sabato 23 marzo 2013

Caselli su scontro Grasso-Travaglio: “Io ho subito un’ingiustizia”



“Non ho visto lo scontro tra Travaglio e Pietro Grasso, ma a me interessa soltanto il discorso della Procura Nazionale Antimafia, perché questa è storia”. 
Sono le parole del Procuratore Capo di Torino, Giancarlo Caselli, contattato telefonicamente dalla trasmissione “Un giorno da pecora”, su Radio Due. 
Io sostengo di aver subito un’ingiustizia” – afferma il magistrato – “ci fu una legge contro di me
Per due volte il Csm ha bandito un percorso per il successore di Vigna alla Dna, e per due volte con un intervento ad personam, per punirmi del processo che avevo fatto ad Andreotti, sono stato estromesso dal concorso“. 
E aggiunge: “La seconda volta accadde quando ero vicino al traguardo”. Caselli spiega: “Sia io, sia Grasso avevamo ricevuto tre voti, ma a quel punto interviene la legge contro la mia persona, vengo cancellato dal concorso e in plenum ci va soltanto Grasso”. 
E sottolinea: “Non so chi avrebbe vinto, io so solo che quella legge contro di me fu dichiarata incostituzionale. Ma intanto i giochi erano fatti”. Il magistrato poi ricorre a una metafora calcistica per spiegare quello che avvenne: “Diciamo che le regole del gioco sono state cambiate a partita iniziata, e il cambiamento è valso solo per una squadra. Non so se il capitano della squadra preferita avrebbe potuto rifiutare quell’aiuto” – conclude – “Il mondo del calcio non è mica quello della giustizia”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/03/22/caselli-su-scontro-grasso-travaglio-io-ho-subito-uningiustizia/225895/

ZERO AUGURI, BERSANI. - ILRIBELLE.COM



Napolitano dà l’incarico al segretario Pd: nella speranza, tutta loro, di imbastire un governo “ragionevole”

La mossa è pressoché obbligata, ma il presidente della Repubblica si sente in dovere di affiancarla con un lungo discorso (1). Il cui “titolo”, sul sito del Quirinale, recita «L’Italia deve darsi un governo operante nella pienezza dei suoi poteri; occorre assicurare la vitalità della nuova legislatura».

In altre circostanze le due frasi suonerebbero come delle perfette ovvietà. Nella situazione attuale, invece, assumono significati complessi e risonanze niente affatto tranquillizzanti.

La chiave di volta è innanzitutto nei verbi: in quei «deve» e «occorre» che cercano di mettere le mani avanti e di trasformare il libero confronto parlamentare – che dovrebbe svilupparsi solo ed esclusivamente sulla base degli impegni elettorali assunti dai rispettivi partiti nei confronti dei cittadini che li hanno votati – in una disponibilità quasi incondizionata a trovare un accordo purchessia. 

Il “titolo”, del resto, è una citazione tratta dal testo completo. E non a caso è preceduta, in quella sede, da queste parole: «L'essenziale è mostrare a noi stessi, all'Europa e alla comunità internazionale quanto apprezziamo e coltiviamo il valore della stabilità istituzionale, non minore di quello della stabilità finanziaria: da entrambi dipende il grado di affidabilità del nostro paese».

Chiaro: Napolitano, ovvero l’uomo che nel novembre 2011 ha imposto Mario Monti come presidente del Consiglio, tenta in ogni modo di rimettere insieme i cocci, lanciando allo stesso tempo un’ulteriore assicurazione di fedeltà a chi di dovere (la Troika) e un monito a chi dovrà decidere, nei prossimi giorni, se appoggiare oppure no gli sforzi di Bersani. 

