giovedì 8 settembre 2016

Alessandria, con i soldi per i poveri facevano la spesa: indagati i cinque ex vertici della Croce Rossa.

Alessandria, con i soldi per i poveri facevano la spesa: indagati i cinque ex vertici della Croce Rossa


Sottratti oltre 170mila euro. L'indagine della Finanza per peculato dopo la denuncia da parte della nuova dirigenza Cri.

Ammanchi di denaro e acquisto di beni ad uso personale per 173mila euro. La Guardia di finanza ha concluso le indagini nei confronti degli ex vertici della Croce Rossa di Casale Monferrato: cinque le persone indagate, a vario titolo, con l'accusa di peculato. Secondo gli accertamenti effettuati dagli investigatori delle Fiamme gialle, che si sono mossi lo scorso anno dopo le segnalazioni dei nuovi responsabili della Croce Rossa locale, i cinque avrebbero utilizzato, tra il 2006 e il 2015, per scopi personali beni e denaro che dovevano invece essere destinati agli assistiti in difficoltà.

Le tessere benzina dell'associazione, in particolare, sarebbero state utilizzate dagli indagati per il rifornimento delle auto personali. Allo stesso modo quelle del supermercato sarebbero state usate per acquisti personali, tra cui elettrodomestici, capi di abbigliamento, prodotti per la casa, cosmetici, superalcolici, cibo per animali, farmaci per patologie sofferte dagli interessati, facendoli apparire invece come destinati alle famiglie indigenti.


http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/09/05/news/alessandria_con_i_soldi_per_i_poveri_facevano_la_spesa_indagati_i_cinque_ex_vertici_della_croce_rossa-147205616/

L’esercito degli indagati del Partito Democratico. - Silvia Mancinelli

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Più di 100 esponenti sott’inchiesta per vari reati.

