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domenica 22 settembre 2024

Italia, il grande malato d’Europa. - Daniela Padoan

 

di DANIELA PADOAN. L’anomalia italiana è la destra estrema al potere, unico caso tra i paesi fondatori in una Unione Europea dove le forze reazionarie sono forti ma non tanto da salire al governo. In questa unicità, la maggioranza della presidente Meloni procede a tappe forzate nel completare riforme e varare nuove leggi che rendono l’Italia un paese sempre più malato di autoritarismo.

In numerosi Stati membri le destre estreme hanno raggiunto dimensioni preoccupanti per numero di adesioni e legittimazione nel discorso pubblico, ma in nessun Paese, tra quelli fondatori, sono al potere, tranne in Italia, che si configura come un’anomalia nell’Unione. Eppure, mentre in politica estera, pur non avendo votato l’attuale presidente della Commissione, la maggioranza delle forze che compongono la compagine governativa è allineata alla Nato e al sostegno dell’Unione all’Ucraina nel conflitto con la Russia, in politica interna l’esecutivo può procedere a tappe forzate, senza suscitare particolare scandalo, nella realizzazione dei programmi elettorali presentati nel 2020 dalle rispettive componenti: presidenzialismo, autonomia differenziata, riforma della Giustizia. 

Prima ancora che uno scambio tra forze governative, il progetto di riforme si mostra però come un complessivo e ben integrato disegno autoritario, tanto più se si guarda alle politiche che ne stanno definendo la cornice: una progressiva occupazione dei posti di potere istituzionali e mediatici; un’operazione revisionista di riscrittura della storia passata e recente; un atteggiamento insofferente quando non intimidatorio nei confronti di critici e oppositori; una tendenza alla criminalizzazione del conflitto e della disobbedienza anche non violenta, sugellata dal disegno di legge 1660-A approvato il 18 settembre alla Camera dei deputati, recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”. 

Le modifiche apportate nel testo e l’istituzione di nuovi reati evidenziano una concezione della sicurezza vista non come garanzia sociale, lavorativa e umana, ma esclusivamente come sistema di proibizioni e punizioni teso a silenziare la diversità, la difformità di pensiero e persino la ribellione non violenta che spesso accompagna la necessità di essere visti e ascoltati da parte dei più fragili, marginali, deprivati di diritti.

In linea con i progetti di autonomia differenziata, premierato “forte” e depotenziamento della Magistratura, il ddl mostra l’erosione degli spazi democratici che avverrebbe in una società dove cortei, picchetti, manifestazioni, sit-in, scioperi della fame e tutte le molteplici forme di resistenza passiva fossero considerati reati penali punibili con il carcere. Si può facilmente immaginare cosa sarebbe delle proteste degli studenti e degli ecologisti, delle lotte dei lavoratori, delle estreme manifestazione di dolore e impotenza di carcerati e migranti chiusi nei centri per il rimpatrio. A dirlo con chiarezza è stata l’Organizzazione intergovernativa per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) che, dopo aver esaminato la bozza del decreto legge, ha dichiarato che “la maggior parte delle disposizioni ha il potenziale di minare i principi fondamentali della giustizia penale e della rule of law”, ovvero dello stato di diritto.

Abbiamo bisogno di un risveglio democratico che riaffermi una cultura consapevolmente antifascista, e che abbia come centro quell’articolo 3 della Costituzione che ha al centro la solidarietà e che Liliana Segre ha indicato come “stella polare”. Possiamo farlo. Già nel 2006 ci siamo trovati a combattere la riforma costituzionale propugnata da Silvio Berlusconi, che riguardava proprio un premierato forte e un’ulteriore devoluzione dei poteri alle Regioni, assieme alla riduzione dell’autonomia del Consiglio Superiore della Magistratura. Quella riforma fu respinta dal 61% degli italiani.

La straordinaria raccolta di firme, avvenuta in piena estate, per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata è un primo segno che è possibile opporsi a un progetto lesivo della Costituzione, dei poteri di bilanciamento politico-istituzionali e della democrazia. Che è possibile riaffermare il principio della solidarietà tra i cittadini della Repubblica indipendentemente dai territori in cui risiedono, nel Paese europeo maggiormente segnato dalla diseguaglianza interna, in cui l’autonomia differenziata sposterebbe un’enorme quantità di ricchezza dai territori più poveri a quelli più ricchi e destinerebbe sempre maggiori risorse ai privati sottraendoli al servizio pubblico. Che è possibile riaffermare la cultura di chi non vuole un “capo” che decida al suo posto ma un Parlamento rispettabile e rispettato. Di chi sa che il dissenso è prezioso e che la capacità di dialogare con chi confligge è ciò che definisce le democrazie. 

Scrittrice, saggista, si occupa da anni di razzismo e dei totalitarismi del Novecento, con particolare attenzione alla testimonianza delle dittature e alle pratiche di resistenza femminile ai regimi.


https://www.libertaegiustizia.it/2024/09/22/italia-il-grande-malato-deuropa/

domenica 25 agosto 2024

“Guardare all’Africa permette all’Italia di diventare hub energetico del Mediterraneo”. Parla il prof. Giuliano Frosini (Luiss)

 

La sicurezza energetica nazionale si costruisce attraverso un mix energetico che comprenda fonti tradizionali, rinnovabili e nucleare. Intervista al prof. Giuliano Frosini (Luiss)


La sicurezza energetica nazionale può essere osteggiata da numerosi fattori geopolitici, ambientali ed economici. Il recente conflitto tra Russia e Ucraina ha dimostrato quanto possa essere pericoloso affidare il proprio approvvigionamento energetico a un solo fornitore. Il rischio è quello di dover ricalibrare, in tutta fretta, il proprio mix energetico e di ritrovarsi a pagare un prezzo troppo alto. Delle alternative e delle soluzioni a queste problematiche ne abbiamo parlato, al Meeting di Rimini, con Giuliano Frosini, docente dell’Università Luiss.


