giovedì 6 ottobre 2016

Mps, indagati Profumo e Viola. - Stefano Elli 

Ansa


La procura di Siena ha aperto un fascicolo per false comunicazioni sociali e per manipolazione di mercato iscrivendo nel registro degli indagati sia l’ex presidente del Monte dei Paschi Alessandro Profumo sia il suo attuale amministratore delegato Fabrizio Viola
La notizia è giunta nel tardo pomeriggio di ieri anticipata dall’agenzia Reuters. Contestualmente si è appreso che il fascicolo, aperto sin dal 2015, è stato trasmesso già nel luglio scorso dalla procura senese a quella di Milano, per competenza territoriale. Il reato prevalente, infatti, cioè la manipolazione si sarebbe consumato laddove ha la sua sede Borsa italiana: dove si concentrano i suoi strumenti telematici di trasmissione delle informazioni. 
Al centro del nuovo dossier c’è una vecchia vicenda: quella dei due derivati Alexandria e Santorini che nei bilanci dal 2011 al 2014 sarebbero stati iscritti in bilancio in modo non corretto: non già per quello che erano, cioè strumenti di Credit default swap, ma di BTp. Sulla scorta dei bilanci finiti sotto la lente dei magistrati Mps ha varato due aumenti di capitale da 5 miliardi nel 2014 e da 3 miliardi nel 2015.
Una prosecuzione, dunque, di una falsa rappresentazione contabile iniziata nel 2008, sin dai tempi della gestione del Monte di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, che assieme ad altri 11 amministratori e manager del Monte, hanno già incassato una richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura milanese per i medesimi reati e una condanna in primo grado, a Siena, per ostacolo alla vigilanza. Ciò che potrebbe profilarsi dunque è un secondo troncone di un’inchiesta già ben consolidata sotto il profilo istruttorio e documentale. Dal canto suo la banca ha comunicato in una nota che «l’indicazione di Viola e Profumo quali soggetti indagati, trae origine da un esposto effettuato da un azionista della banca che peraltro, in sede assembleare, aveva proposto l’azione di responsabilità nei confronti dei predetti soggetti, azione poi respinta con sostanziale unanimità di voti. - E prosegue la nota - A fronte della ricezione di un esposto la magistratura è tenuta all’apertura di un fascicolo. 

Inoltre, sui medesimi fatti la procura della Repubblica di Milano ha già avuto modo di sottolineare la proattività del nuovo management della Banca nel contribuire a far luce sulle responsabilità di coloro che hanno effettivamente dato vita a tali operazioni». Un atto dovuto, dunque, che potrebbe anche risolversi con una richiesta di archiviazione.

Ma chi sono i grandi oppositori della nuova gestione di Rocca Salimbeni che con i loro esposti hanno dato origine alla nuova inchiesta? Uno è Giuseppe Bivona, ingegnere, ex banchiere della City londinese e attualmente a capo di Bluebell partners, l’altro è un avvocato senese Paolo Emilio Falaschi. 

Bivona si è trovato ad agire indossando due distinte casacche: da una parte ha collaborato con il Codacons, il coordinamento dei comitati di difesa dei consumatori, e dall’altra ha agito come responsabile di un fondo internazionale di private equity il Bluebell. Né Bivona e la sua creatura Bluebell sono nuovi a iniziative di questo genere. 
Si tratta dei medesimi soggetti che hanno chiesto e ottenuto, insieme al fondo Amber Capital, la revisione da parte della Consob dei parametri di prezzo per l’Opa lanciata dal colosso giapponese Hitachi sulla Ansaldo Sts detenuta da Finmeccanica. 
Un’iniziativa che anche in questo caso, ha portato all’apertura di un’inchiesta della Procura milanese affidata al pm Adriano Scudieri.
Dal canto suo, Falaschi, è estensore di numerosi esposti sulla attuale gestione del Monte dei Paschi, dei quali l’ultimo, recentissimo, era indirizzato al Meccanismo di vigilanza unico Banca Centrale europea (l’organo di supervisione europeo) è datato 27 luglio. E a quanto risulta al Sole24ore sembra che una risposta sia già arrivata, il 10 agosto scorso, da Francoforte nella quale si richiede all’estensore ulteriore documentazione a supporto delle sue tesi.
Un agosto particolamente caldo come si vede, per ex e attuali amministratori del Monte. La scorsa settimana sempre da Siena, era giunta la notizia della notifica della chiusura delle indagini per associazione a delinquere transnazionale sulla cosiddetta «banda del 5%». Una pattuglia di manager del Monte, guidata dal’ex capo dell’area finanza della banca Gian Luca Baldassarri che avrebbe distratto milioni di euro dagli attivi della banca in operazioni dall’esito predeterminato.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-08-19/mps-indagati-profumo-e-viola-080503.shtml

