lunedì 28 maggio 2012

Esclusivo,Casta senza vergogna. Doppi stipendi ai politici italiani. - Antonio Amorosi.



la casta
La casta raddoppia. Stipendio doppio ai politici che vengono eletti nei consigli comunali, provinciali e regionali (e non solo) partendo da Bologna con nomi e cognomi. La rivelazione ad Affaritaliani Emilia-Romagna con un video e i documenti che dimostrano l’ingiustificabile privilegio di chi diventato politico, eletto in un qualche Ente, senza recarsi al lavoro ne percepisce ugualmente lo stipendio. Lo stabilisce la legge degli Enti Locali applicata da più di dieci anni ma che pochi conoscono. In un’Italia con persone che si suicidano per i debiti, destra, sinistra e movimenti partecipano all’incredibile spreco di circa 2 miliardi di euro annui a danno dei cittadini. C’è chi lancia da Bologna un S.o.s a Monti per cambiare la legge
In Italia c’è chi fa più di un lavoro per racimolare almeno uno stipendio e chi invece fa un solo lavoro e ottiene due stipendi! Sono i molti politici eletti nei consiglieri comunali, provinciali, regionali, circoscrizionali per uno scandalo di proporzioni tali da far impallidire i rimborsi elettorali ai partiti. Infatti se si è lavoratori dipendenti si può evitare di andare sul posto di lavoro senza perdere un euro della propria busta paga. Lo stipendio viene completamente rimborsato dal Comune al datore di lavoro, più tredicesima, quattordicesima, trattamento di fine rapporto e contributi previdenziali. Il  politico può così sommare alla paga per la sua attività quella del proprio stipendio da dipendente e senza muovere un dito. Paga l’Ente pubblico, cioè paghiamo noi.
GUARDA IL VIDEO CON I DOCUMENTI ORIGINALI
Le somme sono così imponenti, come dimostra il caso del Comune di Bologna sottoposto ad esame grazie al consigliere Lorenzo Tomassini, che se moltiplicate per tutti gli enti nazionali interessati incide sulla finanziaria di un Governo. Solo i rimborsi per i lavori che non svolgono in un anno costano al Comune di Bologna una cifra non inferiore ai 300 mila euro. Moltiplicate per 5 anni di mandato e (proporzionalmente al numero degli eletti) per 8100 Comuni, 110 Province, 20 Regioni e altri Enti tra cui le Comunità montane e viene fuori una cifra che fa tremare i polsi, non inferiore ai 2 miliardi di euro l’anno!
Si, avete capito bene. Stiamo dicendo che ogni politico che ha un lavoro dipendente una volta eletto in un Ente Pubblico continua a percepire anche lo stipendio del lavoro precedente che non svolge. 
L’assenza è rimborsata solo se causata da motivi istituzionali, ma fra sedute in Aula e commissioni (in Comune,  Provincia, Regione e Altri Enti) ogni giorno il politico è raro che possa timbrare il cartellino del primo lavoro. Lo stabilisce il Testo Unico degli Enti locali, legge N.267 del 2000, che permette a ogni eletto di essere rimborsato integralmente per il lavoro che “non svolge” presso il precedente datore di lavoro di cui continua ad essere dipendente. Costano addirittura tre volte coloro che sono dipendenti dello Stato, come gli insegnanti, che vengono pagati dal Ministero, ma è solo una variante formale al gioco perché paga sempre la collettività. La spesa per l’insegnante-politico infatti triplica: oltre la paga per l’attività da politico e lo stipendio del lavoro da insegnante (che non svolge) c’è anche il costo del supplente che lo Stato assume per sostituirlo.