La guerra tra Russia e Ucraina ha imposto al nostro paese di rivedere la propria politica di approvvigionamento energetico in generale e di gas in particolare. Quanto è cambiato il quadro dal 2022 a oggi?

Le guerre, così come le tensioni geopolitiche, generano dei problemi nell’approvvigionamento energetico e alla sicurezza energetica. La guerra russo – ucraina e le tensioni mediorientali hanno creato proprio queste difficoltà. In questi casi si corre ai ripari soprattutto per due motivi: tenere la luce accesa nelle case e non caricare troppo la bolletta dei consumatori. Per ottenere questi risultati si usano delle contromisure. Il Governo Draghi nel 2022 inserì un cap al prezzo del gas, che è servito soprattutto come deterrenza per i mercati impazziti. Ricordiamo che, a un certo punto, il prezzo per kilowattora nell’agosto del 2022 era arrivato a 140 euro quando normalmente è meno della metà.

Questo cap non è mai stato utilizzato ma è servito perché i mercati si sono tranquillizzati e siamo tornati a una situazione di normalità. I governi che si sono succeduti, anche quello attuale, hanno pensato di introdurre delle ulteriori contromisure, la più importante delle quali è di natura strategica, cioè trovare delle vie alternative. Oggi possiamo parlare dell’Italia come hub energetico del Mediterraneo perché si guarda molto all’Africa, un grande mercato da cui possiamo acquistare gas ma anche energia elettrica prodotta a costi più bassi sulle coste del Maghreb, della Tunisia e dell’Algeria. Affinché questo avvenga dobbiamo essere noi a realizzare delle grandi infrastrutture cosa che impegna le politiche energetiche dei nostri grandi TSO italiani, Snam e Terna, che fanno un lavoro egregio da tanti anni. Ora, però, sono chiamati a un supplemento di investimento per realizzare queste grandi infrastrutture che possano metterci al sicuro. 

I paesi dell’area del Mediterraneo non sono, però, famosi per la stabilità. La relazione di scambio commerciale con il nostro paese può supportare quelle aree nel raggiungere una maggiore stabilità?

Sì, la realizzazione di grandi investimenti in quelle aree, sulla costa mediterranea ma anche nella fascia a ridosso dell’area sahariana, può aiutare quei paesi a trovare stabilità. Non ho una idea chiara di come sarà realizzato il Piano Mattei ma sono convinto che si possano fare delle sperimentazioni. Per esempio, se parliamo di Terna e di Snam, i costi delle grandi infrastrutture di collegamento possono essere messi a beneficio della tariffa energetica degli italiani. La prospettiva è che l’opera infrastrutturale la pagano i consumatori italiani a patto che, nel tempo, il consumatore paghi meno la risorsa energetica. Questi sono investimenti da centinaia di milioni di euro che possono rappresentare una fonte di sviluppo e di stabilizzazione di alcune aree. Si tratta soprattutto di una stabilità regolatoria.


Le energie rinnovabili permettono di ridurre la dipendenza delle importazioni di fonti fossili. Tuttavia, la diffusione delle rinnovabili è rallentata da diversi problemi, tra questi anche le procedure burocratiche. Crede che siano stati fatti dei passi in avanti?

Penso di sì. Però credo che questa materia sia trasversale rispetto al decisore pubblico espresso dalla rappresentanza politica. Cioè è un dato di fatto che il sistema energetico italiano è un buon sistema, rappresenta un’eccellenza nel panorama europeo e questo grazie anche a un’ottima regolazione. Le questioni burocratiche sono soprattutto le difficoltà autorizzative e le difficoltà nel realizzare i collegamenti. Però, nel corso del tempo abbiamo alloggiato una grande capacità green, il passo in avanti è notevole. Bisogna fare ancora e fare meglio, sburocratizzare ma anche convincere i territori che le strutture che producono energie rinnovabili possono essere relativamente poco impattanti e portare notevoli benefici.

Le energie rinnovabili richiedono tecnologie che necessitano di materie prime critiche e terre rare. Questo è un altro aspetto problematico.

Per realizzare queste strutture intelligenti ci vogliono materie prime critiche e terre rare che non sono nelle nostre immediate disponibilità. Quindi bisogna approvvigionarsi in mercati lontani e costosi. Cosa bisogna fare? Bisogna individuare la prospettiva di approvvigionamento nell’ambito della catena del valore di questi materiali, perché solo i paesi che saranno in grado di agganciare queste novità beneficeranno delle rinnovabili. Viceversa, il rischio è di pagare un costo molto più alto. 

Nel nuovo Pniec trova spazio per la prima volta il nucleare, quale contributo potrà dare alla sicurezza energetica nazionale in futuro? Anche in relazione alle sfide europee di riduzione della CO2.

Gli obiettivi europei sono sfide molto aggressive, se davvero vogliamo pensare di agganciarli al 2030 e al 2050 anche il nucleare può fare la sua parte. La questione è tecnica: abbiamo la possibilità di utilizzare una miscela di fonti tradizionali, come il gas, le rinnovabili e, se il nostro paese deciderà, il nucleare. Quest’ultimo è come un diesel, una volta avviato va per conto suo. Quindi il nucleare può rappresentare una baseline di produzione, le fonti alternative possono rappresentare la riserva. L’esempio arriva dalla Francia che è costretta a venderci energia nucleare a prezzo negativo perché altrimenti non saprebbe cosa farci. Dunque, secondo me può essere una strada. Non siamo più in una situazione in cui possiamo far guidare il nostro agire solo dagli obiettivi di transizione energetico – climatico, che sono importantissimi e vanno perseguiti con forza, dobbiamo però cercare di tenere aperte più strade, in modo che queste, adeguatamente miscelate, possano rappresentare una sicurezza per il nostro sistema di approvvigionamento energetico.


https://energiaoltre.it/guardare-allafrica-permette-allitalia-di-diventare-hub-energetico-del-mediterraneo-parla-il-prof-giuliano-frosini-luiss/

domenica 14 luglio 2024

(il)libertà di stampa: il caso Italia in Europa.

