martedì 29 novembre 2016

Referendum, tra sindaci highlander e il Senato gonfiabile: tutti i mostri prodotti da una riforma mal scritta. - Diego Pretini

Referendum, tra sindaci highlander e il Senato gonfiabile: tutti i mostri prodotti da una riforma mal scritta

Contraddizioni, controversie, pasticci, "errori di sintassi costituzionale". Le riforme costituzionali porterebbero parecchia confusione e anche molto lavoro a Consulta e Parlamento per le leggi attuative. Seguendo il libro "non schierato" del costituzionalista Rossi, ecco un riassunto delle cose che non tornano. Come i sindaci che per la Severino vengono sospesi, ma restano senatori. O la "gattopardesca" operazione sulle competenze delle Regioni.

Senatori vuol dire “più anziani”, ma i componenti del Senato delle Autonomie potrebbero avere 18 anni. I senatori saranno per tre quarti consiglieri regionali, ma gli statuti delle Regioni speciali dicono che non si può essere contemporaneamente consiglieri regionali e parlamentari. Lo scudo dell’insindacabilità che protegge i senatori anche quando parlano da non senatori e un esempio c’è già stato (Albertini che quando parlava era europarlamentare, ma è “scudato” dal Senato). I sindaci delle grandi città che potrebbero essere esclusi dal Senato se appartenessero a partiti di minoranza nella Regione (RaggiAppendinoSala) o addirittura non avessero un partito (De Magistris). Di storie “anomale” che potrebbero nascere con la riforma costituzionale del governo ilfattoquotidiano.it ne ha raccontate parecchie.
una-costituzione-miglioreIlfatto.it ha raccolto le principali contraddizioni, le possibili controversie e gli eventuali pasticci che, se la riforma passasse, porterebbe oltre che molta confusione e molto lavoro alla Corte Costituzionale e al Parlamento per le leggi attuative che serviranno. Per farlo, la base è stata Una Costituzione migliore?, firmato da un costituzionalista, Emanuele Rossi, che insegna Diritto costituzionale al Sant’Anna di Pisa. Un libro “non schierato”, a differenza di molti volumi in libreria in queste settimane, da La Costituzione spezzata di Andrea Pertici (edizioni Lindau) a Aggiornare la Costituzione di Carlo Fusaro e Guido Crainz (Donzelli).
Edito da Pisa University PressUna Costituzione migliore? è un’analisi scientifica della riforma, quasi un’autopsia effettuata da un giurista che – già nel prologo – dichiara di non voler sposare una linea (per il sì e per il no) e effettuare solo un esame “con un linguaggio semplice ma rigoroso”, per analizzare “punti di forza e di debolezza, le scelte opportune e gli errori commessi”. Il volume, emanuele-rossia sua volta, si basa su 111 testi e 86 giuristi diversi. E capitolo dopo capitolo l’analisi del testo di Rossi è impietosa: “poco coerente“, “irrazionale”, “inserita in un comma sbagliato”, “oscuro“, “una situazione di assai ardua definizione”, “irragionevolezza”, “scarsa qualità del testo“, “singolare”, “bestiario costituzionale“, “contraddittoria”, “cattiva qualità legislativa“. “Ferme restando infatti le ‘grandi scelte politiche’ – scrive Rossi nelle conclusioni – sembra infatti evidente che il testo uscito dal Parlamento è, perlomeno da un punto di vista tecnico e quindi di funzionalità del sistema, assai deficitario”, che è dovuto a “veri e proprio errori di sintassi costituzionale” dice Rossi riprendendo un’espressione dell’ex giudice Enzo Cheli. “Vi sono alcuni evidenti errori oggettivi nel testo: com’è possibile che (almeno) questi non siano stati evitati?” si chiede ancora Rossi. Certamente, aggiunge, “vi è un problema di qualità della classe politica, come anche vi è un problema di funzionalità degli uffici di supporto”. Ma ancora di più “ci si dovrebbe interrogare se revisioni costituzionali organiche possano essere realizzate in assenza di un momento costituente vero e proprio, vale a dire in condizioni storiche e sociali a ciò adeguate: detto in altri termini, se riforme come queste possano essere prodotte dal potere costituito e non richiedano invece l’esercizio di potere costituente“.
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Ma chi voterà Si, crede veramente che la situazione economica possa cambiare?
Abbiamo uno smisurato debito pubblico che non potrà mai essere estinto a causa della cattiva gestione dell'immane quantità di denaro che entra nelle casse dello Stato e una dilagante corruzione che stagna nelle faglie delle istituzioni.
Se il governo volesse veramente adoperarsi per migliorare la situazione stagnante, dovrebbe fare leggi adeguate che seguissero una logica, criteri di giustizia e legalità e non si prestassero a libere interpretazioni. 
Non è necessario cambiare la Costituzione, perfetta nella sua stesura, è necessario cambiare modo di pensare e governanti.


