sabato 8 agosto 2020

Ok a decreto Agosto, Conte: “Risorse per 100 miliardi”. Bonus a pagamenti elettronici, più soldi per invalidità, decontribuzione del 30% per chi lavora al Sud. Via libera anche alla riforma del Csm.

Ok a decreto Agosto, Conte: “Risorse per 100 miliardi”. Bonus a pagamenti elettronici, più soldi per invalidità, decontribuzione del 30% per chi lavora al Sud. Via libera anche alla riforma del Csm

Il Consiglio dei ministri approva il decreto che mobilita altre risorse in sostegno a famiglie e imprese. Confermato l'accordo di maggioranza sullo stop ai licenziamenti fino a novembre. Un nuovo Dpcm proroga le misure di precauzione anti-Covid fino al 7 settembre. A Palazzo dei Marescialli cambiano le regole per l'elezione dei togati e si mette fine alle porte girevoli tra magistratura e politica.
“Con queste misure arriviamo a interventi per l’economia per un totale di 100 miliardi di euro. Tuteliamo l’occupazione, sosteniamo i lavoratori, le imprese, alleggeriamo le scadenze fiscali, aiutiamo le Regioni e il Sud”. Esordisce così il premier Giuseppe Conte per spiegare i contenuti del decreto Agosto, approvato “salvo intese” tecniche dal Consiglio dei ministri. Una riunione attesa in mattinata, poi slittata al tardo pomeriggio e durata oltre quattro ore, a testimonianza di quanto fosse decisiva la posta in gioco per la maggioranza.
Nel corso della conferenza stampa il presidente snocciola le nuove misure prese dal governo per rilanciare il Paese. Proroga della Cassa integrazione, stop ai licenziamenti fino a novembre, rateizzazione delle tasse per gli autonomi. Tra le novità c’è poi un provvedimento che Conte definisce “storico” e che pone le basi per la “reindustrializzazione” del Sud: dal 1 ottobre tutte le aziende del Mezzogiorno godranno di una “decontribuzione del 30% per tutti i lavoratori, non solo i neoassunti”. In tutto il decreto vale 25 miliardi: sommando anche il decreto cura Italia (20 miliardi) e il decreto Rilancio (55) si arriva appunto a 100 miliardi – finanziati con maggior deficit – messi in campo dall’inizio dell’emergenza.
Nel nuovo provvedimento trova spazio anche a una delle battaglie più cara al premier, quella contro l’evasione fiscale. “Premiamo cittadini che potranno recuperare parte di quanto spendono con pagamenti elettronici e potranno usufruire di un bonus fino a 2mila euro all’anno”, spiega, confermando l’anticipo a dicembre dello strumento del cashback, anche se salta il bonus consumi (sconto del 20% su molte tipologie di spesa fatte con carta) che compariva nelle prima bozze.
Il Consiglio dei ministri ha approvato anche la riforma del Consiglio superiore della magistratura e sono state concordate le misure del nuovo Dpcm sul coronavirus che sarà in vigore fino al 7 settembre. A questo proposito, Conte manda un monito ai giovani: “Oggi il nostro tasso dei contagi è tra i più bassi dell’Ue”, dice, nonostante il lieve rialzo degli ultimi giorni. “Capisco i giovani che hanno il desiderio di divertirsi, di movida. Però attenzione, bisogna farlo in modo responsabile”.
I contenuti del decreto Agosto – L’intero pacchetto di misure è stato finanziato con un ulteriore scostamento di bilancio da 25 miliardiautorizzato nelle settimane scorse da Camera e Senato. A cui Conte manda il suo ringraziamento: “Il decreto è stato possibile anche grazie alla collaborazione del Parlamento. Sono convinto che deputati e senatori potranno migliorare ancora il testo approvato”. Per quanto riguarda il lavoro, la spesa totale ammonta a 12 miliardi: c’è il rinvio del saldo delle tasse per le partite Iva ad aprile 2021 (con la rateizzazione spalmata in 24 mesi), la proroga della Cassa integrazione per altre 18 settimane, ma anche 4 mesi di sgravi contributivi al 100% per chi reintegra i lavoratori. In materia di licenziamenti è confermato l’accordo trapelato nelle scorse ore: prorogato il blocco a novembre per tutti e fino a fine anno per chi usufruisce della Cig. “Esoneriamo gli esercenti dal pagamento della Tosap (la tassa per l’occupazione di suolo pubblico) per tutto il 2020 e prevediamo l’abolizione della seconda rata Imu per teatri, alberghi e cinema”, chiarisce Conte. Prorogata la moratoria per prestiti e mutui fino a fine gennaio 2021.
