mercoledì 14 agosto 2019

Commemorazione Morandi: i parenti contestano, delegazione di Autostrade esce. Mattarella: "Il nuovo ponte ricucirà la ferita". - Matteo Macor, Marco Lignana e Marco Preve

Commemorazione Morandi: i parenti contestano, delegazione di Autostrade esce. Mattarella: "Il nuovo ponte ricucirà la ferita"
Il presidente Mattarella abbraccia la nonna di Andrea Cerulli, il portuale morto mentre andava al lavoro al porto di Voltri (afp)

Nell'area di cantiere era arrivato anche Castellucci, ad di Atlantia e fra i 74 indagati per omicidio colposo. Egle Possetti a nome dei famigliari: "Questi reati non devono essere prescritti e prevenzione diventi la parola d'ordine in Italia".

Pochi istanti prima che, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, iniziasse la commemorazione delle 43 vittime del ponte Morandi crollato il 14 agosto del 2018 alcuni parenti delle 43 vittime si sono lamentati con il premier Conte della presenza nel capannone dei vertici della società Autostrade fra i quali anche manager indagati. Ne è seguito un veloce conciliabolo e poco dopo tutte le delegazioni delle società hanno lasciato l'area della celebrazione.
Fra di loro anche l'amministratore delegato di Atlantia Giovanni Castellucci.
Quella di Castellucci era una presenza destinata a far discutere visto che il manager è uno dei 74 indagati dell'inchiesta per omicidio colposo della procura di Genova. Solo da pochi mesi non è più ad di Autostrade per l'Italia ma ricopre lo stesso ruolo nella società madre, Atlantia appunto sempre della famiglia Benetton.
A richiedere espressamente la presenza  a Genova dei vertici di Autostrade e del gruppo Benetton era stato il sindaco di Genova nonchè commissario straordinario Marco Bucci.

Ieri si era saputo che Aspi, Atlantia e anche Edizione la holding del gruppo Benetton avrebbero inviato tre delegazioni di manager alla commemorazione ma non si pensava che potesse partecipare Castellucci. Al suo fianco c'è anche Fabio Cerchiai che dal 2010 è presidente sia di Autostrade per l'Italia (e Aspi in quanto società è indagata nell'inchiesta proprio nella persona di Cerchiai) che di Atlantia.
Dall’alba, nei caselli del principali snodi italiani – e in tutti quelli della Liguria – è stata affissa una coccarda nera in segno di lutto. Inoltre, alle 11.36, ora del crollo, su tutti i pannelli a messaggio variabile della rete Aspi è comparso per un minuto un messaggio di ricordo per le vittime.
Infine, in mattinata, presso la chiesa dell’Autostrada del Sole, luogo di culto realizzato proprio accanto al tracciato autostradale, è stata celebrata una messa alla quale parteciperanno rappresentanti dei lavoratori provenienti da tutte le sedi del territorio e tutti i direttori di tronco. Alle 11.36 in chiesa è stata deposta una corona in ricordo delle vittime.

Intanto oggi un comitato di famigliari delle vittime è tornato a chiedere la revoca della concessione ad Aspi.

Il presidente Sergio Mattarella è stato accolto da un lungo applauso al suo arrivo e si è intrattenuto a lungo con i famigliari delle vittime abbracciandoli e parlando con loro. Nel giorno della commemorazione delle 43 vittime del crollo del Ponte Morandi, "che tanti lutti, tante sofferenze e tante difficoltà ha creato alla operosa città di Genova e ai suoi abitanti", il Presidente della Repubblica aveva scritto un breve saluto sulle pagine del Secolo XIX, accogliendo l'invito del direttore Luca Ubaldeschi e del senatore a vita e architetto genovese Renzo Piano. "Ci separa da quel tragico avvenimento un anno che non è trascorso invano", scrive Mattarella. "Un progetto di nuovo ponte, lineare, solido e bellissimo, è pronto e già sono stati avviati lavori per la sua costruzione. Il nuovo ponte sarà in grado di ricucire, anzi, per usare un termine caro a Piano, di 'rammendare' la ferita inferta dal crollo, riconnettendo una città spezzata, non solo materialmente, in due". Rammendare, però, specifica il Presidente, "non significa cancellare". Il nuovo ponte, infatti, "ricorderà per sempre quelle vittime innocenti, sepolte dalle macerie di una tragedia, causata dall'uomo, che si poteva e doveva evitare. Nulla può estinguere il dolore di chi ha perso un familiare o un amico a causa dell'incuria, dell'omesso controllo, della colpevole superficialità, della brama di profitto". Nei difficili frangenti di un anno fa "fu ben chiaro che la tragedia di Genova era la tragedia dell'Italia intera e che tutta l'Italia si stringeva, in un abbraccio ideale, attorno a Genova e ai genovesi", ricorda Mattarella.

