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mercoledì 20 settembre 2023

Vivere in Italia... - Lo spid. - Alessandro Salerno

 

Per una pratica INPS di mia figlia Nicoletta devo accedere al suo portale. Una volta vi accedevo con PIN, ma ora ci vuole lo SPID, di Nicoletta. Andiamo alle poste, padre, madre e figlia per fare lo SPID minorenni, ma trovano diversi cavilli, in due diversi appuntamenti. Nel primo, un solerte impiegato si accorge che la tessera sanitaria di mia figlia è scaduta. Contattiamo allora un'impiegata all'ASP, che ci fornisce gentilmente una copia digitale del futuro documento plastificato, il quale sarà poi recapitato, chissà quando, al domicilio.
L'indomani ci rechiamo nuovamente alle poste, padre, madre e figlia, ma a un altro impiegato non va bene il documento digitale dell'ASP, lo vuole stampato; lo stampiamo, ma non va bene, perché deve essere stampato in verticale e non in orizzontale. Gli chiedo se mi sta prendendo in giro; abbandona lo sportello, si reca in ufficio, ritorna con un manuale enorme, dove a pagina tipo 746 c'è una foto dove si dice che la stampa deve essere verticale per non omettere la dicitura che sta in alto, scritta a caratteri maiuscoli: "STAMPA PRODOTTA DALLA TRANSAZIONE ESEGUITA SUL SISTEMA TESSERA SANITARIA". Obietto che nel digitale originale inviatoci dall'ASP tale dicitura è tagliata e incompleta. L'impiegato risponde che si intravede e questo basta. Stampiamo in verticale.
E fu sera e fu mattina terzo giorno. Ci rechiamo alle poste, padre, madre e figlia, ma un altro impiegato si accorge che nella carta di identità elettronica di nostra figlia non figurano i nomi dei genitori. Chiedo dove avrebbero dovuto scrivere i nostri nomi in quel minuscolo pezzetto di plastica già tutto pieno di dati e a che diamine serva il chip elettronico. Provo ad autocertificare, ma secondo il fiscalissimo sportellista non posso autocertificare che Salerno Nicoletta è figlia di Salerno Alessandro, ci vuole lo stato di famiglia.
E fu sera e fu mattina. Quarto giorno. Richiedo lo stato di famiglia on line, ma Nicoletta non risulta, perché sono separato, ci vuole lo stato di famiglia storico, ma costa 28€, oppure potrebbe rifare tutta la procedura la madre.
E fu sera e fu mattina. Quinto giorno. Prenoto appuntamento in un altro ufficio postale, sperando siano più clementi e duttili. Poco prima dell'appuntamento, incredibile dictu, mi telefona uno dell'Inps di Catania, presso la cui sede avevo prenotato un appuntamento per la pratica di cui al primo giorno e il tizio, parlando parlando, mi dice che è del tutto inutile fare lo SPID minorenni, perché per l'INPS ci vuole lo SPID-INPS e mi dice che devo chiamare il call center generale per fissare un appuntamento con l'INPS di Catania - lui non lo può fare - per avere lo SPID-INPS. Telefono al call center generale, dove una romanaccia mi dice che non esiste nessuno SPID-INPS; dopo avermi preso per cretino per cinque minuti, la telefonista mi spiega che forse alcuni impiegati lo chiamano SPID-INPS, ma in realtà è la DID, 'delega di identità digitale' e si può fare comodamente da casa. Che fortuna! Potevano dirmelo prima. Vado a casa. Digito tutto sul mio portale INPS, accedendo col mio SPID, ma arrivato al dunque il sistema mi dice che non posso avere la DID per mia figlia, perché da un controllo incrociato con l'ANPR, l'anagrafe nazionale on line, non risulta nel mio stato di famiglia. Tra parentesi è la stessa INPS che mi ha dato neanche un mese fa un generoso contributo per far partire mia figlia per un viaggio studio all’estero, in quanto è MIA FIGLIA e io sono un dipendente pubblico.
E fu sera e fu mattina. Sesto giorno. Faccio fare la pratica alla madre dal suo portale INPS. Fila tutto liscio, ma al momento di ricevere la DID, o SPID-INPS che dir si voglia, poiché avevo fatto io la registrazione di mia figlia ai tempi del PIN, il sistema manda a me un codice sul cellulare e uno sull'email per procedere e bisogna inserirli entrambi! Quindi, SPID con OTP su cellulare della madre e doppio OTP su cellulare e su email del padre. Così finalmente abbiamo accesso al portale INPS di nostra figlia. Penso che i parenti di Matteo Messina Denaro subiscano meno controlli e meno scocciature. Ora, per andare avanti con la pratica c'è solo un manuale di trentasette pagine che mi devo studiare. Il tutto per ottenere un diritto per una minorenne e non voler alimentare la “mafia” dei CAF (mi perdonino gli onesti, ma ce ne sono stati di quelli che mi mandavano teste di gallo mozzate ai tempi della mia candidatura a sindaco). Tutti i protagonisti di questa vicenda kafkiana hanno svolto pseudolavoro burocratico del tutto improduttivo. A me, a mia figlia, alla madre di mia figlia sono state rubate ore di vita e di possibile lavoro creativo e produttivo, arrecandoci fastidi, noie e stress. La questione non è ancora risolta. Continua…
(Il racconto con ulteriori dettagli e specifiche sarà inviato al Presidente dell’INPS, all’Amministratore delegato di Poste Italiane, al Direttore Generale dell’ASP di Catania).
Se vi è piaciuto quello che ho scritto e come l'ho scritto, date un'occhiata al mio romanzo sulla scuola:
𝑃𝑙𝑎𝑡𝑜𝑛𝑒 𝑒̀ 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑖? 𝐶𝑟𝑜𝑛𝑎𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑐𝑜𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑋𝑋𝐼 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑙𝑜, ci troverete quello che sta accadendo davvero all'interno delle aule negli ultimi anni, descritto con comicità, ironia, disincanto, sincerità e... filosofia.

giovedì 9 marzo 2023

… O come oh come porti i capelli bella bionda … ovvero: non donna di provincia ma bordello. - Francesco Briganti



















“ L’Italia è marcia, il dio denaro ha crisi epilettiche e … anche io non mi sento tanto bene …! ”; parafrasando quella che è una famosa citazione di Woody Allen si può riassumere in poche parole ciò che, ogni mattina, ciascun italiano: di sicuro quel 90% escluso da ogni gioco di potere: economico, finanziario o politico che sia, si dice guardandosi allo specchio.

