Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 31 marzo 2014
Bpm, chiuse indagini su finanziamenti illeciti. Pm: “A Santanché 2,8 milioni”.
L'ex presidente della banca Ponzellini avrebbe creato all’interno dell'istituto milanese "una struttura parallela e deviata verso interessi personali". La parlamentare Pdl non risulta indagata, ma la sua società secondo l'accusa ha ottenuto fondi senza garanzie. Nelle carte dell'inchiesta finirono anche Romani, Brancher e La Russa.
Due milioni e 800mila euro “nell’interesse esclusivo” di Daniela Santanchè, amministratore delle società Visibilia2 e Visibilia srl. E’ uno dei presunti finanziamenti illeciti concessi dall’ex presidente di Bpm Massimo Ponzellini elencati dai pm milanesi nell’avviso di chiusura delle indagini a carico di Ponzellini e di altre 16 persone, notificato dal nucleo di polizia tributaria della Gdf. Nell’elenco di finanziamenti che sarebbero stati disposti dall’ex presidente e dal suo ex braccio destro Antonio Cannalire a favore di una serie di società con “un danno patrimoniale” per l’istituto di credito milanese c’è infatti anche quello per le concessionarie di pubblicità Visibilia2 e Visibilia srl amministrate dalla parlamentare, che non è indagata.
La vicenda non è nuova mentre inedita è la cifra complessiva stanziata. Nel capo di imputazione si legge che Ponzellini e Cannalire “in conflitto di interessi con la posizione di dirigenti di Bpm hanno concorso a compiere nell’interesse esclusivo di Daniela Santanchè atti di disposizione del patrimonio di Bpm facendo ottenere a dette società finanziamenti per circa 2,8 milioni di euro, deliberati nel dicembre del 2009 e agosto 2010 con successive proroghe di scadenza, con la consapevolezza di recare pregiudizio della banca, posto che le società finanziate erano prive di affidabilità bancaria essendo in condizioni di fragilità economico-patrimoniale e in difetto di valide garanzie, tanto che la esposizione non si è ridotta nel periodo successivo e che nel dicembre del 2012 è stato negoziato un piano di rientro”.
Il pm di Milano Roberto Pellicano sostiene che Ponzellini, assieme ad altre persone, tra cui Cannalire, avrebbe creato all’interno della banca “una struttura parallela e deviata verso interessi personali” per erogare finanziamenti illeciti. Una “struttura adatta a recepire, coltivare e soddisfare le richieste di finanziamento di una cerchia di soggetti segnalati da ambienti politici o imprenditoriali in grado di retribuire i membri dell’associazione” per delinquere. Secondo il pm, infatti, c’era “un’area di pratiche” dentro Bpm “definibili come pratiche del presidente (Ponzellini), trattate dalla suddetta struttura con modalità illegittime” in contrasto con gli interessi e le regole dell’istituto di credito.
Dal provvedimento d’arresto per Ponzellini, finito agli arresti domiciliari il 29 maggio 2012 con le accuse di associazione per delinquere e corruzione privata, erano saltati fuori una serie di nomi di politici (non indagati): dagli ex ministri Paolo Romani, Aldo Brancher e Ignazio La Russa ai parlamentari Daniela Santanchè e Alfredo Messina.
Tra le 17 persone che hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini figurano anche Onofrio Amoruso Battista, avvocato ed ex consigliere regionale della Lombardia, Emilio Santomauro, ex consigliere comunale milanese, Giorgio Bianchini Scudellari, che era nel Cda dell’istituto di credito, gli imprenditori Rosario Scuteri e Camillo Colella, il commercialista di Ponzellini, Guido Rubbi, Maurizio Mondani in qualità di ad di Capgemini. E poi ancora Luigi Simeoni della società Lk RealEstate, Emilio Sacchi della ‘Binda 4 srl’, Alberto Tripi del gruppo Almaviva, Paolo Golzio, Maria Grazioli, Francesco Franzoni e Alessandro Lamonica, che era nel gruppo di Francesco Corallo. In passato risultavano indagati anche l’ex deputato del Pdl, Marco Milanese, e l’ex dg di Bpm, Enzo Chiesa, i quali però non figurano nell’avviso di chiusura delle indagini che per i 17 indagati prelude alla richiesta di processo.
CASE, VINI E DONAZIONI LA PASSIONE PER RENZI DEI NOBILI FIORENTINI. - Davide Vecchi
DAL 2009 AL 2011 IL SINDACO RISIEDEVA NELLO STORICO PALAZZO MALENCHINI. PER LE FAMIGLIE DEI MARCHESI PROPRIETARI DELL’APPARTAMENTO LE “CORTESIE” DI COMUNE E PROVINCIA.