Deutsche Bank accusata di collusione con Mps.

Deutsche Bank

Deutsche Bank accusata per collusione con Mps per aver nascosto le perdite dell’istituto italiano. L'istituto di credito tedesco nel 2013 avrebbe trasformato crediti in derivati.


Deutsche Bank, incriminata per collusione con Monte dei Paschi  per nascondere le perdite dell’istituto italiano, avrebbe occultato la transazione e decine di altre nei propri bilanci, secondo una verifica dell’istituto di vigilanza della Germania. E’ la ricostruzione fatta da Blomberg che ha potuto visionare una delle perizie.

I dirigenti di Deutsche Bank avrebbero trattato 103 operazioni simili, per un valore complessivo di 10,5 miliardi di euro (11,8 miliardi di dollari) per 30 clienti secondo la perizia, una copia della quale è stata vista da Bloomberg. L'istituto di credito tedesco avrebbe regolato la contabilizzazione di 37 di quei trade nel 2013, oltre a quello di Monte Paschi , trasformandoli da crediti, che erano stati tenuti fuori dai bilanci, in derivati.
L'uso diffuso di una transazione che è ora oggetto di un procedimento penale mette in evidenza l'appetito del creditore per la complessità in un momento in cui la banca stava espandendo il suo impero a reddito fisso. Mentre Deutsche Bank da allora ha tagliato le attività rischiose ed eliminato migliaia di posti di lavoro per rafforzare il capitale, enormi spese legali sono diventate una fonte di crescente preoccupazione per gli investitori, facendo crollare le azioni.
L'audit ha rilevato che, mentre Monte Paschi  è stato l'unico cliente che ha usato una transazione per fare un maquillage ai propri bilanci, Deutsche Bank non ha registrato correttamente operazioni simili con banche fatte dall’Italia all’Indonesia tra il 2008 e il 2010. Il rapporto ha anche detto che i vertici non hanno autorizzato correttamente l’operazione Monte Paschi , o rivisto adeguatamente la transazione dopo aver ricevuto un mandato di comparizione da parte della Federal Reserve Usa nel 2012.
Monte Paschi ha rivisto i conti nel 2013, dopo che queste transazioni sono venute alla luce, e ulteriormente rivisto i risultati nel 2015 su richiesta dell’autorità di vigilanza italiana. Deutsche Bank ha riaffermato che l’operazione non ha influenzato la sua redditività, e che la banca non ha rivisto gli utili prima del 2013, perché l'effetto complessivo non era significativo, ha sottolineato l'audit. Deutsche Bank alla fine di settembre del 2013 aveva un patrimonio di circa 1800 miliardi di euro.
"Deutsche Bank nel settembre 2013 ha riclassificato il modo in cui registrava sui libri contabili un certo numero di cosiddette operazioni pronti contro termine, riclassificazione che però non ha avuto alcun impatto sugli utili di Deutsche Bank", riportava la mail di Adrian Cox, portavoce della sede londinese della banca. "Il fatto che tali operazioni sono state trasformate in prestiti non comporta una connessione tra loro e con il caso particolare di Monte Paschi ."
Deutsche Bank e sei dirigenti, attuali ed ex, tra cui Michele Faissola (che ha curato i tassi globali a quel tempo) e Ivor Dunbar (ex co-responsabile del mercato dei capitali), sono stati incriminati da un tribunale di Milano il 1 ° ottobre 2008 per la transazione Monte Paschi  . Entrambi, insieme al co-ceo di Deutsche Bank Anshu Jain, hanno lasciato l'azienda.

