Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
venerdì 27 febbraio 2015
"Io, infermiere, vi racconto l’eutanasia silenziosa nei nostri ospedali". - Matteo Pucciarelli
FIRENZE - Come possiamo definirla? "Eutanasia silenziosa". Per noi è un fatto di tutti i giorni. Lo affrontiamo con grande difficoltà, ma sicuri di fare sempre la cosa più giusta", dice Michele (lo chiameremo così). Una laurea, la specializzazione, il master, la carriera infermieristica, oggi è caposala all'ospedale Careggi di Firenze. Ha voglia di raccontare quello di cui, chissà se per pudore o se per una congiura del silenzio, nessuno parla mai. E di farlo evitando la politica, "ma con il buonsenso di chi sta in prima linea".
Premessa: Michele non è ateo, anzi, è un cattolico praticante, va a messa due volte alla settimana. Sorride di questa apparente contraddizione, "ma qui Dio non c'entra nulla. Sono un professionista, ho studiato. Se teniamo in vita artificialmente un paziente, siamo noi che ci stiamo sostituendo a Dio...".
Ogni anno, in un grande reparto come quello dove lavora Michele, medici, infermieri e operatori sanitari hanno a che fare con almeno 30-40 casi di persone sospese in una terra di mezzo dove il confine tra cosa è eutanasia e cosa no è sottilissimo. "Dal punto di vista normativo siamo obbligati a nutrire e idratare anche un vegetale. In queste condizioni un paziente può andare avanti per mesi, o anni", spiega.
Un po' come avvenne con Eluana Englaro: "Ho perso il conto di quanti malati ho visto così. E da fuori, quando si sta bene, non ci si rende conto di quanto sia facile ritrovarsi in quelle condizioni. Il caso Eluana ci diede una lezione: nessun riflettore, silenzio sulla materia con l'esterno. Poi però mi chiedo se è giusto omettere la verità".
Appunto, la verità: parenti e dottori sanno capirsi, a volte basta uno sguardo di intesa, di comprensione, di compassione. "Formalmente il medico non può dire "va bene, stacco la macchina" a chi ci chiede un intervento di questo tipo. Ma fa intendere che c'è la possibilità di non accanirsi. Bisogna saper comunicare un concetto ma senza esprimerlo fino in fondo. Tocca fare gli equilibristi con le parole". Ci sono farmaci che tengono su pressione arteriosa e funzionalità respiratorie: "Smettiamo di darli, per esempio. Non facciamo più le cosiddette procedure invasive. Se non c'è alcuna possibilità di ripresa, che senso ha?".
Uno degli ultimi casi è avvenuto pochi giorni fa: un uomo di 54 anni con problemi di cuore. Un violento edema, le attività cerebrali azzerate. "Abbiamo aspettato due giorni. Ci siamo confrontati coi familiari, la compagna e la madre; i valori non ci lasciavano dubbi. "Non ci sono spiragli. Insistiamo?". In pochi rispondono di sì, morire a volte è una liberazione". Insistendo, invece, quanto sarebbe restato ancora in vita? "Questione di giorni, al massimo due settimane". Spesso le famiglie sono preparate all'eventualità della morte di un congiunto: "Dipende sempre dal male che hanno di fronte. Se c'è un'operazione complicata davanti, per dire, capisci che si sono confrontati anche con il caro, magari un'ora prima di entrare in sala. Sempre sottovoce: noi ce ne accorgiamo che stanno parlando dei "se"".
Quel confine in realtà è pericoloso per chi ci lavora a cavallo: "Avessimo lo scudo del testamento biologico, sarebbe tutto più semplice. Capita che un parente ci faccia capire qualcosa e poi cambi idea. Ed è normale, perché subentrano sentimenti e paure, sensi di colpa, la speranza dell'impossibile o del miracolo. Oppure non tutta la famiglia è d'accordo, i genitori ad esempio tendono a non rassegnarsi, generi o nuore invece sono più pragmatici. Ma in tutto questo, tu medico da chi sei tutelato? Ci prendiamo dei rischi enormi ". Viene da chiedersi chi glielo faccia fare, ma Michele anticipa la risposta: "Sembrerò crudo, ma un posto letto in un reparto come il mio potrebbe servire a chi ancora, invece, ce la può fare".