L’elenco degli indagati del Pd in Italia si fa sempre più lungo. Con Graziano arriviamo a quota 125. I reati sono vari, gravi e meno gravi, a seconda dei casi. Fra i più noti c’è Luigi Lusi , ex senatore romano del Pd nei guai per i soldi della Margherita, fino ai «coinvolti» in Mafia Capitale: Daniele Ozzimo , ex assessore, Mirko Coratti , ex presidente dell’Assemblea capitolina. Sempre nel Lazio troviamo Maurizio Venafro , già capo di gabinetto di Nicola Zingaretti, Andrea Tassone , non più presidente del X municipio, Pierpaolo Pedetti , ex consigliere Pd. Nel tritacarne dell’inchiesta sulle spese pazze in regione spuntano, Esterino Montino , oggi sindaco di Fiumicino, e poi i parlamentari Giancarlo Lucherini , Bruno Astorre , Claudio MoscardelliFrancesco Scalia , Daniela Valentini , Enzo Foschi e Marco Di Stefano , nei guai anche per altro. Ovviamente c’è Ignazio Marino , per le vicende degli scontrini e della nota onlus.
Passando in Lombardia come non citare Tiziano Butturini che ha patteggiato la pena in un’inchiesta dove spunta la ’ndrangheta.E ancora, indagati a vario titolo per altre storie giudiziarie i sindaci Maria Rosa Belotti (Pero) Gianpietro Ballardin (Brenta), Mario Lucini (Como). Particolare il caso di Filippo Penati che si è avvalso della prescrizione per uscire dal processo. Altro filone sulle spese pazze vede tirati in ballo Luca Gaffuri , Carlo Spreafico , Angelo Costanzo . Scomoda inchiesta quella che vede protagonista Luigi Addisi .
In Piemonte la lista degli indagati su più inchieste si apre con Maura Forte , sindaco di Vercelli,Giovanni Corgnati , Davide Sandalo , ex presidente del Consiglio comunale di Casale Monferrato (Alessandria). A Verbania spicca il caso dell’ex vicesindaco Giuseppe Grieco e l’ex presidente del Consiglio comunale Diego Brignoli . A Torino figura invece il consigliere regionale Daniele Valle ,Rocco Fiorio , presidente della V circoscrizione, la deputata Paola Bragantini e il suo compagnoAndrea Stara .
In Liguria, tra l’inchiesta Mensopoli del 2007, la centrale a carbone e le alluvioni poi emergono i nomi diAntonino Miceli , dell’allora sindaco di Genova Marta Vincenzi , Raffaella Paita , ex assessore alla Protezione civile, e Franco Bonanini (poi passato al centrodestra).
E che dire del Veneto con l’ex sindaco di Venezia del Pd, Giorgio Orsoni e il tesoriere Giampietro Marchese , entrambi nei guai per finanziamento illecito ai partiti. In Emilia Romagna i pm, a proposito delle spese pazze in Regione, hanno puntato Marco Monari , Damiano Zoffoli , Andrea Gnassi ,Virginio Merola e Vasco Errani .
La Toscana miete «vittime» eccellenti in diversi filoni investigativi, come gli ex assessori fiorentiniGianni Biagi e Graziano Cioni . Segue l’ex capogruppo Pd in consiglio comunale Alberto Formigli , l’ex sindaco di Firenze Leonardo Dominici , il sindaco di Siena Bruno Valentini , l’ex sindaco di Livorno Alessandro Cosimi e gli assessori della stessa città Bruno Picchi e Walter Nebbiai . Le regioni rosse come le Marche e l’Umbria contano invece Gianmario Spacca , Vittoriano Solazzi eAngelo Sciapichetti , Leopoldo Di Girolamo e Fabio Paparelli . Un salto in Abruzzo con Roberto Riga , ex vicesindaco de L’Aquila. Ancora più giù, in Basilicata, dove il Partito Democratico deve fare i conti con le indagini sul governatore Marcello Pittella , oltre a Vincenzo Folino , Giuseppe Ginefra ,Federico Pace , il sottosegretario alla Sanità Vito De Filippo e l’assessore regionale all’AgricolturaLuca Braia .
La lista è lunga assai. In Sardegna c’ha pensato Renato Soru , segretario regionale, nonché europarlamentare ed ex governatore,a farsi «attenzionare» dai magistrati. Mentre in Sicilia i riflettori delle procure si sono accesi su Elio Galvagno , Mirello Crisafulli , Vito Daniele Cimiotta , l’ex senatore Nino Papania e Gaspare Vitrano .
Associazione a delinquere e tentata concussione sono invece le accuse che vedono imputato il governatore Vincenzo De Luca in Campania. Indagati anche tre suoi collaboratori: Nello Mastursi ,Enrico Coscioni e Franco Alfieri . C’è pure Antonio Bassolino , uscito indenne da quasi tutti i processi sui rifiuti ma ancora in bilico per uno che lo vede imputato di peculato. Poi, Enrico Fabozzi , ex sindaco di Villa Literno ed ex consigliere regionale condannato in primo grado a 10 anni per concorso esterno in associazione camorristica, e i sindaci Giosy Ferrandino e Giorgio Zinno al centro di inchieste su presunti appalti pilotati.
In coda, ma solo geograficamente, la Puglia e la Calabria con il senatore Alberto Tedesco , l’ex sindaco di Brindisi Mimmo Consales , l’ex presidente della provincia di Taranto Gianni Florido e il suo assessore all’Ambiente Michele Conserva , Donato Pentassuglia , assessore della Giunta Vendola, Michele Mazzarano , consigliere regionale sotto processo per finanziamento illecito ai partiti, e «colleghi» come Fabiano Amati , Gerardo De Gennaro ed Ernesto Abaterusso .
Voti in cambio di appalti e posti di lavoro ai clan le ombre costate i domiciliari all’ex sottosegretarioSandro Principe . Non un caso unico se si guardano gli altri nomi snocciolati nelle inchieste calabresi:Orlandino Greco , il consigliere regionale indagato per corruzione elettorale e voto di scambio politico-mafioso, Nino De Gaetano , Nicola Adamo , Antonio Scalzo , Carlo Guccione , Vincenzo CiconteMichelangelo Mirabello .
I favori ai Casalesi per gli appalti, che oggi vedono indagato per concorso esterno in associazione mafiosa Stefano Graziano, sembrano dunque essere solo l’ennesima puntata di una saga horror che sta mietendo vittime illustri in ogni ambito istituzionale. Dai presidenti dei municipi ai consiglieri regionali, dai sindaci ai parlamentari. «Democraticamente» appunto, come si conviene - visto il nome - nel Partito.