Poi la novità: “Introduciamo contributi a fondo perduto, in relazione alle perdite di fatturato, per gli esercenti dei centri storici di 29 città vocate al turismo internazionale (individuate sulla base dei turisti stranieri che ospitano abitualmente rispetto ai residenti, ndr)”, annuncia il premier. Soldi in arrivo anche per la filiera dell’automotive (500 milioni), per il fondo delle crisi d’impresa e soprattutto per gli invalidi civili. “Anche questo è un passaggio storico“, chiarisce il presidente del Consiglio, citando la recente sentenza della Corte costituzionale secondo cui le pensioni di invalidità sono troppo basse. “Aumentiamo le pensioni agli invalidi civili al 100% a partire già dai 18 anni, così come agli inabili, ai sordi e ai ciechi civili assoluti titolari di pensione. Si passa dai circa 285 euro attuali fino a 648 euro al mese per tredici mensilità”. Per quanto riguarda il cashback, invece, il premier spiega che “la misura era già prevista nella scorsa manovra. Non l’abbiamo realizzata per la pandemia”. Ma ora il governo decide di scommetterci e stanzia nuove risorse con l’obiettivo di “abbassare le tasse” a fronte di una sperata riduzione dell’evasione fiscale.
Gualtieri: “Misure strutturali. Dati promuovono lavoro del governo” – Per spiegarne il funzionamento interviene il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri: “Il meccanismo è a punti, non di sconto, che sarà definito nel dettaglio a breve: consente di cumulare il vantaggio di un certo numero di transazioni per avere poi indietro risorse che possono variare, evitando un elemento redistributivo regressivo. Poi ci sarà un cashback in tranche semestrali, prima delle vacanze estive e poi alla fine dell’anno successivo”. La strada intrapresa dal governo, aggiunge il titolare di via XX Settembre, è quella di dare “un supporto più deciso alla crescita e alla ripartenza dell’economia, all’occupazione, anche con una maggiore selettività. I dati anche più recenti – spiega – ci dicono che il lavoro che abbiamo svolto, a partire naturalmente dall’efficace azione di contenimento della pandemia, ci ha consentito di ripartire in sicurezza”. Parole condivise anche da Conte, secondo cui gli ultimi dati Istat certificano che la ripresa dei consumi a giugno c’è stata. Ed è accaduto anche grazie “alle misure perseguite fin qui dal governo”. Nel decreto trovano posto poi 3 miliardi per il settore del turismo e 600 milioni per la ristorazione. “Una filiera che ha pagato un prezzo altissimo con un calo di fatturato del 60%: dobbiamo sostenere questa filiera di 180mila imprese e dare una risposta all’agroalimentare”, commenta la ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova parlando dei fondi appena stanziati. La titolare del Lavoro Nunzia Catalfo, invece, sottolinea l’intervento per i 1.500 lavoratori di Air Italy.
Csm, Bonafede: “Stop a degenerazione correnti” – “Sono molto orgoglioso di questa riforma, molto importante per il buon funzionamento del Csm”, dichiara il ministro Alfonso Bonafede prima di annunciare i contenuti del provvedimento. “Voglio chiarire che l’obiettivo è scardinare quanto più possibile il sistema creato con le degenerazioni del correntismo“. Una risposta da parte del governo allo “scandalo delle nomine” esploso a maggio dell’anno scorso con l’inchiesta di Perugia sull’ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Anm Luca Palamara che ha trascinato con sé una parte di Palazzo dei Marescialli. Confermate tutte le anticipazioni della vigilia: elezione dei togati con sistema maggioritario a doppio turno in 19 collegi, sorteggio se mancano candidati. Stop ai membri laici se appena usciti da incarichi di governo, sì alle quote rosa. “Finalmente abbiamo messo nero su bianco una norma di cui si parla da vent’anni: il magistrato che entra in politica una volta eletto ha perso requisiti di terzietà e quindi il magistrato non potrà più tornare alla magistratura”, annuncia poi il ministro. “E non può candidarsi nel territorio dove esercita le sue funzioni”. Si mette quindi la parola fine alle cosiddette porte girevoli tra mondo della giustizia e politica. Tramonta infine la gerarchizzazione delle procure introdotta con le riforme Castelli-Mastella e vengono introdotti paletti più rigidi per il cambio di funzione dei magistrati.
