lunedì 1 giugno 2020

A settembre l’Italia presenterà il suo Piano per la ripresa. Gualtieri: “Investiremo su innovazione, digitalizzazione, sostenibilità ambientale e coesione sociale”


La Caporetto italiana a Bruxelles: da Conte e Gualtieri, a Draghi ...

“Noi adesso abbiamo ottenuto una proposta che speriamo si tramuti presto in una legislazione europea che metta in campo delle risorse molto significative per un grande piano comune per la ripresa dell’economia. L’Italia dovrà presentare un suo piano per la ripresa, lo faremo a settembre, sarà presentato insieme al Def”. Lo ha detto a 1/2 Ora in più il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. “Siamo al lavoro per realizzare questo piano – ha aggiunto – abbiamo delle idee molto precise che sono anche in linea con quelle indicate dalla Commissione Europea, cioè investire sul futuro, sull’innovazione, la digitalizzazione, la sostenibilità ambientale, la coesione sociale e gli investimenti”.
“Penso che la scrittura di questo piano richiede una forte capacità di dialogo e di ascolto di tutti” ha aggiunto il ministro dell’Economia osservando come “adesso noi abbiamo stanziato delle risorse imponenti, valuteremo se ci sono delle risorse aggiuntive che servono immediatamente, se servirà uno stanziamento aggiuntivo di risorse noi valuteremo tutti gli strumenti più convenienti che ci sono, sia esso Sure, Mes, sia esso ricorso al mercato. Faremo la scelta più utile e conveniente per il Paese e sono sicuro che ci sarà senso di responsabilità da parte di tutti”.
Infine, secondo Gualtieri, “dobbiamo mettere in campo questo grande progetto che ci consente di intercettare le risorse del Recovery fund che saranno già disponibili in autunno per una parte. Poi, dobbiamo partire con la prossima legge di bilancio che sia di tipo nuovo, proiettata in una programmazione pluriennale e in un progetto di rilancio senza precedenti nella storia del Paese che ha la possibilità di cambiarlo, di fare un passo avanti straordinario, di recuperare anche dei ritardi accumulati negli anni”.
E a proposito del Recovery fund parla di “lievi correzioni, ma non sostanziali” il Commissario europeo agli affari economici, Paolo Gentiloni, in un’intervista al Playbook di Politico. “I negoziati – ha aggiunto l’ex premier parlando della proposta del budget pluriennale e del piano per la ripresa, fissati rispettivamente a 1.100 miliardi e 750 miliardi – saranno difficili e dobbiamo rispettare la legittimità delle diverse posizioni. Ma sono piuttosto fiducioso che la discussione non minerà l’architettura dell’edificio”.
“La Commissione ha lavorato molto per togliere a questi strumenti le condizionalità che c’erano. Abbiamo dovuto modificare molte regole attuative” ha detto Gentiloni parlando del Mes. “Un Paese come la Francia – ha aggiunto il Commissario Ue – ha una condizione riguardo i tassi di interesse non identica a quelli dell’Italia. Vedremo se il governo spagnolo o quello greco lo utilizzeranno. Non ho notizie che non lo faranno. Per dire che l’Italia sta sprecando questa occasione è un po’ presto. Qui ci sono prestiti vantaggiosi per un Paese come il nostro, un primo pacchetto da 500 miliardi attivabile nelle prossime settimane. Un secondo pacchetto da 750 miliardi ha bisogno del via libera dei governi e della ratifica dei parlamenti. Dal primo gennaio dell’anno prossimo. Quindi c’è molto tempo per lavorarci. Questa occasione dovrebbe essere colta per affrontare alcune sfide come la transizione tecnologica e ambientale”.

