giovedì 10 giugno 2021

Palermo, il fratello del boss Cillari gestiva un giro d’usura: 4 arresti. Fra le vittime il conduttore Marco Baldini. - Salvo Palazzolo

 

Nella rete degli strozzini sono finiti soprattutto antiquari, fra la Sicilia e Roma. L'indagine della Guardia di finanza ha fatto scattare un sequestro di beni per 500 mila euro, sigilli a un ristorante.

I suoi complici lo chiamavano “succhiasangue”. Salvatore Cillari, fratello di un boss all'ergastolo, era uno spietato usuraio, imponeva tassi di interesse fino al 140 per cento annuo. Stanotte, è stato arrestato dai finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo, ai domiciliari sono finiti il figlio Gabriele e altre due persone, Matteo Reina e Giovanni Cannatella. Un quinto indagato, Achille Cuccia, ha il divieto di dimora a Palermo. Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis  e dalla sostituta Federica Paiola hanno svelato un vasto giro di usura fra la Sicilia e Roma. Fra le vittime, anche il conduttore radiofonico Marco Baldini, che già altre volte era finito nelle grinfie degli strozzini. Dalle intercettazioni è emerso che nel giugno 2018 doveva dare ancora 60 mila euro a Cillari.

Le intercettazioni.

Sono drammatiche le conversazioni captate dalla Finanza: “Ora domenica parte – un complice raccontava l’ultima chiamata di Cillari a Baldini – ci ha telefonato… vedi che sto salendo, ti sto venendo a rompere le corna”. Nelle intercettazioni sono finite anche le telefonate fra l’usuraio e il conduttore. “Sti soldi, com’è finita Marco? Manco una lira”, diceva lo strozzino. Era il gennaio 2017. “Domani ci vediamo, stai tranquillo”, rispondeva Baldini. Tre mesi dopo, i toni di Cillari erano più pesanti: “Mi dai sempre delle notizie, poi sempre mi lasci in asso”. E ancora: “Tu dici che dovevi prendere i soldi, sono passati sette mesi, non prendi nulla. Marco io so solo una cosa, ti ho fatto solo del bene a te… Lo sai quanto ti voglio bene e quanto ti ho aiutato”. Nel giugno 2018, una nuova telefonata dell’usuraio: “Ora basta, sono passati anni. Ora basta Marco. Mercoledì sono a Roma e ci sto fino a venerdì”. Cillari, che ha 63 anni, aveva sempre modi alquanto sbrigativi. E, soprattutto, tante frequentazioni, anche con esponenti della criminalità organizzata. Il gip Marco Gaeta parla di "contiguità" con esponenti del mandamento mafioso di Porta Nuova, "favoriti dal rapporto con il fratello Gioacchino", ritenuto un killer di Cosa nostra.

Il ristorante L'Acerba sequestrato dalla Finanza 

Il riciclaggio.

I proventi del giro di usura sarebbero stati riciclati dal figlio di Cillari, Gabriele, che negli ultimi anni era diventato uno dei protagonisti della movida palermitana: aveva aperto un locale all’interno del mercato del Capo, l’Acerba osteria dinamica, a metà fra galleria d’arte e ristorante. Adesso, l’attività è sotto sequestro. Sigilli anche a due immobili, conti correnti e una moto.

Dice il generale Antonio Quintavalle Cecere, il comandante provinciale della Guardia di finanza di Palermo: “Purtroppo, dispiace registrare che le vittime non sono state collaborative con gli investigatori, nonostante le pressanti intimidazioni e minacce subite dagli usurai. Ribadisco ancora una volta che l’unico modo per uscire dalla morsa dell’usura, così come dell’estorsione, è denunciare questi criminali”.

Le vittime di Cillari sono soprattutto antiquari, come Cannatella, ritenuto il referente del gruppo nella Capitale. Gli usurai puntavano a nuovi affari. Cercavano di trarre il massimo di profitto dalla crisi economica dovuta all’emergenza Covid. “I rischi di usura sono sensibilmente aumentati – spiega il colonnello Gianluca Angelini, il comandante del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo – per questo, l’impegno investigativo è costante per contrastare ogni tentativo della criminalità di strumentalizzare le difficoltà di famiglie e imprese per ottenere ulteriori profitti illeciti”.

La Repubblica

Ecco Mr. Michetti: danni alla Regione per 839mila euro. - Vincenzo Bisbiglia

 

Il sito “Gazzetta amministrativa”.