 

Ancora fari accesi sull’esercizio della libertà di stampa e di opinione in Italia: i casi ci sono, e numerosi. Eccone alcuni.

“L’interferenza del governo nella RAI è cresciuta costantemente, minando ulteriormente la sua indipendenza”. E poi “il clima di intimidazione che i giornalisti devono affrontare in Italia”, citando una serie di casi tra cui anche “la presunta interferenza politica del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano nella gestione della RAI, in particolare attraverso il suo stretto rapporto con il Direttore della RAI Paolo Petrecca, che dimostra la sottomissione della RAI alla linea del governo”.

Sono alcuni dei passaggi della lettera dell’European Movement International (EMI), insieme ad altre organizzazioni europee e di giornalisti, alla vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová per chiedere un’indagine sullo stato della libertà di stampa in Italia. L’EMI già a maggio aveva sollecitato l’Europa a vegliare sulla singolare e preoccupante situazione italiana, ma ora sottolinea come i nuovi fatti intercorsi rendano ancora più urgente prendere una posizione.

Tra i firmatari della nuova lettera c’è anche la Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) che non a caso venerdì, 12 luglio, ha voluto sottolineare questo passo con un comunicato stampa che riporta un elenco sintetico ma esaustivo di tanti piccoli e grandi fatti: “La situazione della libertà di informazione in Italia continua a peggiorare. Il record di querele temerarie scagliate contro i cronisti, l’ulteriore stretta alla pubblicazione delle intercettazioni appena diventata legge, la paventata vendita dell’agenzia Agi al gruppo del parlamentare leghista Antonio Angelucci, un direttore che denuncia all’Ordine un Cdr che fa il proprio mestiere, il caso della sospensione inflitta dalla Rai alla collega Serena Bortone: sono solo alcuni esempi del continuo assalto all’indipendenza del giornalismo, che deve allarmare chiunque abbia a cuore il funzionamento stesso della democrazia”. Sono parole scritte e sottoscritte da Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana.

A suggello del quadro pericoloso, proprio venerdì 12 è arrivata la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma che ha condannato la Rai per aver avuto comportamenti antisindacali durante lo sciopero organizzato lo scorso 6 maggio dall’Usigrai, il principale sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della Rai. In particolare i giudici hanno dato ragione ai ricorrenti, Stampa romana (ASR) e Usigrai, per la mancata lettura in alcune edizioni del comunicato sindacale che in una nota hanno commentato così: “Il giudice ha disposto ampia pubblicità della decisione non solo sulle reti della Rai, ma anche su altri mezzi di informazione di rilevanza nazionale. È una severa reprimenda e un monito per chiunque pensi di mettere in discussione il ruolo e la funzione del sindacato dei giornalisti, attaccando i suoi diritti, a cominciare da quello di esprimere pienamente le proprie ragioni a tutti gli utenti del servizio pubblico”.

La dirigenza Rai si è invece auto assolta per la vicenda della copertura del ballottaggio delle elezioni francesi. Nella relazione consegnata alla Commissione di garanzia, l’amministratore delegato Roberto Sergio ha risposto con tono perentorio affermando che i risultati del voto d’oltralpe sono stati seguiti “nel modo giusto, con attenzione e impegno”, e ha riportato tutti i dati, telegiornale per telegiornale, speciale per speciale. 321 minuti su 12 ore, ha precisato. Le critiche erano state invece sulla programmazione alternativa di RaiNews proprio nei minuti in cui iniziava lo spoglio delle schede:

La sera dei risultati del voto in Francia, mentre gli altri canali di informazione sono in diretta no-stop, il canale all news del servizio pubblico decide di aprire alle 22 sul festival Città Identitarie, ideato da Edoardo Sylos Labini. RaiNews24 non aveva mai toccato il fondo in questo modo, mai aveva abdicato così alla sua missione informativa in occasione di un appuntamento elettorale così importante. Un tempo la nostra testata metteva in campo tutte le risorse per garantire un servizio impeccabile all’utenza, in occasioni simili. Chiediamo al direttore come sia possibile prevedere un approfondimento diverso quando tutte le tv del Continente hanno gli occhi puntati sulle elezioni d’Oltralpe. Verrebbe da pensare che alla debacle della destra il direttore preferisca non dedicare troppo spazio. Petrecca ritiene opportuno, in una serata come questa, dare spazio a un evento non scevro da interessi e legami personali. Una scelta che qualifica la deriva che ha preso da tempo la testata e per la quale ci sentiamo indignati.

COMUNICATO COMITATO DI REDAZIONE RAINEWS

All’indomani di questa presa di posizione, il direttore di RaiNews Paolo Petrecca ha presentato un esposto all’Ordine dei giornalisti contro il Cdr. Un contrattacco che la dice lunga sullo stato di tensione nel canale all news della Rai e che infatti è entrato di diritto nella nuova lettera di allarme alla Commissione europea.

A maggio, il rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere aveva messo in evidenza la retrocessione dell’Italia al 46° posto nella classifica dei Paesi per libertà di stampa, slittando di cinque punti rispetto all’anno precedente.

https://www.libertaegiustizia.it/2024/07/13/illiberta-di-stampa-il-caso-italia-in-europa/

mercoledì 20 settembre 2023

Vivere in Italia... - Lo spid. - Alessandro Salerno

 