Se guardiamo ad esempio a Bologna da cui parte la nostra inchiesta grazie al consigliere comunale Lorenzo Tomassini, che si sta battendo contro questa vergogna, il Comune di Bologna impegna per i costi nel 2011 la cifra di 1milione 275mila euro per i lavoratori eletti nei consigli comunali e circoscrizionali, per rimborsarli del loro lavoro da dipendenti di aziende 300mila euro circa. E troviamo consiglieri comunali dipendenti di partiti (il Pd ad esempio) che per ogni mese hanno il loro rimborso, come l’attuale europarlamentare Salvatore Caronna, dal 2004-2009 consigliere comunale e prima consigliere provinciale o il suo “figlioccio” Marco Lombardelli (ex capo di Gabinetto dimissionario del Sindaco Merola) o da fondazioni (la Fondazione Gramsci) come nel caso di Siriana Suprani, moglie del presidente Unipol Pierluigi Stefanini, o la Lega Autonomie Emilia Romagna che rimborsa 3932 euro di Tfr del 2008 all’attuale Sindaco Virginio Merola (per quando era assessore).
Poi ci sono gli insegnanti che rappresentano le spese più elevate come il capogruppo Pd Sergio Lo Giudice, Mirco Pieralisi di Sel e la neo eletta dirigente scolastica Daniela Turci (Pd). Ma anche Pasquale Caviano di Idv, medico radiologo dell’Ospedale Maggiore o Patrizio Gattuso del Pdl e funzionario FS, che non costano poco. A cui aggiungere il sindacalista Cgil Gianguido Naldi che ora è consigliere regionale Selma che quando era consigliere comunale Ds prendeva un rimborso tramite il suo vecchio datore di lavoro (la G.D. Spa) così come adesso, attraverso l’impresa presso per cui lavora, il grillino del Movimento 5 Stelle Marco Piazza. Lo stesso è accaduto per l’ex consigliere dell’IDV Serafino D’Onofrio che si è visto rimborsare la cospicua cifra di 73799 euro, per meno di 2 anni di lavoro anche se non svolto. Ma questi sono solo alcuni esempi delle migliaia di rimborsi che vengono erogati dal 2000.
Quello che non si capisce è perché la collettività debba garantire lo stipendio per il lavoro che i politici non svolgono presso le imprese dove sono assunti. La spesa per le casse pubbliche così è diventata davvero imponente, altro che tagli per la crisi! Diversamente la cosa non vale per i consiglieri che sono lavoratori autonomi perché non percepiscono alcun rimborso per la loro attività professionale persa. A differenza dei primi, possono conciliare con difficoltà i due lavori a causa degli orari delle commissioni nell’ente pubblico dove sono stati eletti. Come fa notare Tomassini, “guarda caso le commissioni sono spalmate su tutti i giorni della settimana così che i consiglieri-dipendenti non possono quasi mai recarsi in ufficio”. Si perché le commissioni ci sono praticamente sempre e la maggioranza di coloro che fanno politica sono impegnati quasi ogni giorno.
C’è poi, come ammettono altre testimonianze di “Palazzo”, chi firma ed esce dalle commissioni e prende due stipendi senza essere in nessuno dei due posti di lavoro. E quando qualche collega cerca di accorpare le commissioni per ottimizzare il lavoro si sente rispondere: “Ué! Ma siete pazzi! Così mi tocca di andare a lavorare!”
E’ proprio vero, più che cercare un lavoro, in Italia, è conveniente diventare   politico. Gli Enti pubblici sono galline dalle uova d'oro grazie a leggi come questa che obbligano la collettività a pagare lauti stipendi per attività mai svolte. Soldi che potrebbero essere impegnati per investimenti, servizi, creare lavoro e aiutare chi non ha garanzie. Anche il Ministro Dino Giarda che deve rivedere la spesa pubblica ha dichiarato che gli sprechi in Italia sono enormi: “Tutto il settore pubblico, dallo Stato fino all’ultimo dei Comuni". In questo caso uno sperpero di proporzioni incredibili. In un’Italia con cittadini che si suicidano per i debiti, il doppio stipendio per la casta è un privilegio ingiustificabile.
Bisognerebbe raccogliere l’ S.o.s che arriva da Bologna e cambiare la legge.