Per una serie di abbonamenti, accessi web e servizi di formazione del personale, ora alcuni ex politici della Regione Lazio rischiano che venga contestato un danno erariale di oltre 800 mila euro. Perché quei servizi – finiti nel mirino della Corte dei conti – secondo la Finanza sono stati acquistati in passato a prezzi gonfiati o in altri casi erano fruibili gratuitamente. Chi vende è la società Gazzetta Amministrativa Srl, legata alla Fondazione Gari, presieduta da Enrico Michetti, da ieri candidato del centrodestra come sindaco di Roma, voluto da Giorgia Meloni. La società gestisce il portale Gazzetta Amministrativa.it. Nel mirino dei pm contabili – che, come rivelato dal Fatto hanno aperto un fascicolo – ci sono finiti i soldi spesi in gran parte fra il 2010 e il 2012 dal Consiglio regionale della Regione Lazio (allora guidata dalla Polverini). Spese che secondo la Gdf potrebbero aver causato un danno erariale di 839.540 euro. I rilievi che non riguardano direttamente né l’imprenditore-candidato né la Gazzetta Amministrativa Srl, ma l’ente pubblico che ha acquistato i servizi.

Gli investigatori in un’informativa del 30 marzo hanno ripercorso dunque tutti i pagamenti della Pisana. Un affidamento riguarda “servizi online di supporto tecnico-giuridico all’Amministrazione regionale degli enti locali, nel triennio 2011-2014”, mediante l’attivazione di 1.500 accessi riservati al portale. Costo totale: 810 mila euro. Il pacchetto di accessi al sito fu acquistato in seguito a un protocollo d’intesa firmato il 5 aprile 2011 dall’allora presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese (ex FI): a suo carico i finanzieri ipotizzano un danno erariale (non ancora contestato dai pm contabili) di 701.100 euro, in solido con l’allora segretario generale, Nazzareno Cecinelli, che ratificò la convenzione. Per gli inquirenti, alcuni dei servizi contrattualizzati con il Consiglio regionale “potevano essere fruiti gratuitamente”. Non solo. Dalle verifiche è emerso che la Gazzetta Amministrativa srl aveva autorizzato ben 9.309 accessi riservati, “sintomatico – scrive la Gdf – di un minor valore degli accessi riservati acquistati”, il cui costo i militari quantificano in 29 euro l’anno, contro i 180 euro “riconosciuti dalla convenzione”. La Regione, per la Gdf, avrebbe dovuto pagare 108.900 euro, contro gli 810.000 euro bonificati.

Il secondo affidamento riguarda un “servizio formativo” per 430 dipendenti della Regione Lazio, come stabilito da una delibera del 2012, firmata da Abbruzzese e ratificata da Cecinelli. Per la Finanza, “per i 2 corsi erogati in convenzione, nel periodo 2012-2013, sono stati richiesti dalla società e pagati dall’Ente regionale 365.000 euro, ovvero 182.500 euro per edizione/corso”. Il problema è che, successivamente, la società aveva proposto un pagamento “in via forfetaria” rifiutato dalla Regione: “Se nell’atto convenzionale – si legge – fossero state applicate le stesse condizioni economiche poi proposte dalla società appaltatrice (…) i 2 corsi erogati e pagati avrebbero avuto un costo di 240.000 euro invece di 365.000”. La Finanza ha analizzato anche l’acquisto di 320 abbonamenti annuali alla rivista trimestrale “Gazzetta Amministrativa dei Comuni e delle Province d’Italia”, comprati dalla Regione nel 2007 (presidente Marrazzo). Per i militari il prezzo finale degli abbonamenti è gonfiato, non essendo stato applicato lo sconto del 25%, previsto in listino, per chi acquistava più di 100 copie. Nei giorni scorsi sui servizi acquistati dalla Pisana la fondazione Gari ci ha scritto: “Trattasi di attività espletate da soggetto distinto e diverso dalla Fondazione, (…) eventuali verifiche della Corte dei conti (…) potrebbero riguardare unicamente l’operato del soggetto pubblico e giammai il soggetto privato che ha svolto regolarmente le attività”. Sono le spese della Regione Lazio a finire nel mirino dei pm contabili. Non la società che ha erogato i servizi, per la Finanza però acquistati a prezzi gonfiati.

