giovedì 13 agosto 2015

ECCO IL PERCHE’ DELL’ULTIMA “GUERRA” VALUTARIA USA-CINA. - Pepe Escobar

cina

Se gli USA sono in una situazione di quantitative easing perenne, va bene. Quando l’UE fa anch’essa QE, va bene. Ma se la Bank of China decide che è nei migliori interessi della nazione far scendere un po’ lo yuan invece di continuare ad aumentarne il valore, allora è l’Apocalisse.

Ci sono voluti due giorni consecutivi di svalutazione dello yuan da parte della Bank of China – muovendosi all’interno della fascia del 2% che le è consentito – per far perdere il senno a tutte le scimmie urlatrici della finanza mondiale.

Dimentichiamoci l’isteria. Il cuore della situazione è che Pechino ha deciso di premere sull’acceleratore in un gioco piuttosto complesso ed a lungo termine: per liberalizzare il tasso di scambio dello yuan, renderlo libero di fluttuare contro il dollaro USA e portarlo a far parte delle riserve di valuta internazionale.
Per cui questa è essenzialmente una strategia di liberalizzazione del tasso di cambio – non una “guerra” di valuta, come i frenetici esperti sostengono da Washington/Wall Street a Tokio, passando per Londra e Bruxelles.

Guardiamo alcune reazioni degli esperti
L’ex non-executive chairman di Morgan Stanley in Asia, Stepen Roach, diffonde la prevedibile ortodossia della Dea del Mercato, mettendo in guardia circa la “concreta possibilità di una nuova e sempre più destabilizzante schermaglia nella sempre in espansione guerra mondiale delle valute. La corsa al ribasso è appena diventata un buon affare molto infido”.
Una nota rilasciata da un gruppo di analisti di HSBC è più realistica “La pressione da deprezzamento contro le valute asiatiche, causata dalle azioni della Cina dovrebbe sfumare, dato che la nazione non sta puntando ad arrivare ad uno yuan ancora più debole. Fare ciò contravverrebbe all’obiettivo di diffondere l’uso dello yuan a livello mondiale”.
Ma è Chantavarn Sucharitakul, assistente governatore della Banca di Thailandia, che centra il bersaglio a livello pan-asiatico “L’impatto a lungo termine dipenderà dal fatto che una maggiore flessibilità dello yuan possa beneficiare alle riforme economiche cinesi, mentre il deprezzamento potrebbe essere positivo per la crescita economica della Cina, con un conseguente beneficio anche nei commerci regionali”.
La Bank of China stessa, in un comunicato, sostiene che permetterà ai mercati di avere più influenza sul tasso di cambio dello yuan.
E ancor più fondamentale, afferma che non c’è una strategia economica dietro la svalutazione, facendo notare l’enorme surplus della Cina e le pazzesche riserve di valuta straniera.
Per come la interpreta Pechino, mantenere un legame forte con il dollaro USA ha interferito con la competitività della Cina nei confronti dei suoi maggiori partner – Giappone e Europa.
Per cui è il momento di scuotere la (barcollante) zattera. Dunque l’isteria da “guerra della valuta” – dato che il risultato pratico, a medio termine, sarà un ulteriore spinta alle esportazioni cinesi.
Se gli USA sono in una situazione di quantitative easing perenne, va bene. Quando l’UE fa anch’essa QE, va bene. Ma se la Bank of China decide che è nei migliori interessi della nazione far scendere un po’ lo yuan invece di continuare ad aumentarne il valore, allora è l’Apocalisse.