Se non fosse stato per la marchesa Cornaro nominata assessore in Provincia nel 2004, Matteo Renzi non avrebbe trovato la sua prima casa fiorentina, in via Malenchini 1, dove da sindaco ha registrato la residenza dal 13 novembre 2009 al 13 marzo 2011, prima di trasferirsi nell’appartamento di via degli Alfani 8, pagato dall’amico Marco Carrai.
FU LA MARCHESA Giovanna Folonari Cornaro a presentare l’allora giovane ed esuberante presidente della Provincia alle famiglie nobili di Firenze tra cui il marchese Luigi Malenchini, proprietario dell’abitazione di 80 metri quadri poi affittata al sindaco. Che il cognome sia uguale al nome della via non è un caso: il palazzo è uno dei più antichi di Firenze. Costruito nel 1348, è incastrato a 300 metri da Palazzo Vecchio, gli Uffizi, Santa Maria alle Grazie, Ponte Vecchio. Insomma nel cuore della città.
FU LA MARCHESA Giovanna Folonari Cornaro a presentare l’allora giovane ed esuberante presidente della Provincia alle famiglie nobili di Firenze tra cui il marchese Luigi Malenchini, proprietario dell’abitazione di 80 metri quadri poi affittata al sindaco. Che il cognome sia uguale al nome della via non è un caso: il palazzo è uno dei più antichi di Firenze. Costruito nel 1348, è incastrato a 300 metri da Palazzo Vecchio, gli Uffizi, Santa Maria alle Grazie, Ponte Vecchio. Insomma nel cuore della città.
Renzi paga al mese 900 euro d’affitto per una mansarda.
Luigi è proprietario di tutti gli immobili e risiede nel palazzo di via Vincenzo Malenchini 1.
Qui vive anche sua moglie, Livia Frescobaldi. Mentre Luigi in quegli anni opera nel ramo agricolo, proprietario dell’azienda Agri Carignano e consigliere tra l’altro della Marchesi Ginori Lisci, Livia si dedica alla cultura, pur essendo azionista della Compagnia Frescobaldi Spa, azienda di famiglia che gestisce ben cinque tenute, in particolare nelle zone Chianti Rufina e Montalcino, e produce alcuni dei vini toscani più noti e diffusi al mondo, uno su tutti il Nipozzano.
Due mondi simmetrici dunque, quello di Renzi e quello della coppia Malenchini Frescobaldi. Che però inconsapevolmente si incontrano già nel 2008. Quando la Provincia di Firenze, guidata dall’attuale premier, organizza e finanzia il Genio Fiorentino. Alle casse dell’ente l’iniziativa costa 881 mila euro, parte dei quali espressamente dedicati a organizzazioni di eventi e mostre finalizzate alla promozione e sviluppo dei vini toscani.
Con esattezza, 141 mila euro di eventi, nella manifestazione GeniDiVini: a farla da padrone (indiscusso) proprio il Castello di Nipozzano-Marchesi de’ Frescobaldi. Una casualità? Senz’altro. I dettagli delle fatture sono però nelle mani della Corte dei conti che sta indagando con l’ipotesi di danno erariale per 9 milioni di euro a carico della giunta guidata da Renzi.
Una casualità, senz’altro, perché le cronache cittadine fanno risalire l’amicizia tra il premier e la coppia a inizio 2009, alla cena elettorale organizzata a sostegno dell’allora candidato sindaco da Ambrogio Folonari e signora, Giovanna Folonari Cornaro.
C’erano tutti i blasoni che contano, dai marchesi Mazzei ai Bini Smaghi.
Le famiglie patrizie iniziarono così, come mai prima, a mischiarsi con la politica cittadina. Tanto che per sostenere Renzi, i nobili toscani negli ultimi anni hanno persino varcato i circoli Arci e le storiche case del Popolo.
Sponsorizzato da Giovanna Folonari che Renzi, con un colpo a sorpresa nel 2004 nominò assessore al Turismo e alla Cultura della Provincia da lui guidata.
Lei è rimasta talmente entusiasta dell’esperienza da voler divulgare orgogliosamente il suo curriculum.
Dieci righe: nome, cognome, data di nascita, esperienza lavorativa da assessore e firma. Punto.
Non stupisce che nel 2011 la Corte dei conti abbia poi condannato Renzi e altri per danno erariale nei confronti della Provincia di oltre 2 milioni di euro per aver assunto persone non qualificate. Tra cui proprio la nobildonna.
A cui Renzi prestò, gentilmente, l’avvocato di fiducia: Alberto Bianchi.