Misure anti-Covid estese al 7 settembre – Per quanto riguarda il nuovo dpcm che sarà in vigore a partire dal 10 agosto, Conte ha chiarito che sono state prese “misure adeguate alla situazione attuale”. Uno scenario di “sostanziale stabilità”, dice, “con lievi segnali di ripresa dei contagi”. Eppure, aggiunge, “stiamo facendo bene e anche meglio dei Paesi confinanti”. Come ad esempio Germania e Francia, dove ormai si registrano ogni giorno più di mille casi. Da qui la decisione di estendere a inizio settembre le “misure precauzionali minime”, tra cui l’obbligo di mascherine al chiuso, il divieto di assembramento, la raccomandazione di lavarsi le mani con frequenza. “Non vogliamo nuove restrizioni, anzi abbiamo previsto la ripartenza delle navi da crociera e di attività come quelle fieristiche”, chiarisce Conte. Ma avvisa: “Tutto questo bisogna farlo con responsabilità. Bisogna essere intelligenti. Capisco che questo è il periodo più caldo dell’anno, capisco i giovani che hanno desiderio di divertirsi”. Eppure bisogna ricordarsi “dei propri cari e delle persone vulnerabili”. Parole nel solco di quelle pronunciate dal capo dello Stato Sergio Mattarella solo pochi giorni fa.

Falcone dimezzato per zittire i pm. - Gian Carlo Caselli

Strage di Capaci, 28 anni fa l'uccisione di Giovanni Falcone - Il ...
Con l’avvio del dibattito parlamentare, il confronto sulla separazione delle carriere fra pm e giudici si fa sempre più rovente. Chi non è d’accordo è liquidato – senza complimenti – come un troglodita irrecuperabile, un giustizialista nemico giurato dello Stato di diritto. Per taluno, l’argomento tranchant (definibile, se si trattasse di dialettica processuale, “pistola fumante”) è che anche Giovanni Falcone era favorevole alla separazione! Et de hoc satis: basta con le menate sull’indipendenza della magistratura e via cavillando.
Ora, non v’è dubbio che le opinioni di Giovanni Falcone meritano il massimo rispetto. Ma rispetto sempre, in un quadro di coerenza: non semplicemente quando fa comodo. Ora, coloro che osteggiano la separazione delle carriere sono di solito nemici irriducibili anche del “concorso esterno” e del 41-bis. Mentre si dà il caso che su questi temi Falcone (mai citato!) fosse invece schierato su posizioni di indiscusso favore. Anzi, il 41-bis è stato addirittura ideato da lui nonostante sapesse perfettamente che la riforma avrebbe fatto inferocire le belve mafiose (Riina dirà ai suoi che si sarebbe giocato i denti, intendendo quel che di più prezioso aveva). Vediamo allora come stanno le cose.
Quanto al concorso esterno, Falcone e gli altri magistrati del pool, nell’ordinanza-sentenza del “maxi-ter” (17 luglio 1987), hanno sostenuto che le “manifestazioni di connivenza e di collusione […], tanto più pericolose quanto più subdole e striscianti [sono] sussumibili – a titolo concorsuale – nel delitto di associazione mafiosa. Questa ‘convergenza di interessi’ col potere mafioso[…] costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa Nostra e della sua natura di contropotere, nonché, correlativamente, delle difficoltà incontrate nel reprimerne le manifestazioni criminali”. Parole chiare e univoche, scritte in atti giudiziari ufficiali (quindi in linea col mantra dei giudici che devono parlare solo con le sentenze…), per cui il Falcone ricordato ora sì ora no rischia di essere – parafrasando Calvino – un Falcone “dimezzato”.