Basta fare i conti
Lo yuan strettamente legato al dollaro ha fatto molto comodo alla Cina - fino ad ora. I QE in Europa e Giappone hanno indebolito Euro e yen – mentre lo yuan è rimasto stabilmente legato al dollaro.
Traduzione: da un anno fa, nel giugno 2014, il vero cambio dello yuan è stato il più forte al mondo, guadagnando il 13.5%. più che il dollaro USA (12.8%).
Non è stato difficile per Pechino fare due conti, il forte legame con il dollaro stava erodendo la competitività cinese con i propri migliori partner commerciali.
Una semplice svalutazione del 2%potrebbe non bastare a spingere le esportazioni. Dopotutto lo yuan si è apprezzato di più del 10% nell’ultimo anno, nei confronti dei migliori partner commerciali cinesi.
Quindi il mantra a Pechino è circa “voci di rilievo all’interno del governo” che spingono affinchè la Bank of China faccia una svalutazione complessiva dello yuan del 10%. Ecco … quella spingerebbe di sicuro le esportazioni.
Per cui la svalutazione di questa settimana – che ha generato molta isteria – sembra puntare ad altre già pronte nella tabella di marcia.
Questa è la Cina, dove la pianificazione è questione di anni, non una follia che si trascina giorno dopo giorno di fronte alla Dea del Mercato, l’obiettivo del gioco è rendere lo yuan una valuta di riserva internazionale.
Un team di esperti del FMI è stato di recente a Shanghai, per parlare con ufficiali della Banca Centrale Cinese e del China Foreign Exchange Trading System, che supervisione il movimento di valuta estera in Cina, per stabilire se lo yuan possa far parte del paniere dei Diritti Speciali di Prelievo (SDR).
Non c’è da stupirsi che il FMI stesso ha apprezzato la recente svalutazione: “La Cina può, e deve, puntare a raggiungere un sistema di cambio fluttuante entro due o tre anni”.
Il FMI ammette inoltre che “Un cambio maggiormente influenzato dal mercato faciliterebbe le operazioni SDR in caso il Renmimbi [altro modo per definire lo yuan, NdT] fosse incluso nel paniere di valute in futuro”.
Per cui è tutto qui: aggiustamenti cinesi con un occhio vigile su uno yuan che si possa candidare allo status di valuta di riserva. La decisione finale del FMI dovrebbe essere tra la fine del 2015 o in autunno 2016.
Uno yuan internazionalizzato, reso valuta di riserva, implica una politica di scambio “determinata dal mercato”. Ecco a cosa punta in ultima istanza la Bank of China. Il resto è una tempesta in una tazzina da the (fatta di dollari).

Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a pepeasia@yahoo.com.
Fonte: http://sputniknews.com/
Link: http://sputniknews.com/columnists/20150812/1025667927/yuan-devaluation-reserve-currency.html
12.08.2015
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l'autore della traduzione FA RANCO

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=15433

Magna Grecia front



LA PRIMA ITALIA ERA LA CALABRIA, IL NOME ITALIA DERIVA DA RE ITALO RE DEGLI ENOTRI DI CALABRIA, GIA' PRIMA DELLA COLONIZZAZIONE GRECA DEL SUD!

« quella regione fu chiamata Italia da Italo, re arcade, [10] »
Narra Aristotele:

« Divenne Re dell'Enotria un certo Italo, dal quale si sarebbero chiamati, cambiando nome, Itali invece che Enotri. Dicono anche che questo Italo abbia trasformato gli Enotri, da nomadi che erano, in agricoltori e che abbia anche dato ad essi altre leggi, e per primo istituito i sissizi. Per questa ragione ancora oggi alcune delle popolazioni che discendono da lui praticano i sissizi e osservano alcune sue leggi »
(Aristotele, Politica, VII, 9, 2 [11])
e ancora:

« Italo, Re degli Enotri, da lui in seguito presero il nome di Itali e Italìa l'estrema propaggine delle coste europee delimitata a Nord dai golfi [di Squillace e di S.Eufemia], di lui dicono che abbia fatto degli Enotri, da nomadi che erano degli agricoltori stabili, e che abbia imposto loro nuove leggi, istituendo tra l'altro per primo le sissizie »
(Aristotele, Politica, VII, 10, 2-3 [12])