Logiche, e sottomissioni, e grovigli di interessi, che su queste pagine abbiamo analizzato in lungo e in largo. Ribadiamone giusto un frammento, allora: per l’establishment andrebbe benissimo un governo di Grosse Koalition tra Pd e PdL, ma non possono formarlo, o almeno non subito, perché apparirebbe una scelta smaccatamente oligarchica. Inoltre, viste le molte fazioni che si annidano nell’uno e nell’altro schieramento, temono che l’eventuale intesa si sgretoli troppo in fretta. Delegittimando ancora di più l’intera impalcatura istituzionale e moltiplicando i fattori di instabilità.

Tornare alle urne sarà l’extrema ratio. A meno che nel frattempo il M5S abbia perso buona parte della sua credibilità, o del suo fascino, e si possa confidare nello scampato pericolo.

1) http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=35032 


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11641&mode=thread&order=0&thold=0

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Mega spese, commessi puniti, staff azzerato: arriva il tornado Brunetta, deputati Pdl in rivolta. - Carmelo Lopapa


Mega spese, commessi puniti, staff azzerato: arriva il tornado Brunetta, deputati Pdl in rivolta


Licenziati tutti i dipendenti, ha portato con sé quattro segretarie. Ai rapporti con la stampa l'ex "agente Betulla" Renato Farina. Gli insorti raccolgono firme per sfiduciarlo, lui minaccia le dimissioni. La Carfagna e la Lorenzin rinunciano al ruolo di vicecapogruppo: "Non con lui".

ROMA - La televisione per la sua stanza, da nuovo mega super capogruppo l'ha voluta enorme. Perché a lui tutto piace in grande. Venerdì 15 febbraio l'elezione di Renato Brunetta alla presidenza della squadra Pdl alla Camera non era ancora formalizzata - Silvio Berlusconi aveva appena imposto ai deputati la sua irrevocabile scelta contro tutto e tutti - che già l'ex ministro si era presentato nei locali al sesto piano che erano stati di Fabrizio Cicchitto e impartiva le nuove disposizioni. Via il vecchio (neanche tanto, sembra avesse un paio d'anni) Toshiba del suo predecessore. La segretaria ha convocato i commessi per ordinare un nuovo tv al plasma da 50 pollici: "Presto, anzi subito". Costo a carico dei fondi del gruppo. Con buona pace dei tagli ai costi.

Era solo il preludio di quel che in una settimana si sarebbe trasformato nel tornado Renato, abbattutosi sui deputati Pdl. Settimana tribolata dentro e fuori quelle stanze. A farne le spese, per primo, il commesso del piano, deferito ai superiori per una sorta di lesa maestà: accusato di non essersi alzato e non aver "nemmeno salutato" il nuovo capogruppo al suo passaggio. Scatta richiesta di provvedimento disciplinare, incidente che, va da sé, è morto di morte naturale sul tavolo di un costernato segretario generale di Montecitorio, Ugo Zampetti.

Il tempo di mettere piede nelle stanze del gruppo ed ecco il primo atto dell'economista prestato alla causa berlusconiana: l'azzeramento dell'intero staff in servizio. A nessuno dei 98 dipendenti della passata legislatura viene rinnovato il contratto, nemmeno ai 36 preventivati in ragione del drappello di deputati ridotto a un terzo. Drammi umani. Il centinaio di parlamentari che si presenta agli uffici del gruppo, trova completamente deserte le stanze al quarto, quinto e sesto piano di pertinenza Pdl. In compenso, hanno preso possesso delle sale del capogruppo quattro nuove segretarie che Brunetta ha già portato con sé dalla sua Free Foundation: adesso passeranno a carico del Pdl.
Alle altre assunzioni provvederà lui personalmente. Intanto, ha già richiamato in servizio Renato Farina (in ballo tra il ruolo di portavoce e capo ufficio stampa), proprio l'ex deputato e giornalista sospeso dall'Ordine in quanto referente dei servizi, nome in codice "Betulla".