Le vittime del crollo del ponte Morandi sono "angeli della città". Così l'arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, nell'omelia in ricordo delle 43 vittime . "Genova è qui. Genova non li dimenticherà mai", ha detto Bagnasco che ha poi aggiunto: "Le nostre capacità faranno miracoli" se "restiamo uniti".  "Tutti hanno vissuto il distacco da un ambiente famigliare caro, hanno visto messo in crisi il loro lavoro. Ma su tutto ha aleggiato la speranza, il credere in un futuro non lontano che oggi cominciamo a vedere, proprio qui", ha spiegato il cardinale.

Ha preso poi la parola Egle Possetti portavoce del Comitato dei parenti delle vittime  “Per la loro memoria dobbiamo avere grande determinazione nella ricerca della verità perchè quanto accaduto è inaccettabile. La loro è stata una condanna a morte senza possibilità di appello. Non possiamo accettare che eventi del genere possano accadere. Chiediamo ai nostri rappresentanti un segnale concreto affinchè i cittadini possano sentirsi tutelati.
Bisogna gestire con la  massima attenzione i beni pubblici, accentuare la vigilanza. Chiediamo ai cittadini di mantenere viva la coscienza civile. Nel nostro paese la parola principale sia prevenzione. Non devono esserci altri morti per stragi assurde.
Chiediamo modifiche di legge per avere processi brevi, chiediamo che reati così gravi non possano essere prescritti. Ringraziamo con tutto cuore magistratura e inquirenti e auspichiamo che non siano lasciati soli. Il loro lavoro ci scalda il cuore. “Egle Possetti ha chiuso il suo intervento ringraziando tutti i soccorritori che si erano prodigati dopo il crollo del Morandi. E’ seguito un lungo applauso.

 A margine delal cerimonia ha parlato anche il sindaco Marco Bucci: "È un momento di ricordo e commemorazione, Genova vuole crescere, si merita delle infrastrutture di primo livello, la città è unita e sta collaborando. Sia sul lato ovest che est del ponte anche oggi stiamo lavorando, non abbiamo interrotto i lavori, la nuova pila 9 è quasi a 20 metri, abbiamo già 11 pile con fondamenta. Stiamo rispettando il piano dei lavori, sono convinto che a fine aprile 2019 inaugureremo il ponte".


"Ho parlato con il premier Conte che - ha aggiunto -si associa ai sentimenti della giornata di oggi con la volontà di commemorare chi ha perso la vita e allo stesso tempo di continuare a supportare gli investimenti di cui abbiamo bisogno per far tornare Genova una grande città. La prossima primavera Genova avrà il nuovo ponte, venite in macchina e ci passerete sopra".


https://genova.repubblica.it/cronaca/2019/08/14/news/anche_i_vertici_indagati_di_atlantia_alal_commemorazione_delle_vititme_del_ponte_morandi-233587359/#gallery-slider=233593524

L'incubo. -i Marco Travaglio il Fatto Quotidiano del 14 Agosto:

L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono

Dopo molte notti insonni, Salvini si coricò e, complici sette mojito e una cannetta furtiva, si addormentò. Sognò se stesso in Senato, ma non più ai banchi del governo. Assisteva impotente alla nascita del Conte-2, con ministri incensurati di M5S, Pd e sinistra e un Contratto innovativo: legalità, politiche sociali, investimenti nella green economy, nel turismo, nel riassetto del territorio e nella cultura anzichè nelle grandi opere inutili tipo Tav, gestione rigorosa e integrata dell’immigrazione, meno tasse al ceto medio e carcere agli evasori, patrimoniale ecc. Renzi, salvata la truppa, se ne stava nascosto con i Lotti e le Boschi. I 5Stelle non litigavano col centrosinistra che non litigava coi 5Stelle e – ciò che era più stupefacente – neppure al proprio interno. La coalizione lavorava molto e parlava poco, ben avviata a reggere fino al 2023 e, prima, a rieleggere Mattarella. Gli italiani, felicemente sorpresi da tanta anomala normalità, non cercavano più uomini della Provvidenza. Conte, al 90% di popolarità, andava d’amore e d’accordo con la Von der Leyen, che gli concedeva un po’ di flessibilità, anche perché ora la prima a chiederla era la Germania. M5S e Pd veleggiavano nei sondaggi sul 30 ciascuno, mentre la Lega era tornata al 17.
Lui, Salvini, continuava a fare dirette Facebook, ma le vedevano quattro gatti (dalla Bestia alla Bestiolina), con i like in picchiata. L’iPhone, prima rovente per le richieste di interviste, era mestamente muto. Le ultime due chiamate lo avvertivano che un emissario di Putin aveva chiesto di parlare urgentemente con i pm di Milano e che il Parlamento li aveva autorizzati a sequestrare e aprire il pc di Siri. Poi ne arrivò una terza: Giorgetti, Zaia, Fontana e un redivivo Bossi lo convocavano per un processo pubblico sul prato di Pontida: “Cazzaro che non sei altro! Fino a luglio da vicepremier eri il padrone d’Italia col 36%, avevi ministeri importanti, i 5Stelle ti avevano approvato perfino quella boiata del Sicurezza-bis, stavi per strappare il commissario Ue, le autonomie regionali e la Flat Tax. I pieni poteri li avevi per davvero. Ora, da quando li hai chiesti, non conti più un cazzo: ci hai trascinati all’opposizione, hai perso tutto e l’hai fatto perdere pure a noi. A parte quei 50 disgraziati che abbiamo eletto all’Europarlamento per spaccare tutto e non servono a una mazza, visto che non se li fila manco Orbàn. Hai fallito: non sei più il segretario della Lega, però puoi fare il presidente onorario del Papeete Beach”. Qui Salvini si svegliò tutto sudato. Afferrò il primo rosario che aveva a tiro e subito si rincuorò: “Fortuna che il Pd è il Pd e il M5S è il M55, sennò era tutto vero!”.

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I traditori. - Tommaso Merlo