Quanto al 41-bis è noto che Falcone, umiliato e cacciato da Palermo, trovò al ministero una specie di asilo politico-giudiziario che utilizzò da par suo elaborando la moderna antimafia, fatta di Procure specializzate (nazionale e distrettuali), Dia e banche dati. In questo “arsenale” rientrava pure il 41-bis – approvato dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio – con cui Falcone voleva un “regime differenziato” per i mafiosi che mettesse fine a una situazione di grave illegalità all’interno del sistema carcerario. Prima del 41-bis, infatti, i boss in carcere potevano permettersi di tutto, perfino decidere e organizzare delitti, mentre un collaudato circuito di informazione, assistenza e solidarietà dall’esterno garantiva la continuità e coesione dell’organizzazione. In sostanza, per Cosa Nostra era “naturale” essere più forte dello Stato perfino dietro le sbarre, ma così il discredito dello Stato era devastante. Tutto ciò andava bene a chi la battaglia antimafia la voleva perdere. Falcone invece la voleva vincere anche con il 41-bis, che difatti funzionò alla grande creando una slavina di “pentiti”. Queste verità, oggi, sono tutta una “fuffa” forcaiola per coloro che vedono nel “famigerato” 41-bis solo sistematiche violazioni dei diritti umani equiparabili di fatto a torture. E quasi sempre si tratta dei medesimi soggetti che armano crociate alla conquista della separazione delle carriere.
In verità, se c’è un’operazione che presenta margini amplissimi di azzardo se non di arbitrarietà è proprio evocare i morti. Bisognerebbe chiedersi cosa mai penserebbero oggi, ma è impossibile saperlo. Tuttavia, pur con ogni ragionevole cautela e assumendo il dubbio come chiave di lettura, si possono formulare alcune osservazioni. Vari processi (in particolare Tangentopoli a Milano e Mafiopoli a Palermo) hanno dimostrato che i rapporti di parti consistenti della politica con il malaffare sono una questione di respiro nazionale. Ma la politica non ha saputo bonificarsi essa stessa neutralizzando le spinte malefiche. Purtroppo l’Italia è ancora oggi caratterizzata da una corruzione diffusa, da collusioni con la mafia, da mala-amministrazione nelle più svariate accezioni, vale a dire da vicende oscure che coinvolgono pezzi rilevanti della politica. Conviene che proprio “questa” politica (refrattaria a ogni forma di responsabilità extra-giudiziaria) possa anche ordinare ai pm dove indagare e dove invece far finta di niente, come di fatto avviene ovunque vi sia separazione delle carriere? Per l’Italia che ancora spera nella legge uguale per tutti sarebbe un suicidio. Financo le odiose leggi ad personam diverrebbero inutili se la persona interessata (o qualcuno della sua cordata) potesse pretendere dal pm quel che più le piace. Per l’Italia delle regole sarebbe una forma di “masochismo istituzionale”.
Infine, un accenno alla tesi (propagandata da avvocati e politici) che con la separazione il nostro Paese si allineerebbe alle democrazie più avanzate. In realtà, l’allineamento potrebbe comportare un pesante arretramento. Un riscontro viene da Le Monde del 28/29 giugno, che ha pubblicato un intervento di Katia Dubreuil e Céline Parisot, presidenti di due sindacati della magistratura, intitolandolo “È tempo di garantire l’indipendenza dei magistrati del parquet” (cioè dei pm). Vi si parla di un “cocktail esplosivo” di cui sono ingredienti la nomina dei pm da parte dell’esecutivo e il fatto che ogni decisione in affari “sensibili” è analizzata in base ai possibili interventi del potere; concludendo che soltanto una riforma istituzionale potrebbe mettere fine ai sospetti di interferenze del potere esecutivo sul corso della giustizia. Ne deduco che le anime candide nostrane che propugnano la separazione delle carriere (inesorabilmente destinata a far dipendere il pm dell’esecutivo) vorrebbero costringerci a una situazione che i francesi gelosi dello Stato di diritto stanno disperatamente cercando di cambiare. Quanto basta per convincersi che gli epigoni del teatro dell’assurdo sono fra noi.