I “MEDIA “ DI MODA , CADUTI SUL LUMINO DELL’ART.335 C.P.P. - Romano Dolce

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Se è vero che le bugie hanno avuto sempre le gambe corte,a Pinocchio venne anche il naso visibilmente prominente.
La menzogna,tuttavia, per acquistare la dignità di essere raccontata,deve sottostare alla prova oggettiva di un presupposto omesso o mascherato.
Le correnti voci delle correnti più informate della comunicazione hanno decretato il taglio della testa politica della dottoressa Muraro, ma hanno omesso di collegare giuridicamente l’art. 335 del codice di rito con le reiterate affermazioni della citata Muraro che ha costantemente dichiarato che, non avendo ricevuto alcuna “informazione di garanzia”, raccomandata soltanto dall’art.369 c.p.p., nulla poteva riferire (neanche a se stessa) sul merito della ventilata “notitia criminis”, iscritta nell’apposito registro, previsto dal citato art. 335.
Tale norma processuale ,invero, riconnette, in capo all’organo titolare dell’azione penale,uno specifico ed indilazionabile obbligo giuridico di procedere ,“immediatamente”, alla iscrizione di un fatto notiziato come reato,nell’apposito registro,ex art 335, esistente presso ogni ufficio di Procura.
Detto registro, modulato dal decreto ministeriale 30/09/1989,riportando anche le iscrizioni di fatti penalmente irrilevanti (cosiddetto modello 45) è segretato e assolve la funzione di documentare il momento genetico della fase preliminare di indagini che possono sfociare o nell’esercizio dell’azione penale pure nella richiesta di archiviazione.
Detta segretezza è imposta dalla ragione che il legislatore non poteva consentire che le iniziali e delicate indagini “preliminari” ,portate a conoscenza all’eventuale indagato,avrebbero intralciato l’accertamento dei fatti,con la conseguente alterazione o soppressione degli elementi probatori acquisiti o in elaborazione.
In conclusione,alla stregua di quanto esposto, è doveroso chiedersi in quale modo la dottoressa Muraro avrebbe potuto mentire su fatti che non erano a sua conoscenza,perchè legalmente segretati ?
La Signora Muraro,prima di essere raggiunta dalla “informazione di garanzia”,non era nelle , condizioni soggettive ed oggettive di mentire. Altri, affrettatamente, hanno tenuto chiuso il codice di procedura penale, annullando, per cremazione, il negletto art.335 sopra menzionato.,con buona pace anche del simpatico Pinocchio.
Dott. Romano Dolce.


Postato da Giulio Adani su fb. dell'8 sett.
https://www.facebook.com/giulio.adani?hc_ref=NEWSFEED&fref=nf

Milano, non solo Cinque Stelle: tutti i guai del sindaco Giuseppe Sala. - Gianni Barbacetto


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Il dossier - Mille e una grana - Prima sotto inchiesta, poi la nomina del socio come assessore al Bilancio. E ancora, doppio capo di gabinetto e segretario lampo: in poco più di 2 mesi.