I Benetton sono stanchi: pronti a uscire da Atlantia. - Carlo Di Foggia

Nei conti dei Benetton: maglieria a picco e asfalto ricchissimo ...
Quasi due anni dopo il disastro del ponte Morandi di Genova. la partita della concessione di Autostrade per l’Italia potrebbe chiudersi con l’uscita di scena dei Benetton da Atlantia, la holding che controllano e che a sua volta controlla la concessionaria. Sembra fanta finanza, ma l’idea che attraversa la famiglia ha una sua logica: sparire dalla scena e restituire tutto allo Stato. Sembra questo l’unico modo di disinnescare un contenzioso infinito e devastante. Finora, la sola mossa è stata quella di scaricare le colpe su Giovanni Castellucci, il manager che li ha resi ricchi spremendo profitti dalla concessionaria anche a spese della manutenzione. Ma lo stallo sta diventando esplosivo.
Il 30 giugno scadono i sei mesi per restituire la concessione allo Stato e avviare una causa miliardaria, dopo che il decreto Milleproroghe ha eliminato la clausola che assicura ad Atlantia un indennizzo enorme anche in caso di revoca per colpa grave. Finora Gianni Mion, il manager richiamato da Luciano Benetton, dopo la cacciata di Castellucci, si è limitato a offerte offensive. Il risultato è che Aspi rischia di affogare. Il governo può vedere il bluff di Mion. Il contenzioso ha tempi biblici, e senza concessione Aspi collassa e con essa anche Atlantia, che garantisce metà dei suoi debiti. Cedere Aspi a prezzo scontato, magari alla Cassa depositi e prestiti, sarebbe l’opzione più sensata, ma Mion chiede il prezzo pieno, forse temendo la reazione degli altri azionisti di Atlantia. Nessuno però compra a prezzo pieno una concessione che andrà rivista rendendola assai meno generosa per il concessionario e più favorevole agli utenti.
Si spiegano così i segnali di insofferenza che provengono da Ponzano Veneto. L’85enne Luciano, e con lui quel che resta della famiglia, pare essersi convinto che così non se ne esce, meglio mollare Atlantia che, dal disastro del Morandi, ha dimezzato il suo valore in Borsa. Da quanto è stata privatizzata, Aspi ha distribuito dividendi per 11 miliardi ai suoi azionisti. Oggi la quota dei Benetton in Atlantia vale 3,5 miliardi, dovranno accettare di perderci ancora. Lo Stato potrebbe coinvolgere Cdp. Ma andrà affrontata, sul serio, la revisione della concessione.

La Corte dei Conti: così hanno distrutto la sanità sul territorio. - Marco Pasciuti