ILFQ

Le larve intese. - Marco Travaglio

 

Fa discutere il processo a Torino contro l’assistente di Gianni Vattimo per circonvenzione di incapace ai danni del grande filosofo, che peraltro nega di essere mai stato circonvenuto. In ogni caso, se anche il reato ci fosse, sarebbe circonvenzione di capace. Intanto, nell’indifferenza generale, si consuma una collettiva circonvenzione di incapaci (e anche di capaci): quella del governo più sopravvalutato della storia ai danni del popolo italiano. È una sorta di incantesimo a mezzo stampa e tv che obbliga tutti a giurare fedeltà a Draghi e pure ai suoi ministri, quasi tutti scarsi, per non parlare di altri fenomeni tipo il commissario Penna Bianca. Chiunque azzardi una sia pur timida critica viene additato come sabotatore e disfattista, nemico del popolo e della nazione. E se chi rappresenta in Parlamento un milione di elettori si permette di suggerire una legge, un emendamento, un comma, apriti cielo! Come osa la zecca “piantare bandierine in un momento come questo”? “Tirare Draghi per la giacchetta”? Non sa che “i partiti devono fare un passo indietro” (perchè, non è dato di sapere)? Non sa che “l’Europa ci guarda e non vuole divisioni in questa fase” (Conte invece si poteva lapidarlo; e figurarsi se ci guardassero pure l’Asia, l’Africa, l’America e l’Oceania)? A questo sortilegio tutto magico e niente politico si può opporre soltanto la forza dei fatti, casomai fregassero a qualcuno.

Finora, a parte copiare il 95% del Recovery Plan (con un 5% peggiorativo) e proseguire (in peggio) la campagna vaccinale del governo precedente, questo Governo dei Mediocri spacciati per Migliori ha, nell’ ordine: varato il condono fiscale e la sanatoria sui precari della scuola, nascosto un condono edilizio nel Superbonus, attentato ai poteri dell’Anticorruzione, sbloccato i licenziamenti, cancellato il salario minimo, anticipato la chiusura delle scuole dopo aver promesso di allungarla, sdoganato il Ponte sullo Stretto, dirottato la transizione ecologica su nucleare, idrogeno blu e inceneritori, gonfiato i consensi alle destre. E ora pasticcia sugli Open Day per svuotare i magazzini pieni di Astrazeneca e Johnson&Johnson, mettendo in pericolo i giovani (che rischiano più da quei vaccini consigliati agli over 60 che dal Covid). Un giorno o l’altro, si avvererà la fiaba di Andersen del re vanitoso che, convinto da due impostori a indossare un abito magnifico, ma invisibile agli stolti e agli indegni, sfila in déshabillé senza che nessuno obietti alcunché, perché tutti temono di passare per stolti o per indegni. Finché un bimbo, ignaro di tutto, rompe l’incantesimo: “Ma il re è nudo!”. E scattano 92 minuti di applausi (ah no, quelli erano per Fantozzi sulla Corazzata Potëmkin, ma ci siamo capiti).

IlFQ

La Commissione avvia una procedura contro l'Italia sul mercato dei mutui.

 

Una seconda procedura contro l'Italia per i ritardi nei pagamenti.


BRUXELLES -  La Commissione Ue ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia perché non applica pienamente la direttiva Ue sul credito ipotecario, in particolare le disposizioni su libertà di stabilimento, libera circolazione e vigilanza dei servizi degli intermediari del credito. L'obiettivo della direttiva, ricorda Bruxelles, è aumentare la protezione dei consumatori nel settore dei mutui e promuovere la concorrenza, tra l'altro, aprendo i mercati nazionali agli intermediari. "Una maggiore concorrenza dovrebbe andare a vantaggio dei consumatori, consentendo una scelta più ampia e a costi inferiori", precisa Bruxelles.

La Commissione ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia per non essersi conformata alla direttiva sui ritardi di pagamento con "effetti negativi sulle aziende in quanto ne riducono la liquidità, ne impediscono la crescita e ostacolano la loro resilienza e la loro capacità di diventare più ecologiche e più digitali". La direttiva sui ritardi di pagamento impone alle autorità pubbliche di saldare le fatture entro 30 giorni (60 giorni nel caso degli ospedali pubblici). La Commissione ha inviato una lettera di messa in mora all'Italia, in quanto la normativa nazionale sulle spese di giustizia esclude dall'ambito di applicazione della direttiva il noleggio di apparecchiature per intercettazioni telefoniche nelle indagini penali. Per la Commissione "l'esclusione di tali transazioni" impedisce alle società di noleggio "di esercitare i diritti previsti dalla direttiva stessa". L'Italia ha 2 mesi per rispondere alla lettera e per adottare le misure necessarie, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato.

ANSA