La scienza è disumana ma soffre d’Alzheimer. - Massimo Fini

FameLab: a Trieste, sfida a colpi di scienza con il talent show ...
La Scienza, che tempo fa definimmo “più pericolosa dell’Isis”, ma oggi potremmo anche dire del Covid-19, continua imperterrita, senza che nessuno possa e tantomeno voglia disturbarla, nella sua marcia trionfale verso la propria demenza senile.
Secondo uno studio di un gruppo di giovani ricercatori dell’Università di Bologna, premiati dal ministero della Salute, attraverso “la stimolazione magnetica transcranica (Tms)” si potrebbero rimuovere i ricordi spiacevoli, dolorosi, tormentosi, traumatici e la paura che ne è conseguita. Siamo in linea con la tendenza tutta moderna a eliminare dall’essere umano tutto ciò che è umano, per omologarlo a un normotipo astratto, “politicamente corretto”, diciamo così, dal punto di vista fisico, psichico, emotivo (la legge Mancino, oggi rafforzata dalla subnorma antiomofobia, ha già messo le manette all’odio che è un sentimento e, come tale, non può essere abolito per legge).
Non pensavamo però che i ricercatori di Bologna non capissero quello che anche la casalinga di Voghera sa. Noi non siamo fatti solo di ciò che abbiamo vissuto, ma anche del suo ricordo. Si chiama esperienza. E il dolore, la paura e i ricordi, buoni o cattivi che siano, fanno parte di ogni esperienza umana. Facciamo un esempio molto semplice. Un bambino avvicinandosi troppo a un fornello del gas o al fuoco che crepita allegramente in un camino ci mette la sua candida manina, si scotta e prova dolore. È chiaro che da lì in poi si guarderà bene dal ripetere quella brutta esperienza. E questo vale per ogni aspetto del vivere umano. Soprattutto la paura (e quindi il suo ricordo) è una componente essenziale della specie umana ma anche di animali di livello superiore (se un topo, attirato da un formaggio, resta secco in una trappola, i suoi compagni vedendo un appetitoso cacio lo avvicineranno con giudiziosa prudenza).
Se siamo sopravvissuti a tutto è proprio perché la specie umana è una delle più paurose del Creato. Se continueremo sulla linea dei giovani ricercatori di Bologna, tentando di rimuovere i ricordi, la paura e soprattutto la memoria sulla cui importanza fondamentale sono state scritte intere enciclopedie da parte di studiosi un po’ più accreditati (L’arte della memoria, Frances A. Yates, per tutti), finiremo in trappola. Sopravviveranno solo i topi.
Ma siccome gli scienziati, giovani o meno, sono inesausti, adesso abbiamo l’ultimo grido della medicina preventiva o, per meglio dire, del terrorismo diagnostico. La prestigiosa rivista Journal of American Medical Association ci informa che con un particolare test del sangue focalizzato sulla proteina Tau saremo presto in grado di prevedere l’insorgere dell’Alzheimer in una persona con vent’anni d’anticipo. Ma a che ci serve se contemporaneamente non ci sono, né si prevedono, cure per l’Alzheimer? A far vivere da malato un uomo sano con vent’anni d’anticipo.
La prestigiosa rivista Journal of American Medical Association stima anche che entro il 2050 i malati di Alzheimer saliranno dai 30 milioni attuali a 100 milioni. Su questo sarebbe interessante indagare, sulle cause, evidentemente ambientali e sociali, cioè sull’attuale modello di sviluppo (perché nelle Isole Andamane non c’è nessun aumento di Alzheimer, anzi l’Alzheimer non esiste proprio) a cui si deve il formidabile incremento di questa malattia. Ma di ciò gli scienziati non si occupano. Sono già malati di Alzheimer, sia pur in incubazione.