Cetta.

"Banca al servizio della mafia", amministrazione giudiziaria a Paceco. - Romina Marceco

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L'Istituto Grammatico avrebbe concesso prestiti agevolati ai boss del Trapanese.

Una banca a disposizione degli esponenti della mafia trapanese. Nei posti di responsabilità sedevano personaggi che agevolarono, secondo le indagini della procura di Palermo e della Finanza, le attività di soggetti legati alla criminalità organizzata.

Su 1.600 soci della Banca di credito cooperativo di Paceco “Senatore Pietro Grammatico” in 357 hanno precedenti penali e tra questi in 11 per reati riconducibili al mondo di Cosa nostra. Adesso l’istituto di credito, su disposizione della sezione misure di prevenzione di Trapani, è passata ad un’amministrazione giudiziaria per sei mesi. Il primo caso, in Italia, in cui una banca viene sottoposta a un provvedimento del genere. Altri casi in Sicilia hanno colpito aziende come la Newport e la Italgas.

Ad essere agevolata dal mancato controllo sulle operazioni sarebbe stata soprattutto la famiglia mafiosa Coppola. Uno dei Coppola, Rocco, ha occupato la sedia di direttore di una delle cinque filiali della banca, quella di Trapani. Giuseppe Coppola, socio della banca, ottenne un prestito di 40 milioni di lire nel 1996. Eppure le indagini accertarono che lui e la moglie avevano messo a disposizione la loro casa per un summit mafioso. Un occhio, anzi tutti e due, sarebbero stati chiusi sulla concessione di mutui e sulla normativa antiriciclaggio. Ma ci sarebbe di più. Alla moglie del fratello di un collaboratore di giustizia, Francesco Milazzo, venne concesso di prelevare 120 mila euro dal suo conto senza segnalare l’operazione come “sospetta”. Questa la giustificazione del responsabile dell’Antiriciclaggio: «È prevalsa la conoscenza del carattere della cliente, sensibilmente suggestionata dalle notizie negative dei telegiornali e dei mercati».

Un altro cliente della banca, Pietro Leo, padre della attuale responsabile dell’area clienti dell’istituto di credito, sarebbe vicino ad ambienti mafiosi. Eppure, hanno ricostruito dagli accertamenti i finanzieri, ha ottenuto un mutuo di 237 mila euro con un enorme vantaggio: ne doveva restituire solo 135 mila in dieci anni.


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2016/11/29/news/_banca_al_servizio_della_mafia_amministrazione_giudiziaria_a_paceco-153057190/

La riforma costituzionale Renzi-Boschi è quasi uguale al “Piano di Rinascita democratica” di Licio Gelli. - Ignazio Coppola