Un mal di vivere comune ci affratella quasi tutti, il che non vuol dire che la cosa sia per questo giusta ed accettabile, significa solo che quasi tutti abbiamo ceduto alla più classica “sindrome di Stoccolma”.
Ci siamo talmente assuefatti alle vessazioni, le più varie, che ogni nuova sofferenza non fa altro che darci la forza per attendere: predisponendoci in tal senso, alla prossima che sappiamo arriverà.
Siamo un popolo di sfigati volontari masochisti!
L’Italia è un bellissimo paese; è stato culla della civiltà; ha delle bellezze geografiche ed una ricchezza culturale e museale che pochi altri hanno eguale; può offrire un territorio che se fosse curato per quanto è bello potrebbe fare invidia al biblico Eden.
Eppure per quanto il mondo ami l’Italia, noi italiani ne siamo considerati come quelli che davanti ad una fogna ne respirano i miasmi a pieni polmoni!
Insomma, per il mondo che non ci capisce, noi abbiamo abbracciato ogni schifo possibile! Ed i più furbi di questo profittano senza vergogna!
Ieri sera al TG di Mentana, Milena Gabbanelli ha spiegato come in effetti la guerra in corso stia comunque favorendo l’economia americana: a non fare altro che i propri legittimi interessi, nel mentre stesso che una sottile e furbetta crisi intestina sta logorando i rapporti tra i paesi europei.
Succede, infatti, che mentre i paesi a debito pubblico contenuto possono tranquillamente aiutare le loro imprese senza chiedere permesso a nessuno, quelli a debito pubblico immenso come noi non possono; ragione per cui mentre noi e quelli come noi (quali?; ce ne sono?) vorrebbero un fondo comune: finanziato da tutti gli stati, dal quale attingere: così da non aggravare il proprio debito pubblico, quelli come la Germania (in particolare) dicono: letteralmente, che si sono rotti i coglioni a fare le banche per gli altri.
Dunque e nella più bieca logica del mercato globale: chi può spenda e chi non può si fotta!.
Quindi: ITALIANI a noi il culo please!
Quando quella minima stima nei nostri confronti abbia avuto inizio non è facile stabilirlo.
Probabilmente fu con il tradimento della triplice alleanza nella prima guerra mondiale; o forse ancora prima con i giochi politici di Cavour o ancor prima quando ogni contrada cercava un padrone diverso a cui asservirsi.
Oppure è stato dopo: quando tutti quelli che da fascisti che erano: ma solo dopo la fucilazione del duce, si dichiararono, tutti o quasi, degli antifascisti!
Chissà? Il chiedersi, poi, come mai Iddio Padre onnipotente non abbia fatto succedere la vicenda del Cristo in questa terra: appunto dimenticata, è la domanda che rivela, senza dubbio alcuno, la Sua infinità bontà.
Egli non volle certificare che Giuda era italiano!; per quanto, se uno andasse a ben cercare, probabilmente, scoprirebbe che era figlio illegittimo di un soldato romano!
Comunque sia, la nomea di “Italiani pizza e mandolino” e la sua conseguente precarietà ed inaffidabilità ne è la prima conferma!
Di certo c’è, ai giorni nostri, la constatazione che noi ingoiamo di tutto: da un Formigoni qualsiasi che non ricorda se ha fatto o no una vacanza a spese di qualcun altro; ad un leghista: Bossi, Salvini o chi per loro, che minaccia di querelare chi sparla dicendo di leghisti legati ad intrallazzi vari; a Scajola, ritrovatosi padrone di una casa pagata da un altro; all’ex responsabile della protezione civile che aveva una massaggiatrice brasiliana; alle agende natalizie per deputati e senatori che costano milioni dei nostri euro; ai Renzi ed alle fatine dei boschi che non sanno mai nulla di ciò che succede nelle loro case e tra i loro amici e parenti, è tutto un caravan serraglio di vicende che sembrano supposte di glicerina per quanto entrano e si assorbono facilmente.
E vogliamo dimenticare: i Gentiloni ed i Di Maio che arrivano al governo senza neppure riuscire a crederci loro stessi; le nipoti dei capi di stato egiziani; la prostituzione minorile; le concussioni, gli imbrogli, le evasioni fiscali che ci costano miliardi l’anno; la criminalità organizzata: sociale, politica, materiale, ideologica, religiosa e così via; la burocrazia stupida; le buche nelle strade mai riparate o riparate in modo che si debbano ancora riparare; e lo strozzinaggio di stato?
E che dire, infine, dei Salvini e delle Meloni and C. a scimmiottare: ora qui ora lì, uno appeso per i piedi?
Salvo poi ritrattare; ridimensionare; rifare daccapo, smentendo sé stessi come fosse la cosa più normale al mondo!
Noi italiani: a valle di tutto questo, comunque cediamo al ricatto continuo ed alla prevaricazione perenne di uno stato e dei suoi governi: chiunque li componga, ad anteporre uno smaccato ed incomprensibile “ BENE DEL PAESE “ mai facendoci comprendere: bene e chiaramente, perché lo stesso DEVE ESSERE sempre a danno dei “ PAESANI “ e ad essere sempre e comunque a danno delle stesse categorie di persone!
Queste ultime, peraltro, accettando ogni cosa: perché questo è il volere di Dio; perché tengono famiglia e, si sa: “« … la famigghia prima di tutto … capiscisti ah?!.»
Ecco appunto! E poi fingiamo di stupirci quando ci rivelano: “ toh che novità! ”, che Messina Denaro per trent'anni è stato latitante: a CASA SUA!
Allora: questo significa, quindi, quella triplice affermazione che recita: “ Dio, patria e famiglia! “ Ma su, per favore!
In qualunque paese del mondo una situazione come quella italiana avrebbe dato la stura ad una caccia al ladro evasore; una difesa ad oltranza dei più deboli; una veloce attuazione delle misure più urgenti ed efficaci a supportare il lavoro, la ricerca, l’innovazione, la scuola, la sanità, la giustizia; ed invece che si fa?
Si procede con la FLAT TAX, si abolisce il reddito di cittadinanza, si fanno condoni, si minacciano i presidi antifascisti, si perseguita (cazzo si!) un criminale sino a farlo diventare un martire: così poi si può sfruttare la protesta per la restaurazione; e così via seguendo quel piano illogico ma funzionale, in base al quale: arrivati al fondo del burrone si potranno tirare fuori solo quelli che saranno i servi utili da salvare!
Tutto questo è ciò che succede da un trentennio a questa parte in Italia!
In un paese in cui a milioni sono i giovani disoccupati; in cui a milioni sono i poveri veri; in cui falliscono centinaia di aziende al giorno; in cui la percentuale dei morti sul lavoro comincia ad essere endemica; in cui l’analfabetismo di ritorno è pari solo all’idiozia credulona indotta dai media e dall’ignavia stessa dei cittadini; in cui la giustizia è una barzelletta continua; in cui la sanità è una cinquina al lotto; in cui la cura del territori è la più scarsa d’Europa se non del mondo; in cui il sentimento e la compliance degli uni verso gli altri non sfocia in guerra civile solo perché sia gli uni che gli altri sono per il: “ cazzo adesso no, adesso ho da fare! “.
Ragione per cui ed alla fine, tutti quelli che arrivano a governare dicono sempre e soltanto: ben attenti a non farsi sentire da chi li ha, per l’ennesima volta, scioccamente eletti: “ … minchia che culo che abbiamo avuto! “e poi …

mercoledì 19 ottobre 2022

Berlusconi-Putin: caos nel centrodestra. Letta a Meloni: la maggioranza danneggia Italia.













 È tensione e imbarazzo nel centrodestra per le parole di Berlusconi che fa saper di aver «riallacciato i rapporti con Putin» e si annovera come «primo dei suoi cinque veri amici». Sui nomi del futuro governa rincara: «Alla Giustizia Meloni vuole Nordio, ma poi ha detto sì a Casellati». «Frasi in libertà» per La Russa. Intanto Meloni punta ad accelerare sulla formazione del governo e, anche con la sponda del Colle, punta a far presto per evitare ulteriori strappi. Fino ad immaginare il giuramento del nuovo governo anche sabato. Oggi i voti per eleggere gli uffici di presidenza di Senato e Camera. Alta tensione tra Terzo Polo e Pd per gli incarichi che spettano alle opposizioni: «Usciremo dall’Aula al momento del voto», dice Calenda.

I punti chiave.

- Zanni replica a socialisti: italiani sanno scegliere da soli.

- Europarlamento, García Perez: Fi è stampella del postfascismo.

- Lollobrigida: esternazioni Berlusconi? Noi siamo con Kiev.

- Letta a Meloni: è l’opposizione che danneggia l’Italia all’estero.

- Ucraina: Conte, il M5S aderisce a manifestazione per la pace.

- Cattaneo (FI): accordo all’80%, mancano limature come sulla Giustizia.

- Ciriani: Nordio ottimo alla Giustizia, ha posizioni molto vicine a Fi.

- Ciriani: giuramento nel week end? Sì, totoministri non appassiona la gente.

- Pd: De Micheli, abbiamo perso per mancanza di visione.

- Delrio, no amicizia con Putin, si mette in difficoltà il Paese.

- Cattaneo (FI), nostro atlantismo è fuori discussione.


Lollobrigida: avremo il governo più rapidamente che mai.

«Si potrà dire a che punto è il Governo solo quando il presidente Mattarella lo avrà incaricato dopo le consultazioni. Se dovessimo avere un governo entro la settimana prossima sarà uno di quelli realizzati in maniera più rapida, rispetto a quelli degli ultimi anni. Sarà un buon risultato e in linea con quello che hanno scelto gli italiani». Così Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia, all’entrata di palazzo di Montecitorio.

Zanni replica a socialisti: italiani sanno scegliere da soli.