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Salvini ha tradito il cambiamento, prima di tutto. Il vecchio regime Salvini non lo vuole riformare, lo vuole comandare. L’’unico cambiamento che gli interessa è quello della sua poltrona, vuole quella da Presidente del Consiglio. Vuole scarrozzare il suo bulimico ego in giro per il mondo a spese del contribuente imbrattando la reputazione dell’Italia come da migliore tradizione e vuole servire il suo idolo Putin nello sfasciare l’Europa. Un vero traditore. Salvini ha firmato un contratto con l’unica forza davvero riformatrice e quando ha capito che il Movimento stava facendo sul serio arrivando a toccare i punti nevralgici del vecchio regime come la giustizia e i conflitti d’interesse, ha guardato i sondaggi e braccato dagli scandali ha fatto saltar tutto. Altro che cambiamento. Salvini ha firmato il contratto col Movimento solo per rifarsi una verginità, per strappare la poltrona da Ministro dell’Interno e con essa sfruttare l’isterismo di massa sull’immigrazione per incamerare consensi. Ottenuto lo scopo, è passato a puntare alla poltrona successiva, quella da capo del governo. Dei cittadini, delle riforme, del bene comune, ai politicanti del vecchio regime come Salvini non è mai fottuto nulla e mai gli fotterà. L’unica cosa che hanno in testa è se stessi, è la politica intesa come conquista del potere, come modo per sfogare le proprie manie di grandezza ed imporre le proprie malsane visioni. L’unica differenza tra Salvini e i politicanti del passato è la pericolosità. Salvini ed i suoi sono stati presi col sorcio in bocco a farsela coi russi e dietro ai falsi sorrisini da selfie, hanno idee autoritarie e liberticide. S’ispirano al regime sovietico e ai loro alleati europei di ultradestra sui diritti civili, la famiglia e la società. Una deriva pericolosissima. L’idea che Salvini conquistasse il potere da solo ha fatto tremare l’Italia come cent’anni fa. Ed è per rassicurare gli animi che oggi Salvini blatera di centrodestra ed ammicca a Berlusconi. Un governo ultraconservatore guidato dal solo traditore Salvini non reggerebbe al putiferio che si scatenerebbe nelle strade ed avrebbe imprevedibili conseguenze anche all’estero e sui mercati. Salvini spera così di portare a compimento la sua ascesa al potere camuffando l’operazione nel vecchio schema del centrodestra. E così, con la sfacciataggine che lo caratterizza, Salvini torna dal traditore principe del popolo italiano, quel Berlusconi che pur di non finire in galera e salvare le sue aziende ha tradito per decenni gli italiani raccontando fregnacce. Oltre a fungere da rassicurante gonfalone, il malconcio ex cavaliere ha poi qualcosa che serve a Salvini, soldi e televisioni e frotte di giornalai pronti a perorare la sua causa. A conferma di come la Lega non sia altro che una pennellata di verde sul vecchio e marcio regime italiano. C’è solo un terzo incomodo che potrebbe far saltar tutto. Il popolo italiano che si ritrova davanti all’ennesima prova di maturità. Vedremo quanti cittadini che hanno abboccato a Salvini come paladino del cambiamento lo manderanno a quel paese. Vedremo quanti cittadini che hanno creduto al cambiamento si arrenderanno a questo mesto ritorno al passato. Vedremo quanti cittadini capiranno la gravità della situazione e torneranno a seguire la politica e ad occuparsi del proprio paese che sta rischiando di finire nella mani dell’ennesimo traditore e per giunta pericoloso.

https://infosannio.wordpress.com/2019/08/13/i-traditori/?fbclid=IwAR1e6AUcZIWt2D8d04sucGulOxGEHEDKrCWHNFWIAWBUVWdn9tquSazA5kM

La crisi si allunga. Per Salvini si mette male. Il Capitano scopre che il Senato non è il Papeete Beach. - Clemente Pistilli

