mercoledì 20 marzo 2019

L'Espresso: Zingaretti indagato per finanziamento illecito.




'Fiducia nella giustizia, M5S non mi fa paura'.


Nicola Zingaretti sarebbe indagato dalle procure di Roma e Messina per finanziamento illecito, come riporta il settimanale L'espresso on line. E' quanto risulta dalle dichiarazioni fatte dagli avvocati siciliani Piero Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati nel febbraio 2018 per corruzione in atti giudiziari e che un mese fa hanno patteggiato 3 e 2,9 anni a testa. L'Espresso ha letto gli interrogatori inediti dei due legali in cui descrivono ai pm il loro modus operandi, facendo nomi e circostanze di altri big della magistratura e della politica. Sott'inchiesta ci sarebbe anche Silvio Berlusconi, per corruzione in atti giudiziari su una sentenza dei giudici del Consiglio di Stato che, secondo l'accusa, gli consentì di non cedere parte del pacchetto azionario di Mediolanum, come aveva invece stabilito la Banca d'Italia.

Per quanto riguarda Zingaretti l'inchiesta è portata avanti dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Stefano Fava e prende spunto dalle dichiarazioni di Calafiore. Il governatore è stato citato dal socio di Amara in un interrogatorio dello scorso luglio, su alcune domande dei pm su Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone che, diventato imprenditore, era in affari con l'Amara e in buoni rapporti con Zingaretti. Inoltre, era sicuro di non essere arrestato grazie a erogazioni fatte per favorire l'attività politica di Zingaretti. Come risulta dai verbali, i pm chiedono a Calafiore se si tratti di erogazioni lecite e l'avvocato risponde: Assolutamente no, per quanto egli mi diceva. Non so con chi trattava tali erogazioni. Lui mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio perché Zingaretti era a sua disposizione. Me lo ha detto più volte, prima della perquisizione. Finora prove di presunte erogazioni non sono state trovate.

 "In merito all'articolo dell'Espresso sulla mia iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma per un presunto finanziamento illecito, voglio affermare di essere estremamente tranquillo perché forte della certezza della mia totale estraneità ai fatti che, peraltro, sono stati riferiti come meri pettegolezzi 'de relato' e senza alcun riscontro, come affermato dallo stesso articolo del settimanale", afferma Nicola Zingaretti, che esprime fiducia nella giustizia e non si farà "intimidire dalle bassezze del M5S".  


http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/03/19/lespresso-zingaretti-indagato-per-finanziamento-illecito_64762dfb-2cfb-45da-bb0c-4f73a29c4935.html

Sarà per questo che il Franco CFA non può essere neanche nominato? - Thomas Fazi

Sarà per questo che il Franco CFA non può essere neanche nominato?

«Secondo i sostenitori del franco CFA, un regime di cambio fisso permette di importare “credibilità”, di combattere efficacemente l’inflazione, vale a dire un aumento permanente dei prezzi, e di facilitare gli scambi. C’è del vero in questo. Ma i costi economici di un tale sistema sono spesso trascurati. È assodato che un regime di cambio fisso determina tendenzialmente un livello di inflazione poco elevato. Viceversa, un regime di cambio flessibile provoca un po più di inflazione, ma favorisce una maggiore stabilità dell’attività economica: ha una funzione di ammortizzazione che rende possibile reagire agli shock e ridurre significativamente la volatilità (le variazioni) della produzione e dell’occupazione, cosa che invece non consente un regime di cambio fisso18.
Le statistiche dell'FMI sembrano suggerire che un tasso di cambio fisso non sia necessariamente una buona opzione per i paesi africani: dal 2000, i paesi dell’Africa subsahariana che operano in un regime di cambio fisso hanno registrato una crescita economica dall’1 ai 2 punti inferiore rispetto ai paesi con un tasso di cambio flessibile. Questo scarto è dovuto in particolare «alla minore crescita dei paesi membri della zona del franco», afferma il Fondo Monetario
«Se un piccolo paese fissa unilateralmente la propria valuta a un vicino più grande, in realtà sta trasferendo la propria sovranità in termini di politica economica a quel vicino più grande», disse il vincitore del premio Nobel Robert Mundell.
«Questo paese perde la propria sovranità perché non controlla più il proprio destino monetario; il paese più grande, invece, guadagna sovranità perché gestisce un’area valutaria più ampia e guadagna un maggiore “peso” nel sistema monetario internazionale». Nel caso della zona del franco, questa realtà significa che alcuni dei paesi più poveri del mondo, come il Niger e la Repubblica Centrafricana, hanno subìto delle politiche monetarie basate sulle esigenze dell’economia francese prima e della zona euro poi. Significa anche che i quindici paesi membri della zona del franco, presi individualmente, non hanno la possibilità di utilizzare il tasso di cambio per ammortizzare gli shock.
E questo in un continente in cui gli shock – politici (colpi di Stato, guerre, tensioni sociali, ecc.), climatici (variazioni pluviometriche, siccità, inondazioni, ecc.) ed economici (volatilità dei prezzi dei prodotti primari, dei tassi di interesse del debito estero, dei flussi di capitale, ecc.) – sono all’ordine del giorno. Per far fronte a degli shock avversi, dunque, i paesi del franco hanno un’unica soluzione, in assenza di trasferimenti di bilancio: la “svalutazione interna”, cioè un adeguamento dei prezzi interni che passa per riduzione dei redditi da lavoro e della spesa pubblica, l’aumento delle imposte e infine il declino dell’attività economica».

Mi ricorda qualcosa ma non saprei dire cosa.