mercoledì 23 gennaio 2019

"L'Air Force Renzi un aiuto di Stato ad Alitalia" Corte dei Conti in picchiata sull'aereo in leasing.



L'Airbus strapagato e mai usato. Etihad non lo rivuole: verso il ricorso al Tar.

Roma L'Airbus A-340, meglio conosciuto come Air Force Renzi, che l'attuale governo sta cercando di ridare indietro a Etihad, sarebbe finito al centro di un'inchiesta della Corte dei conti, che starebbe indagando per capire il perché un velivolo che all'epoca in cui fu preso in leasing valeva sul mercato non più di 50 milioni di euro sia stato, invece, fermato dall'esecutivo di allora per 168 milioni 205mila euro.
Ammontare che sarebbe stato versato man mano se il contratto fosse stato portato a termine.
Il sospetto è quello di un aiuto di Stato ad Alitalia, società che all'epoca in cui sugli scranni di palazzo Chigi sedeva l'ex premier Matteo Renzi, era già in forte crisi. E che dall'operazione, senza far nulla, incassò 7,3 milioni di euro, a cui si aggiunsero 31 milioni per la manutenzione. Ma sulle tracce di possibili inghippi starebbe anche la magistratura ordinaria che, secondo fonti del Giornale, starebbe per tirar fuori la verità sul perché l'uomo di punta del Giglio magico e i suoi ministri vollero a tutti i costi quell'aereo così antieconomico e inutile.
La storia è semplice da raccontare e di fronte agli occhi di tutti.
Nel 2015 la presidenza del Consiglio chiese un parere all'Aeronautica militare su un possibile leasing per l'A-340. La Forza armata, che all'epoca era guidata dal generale Pasquale Preziosa, dette parere tecnico negativo, indicando i vari svantaggi. La scelta, nonostante ciò, venne imposta. L'aereo arrivò in Italia e fu verniciato a settembre 2015, con la scritta «Repubblica italiana», quando ancora del contratto non c'era neanche l'ombra, così come i documenti non erano ancora stati firmati quando a dicembre i piloti italiani partirono per l'addestramento.
Peraltro, di quell'aereo non c'era necessità anche perché solo il 5 per cento dei voli di Stato era così lungo da aver bisogno di uno scalo di un'ora per il rifornimento di carburante e gli altri li facevano senza problemi i velivoli del 31esimo stormo. La dimostrazione sta nel fatto che Renzi non ha mai volato su quell'aereo.
Ma ci sono altri punti veramente poco chiari.
Anche i Falcon 900 dati alla Cai, l'agenzia di trasporto dei servizi italiani, sono andati via, come racconta qualche bene informato, «a parole». Partirono da Ciampino per essere riconfigurati da velivoli civili quando ancora non erano stati sistemati i documenti con Armaereo, la Direzione per gli armamenti aeronautici e l'aeronavigabilità.
Il ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli, e il vicepremier Di Maio hanno fatto una vera e propria crociata, con tanto di teatrino con i giornalisti in hangar a Fiumicino, chiarendo che l'Air Force Renzi tornerà presto ai legittimi proprietari. La verità è che Etihad non ci pensa nemmeno a riprendersi un aereo che non serve più a niente, tanto che ha aperto un contenzioso con Alitalia, che rischia penali altissime, così come lo Stato italiano. Etihad avrebbe anche fatto ricorso al Tar.
Cosa certa è che tutti coloro che hanno cercato di osteggiare la corsa di Renzi verso l'acquisizione in leasing dell'aereo, prima o poi si sono trovati indagati dalla Procura militare per i motivi più disparati. Come è successo allo stesso Preziosa, accusato di accanimento nei confronti di un altro generale. È poi stato assolto, dimostrando la sua innocenza, ma anche di aver ragione sull'aereo. Altri, invece, sono saliti momentaneamente sul carro del vincitore, battendosi il petto per un velivolo che, lo ha dimostrato il tempo, è pronto per essere rottamato.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/lair-force-renzi-aiuto-stato-ad-alitalia-corte-dei-conti-1632362.html?mobile_detect=false

Buchi neri, trovata una prova della radiazione di Hawking. - Viola Rita

(foto: Science Photo Library/Mark Garlick/Getty Images)
foto: Science Photo Library/Mark Garlick/Getty Images

Un gruppo di ricerca ha riprodotto in laboratorio un fenomeno che può essere assimilato a quello che avviene intorno a un buco nero. Per farlo ha utilizzato un particolare sistema con fibra ottica ed ha osservato un effetto che potrebbe essere proprio la radiazione di Hawking. 