«Gli italiani sono in grado di scegliersi un governo da soli, fatevene una ragione». Così il presidente del gruppo Identità e democrazia ed eurodeputato della Lega, Marco Zanni, ha replicato alle critiche rivolte a Fi e al Ppe per le dichiarazioni di Berlusconi su Putin da socialisti e liberali durante il dibattito in corso alla plenaria dell’Eurocamera di Strasburgo sull’energia e l’Ucraina. «Che idea di unità europea pensate di dare con simili attacchi? Pensateci prima di parlare in questo modo nei dibattiti in sedi internazionali», ha sottolineato Zanni.

Europarlamento, García Perez: Fi è stampella del postfascismo.

«Forza Italia dice di essere garanzia di un governo europeista ma è passata da un pilastro del centrismo ad essere la stampella del postfascismo: la presidenza del senato è andata al nostalgico del fascismo Ignazio Benito La Russa e la Camera a Fontana, euroscettico o omofobo. Siamo sicuri che Forza Italia possa essere garante di qualcosa?». Così la presidente dei Socialisti e democratici all’Eurocamera, Iratxe García Pérez nella sua risposta al dibattito con Ursula von der Leyen alla plenaria di Strasburgo. «Weber oggi ha parlato di nostalgia di Angela Merkel: beh, Merkel non avrebbe mai accettato un’alleanza con l’estrema destra».

Lollobrigida: esternazioni Berlusconi? Noi siamo con Kiev.

«Restiamo con il popolo ucraino e in difesa della democrazia in quella nazione, ma anche fieramente nell’asse occidentale, come il centrodestra ha detto nella sua campagna elettorale. Non ci sono atti che parlano di posizioni diverse. Quello che riguarda le esternazioni di altri, dovete chiederlo ad altri». Cosí Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia all’entrata a Montecitorio sui commenti di Berlusconi di ieri.

Letta a Meloni: è l’opposizione che danneggia l’Italia all’estero.

«Domanda per Giorgia Meloni. Chi danneggia l’Italia all'estero? L'opposizione che fa l'opposizione? Il Presidente della Camera che delegittima le sanzioni Ue alla Russia? Gasparri contro la 194? Berlusconi che riallaccia i rapporti con l'invasore dell'Ucraina?”. Lo scrive su Twitter il segretario del Pd Enrico Letta.

Ucraina: Conte, il M5S aderisce a manifestazione per la pace.

Il Movimento 5 Stelle aderisce alla manifestazione per la pace organizzata a Roma per il 5 novembre. Ad annunciarlo è il leader Giuseppe Conte in un video pubblicato sui social. «Da oltre 200 giorni - dichiara Conte - una guerra cruenta sta martoriando l’Ucraina. Avete notato che non si sente più pronunciare la parola pace? In questi giorni si sente solo parlare di armi, di strategie militari e di nuovi invii di arsenali bellici. Ma le ipotesi di negoziati e di lavoro diplomatico e le speranze diplomatiche sembrano non scaldare i cuori di politica e media meinstream. In questi stessi giorni succedono cose che non avremmo mai immaginato. Pensate che qualche giorno fa il Parlamento europeo con il voto anche di alcuni partiti italiani, non certo il nostro, ha respinto un emendamento con cui volevamo semplicemente impegnare l’Ue affinchè fosse data la precedenza ai negoziati per un vero cessate il fuoco. E allo stesso tempo è stato deciso l’invio di nuovi armi sempre più massiccio». Ma «non è questo il momento di restare sempre più silenti e inerti - dichiara l’ex premier - l’Italia e l’Europa non devono chiudere in un cassetto le ipotesi di pace. C’è una maggioranza silenziosa che ha deciso di far sentire la propria voce. Sabato 5 novembre a Roma verrà ospitata una grande manifestazione nazionale per chiedere la pace in terra ucraina. È un momento che ci chiama tutti in causa, nessuno escluso».

Cattaneo (FI): accordo all’80%, mancano limature come sulla Giustizia.

«Nell’ultimo incontro si è raggiunto un accordo di massima sull’80% della composizione del governo. C’è ancora qualche tema da approfondire, quello della Giustizia è uno di questi. Farà parte dalle ultime limature». Lo ha detto Alessandro Cattaneo, capogruppo di FI alla Camera, a Radio Anch’io.

Ciriani: Nordio ottimo alla Giustizia, ha posizioni molto vicine a Fi.

«Nordio è stato un ottimo magistrato, è una persona stimata trasversalmente, sarebbe un ottimo ministro della Giustizia. Ha posizioni molto vicine alla storia culturale di Forza Italia in termini di garantismo. La sintesi la farà Giorgia Meloni scegliendo la persona più adatta, senza guardare ad appartenenze politiche. Nordio ci starebbe benissimo». Lo ha detto il capogruppo di FdI al Senato Luca Ciriani a Radio Anch’io.

Ciriani: giuramento nel week end? Sì, totoministri non appassiona la gente.

Il giuramento del nuovo governo sabato o domenica? «Sì, vedremo le decisioni del presidente della Repubblica. Spero che alla fine questa telenovela, il totoministri, le trattative, le dichiarazioni vere e false possano finire presto. Non appassiona la gente. E’ molto più importante dare un governo al Paese». Lo ha detto Luca Ciriani, capogruppo di FdI al Senato, a Radio Anch’io.

Pd: De Micheli, abbiamo perso per mancanza di visione.

«Finita la stagione del sostegno al governo Draghi, bisognava avere pronta un’idea di futuro». La deputata dem Paola De Micheli, candidata alla segreteria, spiega così, in un’intervista al Messaggero, la sconfitta del Pd alle elezioni. È «finita la stagione dell’un po’ e un po’ - dice -. Se il Pd non ha un posizionamento politico solido, corre il rischio di cadere nelle contraddizioni». «Abbiamo perso perché non abbiamo rappresentato il disagio e la preoccupazione per il futuro», ragiona l’ex ministra. In parlamento «faremo un’opposizione seria e radicale. La maggioranza era e sarà divisa», assicura la deputata.

Delrio: no all’amicizia con Putin, si mette in difficoltà il Paese.

Lo scambio di lettere amichevoli tra Berlusconi e Putin, secondo il senatore del Partito democratico Graziano Delrio, «mette in difficoltà l’Italia». Intervistato da La Repubblica, l’ex ministro sostiene che «con Putin bisogna essere compatti, per ripristinare il diritto internazionale, altro che essere amici». E ritiene «opportuno che la leader della coalizione di centrodestra chieda un chiarimento, ribadisca che non ci sono ambiguità sul ruolo dell’aggressore, che è la Russia». «Meloni lo dica chiaro a Berlusconi, se è in grado di farlo», esorta. Intanto il presidente della Camera Lorenzo Fontana ha definito un «boomerang» le sanzioni a Mosca. «La somma di queste posizioni, quella di Berlusconi e quella di Fontana - commenta Delrio -, crea una crepa nella postura che l’Italia sin qui ha avuto nel consesso Ue e Nato».

Cattaneo (FI), nostro atlantismo è fuori discussione.

«Noi siamo atlantisti ed europeisti. Su questo non può esserci nessun dubbio». Così il neo capogruppo alla Camera di Forza Italia, Alessandro Cattaneo, intervistato da La Stampa, prova a chiarire dopo l’uscita del suo leader, Silvio Berlusconi, sul riavvicinamento a Putin. «Quel che ha detto era un momento di dialogo all’interno di una assemblea», precisa l’azzurro. «Non ha detto che sta tentando di ricucire». I 25 anni di storia di Forza Italia, assicura Cattaneo, confermano la «nostra adesione piena ai valori dell’Occidente, al Patto atlantico». «Berlusconi è un uomo di pace», afferma il deputato forzista, il quale cita «il disegno di Pratica di mare» che - dice - «rimane il più giusto e attuale».

https://www.ilsole24ore.com/art/berlusconi-ho-risentito-putin-caos-maggioranza-ma-meloni-punta-chiudere-AErYPo9B

giovedì 30 dicembre 2021

Sarò Franco. - Marco Travaglio

 

Nel Paese di Sottosopra non deve discolparsi chi vuole al Quirinale un puttaniere pregiudicato che ha frodato il suo Paese e finanziato la mafia, ma chi inorridisce all’idea. La Camera celebra un consigliere regionale che si uccide dopo la condanna per essersi pagato le spese private coi soldi nostri, confondendo suicidio e assoluzione. E il Governo dei Migliori riesce a far peggio dei Peggiori di prima non solo sulle nuove regole anti-Covid: roba da manicomio. Ma anche sul suo atto più importante: la legge di Bilancio. L’anno scorso, dopo il lockdown, i Dpcm per la seconda ondata e la raffica di dl Ristori da 150 miliardi, il noto peggiore Conte la depositò il 18 novembre e dopo 26 giorni iniziò l’esame. Quest’anno, senz’alcuna scusa plausibile, con 10 mesi per prepararla e una maggioranza bulgara senza oppositori, Draghi la licenzia in Cdm il 28 ottobre, la annuncia in Senato per il 16 e poi continua a pasticciarla, presentando il testo solo il 6 dicembre (e lasciando in bianco la casella su come ripartire gli 8 miliardi di tagli fiscali). Così, tra il deposito della legge e l’inizio dell’esame, passano ben 39 giorni e solo il Senato riesce a darle un’occhiata, approvandola il 24 dicembre con la fiducia. Alla Camera restano tre giorni per timbrarla a scatola chiusa (anche lì con fiducia), sennò si va alla terza lettura e all’esercizio provvisorio nel 2022.