Fin qui però nessuno ha parlato di iniezioni letali, la Svizzera o le invasioni barbariche sono lontane. "Tra colleghi siamo tutti d'accordo, non c'è fede che tenga. Nei turni di notte parliamo: "Se capitasse a me e vedete che non c'è niente da fare, datemi una botta di morfina". Però non so se avrei il coraggio di farlo io a un amico senza uno scudo giuridico", continua Michele, e abbassa lo sguardo per la prima volta. La questione è ancor più aperta in reparti come oncologia: lì la linea di demarcazione è molto più chiara, non ci sono ambiguità: "So solo che sarebbe bello dare la possibilità alle persone di scegliere quando andarsene. Scegliere di morire in maniera degna, in condizioni dignitose, lasciando un bel ricordo di sé agli altri".
Non sarebbe complicato fare un primo passo: "C'è già adesso la possibilità di avere un tesserino che certifica la volontà di donare gli organi - ragiona Michele - perché non prevederne uno per il fine vita?". Domande senza una risposta, o forse sì, poco importa: "Prima il medico o un prete erano considerati i padroni della vita o della morte. Oggi non ci sono più tabù: il malato sa che ha dei diritti, compreso quello di gestire per sé anche l'ultimo passaggio".
http://temi.repubblica.it/micromega-online/io-infermiere-vi-racconto-l%E2%80%99eutanasia-silenziosa-nei-nostri-ospedali/
Napoli, indagato senatore di Gal: “Ricevute false per rimborsi sanitari”.
Antonio Milo intercettato al telefono nell'inchiesta su un centro di fisioterapia "fantasma" scherzava: "Le fatture me le vuoi fare o ti devo denunciare?". Sotto accusa anche un ex parlamentare Pdl, Marco Pugliese.
“Le fatture me le vuoi dare o devo parlare con Tremonti?”. “E le fatture me le vuoi fare, o ti devo denunciare alla Guardia di Finanza?”. A rivolgersi così al titolare di un centro di fisioterapia “fantasma” è il senatore Antonio Milo. Ma il tono non è perentorio né minaccioso, di chi sta reclamando il rispetto delle regole, bensì scherzoso, lasciando intendere che si tratta solo di una finzione perché le prestazioni per le quali si sollecita la ricevuta non sono state mai eseguite e quei pezzi di carta servono solo per ottenere indebitamente il rimborso del servizio sanitario nazionale (assistenza integrativa dei parlamentari). Questo il convincimento dei magistrati della procura di Napoliche hanno indagato Milo e un altro ex parlamentare, il deputato del Pdl Marco Pugliese, per falso e truffa nell’ambito dell’inchiesta sul centro Fisiodomus di Casavatore (Napoli), una struttura che al momento della richiesta di rilascio delle fatture già non era più attivo da tempo. Ma era stata trasformata – così emerge dall’inchiesta – in una sorta di fabbrica di certificati fasulli. Milo è considerato un “cosentiniano“: è iscritto al gruppo Grandi autonomie e libertà, che in alcune occasioni da opposizione è diventata stampella della maggioranza di governo.
Questo lo scenario disegnato dai pm Henry John Woodcock,Celeste Carrano, Giuseppina Loreto e dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino che hanno chiesto e ottenuto oggi l’emissione di ordinanze di custodia per i responsabili della struttura e per l’ex sindaco di Casavatore. Nell’ordinanza di custodia, firmata dal gip Amelia Primavera, si quantifica la presunta truffa ai danni del servizio sanitario: 3960 euro a Pugliese (per prestazioni in favore suo e della madre) e 9160 a Milo (in favore suo, di due figli e della moglie). I fatti contestati si riferiscono a un arco di tempo che va dal 2010 al 2012, quando Milo e Pugliese erano deputati.
Mont Saint-Michel torna isola.
Normandia.