Di recente la richiesta del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti di 14 miliardi di dollari per risolvere un'indagine sulla vendita di titoli garantiti da mutui residenziali, che è stata respinta dalla banca, ha sollevato le domande tra alcuni investitori e clienti circa la capacità di Deutsche Bank di resistere ai costi legali in attesa del giudizio. Il ceo John Cryan ha inviato una nota al personale la scorsa settimana dicendo che la banca è più sicura che in qualsiasi momento negli ultimi due decenni.

“I mercati sono rimasti scossi dalla possibilità che altri incidenti del genere debbano ancora accadere”, ha spiegato un analista londinese di Kepler Cheuvreux ai clienti il 29 settembre. L'istituto di credito ha circa 29 miliardi di euro di asset cosiddetti di livello 3, che sono i più difficili da valutare: il loro valore di mercato di circa 16 miliardi di euro fa tremare i polsi.

La verifica è stata effettuata dalla società di revisione contabile Peters Schoenberger & Partner, ed è stata commissionata da BaFin, il regolatore finanziario mercati tedesco, nel gennaio 2014 per esaminare il ruolo di Deutsche Bank nell’operazione Monte Paschi  e come i manager avevano reagito alla successiva indagine interna. La banca italiana aveva utilizzato il credito per nascondere una perdita da trading in una precedente operazione condotta con Deutsche Bank, come riportato da Bloomberg nel 2013. La verifica si è conclusa nel dicembre 2014.
Secondo l’audit, “La gestione del rischio da parte di Deutsche Bank per quanto riguarda una complessa operazione di finanziamento strutturato come quella con Mps  era palesemente inadeguata e inefficace, dati i rischi reputazionali impliciti”.

Conosciuti internamente come pronti contro termine migliorati, i deal sono stati tenuti fuori bilancio da Deutsche Bank annullandoli attraverso passività separate create nelle transazioni, secondo i documenti esaminati da Bloomberg. Deutsche Bank ha venduto le garanzie dei prestiti che il mutuatario aveva fornito, come per esempio i titoli di Stato, creando un obbligo per la banca di restituire alla fine i bond. Nella contabilità originale il credito è stato compensato da tale obbligazione, facendola di fatto scomparire. Tutto ciò avrebbe dato al bilancio Deutsche Bank un aspetto più sano aumentando i coefficienti patrimoniali.
Secondo la perizia, l’operazione di maquillage ha permesso di non contabilizzare subito le perdite e di poter invece beneficiare della contabilità per competenza e quindi di contabilizzarle nel corso di un periodo di tempo più lungo.

La revisione ha detto che Fed controllo di accordo Monte Paschi  di Deutsche Bank alla fine del 2011 ha portato a un mandato di comparizione qualche mese più tardi. BaFin ha espresso preoccupazione per la Deutsche Bank di "cosmesi di bilancio" poco dopo.

Anche quella volta al G8 di Genova era pieno di epilettici, no? #casocucchi

Referendum costituzionale, perché il Financial Times dice "no". - Tony Barber


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Riforma inutile, un "ponte verso il nulla": non servono leggi approvate più rapidamente, servono leggi migliori e che siano fatte rispettare.


Tony Barber sul Financial Times picchia duro contro la riforma costituzionale voluta da Renzi e contro l'Italicum. A cominciare dal titolo - Un ponte costituzionale verso il nulla - l'editoriale è una breve ma ficcante requisitoria non solo e non tanto sulla qualità della riforma quanto sulla sua irrilevanza.
In sostanza, dice Barber che queste riforme costituzionali volute da Renzi farebbero poco per migliorare "la qualità del governo, della produzione legislativa e della politica".
Perché, aggiunge l'editorialista del quotidiano britannico, quel che serve all'Italia non sono leggi approvate con più rapidità; servono invece meno leggi  e che siano migliori. Devono essere scritte con cura, precisa ancora, e fatte rispettare. Invece che lasciare che siano bloccate o aggirate dalla pubblica amministrazione, dagli interessi particolari o dai cittadini.
Anche per l'Italicum il giudizio è negativo: una riforma davvero pessima.
Barber affronta anche l'argomento usato nelle cancellerie europee, dal governo americano e nelle istituzioni dell'Unione: si dice che una sconfitta di Renzi al referendum provocherebbe una pericolosa instabilità poilitica e destabilizzerebbe il paese, dando il via libera al Movimento cinque Stelle, l'anti-establishment. 