Quiz. Chi è il sindaco di una grande città italiana che è iscritto nel registro degli indagati, che ha avuto problemi con la nomina di qualche suo assessore e polemiche feroci sulla scelta del suo staff? Virginia Raggi, direte voi. Sì, ma ce n’è un altro le cui vicende, a differenza di quelle del sindaco di Roma, non sono state raccontate da alcun giornale (tranne il Fatto Quotidiano): è Giuseppe Sala, primo cittadino di Milano. Raggi/Sala: due pesi e due misure.
L’indagato. Non era ancora stato eletto primo cittadino, e Sala era già iscritto nel registro degli indagati. Per aver mentito ai cittadini. Nel febbraio del 2015, da amministratore delegato di Expo, firma (“Sul mio onore dichiaro…”) un’autocertificazione in cui “dimentica” di segnalare, tra le sue proprietà e attività economiche, una casa in Svizzera, un’immobiliare in Romania e una società in Italia (Kenergy). Dopo un articolo del Fatto ripreso dall’esposto di un politico di centrodestra, la Procura apre un fascicolo, in gran segreto, “a modello 21”, cioè con iscrizione di Giuseppe Sala nel registro delle notizie di reato a carico di persone note. Ora la Procura milanese ha davanti due strade: la prima è considerare il comportamento di Sala un possibile reato, falso in autocertificazione, pene fino a 2 anni di reclusione; oppure, più probabilmente, ritenerlo un illecito amministrativo. In questo caso, il pm chiederà al gip di archiviare il procedimento e di trasmettere gli atti al prefetto di Milano, l’autorità che ha il potere di comminare le sanzioni amministrative previste. In ogni caso, un brutto inizio per il nuovo sindaco di Milano. In precedenza, Sala era stato indagato per abuso d’ufficio, e poi archiviato, per l’appalto della ristorazione Expo concesso senza gara a Oscar Farinetti, grande amico e sostenitore di Matteo Renzi.
Il socio. Sala offre l’assessorato più “pesante”, quello al Bilancio, arricchito della delega al Demanio, a Roberto Tasca, professionista e professore universitario, presidente della vigilanza di Fondo Strategico Italiano e di Simest (entrambi di Cassa Depositi e Prestiti), ma soprattutto socio negli affari privati di Sala. È sua una quota di Kenergy, una delle società (produce energia elettrica) che Mr. Expo ha “dimenticato” di dichiarare nell’autocertificazione giurata del 2015. “Ma non c’è alcun conflitto d’interessi”, ha tagliato corto Sala.
L’indagata. Chi nomina segretario generale del Comune di Milano? Sala sceglie una persona imputata per reati contro la Pubblica amministrazione, a cui deve revocare la nomina dopo soli cinque giorni. Antonella Petrocelli era segretario generale del Comune di Como nel 2014, quando aveva conferito gli incarichi per la progettazione della terza variante del piccolo Mose comasco, il sistema di paratie che con i suoi cantieri, bloccati da anni, deturpa il lungolago della città lariana. Quella variante, oggetto di una inchiesta della Procura di Como, è considerata illegittima. Dunque Petrocelli aveva ricevuto un avviso di garanzia per turbativa d’asta. La notizia era nota, notissima. Eppure Sala sceglie Petrocelli per metterla al vertice dell’amministrazione comunale. Nominata venerdì 15 luglio 2016. Con una strana clausola: “L’incarico sarà interrotto immediatamente nel caso in cui l’autorità giudiziaria adotti provvedimenti ulteriori, quali la richiesta di rinvio a giudizio o altro atto da cui risulti l’esistenza di fondati indizi a carico dell’interessata”. In realtà, già il giorno prima, giovedì 14 luglio, il giudice delle indagini preliminari di Como aveva disposto per Petrocelli il giudizio immediato per turbativa d’asta, processo fissato per il 24 novembre 2016. A Milano se ne accorgono solo cinque giorni dopo e mercoledì 20 luglio cacciano la funzionaria: l’incarico più breve nella storia di Palazzo Marino.
Doppio gabinetto. Come direttore generale del Comune, Sala sceglie Arabella Caporello, fondatrice di un circolo Pd di Milano e manager con in curriculum un passaggio importante: quello alla Leopolda di Renzi. Come capo di gabinetto, Sala chiama al volo Mario Vanni, avvocato. È un premio per il lavoro fatto in campagna elettorale: Vanni, tesoriere del Pd milanese, è stato il coordinatore della comunicazione e della promozione politica, attività determinanti per la vittoria di Sala. Il sindaco lo chiama con nomina diretta, senza gara, con stipendio da dirigente. Ma Vanni non è dirigente e secondo la legge Madia non può fare il capo di gabinetto. Così il sindaco si deve tenere anche il vecchio capo di gabinetto di Giuliano Pisapia, con il compito di firmare gli atti che Vanni non può firmare. Poi, per sanare il pasticcio, confeziona una gara (su misura?): bando il 7 luglio 2016, presentazione domande entro il 18 luglio. Indovinate chi ha vinto? Vanni.
Sala magica. I collaboratori più fidati di Sala a Palazzo Marino vengono tutti da Expo e sono passati per la campagna elettorale. Due consulenti d’oro: Roberto Arditti e Marco Pogliani, uomini di pubbliche relazioni dell’esposizione, poi della campagna per Sala sindaco, ora sono premiati con due ricchi contratti di consulenza. Niente gara, ma due “selezioni con procedura comparativa per professionisti esterni all’amministrazione”. Avviso aperto il 16 agosto, chiuso il 26 senza graduatoria ma con i soli nomi dei vincitori. Stefano Gallizzi, paziente ed efficiente uomo-stampa di Expo e poi della gara elettorale, ora è portavoce del sindaco, affiancato da Valentina Morelli, che teneva l’agenda della campagna. Avete mai letto polemiche o dubbi su queste vicende?

Facciamo chiarezza, di Virginia Raggi.

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Facciamo chiarezza. 
Voglio spiegare con semplicità cosa è accaduto o, meglio, cosa sta accadendo. 