Ecco le immagini dello spettacolare Mont Saint-Michel in versione finalmente, completamente isolana.
Non accadeva dal 1879, complici i detriti portati dal fiume Couesnon il cui estuario è proprio davanti al promontorio, e quelli accumulati attorno alla strada-parcheggio, eredità del turismo di massa.
Ora che il parcheggio è stato smantellato, e con i lavori di sbarramento-deviazione del fiume, la marea eccezionale di febbraio ha permesso di assistere al fenomeno.
La replica, che si preannuncia ancor più eclatante, è fissata tra il 21 e il 22 marzo, data del successivo novilunio, che tra l'altro coincide con un'eclissi totale di sole (Svalbard e Faer Oer), e quindi con un allineamento particolare di sole e luna, favorevole al fenomeno.
Leggi l'articolo [22 febbraio 2015]
La Calabria diventa sede del primo impianto ibrido rinnovabile, realizzato dall’azienda Falk Renewable SpA, messo in funzione a Rende, nato da un processo brevettato in Italia
Impianto ibrido Fotovoltaico
E’ entrato in funzione a Rende questo impianto riconosciuto anche in tutta Europa che valorizza la tecnica di produzione di energia da due fonti diverse, quella solare e la biomassa.
la geniale strategia dell’ibrido rinnovabile, si rivela assai flessibile, sia negli investimenti che nella possibilità di adattarla alle diverse aree geografiche e da oggi ha anche l’ammissione agli incentivi.
L’innovazione prende origine dunque, nell’integrazione di due fonti energetiche e di due tecnologie rinnovabili che sono tra loro, profondamente diverse. L’innovazione si fonda sul solare termodinamico a concentrazione, e sulle biomasse, che insieme danno vita ad un sistema “ibrido rinnovabile”, altamente efficiente.
Questa combinazione consente di ottimizzare al massimo le fonti coinvolte, rendendo per entrambe, ottime performance. L’energia termica solare integra e sostituisce in parte l’energia termica da biomassa. Così il consumo specifico necessario per la produzione di energia, viene ridotto.
L’ingegnere Piero Manzoni, Amministratore Delegato di Falck Renewables S.p.A., ha sottolineato come l’impianto di Rende sia scaturito dal costante impegno profuso dall’azienda nella ricerca e nell’innovazione tecnologica.
Si punta, quindi, sulle strategie utili a trasformare le energie rinnovabili, provenienti da fonti alternative, in soluzioni sempre più efficienti e competitive in vista delle sfide energetiche e ambientali che si presentano quotidianamente in questo contesto europeo e mondiale.
L’impianto di Rende – “ibrido rinnovabile” – nasce sulla base del progetto HELIOS, idea sorta nel 2011, che puntava sull’integrazione, appunto, di due tecnologie e due fonti differenti al fine di creare un apparato altamente efficiente.
I raggi solari, dunque, catturati da specchi piani, opportunamente inclinati e regolati automaticamente, vengono concentrati su un tubo sospeso. Dentro di esso scorre un fluido che, una volta scaldatosi, viaggia fino all’impianto a biomasse, cedendo la sua energia.
Una sezione di recupero termico permette poi di fornire al circuito solare una parte di calore non recuperabile che proviene dall’impianto a biomasse. Questo garantisce l’ottimizzazione delle funzionalità e quindi una migliore efficienza.
L’impianto a biomasse è in grado di soddisfare il fabbisogno energetico annuo di circa 38.900 famiglie. L’impianto solare termodinamico offre il suo apporto ad altre 1.150 famiglie. L’impianto “ibrido rinnovabile” copre il fabbisogno annuo di “ulteriori” 200 famiglie, con un rivelante risparmio di Co2.
Questo processo reso operativo nell’impianto di Rende è riproducibile e può essere adottato da qualsiasi altro impianto di generazione elettrica che si basi sul ciclo Rankine. La struttura in questione può essere alimentata da fonti rinnovabili (come i rifiuti o le biomasse) o da fonti fossili (come il gas, il carbone) e può essere sia nuova, sia già attiva.
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