Sbagliato, dice Barber: chi l'ha detto che una vittoria del no destabilizzerebbe il paese? 
Anzi, sarebbe una vittoria del "Sì" invece a far male, perché potrebbe rafforzare "la follia di mettere l'obiettivo tattico della sopravvivenza di Renzi" davanti alla necessità strategica di avere una democrazia sana per l'Italia.
Va aggiunto tuttavia che con questo editoriale Barber sembra aver cambiato idea rispetto a luglio quando scrisse che la sconfitta di Renzi al referendum "rischierebbe di gettare l’Italia in uno stato di prolungata instabilità politica ed economica".
Barber aggiungeva anche che la vittoria del "no" potrebbe mettere l’Italia, paese cruciale per la sopravvivenza dell’unione monetaria, nelle mani di un partito idiosincratico, del tutto inesperto a livello nazionale e che vuole far uscire il paese dall’eurozona".
D'altra parte si potrebbe anche dire che l'editoriale di luglio non entrasse nel merito della riforma ma si limitasse a valutare le possibili conseguenze del risultato referendario. Conseguenze sulle quali, comunque, Barber ha cambiato idea.
Intanto il Comitato per il Sì risponde a Barber. "Non abbiamo enfatizzato le voci della stampa estera che si sono espresse a favore della riforma costituzionale, così non ci strappiamo le vesti quando leggiamo posizioni critiche, come quella espressa ieri a titolo personale da Tony Barber sul Financial Times". 
Così dice un post che si legge sul sito internet del Comitato per il sì "Basta un sì".
"Secondo Barber - prosegue il post - l'Italia non ha bisogno di più leggi, ma di meno leggi fatte meglio. Siamo d'accordo, sapete? Solo che per ridurre la quantità di leggi cui gli italiani sono soggetti - cioè quella burocrazia con cui purtroppo facciamo quotidianamente i conti - occorrono leggi di semplificazione, riforme, piani ben strutturati. Cioè occorre un Parlamento che possa funzionare in modo più semplice e occorre che siano meglio chiarite le competenze dello Stato e quelle delle Regioni. Le troppe leggi scritte male e i mille ostacoli che queste incontrano per essere applicate sono il frutto della confusione dei poteri, del fatto che oggi "tutti fanno tutto". Non a caso, nei nostri manifesti affissi in giro per le città parliamo di "leggi più semplici".
"La riforma è il primo passo verso il futuro - si legge ancora - non il traguardo. Nessuno ha mai pensato che la riforma costituzionale sia una bacchetta magica per risolvere i problemi italiani. Noi crediamo piuttosto che la nuova Costituzione sara' una cassetta degli attrezzi a disposizione delle prossime generazioni di italiani per governare meglio l'Italia in un mondo estremamente complesso. Se noi italiani sapremo usare bene gli strumenti messi a disposizione, l'Italia ne beneficerà. Se non sapremo farlo, ne pagheremo le conseguenze".
"Ciò di cui siamo assolutamente convinti è la necessità della riforma per dare finalmente stabilità e governabilità all'Italia. Forse qualcuno all'estero è troppo attaccato al pregiudizio dell'Italietta debole e divisa per mettersi a studiare in concreto la riforma e coglierne gli aspetti salienti e la portata sistemica. E non ci riferiamo certo al Financial Times, che - al netto delle posizioni personali espresse in singoli articoli - non ha mancato di incoraggiare la modernizzazione del nostro Paese, anche attraverso la riforma costituzionale. A chi invece vorrebbe confinare l'Italia in un ruolo di ripiego, risponderà chi vota, cioè gli italiani, che si stanno informando ogni giorno di più".