Tra i deputati è già caos. L'ultima goccia quando Brunetta annuncia che sarebbero stati sorteggiati e non scelti gli scranni in aula e che sarebbe stata sua l'ultima parola sull'assegnazione nelle varie commissioni. In dieci minacciano di passare al misto. Così mercoledì sera Brunetta comunica a Palazzo Grazioli l'intenzione di dimettersi: "Ho tutto il gruppo contro, non si può lavorare". Fulminato tuttavia da Berlusconi, alla vigilia della salita al Colle per le consultazioni.

Venerdì il patatrac finale. Errore nella distribuzione dei voti e fallisce l'elezione di Laura Ravetto alla carica di segretario d'aula. In questo clima, Mara Carfagna e Beatrice Lorenzin hanno rinunciato alla carica di vice capogruppo ("Non con Brunetta"). La sola Gelmini, per spirito di servizio, starebbe valutando. Ma i deputati raccolgono firme per la clamorosa sfiducia. Verdini e Alfano promettono che lunedì affronteranno il caso. Prima che il gruppo tracolli.


Non c'è che dire...un ducetto, e non per carisma-negativo, ma per dimensione...

Arriva la smentita da Papa Bergoglio: “Sì ai matrimoni gay, purchè siano civili”.

Arriva la smentita da Papa Bergoglio. Sì ai matrimoni gay, purchè siano civili

A smentita di quello che è stato detto circa la presunta omofobia di Papa Bergoglio, il pontefice approverebbe le unioni civili omosessuali.


Redazione – 22 marzo 2013 Su Papa Bergoglio è già stato detto e scritto molto. Le ultime fonti lo vedrebbero un accanito oppositore delle unioni omosessuali, ma non tarda ad arrivare la smentita.
Si dice infatti che Papa Francesco, cercò nel 2010 di convincere i vescovi argentini ad approvare le unioni civili tra persone dello stesso sesso. La sua proposta fu però bocciata in tronco dagli altri esponenti ecclesiastici.
Il New York Times scrive: "In una situazione come quella dell'Argentina del 2010, in cui l'approvazione del matrimonio gay era ormai scontata, Papa Francesco ha cercato una sorta di compromesso fra i valori teorici della religione e le esigenze pratiche del popolo". 
A confermare l’apertura del Papa verso le unioni civili omosessuali è stato Marcelo Marquez, sostenitore dei diritti dei gay, che racconta di aver scritto una lettera a Bergoglio ancor prima della sua proclamazione a pontefice, avvenuta lo scorso 13 marzo, per parlargli dei problemi che vivevano ogni giorno gli omosessuali. La risposta del cardinale fu immediata: dopo un'ora gli telefonò dicendogli che credeva che i diritti degli omosessuali dovessero essere riconosciuti attraverso le unioni civili ma non con il matrimonio religioso.

Val Susa, parlamentari 5 Stelle ai cantieri Tav: “Commissione d’inchiesta”.


Val Susa, parlamentari 5 Stelle ai cantieri Tav: “Commissione d’inchiesta”


Deputati e senatori arrivano in pullman alle 11. "Siamo colpiti dalla spaventosa militarizzazione di quest'area". Con loro anche il leader storico della protesta Alberto Perino.