Per una pratica INPS di mia figlia Nicoletta devo accedere al suo portale. Una volta vi accedevo con PIN, ma ora ci vuole lo SPID, di Nicoletta. Andiamo alle poste, padre, madre e figlia per fare lo SPID minorenni, ma trovano diversi cavilli, in due diversi appuntamenti. Nel primo, un solerte impiegato si accorge che la tessera sanitaria di mia figlia è scaduta. Contattiamo allora un'impiegata all'ASP, che ci fornisce gentilmente una copia digitale del futuro documento plastificato, il quale sarà poi recapitato, chissà quando, al domicilio.
L'indomani ci rechiamo nuovamente alle poste, padre, madre e figlia, ma a un altro impiegato non va bene il documento digitale dell'ASP, lo vuole stampato; lo stampiamo, ma non va bene, perché deve essere stampato in verticale e non in orizzontale. Gli chiedo se mi sta prendendo in giro; abbandona lo sportello, si reca in ufficio, ritorna con un manuale enorme, dove a pagina tipo 746 c'è una foto dove si dice che la stampa deve essere verticale per non omettere la dicitura che sta in alto, scritta a caratteri maiuscoli: "STAMPA PRODOTTA DALLA TRANSAZIONE ESEGUITA SUL SISTEMA TESSERA SANITARIA". Obietto che nel digitale originale inviatoci dall'ASP tale dicitura è tagliata e incompleta. L'impiegato risponde che si intravede e questo basta. Stampiamo in verticale.
E fu sera e fu mattina terzo giorno. Ci rechiamo alle poste, padre, madre e figlia, ma un altro impiegato si accorge che nella carta di identità elettronica di nostra figlia non figurano i nomi dei genitori. Chiedo dove avrebbero dovuto scrivere i nostri nomi in quel minuscolo pezzetto di plastica già tutto pieno di dati e a che diamine serva il chip elettronico. Provo ad autocertificare, ma secondo il fiscalissimo sportellista non posso autocertificare che Salerno Nicoletta è figlia di Salerno Alessandro, ci vuole lo stato di famiglia.
E fu sera e fu mattina. Quarto giorno. Richiedo lo stato di famiglia on line, ma Nicoletta non risulta, perché sono separato, ci vuole lo stato di famiglia storico, ma costa 28€, oppure potrebbe rifare tutta la procedura la madre.
E fu sera e fu mattina. Quinto giorno. Prenoto appuntamento in un altro ufficio postale, sperando siano più clementi e duttili. Poco prima dell'appuntamento, incredibile dictu, mi telefona uno dell'Inps di Catania, presso la cui sede avevo prenotato un appuntamento per la pratica di cui al primo giorno e il tizio, parlando parlando, mi dice che è del tutto inutile fare lo SPID minorenni, perché per l'INPS ci vuole lo SPID-INPS e mi dice che devo chiamare il call center generale per fissare un appuntamento con l'INPS di Catania - lui non lo può fare - per avere lo SPID-INPS. Telefono al call center generale, dove una romanaccia mi dice che non esiste nessuno SPID-INPS; dopo avermi preso per cretino per cinque minuti, la telefonista mi spiega che forse alcuni impiegati lo chiamano SPID-INPS, ma in realtà è la DID, 'delega di identità digitale' e si può fare comodamente da casa. Che fortuna! Potevano dirmelo prima. Vado a casa. Digito tutto sul mio portale INPS, accedendo col mio SPID, ma arrivato al dunque il sistema mi dice che non posso avere la DID per mia figlia, perché da un controllo incrociato con l'ANPR, l'anagrafe nazionale on line, non risulta nel mio stato di famiglia. Tra parentesi è la stessa INPS che mi ha dato neanche un mese fa un generoso contributo per far partire mia figlia per un viaggio studio all’estero, in quanto è MIA FIGLIA e io sono un dipendente pubblico.
E fu sera e fu mattina. Sesto giorno. Faccio fare la pratica alla madre dal suo portale INPS. Fila tutto liscio, ma al momento di ricevere la DID, o SPID-INPS che dir si voglia, poiché avevo fatto io la registrazione di mia figlia ai tempi del PIN, il sistema manda a me un codice sul cellulare e uno sull'email per procedere e bisogna inserirli entrambi! Quindi, SPID con OTP su cellulare della madre e doppio OTP su cellulare e su email del padre. Così finalmente abbiamo accesso al portale INPS di nostra figlia. Penso che i parenti di Matteo Messina Denaro subiscano meno controlli e meno scocciature. Ora, per andare avanti con la pratica c'è solo un manuale di trentasette pagine che mi devo studiare. Il tutto per ottenere un diritto per una minorenne e non voler alimentare la “mafia” dei CAF (mi perdonino gli onesti, ma ce ne sono stati di quelli che mi mandavano teste di gallo mozzate ai tempi della mia candidatura a sindaco). Tutti i protagonisti di questa vicenda kafkiana hanno svolto pseudolavoro burocratico del tutto improduttivo. A me, a mia figlia, alla madre di mia figlia sono state rubate ore di vita e di possibile lavoro creativo e produttivo, arrecandoci fastidi, noie e stress. La questione non è ancora risolta. Continua…
(Il racconto con ulteriori dettagli e specifiche sarà inviato al Presidente dell’INPS, all’Amministratore delegato di Poste Italiane, al Direttore Generale dell’ASP di Catania).
Se vi è piaciuto quello che ho scritto e come l'ho scritto, date un'occhiata al mio romanzo sulla scuola:
𝑃𝑙𝑎𝑡𝑜𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑖? 𝐶𝑟𝑜𝑛𝑎𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑐𝑜𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑋𝑋𝐼 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑜, ci troverete quello che sta accadendo davvero all'interno delle aule negli ultimi anni, descritto con comicità, ironia, disincanto, sincerità e... filosofia.

lunedì 11 settembre 2023

Italia vs Cina: siamo sudditi di Washington - Giuseppe Salamone

 