Stiamo aspettando di leggere il fascicolo della procura che riguarda l’assessore all’Ambiente Paola Muraro. Le ho imposto, per senso di responsabilità nei confronti dei cittadini – che vengono prima di tutti - di lavorare per mantenere pulita Roma.
In merito alla sua posizione non c’è un fatto, un riferimento temporale o un luogo o una circostanza specifica per capire di che si tratta. 
Non c’è altra informazione. Lo ripeto: vogliamo leggere le carte. Ci auguriamo e chiediamo che arrivino quanto prima.
E siate certi che nel caso ravvisassimo profili di illiceità, agiremmo di conseguenza. Sconti non ne abbiamo mai fatti a nessuno e continueremo a non farli.
Lo dico chiaro a tutti: saranno i pm a decidere se c’è una ipotesi di reato o si va verso una richiesta di archiviazione. Non i partiti o qualche giornale. Intanto, l’assessore deve continuare ad impegnarsi per ripulire la città. E si metta fine alle polemiche.
Non è passato giorno senza che ci sia un attacco, un’accusa. Io ho le spalle larghe e non ho paura. Voglio migliorare Roma. Sono stati giorni e notti di lavoro senza sosta. Mi sto dedicando anima e corpo alla città. Siamo dei cittadini chiamati a ricostruire dopo 30 anni di cancrena di un sistema politico corrotto. 
Inoltre, ho deciso di prendere dei provvedimenti per la riorganizzazione della macchina amministrativa.
Ma ora Roma ha bisogno di altri e più urgenti interventi. Io e la mia giunta siamo stati chiamati a lavorare per questo. Diamo fastidio a qualcuno ma nessuno ci fermerà.
P.S.: L’attuale vice capo di gabinetto Raffaele Marra sarà ricollocato in altra posizione

M5s a Roma, perché stavolta sto con la Raggi e coi Cinque Stelle. - Diego Fusaro

M5s a Roma, perché stavolta sto con la Raggi e coi Cinque Stelle


Non sono del Movimento Cinque Stelle. Sono un osservatore esterno, che da sempre guarda con curiosità e interesse al Movimento, pur senza aderirvi e, spesso, senza risparmiare critiche anche serrate. In questo caso, tuttavia, la mia solidarietà al Movimento e alla Raggi è incondizionataQuello che sta accadendo a Roma è indecoroso. Stanno cercando, mediante l’opinione pubblica manipolata e la leva degli illeciti (i quali, ove vi siano, vanno ovviamente puniti a norma di legge), di delegittimare integralmente un movimento politico che ha democraticamente vinto le elezioni e che, peraltro, nemmeno ha ancora avuto modo di iniziare davvero ad amministrare Roma.
Con le parole di Gramsci, che ovviamente non era (né avrebbe potuto essere) del Cinque Stelle e che sicuramente oggi sarebbe bollato come “complottista” e “populista” dal Ministero della Verità, “lo Stato quando vuole iniziare un’azione poco popolare crea preventivamente l’opinione pubblica adeguata” (Quaderni del carcere). Questo è il punto. I poteri forti e, con essi, quel Pd che è loro servo fedele e che non fa mistero di tutelare gli interessi del capitale contro il lavoro (leopolde varie con Serra, attacco ai lavoratori del Colosseo, elogi sperticati di Marchionne, ecc.), hanno già deciso: il Cinque Stelle deve essere abbattuto e delegittimato. Perché è di impaccio rispetto a essi.
Non ho mai fatto mistero dei limiti del Cinque Stelle (assenza di una linea cultural-politica precisa, di una chiara forma partitica, ecc.), né dei suoi meriti: tra questi ultimi, il superamento della dicotomia obsoleta di destra e sinistra, l’individuazione del nemico principale nel capitale finanziario e nelle sue propaggini (Unione europea, Usa, ecc.). Il fatto che oggi il Cinque Stelle stia subendo questo vile e abominevole linciaggio mediatico a reti unificate è la spia che ci segnala evidentemente quanto esso sia sgradito ai poteri forti e, di conseguenza, ai loro cani da guardia, in primis al circo mediatico, al clero giornalistico prezzolatissimo e agli intellettuali a guinzaglio più o meno corto.
La vicenda delle Olimpiadi di Roma mi pare dirimente: la Raggi s’è giustamente opposta alle Olimpiadi, andando a toccare interessi immensi di poteri forti che ora, com’è naturale, hanno deciso di prenderla di mira. Questo è il punto. Proprio come accadde con Marino, sempre a Roma. È, ancora una volta, il modello di Mani Pulite (1992), colpo di stato giudiziario ed extraparlamentare con cui, in nome della lotta alla corruzione, si eliminò una prima Repubblica centrata sui diritti sociali e sul lavoro per aprire la strada alla “rivoluzione liberista” della distruzione del sociale, del lavoro e dei diritti.
Svegliamoci, prima che sia troppo tardi. E, soprattutto, aderiamo al movimento degli “apoti”, come li chiamava Prezzolini: ossia di quelli che non si bevono tutte le menzogne che il circo mediatico senza tregua propina.