Così Draghi, con 35 fiducie in 10 mesi e mezzo (3,2 al mese), straccia il record di Monti (3 al mese), cioè l’altro governo con la maggioranza più larga mai vista. Il Conte-2, noto “vulnus democratico” per il Rignanese e il Cassese, ne chiese 2,25, seguìto dal Gentiloni (2,13), dal Renzi (2), dal Letta (1,11), dal Berlusconi-3 (1,07) e dal Conte-1 (1). Questa collezione di trionfi si deve, oltreché a SuperMario, al suo ministro Daniele Franco che, quanto a pasticci e marchette, fa rimpiangere Cirino Pomicino. Infatti è il principale candidato a diventare premier nel caso in cui l’attuale ascenda al Colle. Resta inevasa una domanda, che ci ronza in capo da quando s’insediò il Governo dei Migliori (o “di alto profilo”, per dirla con Mattarella) e scoprimmo che, su 23 ministri, nove erano gli stessi del Conte-2 e tre del Conte-1, quindi Peggiori. Pensammo, sbagliando, che i Migliori fossero i sette tecnici: Bianchi, Messa e Giovannini, tre ectoplasmi; Colao, estinto; la Cartabia, autrice della peggior riforma della giustizia della storia; Cingolani, candidato unico al Premio Attila 2021; e appunto Franco, quello del Bilancio-catastrofe. Tutta gente che fa rimpiangere chi c’era prima. Chi rimane a garantire la qualifica di Migliori a tutti gli altri? Brunetta, Carfagna, Gelmini e Orlando. O uno dei quattro. Noi, trattandosi di “alto profilo”, optiamo senza indugio per Brunetta.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/30/saro-franco/6440790/

martedì 21 dicembre 2021

Cosa fatta capo non ha. - Marco Travaglio

 

Roma, domenica pomeriggio: una donna-iena insulta due ragazzi che, in una strada semideserta del centro, osano camminare senza mascherina. Quelli accennano a rispondere che sono all’aperto senza folla intorno. Ma poi, terrorizzati dal climax vocale dell’erinni, estraggono di tasca l’ffp3, mentre quella si allontana maledicendo la gioventù di oggi. Uno mi riconosce e mi chiede chi ha ragione. Panico. Controlliamo sul loro smartphone (io ho un vecchio Nokia), digitando su Google le parole chiave. Apriti cielo: c’è tutto e il contrario di tutto. Il sindaco che annuncia l’obbligo di mascherina, ma solo nelle vie dello shopping e nei giorni delle feste; articoli che dicono che è già in vigore, altri che lo sarà, altri che scatta tra poco; dichiarazioni dell’assessore regionale che chiede al governo di fare di più (ma di più rispetto a cosa? boh). Alla fine facciamo la media e ci regoliamo sul buonsenso: mascherina solo in luoghi affollati, con buona pace di Mrs. Iena.

Quando si insediò il governo Draghi, ci fu assicurato che questi erano Migliori, mica come i peggiori di prima: questi parlano solo a cose fatte, basta annunci, detti e contraddetti, cacofonie di esperti veri o presunti che vanno in tv a spacciare opinioni per leggi e disorientano la gente. Invece, mai visto tanto casino. Ah, quelle belle conferenze stampa quotidiane di Borrelli, affiancato ora da Brusaferro, ora da Locatelli, ora da Rezza! E quegli appuntamenti serali o notturni con Conte che, a ogni dpcm, ci metteva la faccia e veniva a spiegarci cosa aveva fatto e perché, cosa dovevamo fare e perché. Ora Draghi fa piovere tutto dall’empireo, forse perché nessuno riuscirebbe a spiegare – restando serio – astruserie come il combinato disposto fra Green Pass per lavorare (o Super turbo diesel) e il tampone per vaccinati alle frontiere. Meglio non metterci la faccia per non perderla e mandare avanti i ministri che non decidono nulla. E briglia sciolta al Cts, dove non si trovano due scienziati che la pensino uguale; più il viceministro Costa e il sottosegretario Sileri (cane a gatto); più i consulenti di Speranza: Ricciardi (mai d’accordo con Speranza) e Zampa (sempre d’accordo con Speranza); più Rasi, “consulente di Figliuolo” (tra virgolette per evitare querele dall’interessato, che si spera non sia mai d’accordo col generalissimo, ma non ce lo dica per carità di patria); senza contare l’esercito di virologi ed epidemiologi sfusi. A sentirli parlare, c’è chi s’è convinto che da settembre abbiamo l’immunità di gregge, che siamo primi al mondo per vaccini e ultimi per morti e contagi, che il vaccino rende invulnerabili e i tamponi sono una cosa brutta. Infatti ora sente parlare di tamponi ai vaccinati e sta pensando seriamente al suicidio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/21/cosa-fatta-capo-non-ha/6433022/

martedì 21 aprile 2020

Ciro di Napoli.- In Piemonte e Lombardia la Lega ed il CDX sono allo sbando!

Bergamo, il caos dell'ospedale di Alzano Lombardo: tutti gli errori

Dopo che la Regione ha inviato pazienti infetti nelle RSA, hanno cercato di nascondere 7.000 morti.
Gian Paolo Foina, direttore generale della Fondazione Benefattori Cremaschi di Crema, che dispone di una casa di riposo con 220 posti e di un centro di riabilitazione con 136 posti. dice: “Abbiamo accolto 20 pazienti Covid provenienti dagli ospedali. Non si poteva scegliere, la delibera lo impone a tutte le strutture con determinate caratteristiche”. (Viviana: ci vogliamo anche agggiungere che li pagavano 150 euro al giorno per prendersi i contagiati?)
"Le aziende sanitarie ci riferiscono che hanno ricevuto l’ordine dalla Regione di non dirci nulla, di non fornirci i numeri sui decessi e nemmeno sugli ospiti che manifestano sintomi riconducibili al virus: così li abbiamo raccolti noi”, dice il segretario regionale dello SPI, sindacato pensionati, Valerio Zanolla.
Il risultato è agghiacciante.
Lo Spi ha censito 349 strutture su oltre 700, contando quasi 5 mila morti: 4.995 per l’esattezza –di cui 1.100 solo nel Milanese – in attesa dell’aggiornamento dei dati dell’Istituto superiore della Sanità sui decessi nelle case di riposo. Numeri che fanno impallidire. Mentre le associazioni lombarde delle case di riposo denunciano, ancora una volta, le criticità da parte di Regione Lombardia nella gestione delle Rsa.
Se persino un cialtrone mariuolo come De Luca in Campania è riuscito ad arginare il covid i leghisti ed il CDX in Lombardia e Piemonte ne escono come i peggiori politici possibili , i più incapaci e pericolosi degli ultimi 30 anni.
Chi votava Lega per la capacità, dopo i disastri in Lombardia e Piemonte dovrà ripensarci; chi li votava per l’onestà, dopo le condanne di Bossi e Maroni e i 49 milioni rubati fatti sparire all’estero con Salvini già capo indiscusso (che ha rifiutato di presentarsi come parte civile a favore dei propri elettori derubati) dovrà ripensarci due volte.
Chi vota Lega davvero mi fa pena perché l’unica motivazione rimasta è…il razzismo!