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Da un lato “la concentrazione delle cure ospedaliere in grandi strutture specializzate”. Dall’altro anni di tagli alla spesa che hanno causato “una sostanziale debolezza della rete territoriale”. Quella che avrebbe dovuto fare da argine all’ondata di malati che, specie al Nord e in Lombardia in particolare, ha investito pronti soccorso e reparti durante la pandemia di Covid-19. Una politica che, si legge nel Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti, “ha fortemente pesato sulla gestione dell’emergenza sanitaria” e “ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”.
Quattro segni “meno” – spesa pubblica, personale, ospedali e strutture territoriali, investimenti – quelli rilevati dai giudici contabili. A livello nazionale, scrivono, la spesa diretta delle famiglie è cresciuta dal 2012 al 2018 del 14,1% contro il 4,5% di quella delle P.a. Nel frattempo la forza lavoro nella sanità è diminuita. In 5 anni i dipendenti a tempo indeterminato di Asl, aziende ospedaliere, universitarie e Irccs pubblici sono passati da 653 mila a 626 mila, per un taglio di 27 mila posti (-4%). Nello stesso periodo il personale flessibile è aumentato solo di 11.500 unità. I tagli maggiori? Nelle Regioni sottoposte a un piano di rientro dei costi (a Molise, Lazio e Campania “sono riferibili riduzioni tra il 9 e il 15%”), mentre tra le altre a tagliare di più sono state Liguria (-5,4%), Piemonte, Emilia e Lombardia (tra -3,7 e -3,3%). E la scure si è abbattuta anche sui posti letto, scesi dai 230.396 del 2012 ai 210.907 del 2018, soprattutto a causa della chiusura dei piccoli ospedali.
“Ma quanto il processo di riduzione dell’assistenza ospedaliera si è tradotto in un ampliamento di quella territoriale?”, domandano i giudici. La risposta è nei fatti. I medici di medicina generale – prima linea contro il Covid – sono passati da 45.437 a 43.731. Una flessione del 3,8% a livello nazionale, ancor più accentuata nelle Regioni non sottoposte a un piano di rientro e nei territori più falcidiati dal virus: -5,6% in Lombardia, -6,4% in Piemonte, -5,3% in Veneto, -4,7% in Emilia, -6,5% nelle Marche, -8,9% in Liguria. Nello stesso periodo la scure si è abbattuta sulle guardie mediche: se le strutture sono aumentate del 5,9%, i dottori che ci lavorano sono passati da 12.027 a 11.688 (-2,8%). Anche in questo caso la flessione maggiore è stata registrata nelle Regioni più sane dal punto di vista economico (-5,1%) e in alcune di quelle più colpite dall’emergenza: -8,8% in Lombardia, -24,8% in Emilia, -16,2% nelle Marche.
Nel frattempo anche il sistema delle strutture di prossimità è stato depotenziato. “Si tratta degli ambulatori in cui si erogano prestazioni specialistiche come l’attività clinica, di laboratorio e di diagnostica strumentale”, specifica la Corte: nel 2017 erano 8.867, ridotti del 4,3% rispetto al 2012. “Una flessione che caratterizza tutte le regioni del Centro Nord”: in Lombardia sono passati da 729 a 663 (-9,1%) mentre quelle che i giudici contabili definiscono “altre strutture territoriali” da 743 a 708 (-4,7%). “La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio – conclude il report – ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate”.
“Non è solo un problema di risorse – spiega Americo Cicchetti, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari della Cattolica – ma di organizzazione. Il Covid ha messo in evidenza che quelle Regioni che avevano investito sul territorio hanno risposto meglio, come il Veneto e l’Emilia-Romagna. La Lombardia aveva fatto una riforma in questo senso, ma si è fermata presto”. Si riferisce, il professore, alla legge 23/2015 con cui la giunta Maroni aveva immaginato una riorganizzazione basata sulle Ast (Agenzie per la tutela della salute) e sulla realizzazione di Pot (Presidi ospedalieri territoriali) e Presst (Presidi Socio-Sanitari Territoriali). Strutture piccole per garantire, con i medici di base, ai cittadini di essere curati vicino a casa, senza gravare sui poli ospedalieri. Ma che in Lombardia hanno visto la luce in minima parte.