Promemoria  per tutti coloro che domenica 4 dicembre si recheranno alla urne per esprimere il loro voto sulla riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi. E’ bene sapere che questa riforma trae origine dalle ‘riflessioni’ del Gran Maestro venerabile della Loggia P2, Licio Gelli, scomparso un anno fa. Come potete leggere qui di seguito, quasi tutti gli ‘obiettivi’ che i piduisti si prefiggevano di raggiungere si ritrovano nella riforma costituzionale del Governo Renzi
di Ignazio Coppola
Una riforma costituzionale che ci fa andare indietro nel tempo di 40 anni. E’ infatti datata 1976 quando fu scoperto il “Piano di Rinascita democratica”,detto anche programma di Rinascita Nazionale del piduista Licio Gelli che consisteva in un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro le spire di un autoritarismo legale i cui obbiettivi essenziali consistevano in una serie di riforme e modifiche costituzionali. Il piano di Gelli si prefiggeva lo scopo di “rivitalizzare”ed “addomesticare” il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati e agli stessi cittadini elettori. Programmi a medio e a lungo termine che prevedevano, in premessa, il ritocco della Costituzione, con precisi obbiettivi di modifica degli assetti istituzionali
In un ‘intervista sul Corriere della Sera del 5 ottobre 1980, Licio Gelli Gran Maestro venerabile della loggia P2, che fu definita dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini un’associazione a delinquere, esponeva all’intervistatore Maurizio Costanzo il suo programma contenuto nel Piano di Rinascita Democratica che consisteva in alcuni punti fondamentali:
1) Il controllo dei politici (nominati e non eletti), dei partiti, delle televisioni e degli organi di informazione;
2) ridimensionamento dei sindacati;
3) privatizzazione di tutti gli enti pubblici;
4) mutamento della Repubblica in senso presidenziale;
5) accentramento dei poteri nelle mani di pochi in un regime governo-centrico a discapito delle autonomie locali (che oggi   con la riforma Renzi-Boschi troverebbe riscontro nella clausola di supremazia dello Stato sulle Regioni).
Un articolato programma, quello del Piano di Rinascita democratica di Gelli, che prevedeva una svolta di stampo autoritario da imporre al Paese attraverso opportuni interventi sui principali settori della vita pubblica italiana: Parlamento, Governo, partiti politici, magistratura, informazione, sindacati.
Interventi da portare avanti non dall’esterno, in modo violento, ma dall’interno, attraverso la scalata ai vertici del mondo politico, istituzionale e dell’informazione.
Mancava l’ultima parte al disegno gelliano: quello per il raggiungimento di questi obbiettivi, finalizzato allo stravolgimento della Costituzione (oggi riforma Renzi-Boschi) e del sistema elettorale (oggi Italicum).
Dove non è riuscito Silvio Berlusconi (tessera della P2 n. 1819), troppo distratto dai bagordi e dalle cene di Arcore, ha pensato, sotto l’abile e “sapiente” regia del presidente emerito Giorgio Napolitano, a tappe forzate con il suo Governo, Matteo Renzi.
E’ di questo Governo, infatti, l’abolizione dell’art. 18; è di questo Governo l’ultimo attacco all’unità sindacale; è di questo Governo la riforma per l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati; è di questo Governo la pericolosa riforma costituzionale per rovesciare, con il “combinato disposto” con l’Italicum (legge che si può considerare la fotocopia della legge Acerbo del 1923 che fu l’anticamera del fascismo), la centralità del Parlamento a favore di un premierato forte, con un’enorme concentrazione di potere nella mani dell’esecutivo e del suo “capo”.
Un uomo solo al comando, con tutti i rischi che per la democrazia questo ovviamente comporta. Così da far dire al giudice Nino di Matteo, lo scorso 22 ottobre, a proposito delle riforma Renzi- Boschi:
“Questa riforma ha un solo obbiettivo, quello voluto dallo stesso Licio Gelli nel piano di Rinascita democratica della P2 e dai successivi governi, ossia quello di favorire il potere esecutivo a scapito del potere legislativo e giudiziario, trasformando così la democrazia in una sorta di dittatura dolce, fondata non sulla sovranità popolare, ma sul potere oligarchico che obbedisce solo alle leggi della finanza e dell’economia internazionale”.
Dalla democrazia all’oligarchia il passo è breve. Al giudice Di Matteo ha fatto poi eco il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, magistrato, esponente dello stesso partito di Renzi, il PD. Emiliano ha definito la riforma sottoposta a referendum un “attacco alla Costituzione”.
Questi sono importanti elementi di riflessione per gli elettori che, domenica prossima 4 dicembre, andranno a votare: soprattutto se pensano di votare sì.
Detto questo, se il sì dovesse vincere sorgerebbe, per Matteo Renzi, un altro costoso problema: ossia quello di pagare agli eredi di Licio Gelli, che legittimamente li rivendicherebbero, i diritti d’autore della riforma costituzionale di cui il loro congiunto era stato, a suo tempo, l’ideatore con il suo piano di Rinascita democratica ed ora riproposto agli italiani dal duo Renzi-Boschi.