendosi alla riunione tra Salvini e il ministro dell’Interno russo a cui ha partecipato anche Savoini, “mi adopererò affinché negli incontri governativi a livello bilaterale siano presenti solo persone accreditate ufficialmente”. Non esattamente un attestato di stima per il comportamento tenuto dalla Lega fin qui.
L’opposizione annuncia una mozione di sfiducia a Salvini. “Il suo sforzo – dice a Conte il dem Dario Parrini – è ammirevole sul piano dell’impegno fisico ma è disdicevole sul piano politico”. Conte se ne va: i senatori 5 Stelle provano ad avvicinarlo. Lui, pacatamente, gli ricorda quella parola che usavano ai V-day.