Washington ordina e coloro che si spacciano per sovranisti eseguono come dei bravi scolaretti. Anzi, sudditi! La Meloni ha appena fatto capire senza giri di parole che l'Italia uscirà dalla Via della Seta. E ci ha tenuto a dire che in questa scelta gli Usa non c'entrano nulla. Ahahahahahahahahahahha...
È da pazzi tranciare la cooperazione con la Cina in questo modo. È da pazzi mettere a rischio le relazioni, soprattutto quelle commerciali con un paese enorme la cui economia cresce ormai a un ritmo impressionante e ne abbiamo avuta dimostrazione negli ultimi dieci anni. Perché parliamoci chiaro: uscire dalla via della Seta è un affronto diretto a Pechino.
Per quanto la propaganda occidentale soprattutto quella italiana cerca di nasconderlo, in Cina viene visto esattamente così. Tra qualche anno, secondo i dati del fondo monetario la Cina sarà la prima economia mondiale e questa evidenza, prima di stracciare un accordo, obbliga a delle serie riflessioni che devono tenere conto in primis dell'interesse nazionale. Ad oggi, per l'Italia, l'interesse nazionale è quello di rafforzare la cooperazione con la Cina, non di allontanarsi.
Basta vedere ciò che ha fatto la Russia per eludere le sanzioni occidentali: ha stretto i legami economici e commerciali anche e soprattutto con la Cina che le hanno permesso di resistere. Questo a dimostrazione di quanto sia importante cooperare con una potenza economica come la Cina.
Invece l'Italia della Meloni ha deciso di perseguire un'altra strada, quella di consegnarsi definitivamente agli USA mettendo sul piatto l'ultimo briciolo di sovranità che ci era rimasta. Inutile che ci dica che l'America non c'entri niente perché non ci crede nemmeno topolino. Pagheremo tutto e anche a caro prezzo. È solo questione di tempo...

giovedì 8 giugno 2023

Dal riciclaggio agli stagionali. Pieno di infrazioni da Bruxelles. - Carmine Gazzanni

 

(La Notizia - Carmine Gazzanni) Il ministro Raffaele Fitto avrà sicuramente un bel da fare considerando che, tra le sue deleghe, non c’è solo la gestione del Pnrr ma anche gli affari di politica europea. Sembrerebbe una inezia ma invece non lo è. Specie dopo aver visto la mole delle procedure di infrazione che Bruxelles ha aperto contro il nostro Paese. Al momento, andando a visionare la banca dati ufficiale, ne risultano ben 82. E qui se ne trova di ogni. Basti pensare che la più “vecchia” risale addirittura al 2003. Venti anni fa. E riguarda la “non corretta applicazione delle direttive 75/442/CE sui ‘rifiuti’, 91/689/CEE sui ‘rifiuti pericolosi’ e 1999/31/CE sulle ‘discariche’”.

RISULTANO APERTE 82 INFRAZIONI CONTRO L’ITALIA. ALCUNE PROCEDURE AVVIATE DALL’UE E MAI CHIUSE RISALGONO A 20 ANNI FA

In pratica, l’Italia non ha rispettato le norme comunitarie in materia di gestione delle discariche. Un tema, come noto, scottante e per il quale – proprio in virtù di questa procedura – l’infrazione si è tramutata in una condanna milionaria che ancora paghiamo. Non è l’unica procedura giunta a sentenza pecuniaria, d’altronde. E i conti sono inverosimili. Altro che Pnrr. Secondo un recente dossier consegnato un mesetto fa alla Camera parliamo di circa un miliardo di euro che l’Italia ha pagato all’Ue per sei procedure di infrazione che gravano sul nostro Paese.

Nel dettaglio, la relazione quantifica in 877,9 milioni le sanzioni pecuniarie a nostro carico alla data del 31 dicembre 2021. Nell’elenco i 281,8 milioni per le nuove discariche in Campania e i 252,8 milioni sempre per discariche abusive su tutto il territorio nazionale (la procedura del 2003, per intenderci) e anche i 114 milioni per il mancato recupero degli aiuti concessi alle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia.

Ma gli esperti di palazzo Madama fanno notare che, “non essendo stata ancora archiviata nessuna delle infrazioni allo stadio di sentenza, le somme versate dall’Italia a titolo di sanzione risultano, per il protrarsi delle penalità di mora, sensibilmente maggiori rispetto a quelle indicate” dal documento governativo, che ha un orizzonte fino al 30 giugno 2022. Di qui la sollecitazione a presentare relazioni con dati aggiornati alla fine del semestre precedente a quello di presentazione.

Un salasso, dunque. E parliamo solo di sei infrazioni mai sanate e dunque giunte a sentenza. Immaginiamo se tutte le procedure oggi aperte – lo ricordiamo: sono 82! – finissero allo stesso modo cosa significherebbe per il nostro Paese. Ma, al di là delle sei infrazioni già menzionate, per cosa ci bacchetta l’Ue? Un po’ per tutto. Si va da una riguardante lo stabilimento ex Ilva di Taranto (risale al 2013) alle famosissime quote latte. Fino alle “condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in Italia”. E anche qui ce ne sarebbe da dire considerando che la procedura risale al 2012. A spiccare, però, sono soprattutto le questioni ambientali. Si va dal livello delle Pm10 fino addirittura alla “cattiva applicazione della direttiva relativa alla qualità dell’acqua destinata al consumo umano”, relativamente ai “valori di arsenico”.

E ancora la mancata “programmazione nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi”, altro nervo scoperto del nostro Paese. Ma, come detto, ce n’è per tutti i gusti. Perché una procedura riguarda, ancora, la Xylella fastidiosa, un’altra la gestione dell’autostrada Civitavecchia-Livorno, un’altra la “normativa italiana relativa all’aliquota ridotta dell’imposta di registro per l’acquisto della prima casa non di lusso in Italia”. Fino addirittura ai ritardi nei pagamenti per le spese di giustizia. L’Italia certamente fa poco a quanto pare per rimettersi in regola, ma anche l’Ue ci mette del suo se pensiamo che ci contesta pure la “diffusione delle specie esotiche invasive”.

Il risultato, però, è che nel frattempo, sebbene qualche procedura sia stata chiusa, altre se ne affacciano all’orizzonte. Solo nel 2023 ne sono state aperte ben sei. Una, tanto per dire, riguarda il fatto che l’Italia – insieme peraltro ad altri 9 Paesi – non avrebbe pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali. Procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia anche per il mancato corretto recepimento della direttiva dell’Unione in materia di antiriciclaggio. Il nostro Paese, insieme a Lettonia e Portogallo, “avevano notificato il pieno recepimento delle norme comunitarie, ma la Commissione europea ha individuato diversi casi di mancata conformità su aspetti ritenuti fondamentali – come, nel caso dell’Italia, la licenza o regolamentazione dei prestatori di servizi -, decidendo pertanto di inviare alle autorità nazionali una lettera di messa in mora”, si legge sul sito dell’esecutivo comunitario.