“Il significato di una giornata come questa è quello che i cittadini possono entrare e toccare con mano quest’opera che noi consideriamo inutile e che tra l’altro non c’è, dato che siamo in presenza solo di un cunicolo esplorativo”. Così il portavoce dei senatori 5 Stelle Vito Crimi che all’arrivo al cantiere Tav di Chiomonte: “Riteniamo che tutti debbano essere messi nelle condizioni di conoscere lo stato delle opere che il Parlamento è chiamato poi a finanziare. In particolare – ha concluso – noi consideriamo la Tav un’opera inutile, speriamo di dimostrarlo e di riuscire a bloccarla”. Ieri i presidenti delle Camere avevano assicurato che non si tratta di una ispezione, ma di una semplice visita. Crimi non è dello stesso avviso: ”Esercitiamo il nostro mandato ispettivo nell’area militare”. Alle 11 il pullman che trasporta i parlamentari 5 Stelle e Sel ha varcato i cancelli del cantiere.
E pochi minuti dopo è arrivata la prima dichiarazione pesante. Marco Scibona, senatore M5S, annuncia che lunedì chiederanno in Parlamento una commissione di inchiesta sulla Tav. “Oggi – hanno spiegato Scibona e Laura Castelli - faremo le dovute domande tecniche a Ltf. Dopo di che per accertare ancora di più la situazione del cantiere, anche dal punto di vista legale, da lunedì chiederemo l’istituzione in parlamento una commissione di inchiesta sulla Tav”. Il parlamentare Luis Alberto Orellana (M5S) si è detto impressionato dalla quantità di forze dell’ordine presenti: “Questa militarizzazione fa riflettere”. Stesse parole per la deputata Fabiana Dadone: “La mia prima impressione sull’area del cantiere? E’ spaventosamente militarizzata”.
Lo storico leader No Tav Alberto Perino, dopo le polemiche dei giorni scorsi, è riuscito ad aggregarsi ai parlamentari in visita ai cantieri. Anche lui insiste sul concetto di militarizzazione esagerata. “Come vedete – ha spiegato – è una militarizzazione senza senso. Questo non è un cantiere, è un fortino. E’ una vergogna”. Perino ha accompagnato la delegazione dei parlamentari nell’area archeologica e, indicandola, ha detto: “Anche questa è una vergogna. L’hanno trasformata in un parcheggio”. 
Presente in Val di Susa anche la senatrice Pd Laura Puppato. “Sono venuta qui ma non per manifestare”, ha detto prima di entrare al convegno sull’alta velocità ferroviaria organizzato dalla Comunità montana valli di Susa e Sangone a Bussoleno (Torino). “Chiunque oggi fa l’amministratore – ha aggiunto – ha l’obbligo di pensare che le risorse sono finite. Non manifesto perchè altrimenti aggiungerei sale sulle ferite e perchè una persona di governo deve prima conoscere e poi agire. Come uomini di lotta e di governo – ha concluso – abbiamo già dato”. 

Crocetta alla guerra della formazione "Stop agli enti vicini ai politici". - Antonio Fraschilla


Tsunami sulla formazione Stop a 43 enti vicini ai politici


Il governatore revoca i finanziamenti a 43 enti alcuni dei quali vicini a esponenti del Pd e del Pdl. "Salveremo i posti di lavoro". Ma la Cisl annuncia: "Lunedì in piazza".

Crocetta va alla guerra della formazione professionale. Annuncia lo stop all'Avviso 20 "perché i soldi sono finiti e non c'era copertura finanziaria per i prossimi due anni", prepara un nuovo bando assicurando che "nessuno perderà il lavoro", ma soprattutto avvia il procedimento di revoca a 43 enti, in gran parte in mano alla politica, dal Pd al Pdl. Il motivo? 

"Hanno incassato i soldi per i corsi e non hanno pagato gli stipendi ai dipendenti - dicono Crocetta e l'assessore Nelli Scilabra - se entro trenta giorni non ci daranno spiegazioni, li metteremo fuori dal sistema della formazione, inserendo poi i dipendenti in un albo unico per farli assumere da altri enti. Adesso comunque rivoluzioneremo tutto. La vecchia formazione professionale che faceva solo assistenza sociale non esisterà più. Ai politici che da anni lucrano su questo settore, con autisti diventati direttori di grandi enti, dico: la musica è cambiata".

Il riferimento del governatore, nemmeno tanto velato, è anzitutto all'area dei democratici che fa capo a Nino Papania e a Francantonio Genovese. Tra gli enti per i quali è stato avviato il procedimento di revoca dell'accreditamento c'è lo Ial, l'organismo più grande con 800 dipendenti, diretto da Massimiliano Ciccia, ex collaboratore di Papania. Ma anche il Lumen di Messina, dove lavora la moglie del deputato democratico Franco Rinaldi, cognato di Genovese. "Il Pd? Non mette certo bocca nelle iniziative amministrative", avverte Crocetta.