G8: De Gennaro, “nessuna prova”. “Inqualificabili violenze” alla Diaz.

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La Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di secondo grado per l'ex capo della polizia, condannato per istigazione alla falsa testimonianza per i fatti di Genova. Per i giudici della Suprema Corte "i fatti non sussistono" e nelle motivazioni si parla di "palesi errori di diritto".

Nessuna prova contro Gianni De Gennaro ma sugli occupanti della Diaz sono state compiute “inqualificabili violenze”. Lo scorso 22 novembre la Cassazione ha deciso di annullare senza rinvio la sentenza di condanna a un anno e 4 mesi pronunciata dalla Corte d’appello di Genova  e oggi, nelle motivazioni, spiega che contro l’ex capo della polizia “non si è acquisita alcuna prova o indizio di un ‘coinvolgimento’ decisionale di qualsiasi sorta nell’operazione Diaz”. De Gennaro, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, era accusato di istigazione alla falsa testimonianza sui fatti avvenuti alla scuola Diaz durante il G8 del 2001.
Secondo la sesta sezione penale della Suprema Corte la sentenza presenta un “deserto probatorio” ed è stata ”scandita da sommarietà valutativa e da palesi lacune della motivazione”. Per i giudici della Cassazione “i fatti non sussistono” e nelle motivazioni di assoluzione si parla di “palesi errori di diritto” ma sul fronte degli occupanti della Diaz puntualizza che su di loro sono state compiute “inqualificabili violenze”.
La sentenza di secondo grado, scrivono i giudici di piazza Cavour, “pone confusamente in relazione la vicenda” della falsa testimonianza “ad una questione di immagine compromessa della Polizia, che, essendosi tradotta in un grave insuccesso (per le inqualificabili violenze compiute sugli occupanti della scuola Pertini), avrebbe indotto l’allora Capo della Polizia De Gennaro a prendere ogni distanza possibile dall’operazione e altresì a persuadere o esortare Francesco Colucci (ex questore di Genova all’epoca del G8, ndr) a modificare le anteriori sue dichiarazioni sulla vicenda”. Il processo principale sui fatti della Diaz, che vede imputate 25 persone tra funzionari e agenti di polizia, inizierà in Cassazione l’11 giugno.
“La vicenda afferente a chi abbia disposto, tra il capo della Polizia e il Questore di Genova, l’invio presso il complesso Diaz del responsabile del servizio di comunicazioni esterne della Polizia di Stato, dottor Roberto Sgalla, si presenta destituita di ogni profilo di seria pertinenza con i fatti reato integranti la regiudicanda del processo Diaz, costituiti da condotte di calunnia, lesioni volontarie, falsità ideologiche ed altri reati”.  Un “difetto di pertinenza” che di conseguenza diventa “di rilevanza della pretesa falsità delle dichiarazioni con cui il questore Colucci avrebbe ‘ritrattato’ le sue anteriori affermazioni sull’indicazione ad informare dell’operazione Diaz il dottor Sgalla ricevuta dal capo della Polizia De Gennaro”. La questione, osserva la Suprema Corte, “è priva di qualsiasi inferenza con i fatti e i comportamenti resi oggetto del processo Diaz. Soltanto una travisante lettura dei dati processuali può condurre a supporre la questione pertinente e pur anche rilevante rispetto al ‘thema decidendum’ del processo Diaz e al percorso di formazione del convincimento decisorio del giudice di quel processo”.

“Da Formigoni un milione di euro per l’acquisto di una villa di Daccò”.

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Il Corriere della Sera racconta un nuovo capitolo dei rapporti tra il governatore della Lombardia e il faccendiere. Il Presidente avrebbe versato 1.100.000 euro - pari a dieci anni di reddito - all'amico Alberto Perego, che li ha utilizzati per comprare una dimora in Costa Smeralda dall'uomo che risolveva i problemi della aziende sanitarie con la Regione.

Il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni ha versato un milione e 100 mila euro al suo amico – e già tesoriere di Comunione e Liberazione – Alberto Perego, “convivente” del governatore nella comunità dei “Memores Domini“. La somma, pagata nella primavera del 2001, è poi servita a Perego per acquistare una lussuosa villa in Sardegna da Pierangelo Daccò, il mediatore tra aziende sanitarie private e Regione arrestato per gli scandali San Raffaele e Maugeri.
Lo scrive il Corriere della sera, che nell’articolo di Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella sottolinea: “Parsimonia e amicizia devono essere due valori molto cari a Roberto Formigoni, altrimenti non si riesce a capire come il presidente della Regione Lombardia, che dichiara redditi per poco meno di 100.000 euro netti l’anno, nella primavera 2011 abbia dato 1 milione e 100.000 euro – cioè l’equivalente di 11 anni di entrate interamente risparmiate senza spendere neppure un centesimo per mangiare o vestirsi o pagare le bollette – al suo amico e convivente Alberto Perego”.
Perego, scrive ancora il Corriere, prende il denaro versato da Formigoni, lo mette insieme a un mutuo da un milione e mezzo di euro e, con un rogito firmato nell’ottobre 2011, diventa “il solo acquirente formale” di una lussuosa villa in Costa Smeralda (guarda le foto) “da 13 vani vendutagli da una società dietro la quale c’era, guarda caso, Pierangelo Daccò”. Sette giorni dopo, Daccò viene arrestato.
Anche l’acquisto della villa in Sardegna, secondo il Corriere, è oggetto di accertamento da parte degli investigatori, perché per immobili di quel genere nella stessa zona “si stimano prezzi ben maggiori e persino doppi”. Formigoni e Perego, tra l’altro, sono stato ospiti di quella stessa dimora anche prima dell’acquisto. Le carte mostrano inoltre numerosi versamenti da Formigoni a Perego, tra il 2005 e il 2009, ciascuno per decine di migliaia di euro, per un totale di circa 350mila. 