Postato da Viviana Vivarelli su fb alle h.10 del 21 aprile.

mercoledì 11 marzo 2020

"La bozza, il caos e la fuga. Lite tra governo e Regioni." - Paola Zanca

La bozza, il caos e la fuga. Lite tra governo e Regioni

Le anticipazioni on line e il buco di sei ore prima della conferenza di Conte.

La bozza ha girato per ministeri e regioni, come prevede l’iter del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che impone la raccolta dei pareri di tutte le autorità competenti. Poi, alle 20.20 sull’edizione on line del Corriere è diventata di dominio pubblico, confermando le anticipazioni che già erano sui giornali del mattino. Alle 20.34 la rilancia la pagina Facebook Lega-Salvini premier: la zona rossa del coronavirus è estesa a tutta la Lombardia e ad altre 11 province (poi diventeranno 14). La Cnn dà la notizia, sostenendo di averla ricevuta dall’ufficio stampa della Regione Lombardia (che smentirà).
Chiunque fosse la fonte, lo scoop ha subito diviso gli operatori dell’informazione, un po’ come era successo per il decreto che ha chiuso le scuole: chi ritiene che i giornalisti debbano diffondere una notizia (ovviamente verificata) non appena ne vengano in possesso, perché la gestione delle sue conseguenze – come quelle che, vedremo, ha provocato la bozza in questione – spetta a chi ha la responsabilità della cosa pubblica, non a chi ha il dovere di informare. Altri, al contrario, credono che in una situazione di emergenza come quella attuale il diritto/dovere all’informazione debba essere sacrificato in nome della sicurezza nazionale. Perché quella bozza ha un effetto pratico quasi immediato: lo dicono le immagini delle stazioni ferroviarie di Milano che nel giro di poche ore si riempiono di cittadini terrorizzati dall’ipotesi della chiusura della Lombardia, in fuga dalla regione prima che scatti il divieto. L’Intercity Milano-Roma delle 23.20 è carico di passeggeri saliti al volo, senza biglietto, assiepati nei corridoi. Alle 00.40 da Palazzo Chigi arriva l’annuncio di una conferenza stampa del presidente del Consiglio. Ma l’appuntamento slitta e Giuseppe Conte appare davanti alle telecamere solo 90 minuti più tardi, alle 2.15 di sabato notte. In sostanza, tra la pubblicazione della bozza e la comunicazione ufficiale passano 6 ore senza che nessuna fonte governativa intervenga né per smentire né per confermare: un tempo sufficiente a far esplodere il caos. Il premier la bolla come “una cosa inaccettabile”. La versione definitiva del decreto, va detto, è identica alla bozza diffusa dal Corriere, salvo l’iscrizione nella zona rossa anche delle province piemontesi di Verbano Cusio Ossola, Novara e Vercelli.
Eppure la polemica sulle nuove norme adottate dal governo non riguarda solo il rapporto con la stampa. Sono i presidenti delle Regioni coinvolte i più agguerriti contro “un provvedimento che non è farina del nostro sacco”, per dirla con il veneto Luca Zaia, convinto che il governo non si sia “fidato” del comitato scientifico regionale. “Volevamo metterci del nostro – dice ancora Zaia – non ci è stato dato il tempo necessario. Ho sentito l’ultima volta Fontana e Bonaccini alle 2,30 di notte ed eravamo ancora convinti, prima di vedere la sorpresa della conferenza stampa del premier, che ci fosse la possibilità di arrivare al mattino”. Attilio Fontana, presidente della Lombardia, ha detto che sarebbe stato “un pochino più rigido nelle misure di distanziamento sociale”, salvo poi – qualche ora più tardi – chiarire che in Regione non ci saranno “limiti né alla circolazione delle merci né dei dipendenti, anche perché a quel punto tanto valeva dire che chiudevamo le aziende”. Chiede di “chiarire le ambiguità” anche il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Le stesse “esigenze di chiarimento” che ammette anche il capo della Protezione: ieri, nel consueto appuntamento con la stampa delle ore 18, ha preferito non commentare il decreto. Poi, tre ore più tardi, ha firmato l’ordinanza attuativa: gli uffici pubblici restano attivi, gli spostamenti per lavoro e salute pure.

mercoledì 2 ottobre 2019

Il cappotto e l’asola - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 2 Ottobre:

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Tutto avremmo immaginato, nella vita, fuorché di concordare in pieno con Dario Franceschini: “Avviso ai naviganti: la smania quotidiana di visibilità logora i governi. Già visto tutto. Si inventano litigi sull’Iva, quando nessuno vuole aumentarla, solo per avere qualche riflettore acceso”. Ce l’ha con i renziani e alcuni M5S che han montato una polemica sul nulla, come se qualcuno volesse aumentare l’Iva e loro no. In realtà l’impegno di sterilizzare l’aumento dell’Iva dal 22 al 25% sarà rispettato.
Ma, siccome c’è anche quello di tagliare le tasse sul lavoro (sciaguratamente chiamato “cuneo fiscale”) e le coperture non ci sono, Conte e il Tesoro vorrebbero aumentare l’Iva dell’1-1,5% a chi paga in contanti oltre una certa soglia: per dare più soldi ai lavoratori e incentivare i pagamenti con carta (a costo zero), disincentivare il cash e recuperare evasione.
L’aumento sarebbe volontario: se tutti pagano “tracciabile”, l’Iva non sale per nessuno. Apriti cielo.
Risultato: chi pensava di lucrare per il suo ego e la sua bottega ha convinto milioni di italiani che il neonato governo sia già in crisi e regalato a Salvini&C. il pretesto per strillare al “governo delle tasse”, mentre gli onesti ne pagheranno un po’ meno e i disonesti un po’ di più.

È il morbo della “salvinite”, perché il re della sparata da titolo è Salvini, che però fa solo quelle che gli portano consensi, mentre i giallorosa sono specializzati in quelle che portano consensi a lui. O perché dicono cazzate, o perché dicono cose anche sensate, ma nei tempi e nei modi sbagliati. Fioramonti si candida a nuovo Toninelli con le trovate di tassare le merendine e levare i crocifissi dalle scuole. Che possono avere un senso in tempi normali, ma buttate lì senza prepararle né spiegarle, nel mondo dell’istruzione che ha ben altre urgenze, sono autogol da 2 a 0 per Salvini. Idem per Letta che lancia il voto ai sedicenni, subito cavalcato da 5S, Pd e Lega: davvero bastano un milione di studenti ambientalisti in piazza per abbassare l’età elettorale? Poi c’è l’auto-tripletta di Pisapia, che intima al governo di abolire i dl Sicurezza, approvare lo Ius culturae (altra denominazione assurda) e il suicidio assistito tutto d’un colpo, per la gioia di Salvini e Meloni che non vedono l’ora di farci la campagna elettorale per le Regionali. I diritti sono cruciali, ma nel 2019, con le destre al 45%, un governo d’emergenza dovrebbe prima rassicurare la maggioranza degli italiani su troppe tasse, poco lavoro, immigrazione clandestina incontrollata ecc. e poi dedicarsi alle minoranze. Sabrina Ferilli, donna di sinistra coi piedi ben piantati a terra, lo ripete sempre: “Uno chiede un cappotto e quelli gli parlano dell’àsola”.

lunedì 25 febbraio 2019

Sardegna, elezioni regionali.