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Aprire una crisi di governo non è come farsi un selfie o lanciare due slogan in una diretta Facebook. Un concetto che non sembra molto chiaro a Matteo Salvini, che ieri ha incassato così la prima sconfitta. Il suo progetto di sfiduciare subito il premier Giuseppe Conte e andare altrettanto in fretta a nuove elezioni ha infatti subito una battuta d’arresto appena iniziato il primo dibattito in Parlamento, con la conferenza dei capigruppo del Senato che non ha trovato l’accordo sul calendario per avviare la discussione in Aula. A decidere saranno così direttamente i senatori, convocati per oggi pomeriggio.
LO STOP. L’obiettivo ieri dei capigruppo della Lega, di Fratelli d’Italia e di Forza Italia a Palazzo Madama era quello di far intervenire Conte al Senato il 14 agosto e sfiduciarlo. Tutti gli altri, dal Movimento 5 Stelle al Pd, hanno puntato invece sul 20 agosto come data in cui far intervenire il presidente del consiglio. La presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che sembra in questi giorni particolarmente attenta a non scontentare la Lega, ha a quel punto deciso di far fissare il calendario direttamente all’Aula, come previsto dal regolamento. Un’iniziativa che ha fatto infuriare soprattutto Pd e Leu. “Una forzatura gravissima. I diktat della Lega non possono cambiare i numeri in Parlamento e l’aula lo dimostrerà”, ha dichiarato il renziano Andrea Marcucci. Oggi, alle 18, decideranno quindi i senatori e sembra quasi scontato che tutto slitti al 20 agosto e che la posizione leghista sia destinata a risultare minoritaria, potendo contare M5S, Partito democratico e gruppo misto su una maggioranza di 173 senatori.
LO SCENARIO. Per Salvini inizia a tirare una brutta aria e la fiducia che ieri sera si è affrettato a dire di avere nelle scelte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sembra più che altro un auspicio del Capitano. Anziché vedere Conte in aula costretto a incassare la sfiducia, il leader della Lega che sperava di scrollarsi in fretta di dosso il Movimento 5 Stelle rischia infatti di dover assistere alla lettura di una dura informativa da parte del premier, che a quel punto, senza essere sfiduciato, potrebbe uscire da Palazzo Madama, recarsi al Quirinale, rimettere il mandato e ricevere però dal Capo dello Stato un nuovo mandato esplorativo per sondare le possibilità di mettere in piedi una maggioranza alternativa a quella giallo-verde. Con una simile prospettiva Salvini potrebbe finire logorato e non ci sarebbe beach-tour in grado di risollevarlo.
LA RESISTENZA. A mostrare come il Capitano non sia poi più tanto sicuro della crisi da lui aperta è inoltre il particolare che non ha ancora ritirato i suoi ministri, come gli ha chiesto ieri di fare il vicepremier Luigi Di Maio. Tutti asserragliati nei dicasteri. A partire da lui che, viste anche le pesanti inchieste in corso, sembra deciso a tenersi stretto fino all’ultimo il Viminale. La strada è dunque lunga e tortuosa e nessuno sinora sembra avere la vittoria in tasca, neppure Salvini che dopo il Papeete voleva far ballare con i ritmi da lui imposti tutto il Paese incurante del Parlamento. Un particolare evidente nelle stesse parole del capogruppo leghista Massimiliano Romeo: “Sembriamo non avere i numeri”.

http://www.lanotiziagiornale.it/la-crisi-si-allunga-per-salvini-si-mette-male-il-capitano-scopre-che-il-senato-non-e-il-papeete-beach/