“Questo non è autoritarismo, il resto solo opinioni private”. - Silvia Truzzi

“Questo non è autoritarismo, il resto solo opinioni private”

L’ultima volta che abbiamo parlato dello stato d’emergenza, il professor Zagrebelsky ha iniziato così: “Quando scendono in campo i giuristi vuol dire che non siamo molto ben messi. Ci si rivolge a loro per avere una parola chiara e normalmente se ne ottengono molte e oscure, spesso contraddittorie. Una delle più frequenti prestazioni dei giuristi, nel loro insieme, è di rendere ‘meravigliosamente oscure’ (Rabelais) persino le questioni chiare”. “Mi sono permesso una battuta, perché anch’io appartengo alla categoria”, spiega l’interessato.
Anticipando su Repubblica un testo che uscirà in autunno per Laterza, il professore ha sostenuto che bisogna distinguere tra emergenza ed eccezione. La prima è interna al sistema, e lo difende da una minaccia; la seconda lo frantuma per travolgerlo e superarlo. Lo stato di emergenza, nel nostro caso, ha un fine: la tutela della salute pubblica. È strumento di garanzia di un diritto fondamentale.
La sua posizione ha innescato diverse repliche: proviamo a sottoporle le principali. Protrarre lo stato di emergenza costituisce una “forzatura illegittima e inopportuna”: illegittima, perché non essendoci emergenza, non c’è il presupposto per prorogarla; inopportuna, perché produce le note conseguenze sul piano economico.
Lo stato di emergenza come condizione generale che giustifica qualunque misura ad arbitrio del governo è non solo in-costituzionale, ma anche anti-costituzionale. Parlo, per intenderci, dei “pieni poteri”. È invece previsto che, nella normalità della vita del diritto, possano “emergere” casi straordinari (cioè non previsti) di necessità e urgenza. Quando ciò accade, il governo può adottare decreti con forza di legge che entrano in vigore immediatamente ma sono “provvisori”, cioè decadono se non sono convertiti in legge dal Parlamento entro sessanta giorni. In più, il governo agisce “sotto la sua responsabilità”: la conversione in legge, oltre a riportare l’eccezione nei binari della legalità, convalida il giudizio del governo circa l’esistenza delle condizioni straordinarie ecc. e lo esonera dalle sue responsabilità. Chi giudica sull’esistenza delle suddette condizioni? Ciascuno di noi può avere la sua visione delle cose: chi ha avuto l’infezione vicina a sé, chi ha operato e opera nelle strutture sanitarie e “ha visto”, avrà una convinzione; chi è lontano e filosofeggia nobilmente, ne avrà un’altra. Ma si tratta, in entrambi i casi, di opinioni private. Dal punto di vista costituzionale, ciò che conta sono le valutazioni del governo convalidate dal Parlamento, salvi i controlli che esistono presso il presidente della Repubblica e, alla fine, presso la Corte costituzionale.
Obiezione: dei decreti legge si è fatto larghissimo utilizzo, quasi mai nella ricorrenza di situazioni di necessità e urgenza…
E con ciò? Nei decenni passati s’è fatto abuso. Ma ciò significa forse che il decreto-legge non può più essere usato quando è lecito usarlo? L’abuso avrebbe abrogato l’uso?
L’osservatorio che porta il nome del professor Rodotà definisce la proroga una “rottura costituzionale”, annunciando ricorsi alla Consulta. Le libertà individuali, dicono, sono state limitate illegittimamente dai Dpcm che hanno alterato il sistema delle fonti del diritto, tanto che il governo ha goffamente cercato di porre riparo coi decreti legge. Che ne pensa?
Innanzitutto, sarebbe saggio non sfruttare l’autorità d’una persona che non c’è più. I ricorsi ci saranno, vedremo che esiti avranno. Sulla legittimità dei provvedimenti, è prevista dalla Carta la possibilità di limitare la libertà di circolazione per motivi di sanità e incolumità pubblica. Se si parte dal presupposto che tali motivi esistono, la conseguenza ovvia è la legittimità delle restrizioni alla libertà di circolazione. Si dice che queste restrizioni incidono su altri diritti: di riunione, di studio e socializzazione scolastica, di attività lavorativa, perfino di esercizio comunitario della libertà di culto. Ma queste sono conseguenze, di cui non è lecito sminuire la gravità, che tuttavia derivano dall’esigenza precauzionale relativa alla tutela della salute. È una questione logica: la circolazione può far circolare anche il virus. Del resto, che sarebbe di tali altri diritti se la pandemia dilagasse al punto che, nel panico, si dovessero rimpiangere le cautele e le restrizioni omesse in tempo utile. Col passare del tempo e la diminuzione dell’allarme, la ragionevolezza delle misure deve essere, però, bilanciata al sacrificio degli altri beni costituzionali.