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Un bel pugno di partitucoli per la destra, altrettanti per la sinistra e ancora non si sa chi è stato eletto in Sardegna?
Per me ha vinto il m5s che, da solo, ha ottenuto un OTTIMO risultato.
Constatare che c'è ancora chi dà il proprio appoggio a chi ha contribuito a distruggere economicamente e socialmente il nostro paese, è devastante. Siamo masochisti oppure ci piace sguazzare nel fango, noncuranti del fatto che così agendo stiamo decretando la nostra disfatta? Perché, sia ben chiaro: anche chi ha accettato un piccolo obolo in cambio del suo voto, (quando chi lo ha corrotto avrà realizzato il suo obiettivo) alla fine, sarà abbandonato a se stesso, in mezzo ad una strada e senza un centesimo. Oltretutto, da alcune "aggregazioni", una volta messa la firma di adesione, è difficile allontanarsi. Sapete perché, quando uno di loro va in prigione, tutti gli altri, facenti parte della stessa o similare aggregazione, gli manifestano solidarietà? Perché, essendo partecipi delle magagne e delle illegalità che hanno dovuto commettere per raggiungere i loro obiettivi comuni, hanno una fifa tremenda che chi viene condannato possa, per vendetta, incominciare a cantare sfoggiando un bel do di petto e spifferando tutte le porcherie della quali è a conoscenza. Personalmente, chi si piega per interesse, mi fa pena, mi suscita disgusto. Reputo che sia meglio vivere miseramente, ma con la coscienza pulita, che piegarsi al volere altrui. Alla fine, dando ancora consenso a chi ci ha disonorato, abbiamo perso tutti, anche se solo per colpa di chi non accetta lo stato di legalità e coerenza. by cetta.

domenica 5 agosto 2018

Caos.

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Chi divide gli uomini utilizzando le religioni, le ideologie politiche, lingue diverse, o delimitando i territori, o basandosi sul colore della pelle, sui ceti sociali, sul potere economico, sull'essere diversi, ....non fa altro che fomentare odio e confusione in un mondo già caotico dove tutto è niente.
Cetta.


mercoledì 17 gennaio 2018

Vaccini, i centri vaccinali sono in tilt.


Vaccini, i centri vaccinali sono in tilt © ANSA

Signorelli (Società Igiene),molti sotto organico e sovraffollati.

I centri vaccinali "sono in crisi, sovraffollati e sotto organico" in vista della scadenza del 10 marzo per la presentazione alle scuole della certificazione di avvenuta immunizzazione. Lo afferma il past president della Società italiana di igiene, Carlo Signorelli. I Centri "sono in tilt per 3 concomitanze: l'ultimo Piano vaccinale che prevede nuove vaccinazioni consigliate, la legge sull'obbligo vaccinale a scuola ed i recuperi dei bimbi non ancora immunizzati. Sono sotto pressione e - ha detto - spesso manca personale".
 Da "sei mesi a questa parte - ha sottolineato Signorelli - i centri vaccinali sono molto sotto pressione e temo che lo saranno fino alla scadenza di legge del 10 marzo". Ma il problema, ha avvertito l'esperto, "è anche legato ad un fattore di mancanza di organico: la Siti ha da tempo chiesto che, in concomitanza con l'applicazione delle nuove norme sull'obbligo vaccinale, si provvedesse anche a garantire un supporto ai centri vaccinali potenziando il personale proprio in vista del maggior carico di lavoro. Ciò spesso non è avvenuto e molti centri sono dunque sotto organico".

Ovviamente, ha precisato, "questo è però un aspetto che attiene alle singole Regioni. Proprio per questo, non si può generalizzare e la situazione varia da Regione a Regione, perchè l'organico è diverso ed anche l'organizzazione". Ad esempio, "in alcune Regioni come Veneto e Friuli Venezia Giulia, le vaccinazioni nei centri non sono effettuate solo dai medici ma pure da assistenti sanitari con la supervisione del medico. In questi territori le cose vanno meglio perchè - ha concluso Signorelli - il carico di lavoro è smaltito da più figure". 
Più tempo per iscritti 2018-19, certificati a luglio - Per il prossimo anno scolastico 2018-19, per il quale partono oggi le iscrizioni online, ci sarà più tempo per effettuare le vaccinazioni obbligatorie previste dalla legge: per l'iscrizione ad asili e scuola elementare la procedura resta la stessa. 

Sarà infatti possibile presentare un'autocertificazione sulle avvenute vaccinazioni o copia della prenotazione dell'appuntamento presso l'asl, ma ci sarà tempo fino al 10 luglio 2018 per presentare la certificazione definitiva che provi l'avvenuta vaccinazione. La scadenza è prevista dalla legge e dalla circolare del ministero dello Salute dello scorso 16 agosto. Più tempo dunque per adempiere all'obbligo vaccinale. 

Inoltre, se per la data di scadenza (10 luglio) sarà stata già attuata la norma legislativa introdotta dal recente Dl fiscale, che permette lo scambio di dati su supporto informativo tra le scuole e le Asl (e che anticipa quanto previsto dal decreto vaccini per l'anno scolastico 2019/2020), non vi sarà alcun bisogno per il genitore di presentare documentazione cartacea.

venerdì 6 ottobre 2017

Sinistra, il caos dei dirigenti che non diventano leader: da D’Alema il capotavola fino a Pisapia faro già spento. - Diego Pretini

Sinistra, il caos dei dirigenti che non diventano leader: da D’Alema il capotavola fino a Pisapia faro già spento

Il Lìder Maximo impalla tutti, Speranza l'eterno futuro, Bersani indispensabile che ha già fatto il suo: così l'ex sindaco di Milano ha scoperto che non basta dire "uniamoci" per unire Pd e gli altri e da possibile federatore è diventato punchin-ball. Per questo il sogno proibito di Bersani sarebbe Grasso. Preferito perfino da Vendola.

Federatori che non federano, nuovo che non avanza, leader di talento ingombranti ma consunti dalla storia, assi nelle maniche abbottonate. A sinistra, presto, a sinistra: ma la macchina pare inceppata. Ex comunisti con ex socialisti, ex vendoliani con ex democristiani, scissionisti della prima ora con scissionisti della seconda che si uniscono a quelli della terza. Il campo della sinistra del centrosinistra che non c’è più è come un’aia di campagna, dove ogni galletto va a beccare in un posto diverso. Alt, avvertono tutti in coro nelle interviste, prima di tutto i programmi. Ma ora che ci provano – il superticket, la povertà nella legge di bilancio – si accapigliano parlando solo di matrimoni, divorzi, coppie scoppiate. In comune hanno l’assillo della discontinuità con le riforme di Renzi e più precisamente proprio con Renzi. 
Ma ciascuno ha un joystick diverso. Per dire: lo sforzo per una cosa semplice come far guidare a Pisapia la delegazione di Mdp a Palazzo Chigi dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni è stato immane. Ma Tabacci, uno dei pochi che può parlare a nome dell’ex sindaco, lo descrive come amareggiato perché – dice – dentro Mdp vogliono confinarsi a una sinistra di testimonianza con Fratoianni e “quelli del Brancaccio” (cioè Tomaso Montanari e Anna Falcone, i reduci della vittoria del No), “bravissime persone che però non c’entrano nulla con la prospettiva di un centrosinistra in grado di competere”. Dall’altra parte rispondono che il centrosinistra non esiste perché è morto sotto i molti colpi inferti da Renzi: l’ultimo quando si è alleato con Alfano per sostenere Micari alle Regionali in Sicilia. Così si affollano a sinistra dirigenti che però non si sa dove dirigono, che restano a mezza altezza per motivi diversi: da Bersani a D’Alema, da Speranza a Enrico Rossi, fino a Nicola Fratoianni e Pippo Civati. Fino a Giuliano Pisapia, il cui ruolo è ridotto al lumicino ogni volta che parla D’Alema, già da quella volta – a inizio settembre – in cui lo definì “l’ineffabile avvocato”. E un po’ più in là, fino ai sogni che non sembrano solide realtà: Piero Grasso e Emma Bonino. Di seguito i più in vista.

D’Alema, l’attaccapanni che precede tutti.