La scure del governo rischia di abbattersi su sigle di tutti i colori:  nell'elenco dei 43 enti nel mirino c'è l'Ancol, vicino all'ex sindaco Pdl di Messina Giuseppe Buzzanca, o il Cufti di Taormina, dove lavora la moglie dell'ex deputato di Fli Carmelo Briguglio. E, ancora, l'Efal di Messina, in passato diretto dall'ex deputato dell'Mpa Fortunato Romano. Rimanendo nel Messinese, ci sono poi Afel, Esfo, Esac, Genesi, Trinacria, Ismerfom, San Pancrazio e Consorzio Insieme. Nel Palermitano rischiano gli enti Engi, Eureca, Isford, Ismerc, nel Catanese le sigle Eris, Ecap, Eurofom, Eurocolsut, Ciofs ed Enaip.

"Molti di questi enti stanno ricevendo finanziamenti anche dall'Avviso 20, se non dimostreranno di avere le carte in regola dovranno restituire tutti i fondi", dice la dirigente generale Anna Rosa Corsello. Tra il 2012 e il 2013 sono già 235 gli enti, alcuni dei quali fantasma, che si sono visti revocare l'accreditamento. Tolto pure a partecipate della Regione, come Italia Sicilia Lavoro, o alla Provincia di Agrigento. "Anche per i 43 non faremo sconti", dice Crocetta. La Cisl intanto è sul piede di guerra e annuncia una manifestazione dei dipendenti della Formazione per lunedì mattina davanti all'assessorato.

Ma il vero nodo che deve affrontare il governo riguarda l'Avviso 20, che ha sostituito il vecchio Prof. Il bando doveva avere durata triennale, invece i soldi basteranno a stento per un anno. Dopo l'estate i corsi non potranno riprendere: è a rischio quindi il futuro di ottomila dipendenti degli enti. La Scilabra e Crocetta annunciano una "nuova formazione": "L'Avviso 20 è un'esperienza fallimentare, dei 2.859 corsi avviati soltanto 250 riguardano rami innovativi come quello delle energie rinnovabili - dice la Scilabra - noi vogliamo cambiare tutto. Per questo stiamo già lavorando a un bando dedicato alla formazione giovanile da finanziare attraverso il Piano Giovani, che vale 450 milioni di euro. Per evitare che i formatori rimangano mesi senza stipendio avvieremo già a luglio corsi per la loro riqualificazione, utilizzando altri 45 milioni sempre del Piano giovani".

"Nessuno perderà il lavoro - dice Crocetta - metteremo regole trasparenti di qualità dei formatori, che saranno equiparati ai precari della scuola, e creeremo un albo unico. Il carrozzone è finito". I sindacati sono però sul piede di guerra: "Chiudere l'esperienza dell'Avviso 20 mette a rischio i lavoratori, il governo ci dia certezze sulla copertura finanziaria dei nuovi bandi", dicono Giusto Scozzaro della Fp Cgil e Maurizio Bernava della Cisl, che aggiunge: "Da lunedì faremo un sit-in di protesta a oltranza davanti all'assessorato". 

Intanto Crocetta revoca appalti anche in altri settori dopo avere ricevuto informative antimafia atipiche. Si tratta di nove imprese che avevano ricevuto fondi europei per l'agricoltura, di cinque ditte che si occupano di rifiuti e di tre aziende che avevano avuto autorizzazioni nel settore delle energie rinnovabili: Ecosfera di Roma, Cmg di Alcamo, Sienergy di Ragusa. 


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/03/23/news/crocetta_alla_guerra_della_formazione_stop_agli_enti_vicini_ai_politici-55174471/
 

Ecco come il Governo Bersani ottiene la fiducia

Senato della Repubblica: Quel manipolo di dieci Senatori che voteranno la fiducia al Governo Bersani

L'incarico per fare il Governo è stato affidato a Bersani ed ecco come il "Governo Bersani" riuscirà da ottenere la fiducia.