Finita qui? Certo che no. Bruxelles pochi mesi fa ha avviato un’ulteriore procedura d’infrazione contro Roma per non aver applicato correttamente le norme destinata eliminare ritardi eccessivi nei pagamenti pubblici. Nel mirino sono finite le disposizioni che consentono alla Regione Calabria di effettuare pagamenti nel settore sanitario al di là dei limiti temporali fissati dalla direttiva.

mercoledì 19 aprile 2023

IL GOVERNO MELONI TAGLIA LE PENSIONI PER FINANZIARE LA GUERRA. - Liliana Gorini

 

Negli ultimi giorni è circolato ampiamente un video che mostra un treno che trasporta carri armati in transito alla stazione di Udine, e destinati all’Ucraina. Alcune organizzazioni pacifiste hanno protestato affermando che il governo approfitta dello sciopero dei treni per mandare armi all’Ucraina. Di fronte alle numerose proteste, il ministero della Difesa ha confermato che si trattava di obici destinati all’Ucraina, sostenendo tuttavia che sono “mezzi dismessi dal nostro esercito” e che verranno riparati dalle forze di Kiev. Magari con qualche proiettile a uranio impoverito fornito dai britannici? La Difesa ha aggiunto che l’accordo era stato preso col precedente governo Draghi, come se il presidente del Consiglio Giorgia Meloni non avesse dichiarato più volte la sua intenzione di proseguire la politica di coinvolgimento dell’Italia in una guerra sanguinaria e pericolosa, che stando ad esperti militari americani come il Col. Richard Black e l’ex ispettore dell’ONU Scott Ritter potrebbe ben presto degenerare “in un conflitto nucleare”. Si sono levate molte proteste anche per l’addestramento di venti militari ucraini a Sabaudia (Latina) per l’uso di Samp-T, il sistema di difesa che il governo italiano invierà in Ucraina.

Contemporaneamente il governo Meloni ha annunciato tagli di 10 miliardi di Euro alle pensioni, esattamente la stessa cifra stanziata per finanziare la guerra in Ucraina. Mentre in tutto il mondo, tra cui in Germania, si moltiplicano gli appelli a cessare l’invio di armi e tornare al tavolo dei negoziati, mentre la Cina ha assunto un importante ruolo di mediatrice per tornare a parlare di pace, non soltanto tra Russia e Ucraina, ma anche tra Iran ed Arabia Saudita, con effetti molto importanti anche sul martoriato Yemen, che per la prima volta intravede una speranza di pace, il nostro governo continua a perseguire una folle politica di guerra, ed economia di guerra, diretta non soltanto contro la Russia ma anche contro la Cina (con l’invio della portaerei Cavour nel Pacifico, a sostegno di Washington e della sua politica guerrafondaia verso la Cina).

Come hanno spiegato relatori da tutto il mondo, inclusi ex ministri di Messico, Argentina ed Ecuador, in rappresentanza del sud globale, o della maggioranza globale, alla conferenza internazionale dello Schiller Institute che si è tenuta il 15 e 16 aprile, la politica di guerra di Europa e Stati Uniti, e del governo Meloni, va contro le aspirazioni di pace e sviluppo economico di due terzi del mondo, che si rifiutano di accettare il mondo unipolare voluto da Gran Bretagna e Stati Uniti, e accettato servilmente da tutti i governi europei, e stanno dando vita ad un nuovo sistema monetario “de-dollarizzato” per porre fine agli effetti nefasti delle sanzioni imposte dalla NATO, che hanno colpito duramente la nostra economia, invece di colpire quella della Russia o della Cina.

Nel corso di quella conferenza Helga Zepp-LaRouche, presidente dello Schiller Institute, ha chiesto con urgenza una nuova architettura di sicurezza e sviluppo che tenga conto dell’interesse di tutti, e soprattutto fondi una pace duratura su accordi per lo sviluppo economico, come quelli proposti dalla Cina e dai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa).

Se oggi ci fossero De Gasperi ed Enrico Mattei, sarebbero dalla parte del sud globale e di questi accordi di pace e sviluppo. Purtroppo i nostri governi sono da decenni in mano a pupazzi dell’UE e della NATO, da Monti fino a Draghi e Giorgia Meloni, incapaci di una visione positiva, e decisi a proseguire con la politica di guerra fino a quando non sarà morto l’ultimo ucraino, o non avranno scatenato la terza guerra mondiale.

E’ tempo che il movimento pacifista, che ha già portato 50.000 persone in piazza a Berlino in febbraio, si faccia sentire anche in Italia. Prima che sia troppo tardi. Una iniziativa importante in questo senso è il comitato per un referendum “Ripudia la guerra” promosso dal Prof. Enzo Pennetta, che si rifà all’articolo 11 della Costituzione italiana, che recita “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Di Liliana Gorini, presidente di Movisol

https://comedonchisciotte.org/il-governo-meloni-taglia-le-pensioni-per-finanziare-la-guerra/

sabato 25 marzo 2023

Studiare e lavorare all’estero,


"Studiare e lavorare all’estero, la guida completa per scegliere il Paese giusto nel 2023. State pensando di studiare all’estero? Dalle superiori fino all’università, le opportunità non mancano: Erasmus, scambi internazionali, università straniere. Tutte le informazioni utili per scegliere la destinazione giusta nella guida di 80 pagine che si può scaricare all’interno di questo articolo." (IlSole24Ore)