“Finché sarò vivo, Renzi non potrà stare sereno” disse a pochi mesi dal referendum costituzionale. Per Aldo Cazzullo (Corrieredi ieri) è il più anti-renziano di tutti. Per Angelo Panebianco (Corriere di molti anni fa), “i leader autentici sono sempre, in ogni Paese, e anche in Italia, pochissimi. E D’Alema è uno di loro”. Per Renzi era il primo da rottamare e invece ha fatto come l’alligatore: è rimasto sott’acqua finché è servito, finché non ha capito che uscendo dall’acqua avrebbe divorato la preda. Non solo Renzi, ma anche il nuovo partito che lui ha annunciato per primo. I dalemiani sono rimasti di là, hanno indossato nuove maschere: Anna Finocchiaro, Gianni CuperloNicola LatorreMarco MinnitiMatteo Orfini in ordine di crescente lealtà al nuovo capo. Lui non soffre di solitudine, capotavola è dove si siede lui, disse una volta. Dopo aver garantito che Speranza è un ottimo dirigente tra l’altro più giovane di Renzi e che chi sarebbe stato il capo si sarebbe deciso con le primarie, a luglio ha definito quella di Mdp una “gestione confusa e poco efficace”.
Ha dato la possibilità a Pisapia di sognare per un po’, di fare il federatore, sapendo già che avrebbe fallito. I due non sono diversi solo perché uno è figlio del partito e l’altro un borghese civico, come li ha descritti Cazzullo. Ma anche perché l’ex sindaco continua a inseguire i sogni, mentre l’ex presidente del Consiglio non ha mai cominciato, preferendo la disillusione. Per primo D’Alema ha annunciato che ci sarebbe stata la scissione dal Pd, per primo ha detto – andando ad ascoltare il discorso “di insediamento” di Pisapia – che alle elezioni avrebbero corso da soli e contro il Pd, per primo ha capito che una coalizione sarebbe stata impossibile. Per primo ha detto che con l’alleanza tra Pd e Alfano in Sicilia il centrosinistra era finito. Per primo ha chiesto a Pisapia “maggiore coraggio” per accelerare la nascita della forza a sinistra del Pd: un simbolo riconoscibile, temi ben chiari per segnare la “discontinuità” con il lavoro fatto dal governo delle intese medie negli ultimi 5 anni. In realtà non è mai chiaro se queste cose le dice per primo perché le prevede o perché poi le fa andare così lui. Per questo a Pisapia è partita la frizione chiedendogli di farsi da parte, subissato di fischi dei dalemiani rimasti e dal silenzio glaciale del Lìder Maximo.
Ha archiviato la terza via e il blairismo, nelle interviste cita Podemos e la Linke, se non fosse ambiguo si direbbe che si è radicalizzato. E’ una croce oltre che una delizia di un pezzo di sinistra perché il suo passato pesa e contro D’Alema se la prendono tutti, una specie di antistress: “E’ l’attaccapanni a cui attaccano tutte le tattiche avverse – ha detto Bersani qualche giorno fa – Ma lui è fatto così è una personalità ma le perplessità non si possono nascondere sempre dietro D’Alema”. Ma l’impresa è sempre spostarlo da davanti.
Bersani, quest’acqua qua.
Lo paragonano a Bertinotti. Lui con la stessa espressione piena di fatica, di preoccupazione e di concentrazione che offrì da presidente incaricato nel primo incontro in streaming con i capigruppo dei Cinquestelle, nel 2013, oggi fa ancora scrosciare applausi negli studi televisivi e – racconta uno dei suoi fedelissimi, Davide Zoggia – anche nelle piazze in Sicilia. Avrebbe voluto essere Papa Roncalli, ha detto una volta, ma sembra più Papa Montini: a volte un po’ in anticipo per non rimanere schiacciato dal presente. Se avesse vinto, anziché “non vinto”, come prima cosa da capo del governo – ha ricordato di recente – avrebbe fatto lo Ius soli, su cui ora Renzi non ha nemmeno il coraggio di mettere la fiducia. Come seconda, una “norma secca anticorruzione“. Dalla corsa per il leader si è autoeliminato da tempo: la moglie ha minacciato di cacciarlo da casa se si ricandiderà a premier, ma non c’è rischio, tanto più che a questo giro il massimo del risultato può essere il quarto posto.
Ma la sua assenza ha messo davanti agli occhi dell’elettorato le alternative tipo Speranza e la platea ne è uscita terrorizzata. Quindi “quel pezzo di Ditta qua”, che in realtà crede che la Ditta sia stata scippata da un rapinatore, si aggrappa di nuovo a lui, diventato finalmente leader dopo una vita politica da gregario di lusso, competente, rasserenante. “L’eterno delfino che a 57 anni ha deciso di nuotare da solo – lo definì Fabio Martini sulla Stampa prima del congresso che avrebbe incoronato Bersani, già tre volte ministro – A forza di nascondersi, a forza di dire ‘Obbedisco’ al suo amico Massimo D’Alema che in passato lo ha ripetutamente invitato a non candidarsi, la rinuncia stava diventando la sua cifra politica. L’Amleto di Bettola”. “Bersani è un uomo di governo capace ed è sempre stato fuori dai conflitti personali all’interno del centrosinistra”: sembra la definizione più adatta e l’unico sospetto nasce perché a pronunciarlo fu proprio D’Alema.
Da solo, senza D’Alema, è quello che ha combattuto di più le politiche di Renzi, rottamatrici delle idee più che delle persone. Non c’è riuscito quasi mai anche perché, appunto, ha criticato troppo presto quello che altri nel partito hanno contrastato più tardi, a tempo scaduto, tipo Orlando. Come D’Alema, però, Bersani si porta il fardello di chi dice cose già dette e vede cose già viste: gli elettori di sinistra sono da tempo un po’ suscettibili, diversi da quelli di Forza Italia che vedono solo Berlusconi. Lo prendono in giro, ma Bersani insiste a credere di parlare la lingua del popolo così le metafore non sono mai uscite dal suo breviario. L’ultima l’altro giorno, con gli animali: “Se anche in Italia si tira la volata alla destra scimmiottandoli, balbettando in modo più politicamente corretto le stesse ricette, ad esempio su fisco e immigrati, la sinistra rischia di fare la fine del coniglio davanti al leone”. La penultima alcuni giorni prima, quella dell’acqua: “Renzi ha governato tre anni con i voti che ho preso io, ed ha ribaltato quasi del tutto le cose che avevo promesso agli elettori. Se questo porterà avanti il centrosinistra e metterà sotto destra e 5 stelle, avrà avuto ragione lui; altrimenti dovrà far due conti di quello che è successo. Di noi non si preoccupi: noi porteremo acqua al centrosinistra”.