Si parlava di un "governissimo", un governo di larghe intese, ma il Centro sinistra formato da PD e SEL non volevano macchiarsi del cosiddetto "inciucio" con il PDL di Berlusconi. Nasce così la tattica per ottenere quei pochi voti che al Csx mancano al Senato; di voti ne basterebbero sedici o diciassette, ed ecco allora che dal Centro destra nasce un gruppo di dieci Senatori il GAL (Gruppo Grande Autonomia e Libertà), sono loro a garantire al Governo Bersani il voto di fiducia.

A Palazzo Madama un gruppo di dieci senatori, formato da esponenti di PDL, Lega, MPA e Grande Sud, si unisce sotto al nome GAL, cioè Grande Autonomia e Libertà; questo gruppo avrà il compito d'agire in parallelo a quello della Lega, che vanta sedici Senatori. Obiettivo ufficiale è rafforzare le istanze autonomiste dentro il Palazzo; creare un terreno di dialogo tra forze diverse sul tema del federalismo. Spiega Jonny Crosio Senatore leghista passato da Montecitorio a Palazzo Madama: "Abbiamo voluto seguire lo stesso percorso della Lega alla Camera".

In Senato la Lega non aveva problemi numerici, ma, dopo una giornata di tensioni sulla costituzione del gruppo misto e le incertezze di voto di Bersani nel caso Napolitano conferisca a lui l'incarico di Governo. Ecco così che nasce, il 20 marzo scorso, il GAL. Capogruppo è Mario Ferrara di Grande Sud ed oltre a Crosio ed al leghista Gian Marco Centinaio, ne fanno parte Laura Bianconi, Luigi Compagna, Giovanni Bilardi, nonché Lucio Barani ed Antonio Scavone del PDL, Giuseppe Compagnone del MPA e Giovanni Mauro di Grande Sud.

Il gruppo GAL sembra nascere con belle intenzioni, specie poi per il fatto che un gruppo parlamentare autonomo ha il suo bel vantaggio economico; avranno a disposizione la loro "fetta" di fondi spettante ai gruppi parlamentari, più un discreto numero di assistenti e segretari. Parteciperà alla conferenza dei capigruppo, luogo dove si dettano tempi e temi dell'agenda parlamentare.

Ma la nascita di un gruppo composto da leghisti ed alcuni esponenti del PDL, proprio in questa fase così delicata in cui Bersani è alla disperata ricerca di una maggioranza "proprio a Palazzo Madama" fa capire agli osservatori che questa è la mossa vincente dell'inciucio da tenere nascosto all'opinione pubblica ed agli elettori. Il gruppo di Senatori GAL quasi per certo sarà il supporto alla nascita del Governo Bersani, o comunque del Governo di Centro sinistra.
I voti necessari erano sedici o al massimo diciassette, loro sono in dieci, numero minimo necessario a formare un gruppo; il gruppo nasce quasi per certezza con la "benedizione" di Maroni e Berlusconi, pronti a dare una mano a Bersani sì, ma non pubblicamente.
Se a Palazzo Madama al Csx aggiungiamo Scelta civica con Monti, Bersani potrà contare su 142 Senatori che lo votano; e con i dieci in più di GAL arriverà a 152.. Per ottenere una maggioranza assoluta mancherebbero ancora sei voti, e con molta probabilità questi arriveranno da qualche altro Senatore del gruppo misto.
Grande Autonomia e Libertà (GAL) precisa che degli otto punti presentati da Bersani sette li condivide e Crosio afferma che se ne può quindi discutere, dice anche che vogliono essere funzionali ad un progetto politico e non ad un Governo, e qui staremo a vedere se saranno o no disponibili ad appoggiare, con il voto di fiducia, l'esecutivo di Centro sinistra.

Ecco come il Governo Bersani ottiene la fiducia senza lo scandalo dell'inciucio.


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