Salvini capitano? No, cocker al guinzaglio. - Andrea Scanzi

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Quando è in difficoltà, cioè spesso, Salvini tira sempre in ballo Renzi. Lo fa perché, nell’elettore, scatti un parallelismo tutto a suo vantaggio: non tanto perché lui sia un fenomeno, quanto perché uno peggiore di Renzi non riusciremmo neanche a inventarlo. Il fatto stesso che, al minimo storico della sua popolarità, la Diversamente Lince di Rignano stia pensando di varare un partito personalistico rubando il nome a Ingroia (eh?), la dice lunga sulla sua inenarrabile mestizia.
Si dà però il caso che Salvini, oltre a essere il politico più vecchio di questa farlocca Terza Repubblica, sia anche un gran “sopravvalutatore” di se stesso. Nonché un impenitente mentitore. Tutte cose che lo accomunano proprio al Matteo debole del Pd. Salvini somiglia a Renzi anche nella capacità prodigiosa di aumentar d’adipe. Il Cazzaro Verde è fiero collezionista di tripli menti e maniglie dell’amore come quell’altro Matteo: per inquadrarlo ormai tocca usare il grandangolo della Nasa.
Si diceva però delle bugie. Mi è capitato di incrociarlo in tivù. Non scappa dal confronto e gliene rendo merito (ma vedrete che diventerà come Renzi pure in questo). Nel 2014, a Otto e mezzo, gli rinfacciai le assenze nel Parlamento Europeo (mi minacciò di querela) e gli dissi che senza Berlusconi non sapeva neanche andare in bagno: rispose, piccato, che il suo centrodestra del futuro lo avrebbe visto autonomo e dunque senza liquami estetico-morali derivanti da Forza Italia. È stato di parola. Nel dicembre scorso, quando quella fetecchia del Salvimaio sembrava poter reggere, venne ad Accordi & disaccordi. Gli chiesi come resistesse alla tentazione di far saltare tutto per monetizzare il consenso dei sondaggi. Lui: “Io sono un uomo di parola, non stacco la spina al governo. Ho tanti difetti, ma se comincio una cosa, io quella cosa la faccio, costi quello che costi. Io i sondaggi non li guardo a prescindere”. È stato di parola. Pare incredibile, ma alla fine c’è riuscito: Salvini è diventato bugiardo e comicamente vanaglorioso come Renzi. Una condizione esistenziale che non augureremmo neanche a Mario Lavia.
Ora che il tradimento più prevedibile del mondo – lo avevano capito tutti tranne Di Maio – si è compiuto, e prima che questo Paese passi con antico masochismo da Renzusconi a Salvimaio a Salvelusconi, è forse il caso di soppesare l’inebriante talento di questo virgulto padano che da ragazzo si definiva “nullafacente” parlando in tivù con Davide Mengacci, dimostrando, se non altro, di conoscersi bene.
Salvini ha voluto sganciare la bomba nel momento peggiore: poteva farlo subito dopo il trionfo alle Europee, votando quindi a settembre, ma ha perso tempo obbedendo poi (come sempre) a Giorgetti e Berlusconi. Sfasciando tutto ad agosto, ha poi messo ancor più in mutande il Paese: rischio di esercizio provvisorio, aumento Iva per 23 miliardi, spread alle stelle, Borsa a picco. Roba da galera (e invece lo voteranno: daje!). In più tanti procedimenti sacrosanti che salteranno, dalla temutissima (da lui) Spazzacorrotti alla Commissione d’inchiesta su Bibbiano (su cui ha oscenamente lucrato). Oltre a essere sciagurata, la mossa di Salvini è stata anche politicamente idiota: da un lato rischia di riavvicinare Pd e M5S, dall’altro toglie finalmente il macigno dall’anima di tanti elettori 5 Stelle che non ne potevano più di quell’obbrobrio governativo (comunque migliore di quello che verrà: pensate come siam messi).
Dopo un anno da Tafazzi, i 5 Stelle – ancora convalescenti e pertanto ancora in crisi – hanno avuto da Salvini quel “tradimento sommo” che potrebbe essere la scintilla morale tramite cui far risalire un gradimento oggi ai minimi livelli.
Salvini avrebbe poi meritato rispetto – nonostante le conferenze spiaggia, i rosari, il lessico da bullo moscio e i suoi modi da aperi-premier – se avesse scelto la strada della “destra nuova”: cioè lui e Meloni. E basta. Un accrocchio distantissimo da chi scrive, ma segno se non altro di una qual certa baldanza salviniana. Invece Capitan Lardini è tornato pateticamente da Berlusconi come un tenero Dudù eunuco. Che pena. L’uomo, oltre alla grazia dei facoceri, ha il coraggio di un Don Abbondio morto. Mesi e mesi a giocare al rinnovatore, per poi rivelarsi – magari con l’aiuto del Movimento del fare (?) di Briatore – un innocuo predellino extralarge dei Gasparri & La Russa. Complimenti.
Lo fraintendono per il nuovo Mussolini, ma Salvini resta quello di sempre: non fa paura, fa ridere. E fa pure un po’ tenerezza. Voleva essere un Capitano, ma al massimo è un cocker. Senza pedigree e col guinzaglio corto. Anzi cortissimo.

La mossa Il trucco di Salvini: taglio agli eletti, ma dal 2024… - Tommaso Rodano

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“Ok alla legge, poi subito alle urne”. Il vicepremier ci prova: tanto la riforma entra in vigore tra due legislature E la Lega si tiene 60 milioni abbondanti per i suoi bilanci.