Invece sulla questione dei Dpcm?
I famigerati Dpcm hanno o non hanno base legale nei decreti legge e nelle leggi di conversione e sono proporzionati alla gravità dell’infezione? La questione è tutta qui.
I giuristi hanno messo sul tavolo la vecchia legge sulle calamità naturali.
Ma non c’è bisogno di appellarsi a questa norma. La situazione attuale è regolata dalle leggi del Parlamento, dai decreti del governo e dai Dpcm.
Il premier Conte sostiene che negli ultimi 4 anni lo stato d’emergenza è stato dichiarato 84 volte e rinnovato 154 volte. Gli è stato però obiettato che si tratta di casi circoscritti, legati a terremoti, alluvioni… È la prima volta, poi, che lo stato di emergenza riguarda tutta l’Italia. Questa è una anomalia?
È una caratteristica della situazione! La dimensione spaziale (e temporale) della legislazione d’emergenza dipende dalla dimensione dell’emergenza. Mi pare ovvio. Che finora non si sia verificato un allarme così vasto da investire potenzialmente l’intero territorio nazionale significa solo che siamo stati fortunati. Purtroppo, ci può essere sempre una prima volta.
Il timore che l’emergenza venga normalizzata è fondato?
Su questo veglieranno il presidente della Repubblica, i giudici e la Corte costituzionale e, alla fine, l’opinione pubblica che è la vera garanzia. L’assuefazione è un pericolo e, tanto più in situazioni come l’attuale, l’attenzione di coloro che amano la democrazia deve essere vigile. Ci sono contromisure istituzionali e ci siamo noi che stiamo all’erta responsabilmente.
Qualcuno pensa che queste misure siano comunque autoritarie.
Sì, ci sono alcuni che, per il gusto del beau geste libertario assomigliante al “menefreghismo” estetizzante dei futuristi d’altri tempi, non esitano a mettere in pericolo la salute altrui. Ma, qui non c’è il diritto di fare della propria salute quello che si vuole, ma c’è il dovere di non giocare con la salute degli altri. Sono degli irresponsabili che hanno della loro libertà un concetto totalmente egoistico.
Un giudice di pace ha annullato la multa di 400 euro comminata a padre e figlia, trovati fuori dalla loro abitazione durante il lockdown, sostenendo anche che la misura di permanenza domiciliare può essere stabilita solo dall’autorità giudiziaria. Neppure una legge potrebbe prevedere nel nostro ordinamento un simile obbligo.
Si invoca l’art. 13 e la garanzia della libertà personale. Ma questa norma ha a che vedere con la libertà della persona rispetto a misure personali. Non c’entra nulla con la pandemia. Mi stupisco che non si trovi nulla di assurdo nel postulare che, per stabilire limiti che valgono per tanti e, al limite, per tutti, sia ragionevole ipotizzare per ciascuno di essi un provvedimento (quanti milioni, nell’insieme?) dell’autorità giudiziaria, naturalmente in altrettanti procedimenti, con le garanzie del contraddittorio, la presenza di avvocati, impugnazioni, ecc. Quanto ai poteri del giudice, certamente egli può, anzi deve disapplicare gli atti amministrativi illegittimi. Ma bisognerebbe dimostrare che essi “non stanno” nella legge. Se invece stanno nella legge ma questa è costituzionalmente illegittima, allora non si dà disapplicazione, ma ricorso alla Consulta contro la legge che si suppone incostituzionale. C’è una logica nel sistema.
Quindi torniamo all’inizio: quando entrano in campo i giuristi…
Siamo abituati a partire dall’astrattezza delle leggi e delle nostre costruzioni teoriche per planare sulla contingente realtà. Nell’emergenza, bisogna ragionare al contrario, cioè partire dalla realtà e cercare nelle leggi il modo per gestirla. Sennò si fa fare una brutta figura al diritto.