Stephen Hawking aveva ragione: i buchi neri potrebbero emettere una qualche radiazione. Ora arriva una nuova prova sperimentale della radiazione di Hawking, formulata nel 1974 dal noto fisico, icona mondiale della scienza, scomparso nel marzo 2018. Un gruppo di scienziati, guidati dall’Istituto Weizmann, in Israele, ha ricreato in laboratorio un fenomeno che può essere considerato analogo all’emissione di radiazione da un buco nero. La ricerca è stata pubblicata su Physical Review Letters.

Il buco nero è una regione dello spazio-tempo dalle caratteristiche estreme, che non possono essere spiegate con la fisica classica. La sua gravità è talmente elevata che comprime la materia fino a una densità praticamente infinita e nulla, neanche la luce, può sfuggirgli e allontanarsi: secondo le teorie classiche, in particolare la teoria della relatività formulata da Einstein, nessun tipo di radiazione può uscire da un buco nero

Tuttavia, in tempi relativamente recenti, nel 1974, Stephen Hawking ha introdotto l’ipotesi che i buchi neri possano emettere una qualche radiazione, che prende il nome di radiazione di Hawking.

Hawking ha dimostrato, a livello teorico, che questa radiazione termica può fuoriuscire a causa di particolari effetti quantistici. L’emissione di una radiazione implica inoltre che ciascun buco nero stia evaporando, anche se molto lentamente. E questa radiazione sarebbe troppo debole per essere osservata, dato che è coperta da quella cosmica a microonde.

Ma non si possono riprodurre in laboratorio un buco nero e le sue emissioni. Per questo, da tempo gli scienziati studiano metodi alternativi per trovare fenomeni che possano essere assimilati a quello che avviene in un buco nero. Per esempio, si può utilizzare al posto della radiazione luminosa, quella sonora, in particolare le onde acustiche provenienti da un materiale, detto condensato di Bose-Einstein, che rappresenterebbe il buco nero: una prova che è già stata fornita in tempi recenti.

Un’altra ipotesi, poi, quella esplorata oggi, riguarda lo studio di onde luminose emesse da una fibra ottica. I ricercatori, coordinati da Ulf Leonhardt dell’Istituto Weizmann, hanno messo a punto un metodo basato sull’uso di fibre ottiche. Per capire come funziona il loro sistema, Leonhardt fornisce un paragone della vita reale. Si può pensare a un fiume che scorre sempre più velocemente fino a quando non confluisce in una cascata, che è appunto il buco nero. Subito prima di toccare la cascata, l’acqua del fiume raggiunge una velocità molto elevata, superiore a quella che consente a un pesce di nuotare e non essere risucchiato dalla cascata. Questo punto si chiama orizzonte degli eventi, che indica la superficie oltre la quale nulla può sfuggire al buco nero.

Per capire cosa succede in un buco nero bisogna trovare un analogo per ricreare in laboratorio l’orizzonte degli eventi, al di là del quale tutto viene risucchiato. Per farlo, scienziati hanno utilizzato una fibra ottica con micro-percorsi all’interno, che rappresenta il fiume. Nel piccolo tunnel della fibra vengono sparati due impulsi ultra-veloci di luce laser di colori diversi si inseguono fra loro. Il primo interferisce col secondo e questa interferenza, molto intensa, crea una sorta di orizzonte degli eventi – un po’ come quando il fiume sta per confluire nella cascata – che cambia le proprietà fisiche della fibra, in particolare generando una distorsione, un cambiamento del suo indice di rifrazione.

A questo punto, i ricercatori hanno utilizzato un terzo impulso luminoso: dalle osservazioni emerge che questa luce aggiuntiva genera una radiazione a frequenza negativa, ovvero una radiazione idealmente in uscita invece che in ingresso dal buco nero, emessa dal sistema che riproduce il buco nero.

Questa osservazione, spiegano gli autori, fornirebbe una prima prova della radiazione di Hawking, anche se l’obiettivo finale desiderato da tutti gli astrofisici sarebbe quello di ottenerla spontaneamente dal sistema che riproduce il buco nero invece che stimolarla con un ulteriore impulso luminoso.

https://www.wired.it/scienza/spazio/2019/01/22/buchi-neri-prova-radiazione-hawking/?fbclid=IwAR2KAWuO-bSjB9Nlmi8ZljmXZdImRb3RpWkLH9T0mxEG4RcGbbbyz-2e3ZU