A Matteo Salvini non manca il senso del teatro e il Senato è un palcoscenico che si presta. Il capo della Lega, fiutato il pericolo di essere messo all’angolo da un governissimo Pd-5Stelle, prova a uscirne lanciando un amo agli ex alleati: “Ho sentito l’amico e collega Luigi Di Maio più di una volta ribadire in questi giorni ‘votiamo il taglio di 345 parlamentari e poi andiamo subito al voto’. Prendo e rilancio: tagliamo i parlamentari la prossima settimana e poi andiamo a votare il giorno successivo”.
La trovata di Salvini non è priva di una sua eleganza tattica. Se andasse in porto, la Lega toglierebbe un grosso alibi a dem e grillini: la riforma costituzionale che riduce del 36,5% il numero degli eletti è l’argomento più usato per giustificare la prosecuzione della legislatura. La capigruppo ieri ha deciso che la quarta e definitiva lettura sarà alla Camera giovedì 22 agosto. Anche se approvata, la legge non si applicherebbe all’imminente tornata elettorale: come recita l’articolo 4, le disposizioni sarebbero valide “non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore”. Per Salvini sarebbe la tempesta perfetta: la riforma andrebbe in porto (e lui potrebbe prendersi buona parte del merito) ma produrrebbe i suoi effetti solo nella legislatura successiva alla prossima; non ci sarebbe quindi bisogno di attendere il nuovo disegno dei collegi elettorali (per cui servono mesi) o l’eventuale referendum prima di convocare le nuove urne.
L’introduzione “a scoppio ritardato” del taglio sarebbe un tocca sana anche per ragioni economiche. La Lega è un partito con una certa difficoltà di bilancio per via delle note storie di Tribunale. Ecco, in questo senso, il taglio dei seggi in Parlamento sarebbe anche un grosso danno finanziario per le casse di Salvini e soci.
Il calcolo che segue, spannometrico, si basa sulle donazioni fatte dai suoi eletti (una media di 30mila euro l’anno, anche se molti versano di più) e i fondi garantiti per il funzionamento dei gruppi parlamentari dalle due Camere (attualmente circa 9,5 milioni l’anno totali per la Lega).
Come realizzare una stima della perdita? Abbiamo deciso di usare i numeri di Youtrend – basati sulla supermedia dei sondaggi – sul prossimo Parlamento in caso si votasse oggi. Molto dipende dall’eventuale alleanza (da sola, solo con Fdi o anche con Forza Italia): anche in questo caso abbiamo scelto un valore medio.
Ecco il calcolo: se non entra subito in vigore il taglio dei parlamentari, la Lega, accreditata di un 36% abbondante, potrebbe eleggere 270 deputati e 140 senatori, oltre il 40% delle prossime Camere grazie all’effetto maggioritario dovuto alla soglia di sbarramento e ai collegi uninominali.
Ora passiamo ai soldi: le donazioni degli eletti al partito passerebbero da 5,5 milioni a 12,3 milioni l’anno (da 27,5 a 61,5 milioni in una legislatura); i contributi ai gruppi parlamentari da 9,4 a 21,2 milioni (da 47 a 106 milioni nella legislatura). Insomma un tesoro totale aggiuntivo, rispetto a oggi, di 18,6 milioni all’anno (93 milioni in cinque anni).
Il successo della Lega – con questi sondaggi – sarebbe tale da migliorare le sue entrate persino col taglio dei parlamentari subito in vigore: calcolando 172 deputati e 88 senatori, le donazioni degli eletti passerebbero a 7,8 milioni, i contributi ai gruppi a 13,4 milioni: oltre sei milioni l’anno in più rispetto a oggi (da 15 a 21,2 milioni) ma 12 milioni e dispari in meno di quanto la Lega incasserebbe lasciando tutto com’è. La legislatura “di ritardo” con cui entrerebbe in vigore il taglio, per il Carroccio, vale quindi 60 milioni abbondanti di euro. Visto l’assai noto debito con l’erario, non è un dettaglio trascurabile.