Serie A, perquisita la casa di Conte Blitz a Coverciano, nel mirino Criscito.


In manette 19 persone tra cui i calciatori Mauri, Milanetto e Gritti. Accertamenti su Pellissier, Sculli e Kaladze.


MILANO - Due calciatori di serie A in manette, la polizia a Coverciano, perquisita la casa dell'allenatore campione d'Italia. All'alba di lunedì il mondo del calcio italiano precipita ancora una volta nel buio delle scommesse proprio alla vigilia degli Europei. E poi la dura accusa: associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. I calciatori, Stefano Mauri, capitano della Lazio, e Omar Milanetto del Padova sono finiti in manette, due tra i destinatari dei 19 provvedimenti restrittivi emessi nell'ambito di un'operazione contro il calcio-scommesse.
L'ACCUSA - Secondo le accuse, Mauri e Milanetto, erano disponibili, in cambio di denaro, a combinare gli incontri delle loro rispettive squadre. A condurre le operazioni la procura di Cremona, con il pm Roberto Di Martino che coordina gli uomini della Polizia di Stato di Cremona, Brescia, Alessandria, Bologna e del Servizio Centrale Operativo (Sco). A destare clamore anche il fatto che fra gli indagati c'è l'allenatore della Juventus Antonio Conte. Al neo campione d'Italia è stata perquisita l'abitazione, anche per lui l'accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva ma nessun riferimento alla Juventus ma relativamente al periodo in cui allenava il Siena e in particolare per la presunta combine della trasferta con il Novara giocata il 30 aprile 2011. A coinvolgerlo nell'indagine della Procura di Cremona sul calcioscommesse sarebbe stato il «suo» ex calciatore Filippo Carobbio nel corso dell'audizione alla Procura federale della Federcalcio, durante la quale aveva spiegato di aver saputo da Conte «che potevamo stare tranquilli in quanto avevamo raggiunto l'accordo con il Novara per il pareggio». Antonio De Rencis, avvocato del tecnico della Juventus assicura che «la reazione di Conte è quella di una persona completamente estranea e fortemente determinata a dimostrare la sua totale estraneità ai fatti contestati». Anche il presidente del Siena Massimo Mezzaroma sarebbe indagato e gli sono state perquisite le abitazioni (sotto inchiesta per 7/8 partite quando era in B). A chiamare in causa il presidente dei bianconeri è stato Carlo Gervasoni che agli inquirenti ha raccontati di aver saputo tramite il gruppo degli «Zingari» che Mezzaroma avrebbe pagato due giocatori di un'altra squadra.
Calcioscommesse, i fermatiCalcioscommesse, i fermati    Calcioscommesse, i fermati    Calcioscommesse, i fermati    Calcioscommesse, i fermati    Calcioscommesse, i fermati
IN MANETTE - Tra gli altri arrestati, anche il calciatore dell'Albinoleffe Matteo Gritti è stato arrestato dalla polizia a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), dove trascorreva un periodo di vacanza. Perquisita anche l'abitazione ascolana dell'attaccante dell'Ascoli Andrea Soncin, in relazione a presunti illeciti commessi nello scorso campionato, quando militava nel Grosseto. Estranea alla vicenda l'Ascoli calcio.
Il pm Roberto Di Martino (Afp)Il pm Roberto Di Martino (Afp)
PERQUISIZIONI ANCHE A COVERCIANO - Nel corso della mattinata sono state condotte 30 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati: calciatori di serie A e B, tecnici e dirigenti di società professionistiche coinvolti nelle indagini, precisa la nota. Una di queste ha riguardato anche il ritiro della Nazionale a Coverciano. Nel mirino il difensore della Nazionale Domenico Criscito (unico azzurro coinvolto, attualmente in forza allo Zenith di San Pietroburgo). L'avviso di garanzia, al difensore azzurro, sarebbe stato consegnato lunedì mattina intorno alle 6.30 al ritiro degli azzurri a Coverciano (Firenze) dalla polizia, che avrebbe anche effettuato una perquisizione, oltre che nella sua stanza a Coverciano (dove attende di essere inserito nella lista dei 23 per gli Europei) anche l'abitazione di Genova. I poliziotti hanno eseguito controlli nella sua casa di Nervi, nel levante genovese. «Ho sentito Mimmo questa mattina ed è assolutamente tranquillo. È caduto dalle nuvole perchè è totalmente estraneo a qualsiasi vicenda». Queste le prime parole di Andrea D'amico l'agente di Mimmo Criscito. «Mimmo auspica di essere sentito al più presto perché è prontissimo a spiegare qualsiasi cosa che possa avere gettato la lente di ingrandimento su di lui».