Pisapia, il punching-ball arancione.
“Giuliano Pisapia, convinto di essere un leader decisivo e destinato a saldare le varie sinistre di sorta, non sa che D’Alema non prevede per lui alcun ruolo, salvo quello di bella statuina”. Sembrava una cattiveria quella di Andrea Marcenaro sul Foglio di inizio estate. Quasi quattro mesi il basamento della statuina è quasi completato. Pisapia è stato posizionato sull’asta del gonfalone della sinistra che rimpiange Prodi e l’Ulivo, ma in realtà si ritrova a capo della Sinistra Arcobaleno. E forse nemmeno così a capo. Quando Bianca Berlinguer ha chiesto a D’Alema se è Pisapia il leader lui ha risposto: “Abbiamo detto di sì, il leader è lui”. Abbiamo detto di sì, noi, all’ineffabile avvocato, come l’ha chiamato una volta.
Altro che enzima che unisce tutto il centrosinistra, dai democristiani a Fratoianni. Piuttosto il punching-ball del luna park. A nulla è servita la lunga preparazione di Pisapia, iniziata con la scomparsa dalla scena politica alla Fanfani subito dopo aver la sciato Palazzo Marino. Credeva che tutti aspettassero qualcuno come lui che a Milano ha guidato la vittoria “arancione” e in Italia ne era il simbolo, senza accorgersi che quell’avventura è finita già da un pezzo, con lui, ZeddaDe Magistris e Orlando in ordine sparso. A Milano aveva vinto perché è una persona per bene, carattere che rischia di diventare un handicap quando sei in un ambientino pieno di tigri dai denti a sciabola. Credeva che bastasse un paciere, scoprendo che servirebbe un miracolo: l’euforia iniziale che ha unito al suo fianco l’ex rifondato Ciccio Ferrara e l’ex dc Tabacci senza i marxisti – e ha fatto aleggiare i padri nobili Enrico Letta e Prodi – è diventata ora una bell’arietta emo.
Prende schiaffi da tutti, come una comparsa di Altrimenti ci arrabbiamo. “Pisapia cambia posizione abbastanza spesso – ha detto Orfini alcune settimane fa – Perché quando ha fatto la riunione con Mdp ha firmato un documento in cui si definiva alternativo al Pd – e immagino non ci si voglia alleare con forze alternative – poi ha lanciato le primarie”. Nicola Fratoianni, capo di Sinistra Italiana, si dice “non interessato alle smentite di Pisapia” e che “il tempo è scaduto”. Irrita Roberto Speranza: “Noi stiamo aprendo le porte nella maniera più convinta possibile a Giuliano Pisapia. Dopodiché a me non convince un ragionamento in cui tutto si riduce a un gioco di personalità”. Fa sdubbiare perfino Bersani: “Nessuno qui vuol dei partitini. Vogliamo tutti un partitone. Non è quello”. Litiga di brutto con Nichi Vendola: “Ha ragione Pisapia: D’Alema è divisivo, divide la sinistra dalla destra. Per Pisapia è sufficiente dividere la sinistra” dice l’ex presidente della Puglia. “Si può cambiare idea, ma non dimenticare: hai governato la Puglia in variegata compagnia. A Milano non c’era destra in giunta” risponde l’ex sindaco.
Nonostante l’abbraccio a Maria Elena Boschi davanti al quale Mdp reagì come se avesse commemorato Farinacci, è stato quasi ignorato dal Pd che parla di lui solo nei retroscena, “da Calenda a Pisapia”, o nei sogni di Rosato, “da Alfano a Pisapia”. Per restare attaccato almeno a Mdp, i suoi comunicati stampa sono esercizi di acrobazia. Fa fatica a farsi ascoltare perfino dai senatori che si autoproclamano esponenti di Campo Progressista: parlano a titolo personale, dice un portavoce di Pisapia. “No – ha risposto uno di loro – io parlo a nome di Campo Progressista Sardegna”. Mettete da parte i personalismi, ripete da mesi a due poco interessati ai personalismi come Renzi e D’Alema. Lui si è già messo da parte per esempio in Sicilia dove non sostiene né Micari col Pd né Fava con la sinistra.
Speranza, l’eterno futuro.
L’eterno delfino, l’eterno futuro, l’eterno dialogante. Per Vauro “un giovane-vecchio”. A Roberto Speranza quasi tutti riconoscono che è serio, timido, mediatore, coerente, grande ascoltatore, persona perbene, che ha studiato, che ha fatto la gavetta. Più o meno così lo descriveva la Stampa già 4 anni fa, quando già lo indicavano come “futuro leader”. Nel frattempo risulta ancora difficile trovare chi lo consideri uno che riempie le piazze e le urne. Bersani se n’è dovuto andare per un po’ e poi è tornato e Speranza sempre lì è rimasto: sotto la sua ala protettiva. E’ lì sotto dal 2012 quando Speranza era uno dei coordinatori del comitato di Bersani alle primarie per le Politiche.
Spesso si sforza di essere incisivo: “Avevamo promesso più lavoro e stabilità e ci siamo ritrovati il boom dei voucher; avevamo promesso green economy e ci siamo ritrovati le trivelle e il ‘ciaone’; avevamo promesso equità fiscale e abbiamo tolto l’Imu anche ai miliardari”. Ma non se ne accorge nessuno. Fa cose di rottura, coraggiose: si dimise quando la Boschi pose la fiducia sull’Italicum che lui considerava incostituzionale (come poi confermò la Consulta). Ma non se lo ricorda nessuno.
Gli capita di prendere sberle a gratis anche quando non fa niente di che. “Hai la faccia come il culo” gli comunicò Roberto Giachetti quando a Speranza gli venne di proporre il Mattarellum. Mani tra i capelli di Renzi, grida in pé della senatrice Ricchiuti, via alla scissione. Un mesetto prima un tizio gli lanciò addosso un iPad durante la presentazione di un libro a Potenza: “Il Pd vende armi all’Isis!”. L’episodio più doloroso resta quando Repubblica chiese a Bersani se Speranza era l’anti-Renzi: “Lo stimo, non è un segreto. Ma al di là dei nomi serve un segretario che si occupi del partito sdoppiandolo dalla figura del premier e non escludiamo a priori di pescare da campi che non sono del tutto sovrapponibili alla politica. Qualcuno può escludere che in giro ci sia un giovane Prodi?”. Boom, Roberto, sei stato friendzonato. Sembra sempre il suo momento e il suo momento non arriva mai. Mesi fa aveva finalmente l’occasione per misurarsi (cioè schiantarsi) contro Renzi. Zampettava sui giornali e sulle televisioni dopo la vittoria del No al referendum, in quei giorni figlia del mondo intero. “Arriverà presto il congresso Pd e io ci sarò, mi batterò. Accetto la sfida e sono ottimista perché non sono solo”. E invece un attimo prima gli hanno tolto il partito, nel senso che i suoi tutori hanno deciso di andarsene a fare Mdp. Cos’è ora Speranza?, si chiedono ogni tanto l’un l’altro nelle redazioni. Capogruppo? Possiamo dire leader? No dai, leader no. Forse tipo coordinatore. Provate voi a coordinare ex vendoliani, ex bersaniani, pisapiani e D’Alema.
Grasso, che una mattina si svegliò “Metodo”.
Una volta, raccontò, si addormentò Pietro e si svegliò “metodo”. Il “metodo Grasso” di cui parlarono i giornali all’indomani della sua elezione era quello che aveva fatto diventare lui presidente del Senato (spaccando il gruppo M5s alla prima votazione) e Laura Boldrini presidente della Camera. Il metodo lo inventò Pierluigi Bersani al quale nel 2013 venne l’idea di proporre a Grasso l’inizio della carriera politica dopo una vita nella lotta a Cosa Nostra. Ora può accadere di nuovo. A Napoli, alla festa di Mdp, Bersani aveva gli occhi a cuoricino mentre sentiva la seconda carica dello Stato raccontare che si sente ancora “ragazzo di sinistra” e come tale chiede “alla sinistra di non fare passi indietro sui principi”.
C’è quella bazzecola da superare che si chiama presidenza del Senato che lo terrà ingessato fino a primavera, ma Grasso per la terza volta potrebbe essere la soluzione ai problemi di Bersani. Grasso ha le sembianze quei tiri di carambola di certi circoli del biliardo con cui la biglia butta giù i birilli, sponda dopo sponda. Autorevole per curriculum, dialogante per carattere, è legalitario, ma non securitario, la giustizia sociale accanto a quella dei tribunali. Dice cose di sinistra, pronuncia spesso parole di verità, gli piace il genere antifà. Negli ultimi dieci giorni ha detto che: lo Ius soli va votato, il codice antimafia deve rimanere così perché era nel programma (del Pd), la sinistra non deve fare passi indietro sui suoi principi, che la prima regola della politica è l’etica(bisogna saper scegliere i candidati prima che arrivino le condanne). Ha detto che i partiti devono smetterla di scrivere le leggi elettorali solo per convenienza e ha fatto incazzare Orfini. Ha detto che dobbiamo dare l’asilo anche ai migranti economici perché lo dice la Costituzione e ha fatto incazzare la Lega Nord. Fa incazzare spesso il Pd, come quando si mise seduto in Aula tutto sorridente e decise per conto suo di far votare la richiesta d’arresto di Antonio Caridi, primo parlamentare accusato di associazione mafiosa (il Pd voleva trastullarselo fino a dopo il ddl editoria).
Non si contano le volte che ha fatto incazzare il M5s: i senatori grillini perdono la testa soprattutto quando loro si agitano rossi in volto – come per abitudine – e lui gli risponde col tono di un bonzo tibetano, con lo sguardo disincantato. La spalla preferita è il senatore Lello Ciampolillo. Una volta segnalò dei “pianisti”, quelli di Forza Italia cominciarono a tirargli palline di carta. Grasso lo rassicurò sulla sua incolumità: “Senatore Ciampolillo, la presidenza ha visto tutto. Ha visto anche che non l’ha colpito”. Stimato da destra, Vendola lo preferisce a Pisapia. “Grasso è una grande personalità – dice D’Alema – E’ stato un giovane militante di sinistra, l’abbiamo candidato e eletto presidente del Senato. Non è certo una new entry”. Un ineffabile presidente, in altre parole.
C'è del caos in quel di .....sinistra! sempre che si possa definire sinistra una compagine che si adopera per proteggere Banche, Vaticano, potere economico.... e che si è posizionata così in centro che si è confusa e fusa con l'altro centro, quello di destra...