Quanti di noi hanno figli che lavorano all'estero? Siamo tantissimi, ormai.
E una volta varcato il confine non fanno più ritorno se non per le vacanze estive.
E non hanno torto, fuori da questo guazzabuglio che è diventato l'Italia, tutto è diverso, è come vivere in un altro mondo: un mondo dove il lavoro c'è e viene retribuito adeguatamente, dove tutto funziona quasi alla perfezione, dove hanno anche il tempo e la possibilità di godere dei frutti del lavoro svolto, perché è chiaro che non si può vivere solo di lavoro ma anche di tempo libero.
Qui non c'è neanche quello, il lavoro, e se c'è è mal retribuito;
tanto tempo fa a lavorare ci andavano solo i capofamiglia e si viveva discretamente, poi un solo introito non bastò più perchè il costo della vita era aumentato a dismisura, e a lavorare bisognava essere in due.
Fortunatamente il lavoro c'era, si trovava ed era retribuito quasi adeguatamente, ma sorgevano altre spese, ad esempio quelle di asili nido o di babysitteraggio, quindi, parte degli introiti femminili finivano li', in altri termini funzionò come il gatto che si morde la coda. Si parlò di aiuti alle donne con asili nido in seno all'azienda in cui lavoravano, ma, come sempre succede, se ne parla e basta, quindi, non se ne fece mai nulla.
Poi si paventò un aiuto alle aziende e il parlamento legiferò producendo la famigerata legge Biagi che stravolgeva il mondo del lavoro.
Da li' in poi fu il caos.

cetta

domenica 19 marzo 2023

Basilicata regina del Sud per le energie rinnovabili. - Massimo Brancati

 

Qui il maggiore accumulo in un anno: più 514 per cento.

POTENZA - Il 2022 è stato un anno d’oro per i sistemi di accumulo in particolare in Basilicata e nelle regioni del Sud. Il settore non solo è cresciuto ma ha stabilito nuovi record rispetto al passato. La Basilicata in un anno (2022) ha installato 1517 unità di energy storage (più 514%), per una capacità totale di 9 MWh (più 522%) e una potenza pari 18 MWh (più 512%). Complessivamente le unità sono 1880 con una capacità totale di 13 MWh e una potenza di 24 MHw. Sono numeri diffusi da Anie Federazione nell’ aggiornamento dedicato agli impianti di stoccaggio energetico in Italia. Il report è commentato positivamente dal gruppo Cestari che con base operativa a Moliterno, attraverso proprie società specializzate in Italia e all’estero, opera nel settore della produzione elettrica da fonti rinnovabili, realizzando impianti ecocompatibili e valutando gli impatti ambientali e sociali connessi all’implementazione di tecnologie alimentate da fonti alternative di energia. Il presidente del gruppo, l’ing. Alfredo Carmine Cestari rileva l’accelerazione del comparto in tutta Italia.

Lo confermano i dati soprattutto delle regioni del Sud sempre nel 2022: Puglia 8.213 unità di energy storage (più 327%), per una capacità totale di 419 MWh (più 419%) e una potenza pari 100 MWh (più 395%); Campania 6327 unità di energy storage (più 325%), per una capacità totale di 41 MWh (più 324%) e una potenza pari 76 MWh (più 383%). Confrontando 2021 e 2022 si nota come i sistemi di accumulo siano passati da media di 3.000 nuove unità installate ogni mese ad una di ben 13.000 unità al mese. Pari ad una crescita del 333%. La quasi totalità dei sistemi di accumulo in Italia risulta abbinato ad un impianto fotovoltaico, per lo più di taglia residenziale.

Il merito va cercato nei bonus edilizi. Interventi come il celebre 110% o la detrazione del 50% hanno spinto gli acquisti, forti del meccanismo di sconto in fattura o cessione del credito. Un traino potente il cui blocco (fronte cessioni) oggi spaventa il comparto, rendendo incerto il futuro a breve termine. Il gruppo Cestari in proposito condivide le preoccupazioni espresse da Anie: «Se originariamente le previsioni 2023 per questo segmento di mercato erano positive, con il blocco della cessione del credito istituito con il Decreto Legge n. 11 del 16 Febbraio 2023 esse sono da rivedersi in forte ribasso», spiega Anie. «La prospettiva è un 2023 in cui si raccoglieranno i frutti degli investimenti già in corso prima dell’entrata in vigore del decreto, qualora si sbloccherà per esse la possibilità di cedere il credito agli istituti finanziari, mentre vi sarà un blocco dei nuovi investimenti, perché il cittadino e le imprese dovranno adattarsi al nuovo scenario normativo.

Sicuramente si prevede un forte rallentamento di questo segmento di mercato». L’incertezza normativa è il fattore che pesa di più sul comparto, ma per i sistemi di accumulo di piccola e media taglia un aiuto potrebbe arrivare a breve con le nuove norme sulle comunità energetiche rinnovabili. Ma anche i prezzi di mercato dell’energia elettrica oggi costituiscono una leva. Di qui l’impegno ribadito dal gruppo Cestari in direzione delle comunità energetiche rinnovabili.

Soprattutto il Sud – dice Cestari - è ricchissimo di comuni e borghi, spesso distanti dai grandi nuclei urbani e dalle grandi centrali. Creare una misura ad hoc per spingere la realizzazione di impianti diffusi in periferia, incentivando peraltro anche l’aggregazione di cittadini, aziende, enti locali ha un valore non solo di risparmio energetico ma anche etico, di stimolo alla coesione di cittadini e imprese ed attività produttive locali. È un’ulteriore opportunità di riscatto per il Sud.

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/basilicata/1388348/basilicata-regina-del-sud-per-le-energie-rinnovabili.html

sabato 4 marzo 2023

… L come Libertà … ovvero: Tripoli bel suol d’amore. - Francesco Briganti

 

Ad un certo punto della sua vita il grande Lucio Battisti, smise di comparire in pubblico; le sue canzoni, vecchie e nuove, erano comunque alla ribalta via radio o attraverso i suoi Lp, ma della sua presenza in video o in concerti pubblici dovemmo: noi suoi fans, fare a meno.

Tutti, anche quelli che non erano esattamente suoi fans, sapevamo però che Lui c’era e perciò ognuno sperava che prima o poi tornasse a cantare dal vivo; poi, un giorno ci svegliammo con la notizia della sua morte ed al primo sgomento per la bruttissima nuova seguì una tristezza ed un senso di privazione infiniti; ci rendemmo conto, infatti e con intimo dolore, che con lui era morta una parte di noi!

