Come ha detto Antonello Ciccozzi, docente di Antropologia culturale all’Università dell’Aquila, intervistato in radio da Selvaggia Lucarelli, “in Ucraina alla rappresentazione dualistica invasi-invasori dovremmo aggiungere un terzo elemento: gli invasati”. Che però sono in grossa crisi. Le Sturmtruppen de noantri sognano la terza guerra mondiale, ma purtroppo i negoziati avanzano. E la caccia alle quinte colonne di Putin segna il passo: sgominato Povia, speravano in qualche emulo che li aiutasse a compilare liste di proscrizione un po’ meno ridicole di quelle di Pussy Riot, ma niente. Anche Al Bano ha disertato, mollando l’amico Vladimir e accogliendo addirittura dei profughi ucraini: il sempre acuto Gramellini puntava tutto su di lui e ora, deluso, lo squalifica sul Corriere chiamandolo “questo conterraneo del professor Canfora”. E dire che i nostri Ghostbuster ne troverebbero un sacco, di putinisti nostrani, se solo guardassero nella giusta direzione. Tipo l’inchiesta del consorzio Investigative Europe ha messo in fila i maggiori fornitori di armi alla Russia in barba alle sanzioni e all’embargo post-Crimea. E fra questi i più generosi furono Francia (152 milioni), Germania (121) e Italia (22). I soliti governi populisti di Conte? No, quelli di Renzi e Gentiloni, gli ultimi che piacevano alla gente che piace prima dell’avvento di SuperMario, ora ridotto a bonsai. Ne avete mai sentito parlare in qualche talk o giornalone? No, l’ha scritto solo il Fatto, notoriamente finanziato da Mosca.
I cacciatori di autocrati si son lasciati sfuggire anche la ghiotta occasione di prendere in castagna Orbán, il premier ungherese amato da Salvini che, rara avis in Europa, rifiuta pervicacemente di inviare armi all’Ucraina per non contrariare l’amico Putin. Perché non lo inchiodano alle sue responsabilità? Perché, da paria d’Europa bersagliato dalle procedure d’infrazione, è diventato buono. Ieri, in una spettacolare intervista alla Meli sul Corriere, il ministro della Guerra Lorenzo Guerini (con una erre sola) ha comunicato alla Nazione: “Ho intensificato le interlocuzioni con l’Ungheria, dove parteciperemo a esercitazioni militari congiunte”. Con le truppe di Orbán: evvai. Del resto, per difendere i “nostri valori”, non si butta via niente, nemmeno i nazisti con la svastica del battaglione Azov che stiamo alacremente armando: “L’Ucraina per difendersi usa anche i nazisti ma non è nazista”, è “liberaldemocratica” (Pietro Salvatori, Huffington Post). Intanto le tv di tutto il mondo ripristinano le corrispondenze da Mosca, tranne la Rai, perché sennò deve far parlare Marc Innaro. Però, volendo, Innaro potrà passare ogni tanto dietro la Maggioni con un cartello.
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