NEL 2010, INTANTO, a Livia Frescobaldi, moglie del proprietario di casa in cui abitava, il Comune guidato da Renzi affida la cura della mostra “Il Risorgimento della maiolica italiana”, patrocinata da Palazzo Vecchio e sostenuta, tra gli altri, dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze guidata dall’amico Marco Carrai. L’anno successivo Livia Frescobaldi fa il suo ingresso, nominata sempre dal Comune, nel Gabinetto scientifico letterario Vieusseux. A conferma che la nobiltà sostiene apertamente Renzi, c’è anche il contributo versato dalla Frescobaldi alla fondazione Big Bang per finanziare la campagna di Renzi per le primarie a segretario del Pd. Un contributo simbolico, per carità, 250 euro. Un po’ come quell’affitto da 900 euro per una mansarda immersa nel cuore di Firenze.
Luigi è proprietario di tutti gli immobili e risiede nel palazzo di via Vincenzo Malenchini 1.
Qui vive anche sua moglie, Livia Frescobaldi. Mentre Luigi in quegli anni opera nel ramo agricolo, proprietario dell’azienda Agri Carignano e consigliere tra l’altro della Marchesi Ginori Lisci, Livia si dedica alla cultura, pur essendo azionista della Compagnia Frescobaldi Spa, azienda di famiglia che gestisce ben cinque tenute, in particolare nelle zone Chianti Rufina e Montalcino, e produce alcuni dei vini toscani più noti e diffusi al mondo, uno su tutti il Nipozzano.
Due mondi simmetrici dunque, quello di Renzi e quello della coppia Malenchini Frescobaldi. Che però inconsapevolmente si incontrano già nel 2008. Quando la Provincia di Firenze, guidata dall’attuale premier, organizza e finanzia il Genio Fiorentino. Alle casse dell’ente l’iniziativa costa 881 mila euro, parte dei quali espressamente dedicati a organizzazioni di eventi e mostre finalizzate alla promozione e sviluppo dei vini toscani.
Con esattezza, 141 mila euro di eventi, nella manifestazione GeniDiVini: a farla da padrone (indiscusso) proprio il Castello di Nipozzano-Marchesi de’ Frescobaldi. Una casualità? Senz’altro. I dettagli delle fatture sono però nelle mani della Corte dei conti che sta indagando con l’ipotesi di danno erariale per 9 milioni di euro a carico della giunta guidata da Renzi.
Una casualità, senz’altro, perché le cronache cittadine fanno risalire l’amicizia tra il premier e la coppia a inizio 2009, alla cena elettorale organizzata a sostegno dell’allora candidato sindaco da Ambrogio Folonari e signora, Giovanna Folonari Cornaro.
C’erano tutti i blasoni che contano, dai marchesi Mazzei ai Bini Smaghi.
Le famiglie patrizie iniziarono così, come mai prima, a mischiarsi con la politica cittadina. Tanto che per sostenere Renzi, i nobili toscani negli ultimi anni hanno persino varcato i circoli Arci e le storiche case del Popolo.
Sponsorizzato da Giovanna Folonari che Renzi, con un colpo a sorpresa nel 2004 nominò assessore al Turismo e alla Cultura della Provincia da lui guidata.
Lei è rimasta talmente entusiasta dell’esperienza da voler divulgare orgogliosamente il suo curriculum.
Dieci righe: nome, cognome, data di nascita, esperienza lavorativa da assessore e firma. Punto.
Non stupisce che nel 2011 la Corte dei conti abbia poi condannato Renzi e altri per danno erariale nei confronti della Provincia di oltre 2 milioni di euro per aver assunto persone non qualificate. Tra cui proprio la nobildonna.
A cui Renzi prestò, gentilmente, l’avvocato di fiducia: Alberto Bianchi.
NEL 2010, INTANTO, a Livia Frescobaldi, moglie del proprietario di casa in cui abitava, il Comune guidato da Renzi affida la cura della mostra “Il Risorgimento della maiolica italiana”, patrocinata da Palazzo Vecchio e sostenuta, tra gli altri, dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze guidata dall’amico Marco Carrai. L’anno successivo Livia Frescobaldi fa il suo ingresso, nominata sempre dal Comune, nel Gabinetto scientifico letterario Vieusseux. A conferma che la nobiltà sostiene apertamente Renzi, c’è anche il contributo versato dalla Frescobaldi alla fondazione Big Bang per finanziare la campagna di Renzi per le primarie a segretario del Pd. Un contributo simbolico, per carità, 250 euro. Un po’ come quell’affitto da 900 euro per una mansarda immersa nel cuore di Firenze.
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