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

Totò: Ma mi faccia il piacere… | Giornalemio.it
La Festa del Cazzaro. “Notte serena Amici, oggi non c’è un cazzo da festeggiare” (Matteo Salvini, Twitter, 2.6.2013). “#Buonadomenica e buona #FestadellaRepubblica, Amici. Orgoglioso di poter esercitare il mio ruolo di governo sempre a difesa dell’Italia! #2giugno” (Salvini, 2.6.2019). “Apprendiamo dalla stampa che ci sarebbe stata negata l’autorizzazione a deporre una corona di fiori all’Altare della Patria il 2 giugno. Non si può neanche onorare la memoria ed il valore dei Militari italiani caduti per difendere la Patria? Alla faccia della democrazia…” (Salvini, Twitter, 2.6.2020). É l’evoluzione della specie.
Unità nazionale. “Salvini: ‘Criminale è il governo’” (Libero, 27.5). “Salvini chiama Mattarella dopo il discorso di Conte: ‘Pietra tombale sul dialogo… Dal governo ci aspettiamo risposte, ascolto e soluzioni, non insulti’” (Agi, 11.4). Lui vorrebbe tanto dialogare, ma purtroppo quel Conte insulta.
La voce del padrone. “Questa politica rischia di fare più danni del Covid” (Carlo Bonomi, presidente Confindustria, Repubblica, 31.5). Ma solo perchè la Confindustria è fuori concorso.
Coerenzi. “È una cosa schifosa che Salvini abbia tenuto in mare dei poveri disgraziati. Ma non sono io che devo decidere se ha commesso un reato, io devo decidere se deve andare a processo. E voterei sì” (Matteo Renzi, leader Iv, Twitter, 23.1). “Open Arms, no della giunta al processo: i renziani ‘salvano’ Salvini” (Il Sole 24 ore, 26.5). Chi è che è una cosa schifosa?
Obituary. “Come battere le fake news. Controffensiva culturale contro le bugie, non basta smentirle una per una” (Gianni Riotta, La Stampa, 25.3). Bisogna proprio non scriverle. Quindi si ritira?
Choc. “Berlusconi vuole lo choc fiscale” (il Giornale, 25.5). Non avrà mica deciso di pagare le tasse?
Il senzatetto. “Il piano casa di Berlusconi” (il Giornale, 31.5). Avete capito bene: il piano casa di Berlusconi. La battuta scrivetela voi.
Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare. “Le dico una cosa. Ero il 1° maggio al Ponte Morandi e ho capito perfettamente come funziona il ‘modello Genova’ di sviluppo economico” (Maria Elisabetta Alberti Casellati, FI, presidente del Senato, Corriere della sera, 30.5). Capo-varo, vado? Vadi, contessa, ma un po’ più a destra!
Folli. “Quanto può valere una riforma del Csm … affidata a un ministro come Bonafede appena scampato per il rotto della cuffia alla sfiducia parlamentare?” (Stefano Folli, Repubblica, 26.5). Quindi: le opposizioni presentano una mozione di sfiducia contro un ministro per farlo dimettere, il Parlamento le respinge, il ministro resta ministro, ma non deve più proporre riforme perchè Folli rosica.
Disegni. “C’è un disegno per colpire la magistratura” (Luca Poniz, presidente dimissionario dell’Anm, 26.5). E questa volta i disegnatori sono tutti magistrati.
La mossa del ronzino/1. “’Perchè ho lasciato il Pd? È troppo giustizialista’. Matteo Renzi si sfoga nel suo nuovo libro ‘La mossa del cavallo’” (Libero, 31.5). Uahahahahahah.
La mossa del ronzino/2. “Renzi: una nuova Tangentopoli? La politica vigili” (Corriere della sera, 31.5). Ma soprattutto vigilesse.
La mossa dell’acciuga. “Comune, altolà delle Sardine: ‘No Raggi-bis’” (Repubblica-cronaca di Roma, 31.5). Brrr, che paura.
Aurelia, Cassia, Appia e Raggia. “Virginia Raggi ha fatto più strade degli antichi romani” (Paolo Ferrara, consigliere comunale M5S a Roma, Facebook, 25.5). Slurp.
L’uomo giusto. “Oggi come oggi se volessi tornare in politica lo farei a un patto solo: guidare la mia città. Penso di avere tutte le possibilità: l’intelligenza, la preparazione, la cultura, per poterlo fare” (Massimo Ghini, attore, 28.5). Tecnicamente, si chiama autopompa.
I governi della settimana. “Ecco il lodo Giachetti: schiaffo al premier e mano tesa alla Lega. Il renziano: darei a Giorgetti la guida di un comitato per varare il dl Rilancio” (il Giornale, 24.5). “Possibile un altro premier: Di Maio avverte Conte” (La Verità, 24.5). “Il Soviet di Giuseppi”, “L’Italia di Giuseppi assomiglia all’Urss” (La Verità, 26.5). “La maggioranza nella palude” (Claudio Tito, Repubblica, 27.5). “Salvini: autunno caldo, Conte cadrà” (Il Messaggero, 27.5). “Bonaccini, le vere ragioni della corsa alla premiership” (La Stampa, 27.5). “In un giorno 30 manifestazioni contro Conte” (Libero, 31.5). “Coro unanime: intellettuali e piazze mai così uniti contro il premier”, “Franceschini cerca un’altra maggioranza” (il Giornale, 30.5). “Anche gli intellettuali lanciano l’allarme: ‘Giuseppi se ne vada o non ne usciremo’” (La Verità, 31.5). “Adesso alle toghe tocca indagare il premier” (Libero, 31.5). “’Il Tempo’ spara: è se Conte fosse il candidato sindaco di Roma di Pd e M5S? Sarebbe una carta per spedire Giuseppi lontano da Palazzo Chigi” (Dagospia, 31.5). Quindi ci siamo: ormai è fatta.