IL SUMMIT AL RISTORANTE - Ma agli atti dell'indagine di Cremona vi è anche il resoconto di un summit in un ristorante genovese, il 10 maggio 2011, nei giorni precedenti la partita Lazio-Genova a cui parteciparono Giuseppe Sculli e proprio Domenico Criscito (guarda le foto), un pregiudicato bosniaco e due dei maggiori esponenti degli ultrà del Genova. L'incontro è stato documentato dagli agenti della polizia che hanno condotto le indagini. Su mandato della procura di Cremona la squadra mobile della Questura di Aosta ha perquisito lunedì mattina, alle 4, l'abitazione di Fenis di Sergio Pellissier, attaccante del Chievo coinvolto nell'inchiesta sul calcioscommesse. Analoga ispezione è avvenuta nella casa di Verona del giocatore, che risulta essere indagato. All'interno della villa sulla strada statale 26 sono stati sequestrati computer, ipad e pennette usb che verranno messi a disposizione degli inquirenti.
LE PARTITE - Accertamenti sono in corso anche per i genoani Sculli (per il quale era stato chiesto l'arresto ma il gip lo ha negato) e Kaladze. «In questa nuova tranche dell'inchiesta sono emerse manipolazioni di partite di A del campionato 2010-2011, tra cui Lazio-Genoa 4-2 e Lecce-Lazio 2-4», ha detto Raffaele Grassi, dirigente dello Sco, al telefono a SkyTg24. «Le indagini hanno oltremodo confermato l'esistenza di questa organizzazione transnazionale composta da singaporiani e balcanici, a cui si è aggiunta una componente ungherese», ha spiegato Grassi. Ecco l'accusa per i 19 destinatari di provvedimenti restrittivi, 17 sono arresti in carcere o ai domiciliari. Cinque - tre già eseguiti - riguardano l'Ungheria: «Per conto del gruppo criminale transnazionale, i giocatori italiani - militanti in serie A, B, Lega Pro - avrebbero agito, a vario titolo, come referenti del sodalizio transnazionale sul territorio italiano per la combine delle partite di calcio», spiega la polizia nella nota. Il gruppo criminale fa capo «al boss singaporiano Tan Seet Eng, colpito da provvedimento restrittivo nel dicembre scorso e ritenuto il capo dell'organizzazione internazionale dedita al match fixing».
L'OPERAZIONE - Le indagini sono concentrate su appartenenti ad una organizzazione transnazionale dedita alla combine di partite di calcio (match fixing), operante in Italia e in diversi Stati esteri», dice una nota della polizia di Cremona. L'operazione «Last Bet» costituisce una nuova tranche dell'inchiesta conclusasi lo scorso 17 dicembre con l'arresto di 17 persone. «Una delle novità più importanti è la presenza di un gruppo di ungheresi tra i destinatari dei provvedimenti. Alcuni di loro sono già detenuti in Ungheria per fatti identici», spiega il sostituto di Cremona Roberto Di Martino in conferenza stampa. «Questo gruppo si è parzialmente sostituito al gruppo degli zingari che ha subito in Croazia degli arresti per il campionato locale. Ci sono comunque rapporti tra Ungheresi e slavi. La partita alla quale fanno riferimento gli atti che ci sono stati trasmessi è Lecce-Lazio (due milioni di euro la vincita realizzata su questa partita, per la quale, secondo gli investigatori, sarebbero stati spesi 600mila euro per la corruzione dei calciatori), però il gruppo degli ungheresi si è inserito in tutta un'altra serie di partite del campionato di serie A come Bari-Sampdoria. In una prima fase, nel giugno 2011, erano state tratte in arresto altre 16 persone, tra cui Beppe Signori. L'ex bomber della Nazionale e il calciatore Luigi Sartor sono stati indagati per riciclaggio in concorso con il commercialista Daniele Ragone e Luca Burini, dipendente di una società di autoricambi di Forlì, entrambi ai domiciliari. Tra l'altro sono state individuate società facenti capo a Beppe Signori su cui sono stati versati oltre 700 mila euro. «In queste società - ha detto il procuratore capo di Cremona, Roberto Di Martino - sono transitati prima 289 mila euro e poi 489 mila, quest'ultimo importo ipotizziamo sia il corrispettivo per la partita Brescia-Lecce». Gli investigatori ipotizzano in questa fase dell'indagine il reato di riciclaggio.