Contemporaneamente al suo decesso moriva anche la nostra speranza e la sua decisione da “ ipoteticamente revocabile “ cambiava in “ impossibile “ perché: definitiva e immutabile. Finiva: quel giorno, un’epoca! E, tutti noi: giovani, giovanissimi e appena appena più maturi, toccammo con mano e ne ricavammo, forse, l’esatta percezione della morte che, fino a quel momento, non era stata altro che una, lontanissima, delle vicende possibili!

Anni fa Achille Occhetto ritirò dal palcoscenico italiano il grande Partito Comunista Italiano, ne cambiò il nome ed il simbolo: la falce ed il martello, che con il passar del tempo dalle radici di una quercia, dove era stato relegato comunque a memoria di ciò che eravamo stati, finì per sparire completamente.
Noi, che già allora eravamo di una “ sinistra vera “ e tali siamo rimasti, ne prendemmo atto; sapevamo che non sarebbe più stata la stessa cosa, ma avevamo la speranza che quelle radici fossero comunque sempre presenti e che ad esse, coloro che evolvevano con la nuova formazione, continuassero a ispirarsi.

Pur affievolendosi sempre più: man mano che quella nuova formazione CAMBIAVA in qualcosa di ulteriormente nuovo e diverso, quella speranza di aver una matrice comune ed un’idea fondante cui far riferimento è sempre stata presente in tutti quelli che, ancora nel 2022 alle ultime votazioni, hanno continuato a credere che il Pd fosse figlio, o forse nipote o addirittura anche solo lontanissima genia del PCI e del PSI.

Nella primavera-estate del 2022 quel democristiano baciapile e piccolo borghese di E. Letta, ma gran parte del lavoro l’avevano fatto già Renzi, Gentiloni ed i vari Monti prima e Draghi dopo, ci ha sbattuto in faccia e nel peggiore dei modi, che il partito di Enrico Berlinguer: da lungo tempo preda di una malattia era, tra infinite sofferenze, naturalmente deceduto e che con lui era morta ogni nostra nostalgica speranza di vedere, prima o poi, qualcuno: ancora degno di potersi definire compagno, tornare ad ispirarsi a quella idea che fu di Gramsci, di Ingrao, di Natta e di Nenni, De Martino e Pertini.

Passati sei mesi abbondanti dal “ settembre nero “ che ha visto assurgere al governo di questolerciopaese una “ dolce Arlecchina serva di più padroni: l’Europa ed i propri alleati, abbiamo già avuto modo di sperimentare quanto la “ vacuità violenta “: spiegherò perché, di una destra arruffona, abbuffina ed inconcludente sia già in via di completamento del piano “ GELLICCO “ della P2!

La strage :che domenica scorsa, ha visto solo per caso un numero di 67 vittime innocenti, si deve considerare come solo l’ultimo “ ESEMPIO “: in ordine di tempo, di quelle deviazioni sistemiche a cui, un fascismo di fatto, deve abituarci prima di passare alla propria irreversibile conferma ufficiale.

Gli attacchi alla libertà di pensiero e di parola; la continuazione e la esasperazione della legge Cartabia nei confronti della libertà di stampa; gli interventi estemporanei e diretti alla magistratura, alla giustizia, alla scuola, al valore della vita a prescindere da chi fossero i “ VIVI “ considerati e da tutelare, da parte di “ ministri “ di un popolo ad essere in realtà solo il 25% di un 50% di aventi diritto al voto: dunque di una infima minoranza rispetto alla totalità di questo popolo se esistesse come tale, SONO STATI i prodromi del “ peggio del peggio “ che, ancora e di più, seguirà man mano che si procede nei giorni a venire.

Da domenica scorsa, comunque siamo tutti più tristi!

Siamo tutti ed ancora una volta: orfani, vedovi, madri e padri a piangere qualcuno; siamo tutti ed ognuno: ad aver un minimo sindacale di “ animo umano “, coscienti che attendere vigliaccamente lo svolgersi del divenire, anche fossimo veramente disperati ed affranti per ciò che è successo senza comunque fare nulla per dimostrare sul serio la nostra avversione a quel divenire, CI RENDERA’ passivi complici e supporter di ogni squallido mefistofelico accadere!

La nostra vita già oggi non è più la stessa!

Come dopo la morte di Lucio Battisti ci sentimmo defraudati di una parte di noi, così dalla strage di domenica in poi, ad ogni ulteriore affermazione, ad ogni ulteriore manifestazione di questa destra: del piccolo ras arcoriano e fino alla “ dolce stilnovista “ Giorgia e passando per l’imbelle leghista, non avendo alcun segno di cambiamento effettivo dalla “ compagna (?) Schlein, NOI TUTTI faremo un passo: sempre di più vicino, a quei lager di deportazione che saranno: in primis solo virtuali, ma che poi e logisticamente occuperanno gli stadi e gli elenchi dei desaparecidos!

Se, infatti la compagna (?) segretaria sarà la definitiva conferma che la sinistra: italiana e parlamentare, E’ MORTA; se: Crocifisso il Partito Democratico sul Golgota di Montecitorio, quelle SUE donne ed uomini saranno capaci di cotanto squallido comportamento; se Conte ed i 5S stanno solo recitando una insulsa parte nel gioco scenico di un “ SISTEMA ITALIA “ alla sua fine, non resterà altro da fare se non arrendersi all’evidenza conclamata oppure nel cominciare a formare quelle cellule di resistenza: attiva ed effettiva, attese alla liberazione, secondo Costituzione, di “ questo, già di suo nell’ultimo trentennio, lerciopaese !”.

Erano SESSANTASETTE, erano giovani e forti e sono morti!

scendono pastose lente calde
solcano rughe segnate dal tempo
bruciano dalla fonte alla foce
inutili le lacrime solitarie
degli uomini senza un domani!

Se nemmeno questo serve più a farci reagire, allora allora: lasciate ogni speranza VOI che leggete giacché …

nessuno più risalirà a riveder le stelle!

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