giovedì 19 dicembre 2013

Commovente.

IL PRESIDENTE ITALIANO TEME UN’INSURREZIONE VIOLENTA NEL 2014, MA NON PROPONE NESSUN RIMEDIO. - Ambrose Evans Pritchard



In Italia gli eventi stanno volgendo al peggio. Il presidente Giorgio Napolitano ha lanciato l'allarme su possibili "tensioni sociali e disordini diffusi" nel 2014, mentre la lunga recessione si trascina.
Coloro che vivono ai margini vengono coinvolti in "atti di protesta indiscriminata e violenta, verso una forma di opposizione totale". 

Il suo ultimo discorso è una vera e propria Geremiade. Migliaia di aziende sono "sull'orlo del collasso". Grandi masse di persone prendono il sussidio di disoccupazione o rischiano di perdere il posto di lavoro. L'altissimo tasso di disoccupazione giovanile (41%) sta portando verso un pericoloso stato di alienazione. 

"La recessione sta ancora mordendo duro, e c'è la sensazione diffusa che sarà difficile sfuggirle, e trovare il modo per tornare alla crescita" ha detto. 

Ma ora, quale potrebbe essere la causa di tutto questo? Potrebbe avere qualcosa a che fare con il fatto centrale e prioritario che l'Italia ha una moneta sopravvalutata del 20% o più, all'interno dell'Unione Monetaria Europea: che è intrappolata in un sistema di cambi fissi stile anni '30, gestito da una banca centrale anni '30, che sta lì a guardare (per motivi politici) mentre l'aggregato monetario M3 ristagna, il credito si contrae e la deflazione incombe? 

Napolitano non offre alcuna risposta. Ex stalinista, che ha applaudito all'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 (un peccato giovanile), Napolitano da tempo ha manifestato il suo fervore ideologico a favore del progetto UE. Egli è per natura incapace di mettere in discussione le premesse dell'unione monetaria, quindi non aspettatevi nessuno spunto utile dal Quirinale su come uscire da questa impasse. 

Egli ammette che la crisi della zona euro "ha messo a dura prova la coesione sociale", ma lascia la questione in sospeso, e la sua argomentazione incompiuta, più sul descrittivo che sull'analitico.

Senza arrivare al punto di lanciare l'allarme sul rischio che corre lo Stato italiano stesso, ha detto che la crescente minaccia delle forze insurrezionali deve essere affrontata. La legge deve essere rigorosamente rispettata. Il paese deve andare avanti con disciplina. "L'Europa ci sta guardando", ha detto. 

Napolitano è allarmato, e ha ragione di esserlo. La rivolta dei "Forconi" ha preso una svolta inquietante per le élite dell'Italia. Durante l'ultima manifestazione di massa a Torino la polizia si è tolta i caschi, come manifestazione di simpatia. 

Questo sta diventando un movimento anti-UE. Uno dei leader dei Forconi è appena stato arrestato per essere salito agli uffici dell'Unione europea a Roma e aver strappato giù la bandiera blu e oro dell'Europa.

Dove porti tutto questo nessuno lo sa. Secondo Citigroup nel 2014 l'Italia resterà bloccata in depressione con una crescita dello 0.1%, di nuovo a zero nel 2015, e allo 0.2% nel 2016. Se è così, ben otto anni dopo la crisi, la produzione in Italia sarà ancora del 10% sotto l'ultimo picco, una performance di gran lunga peggiore di quella avuta durante la Grande Depressione.

Anche se la zona euro incontrasse una ripresa nel corso dei prossimi tre anni o giù di lì, il meglio che l'Italia possa sperare è la stabilizzazione su livelli di disoccupazione di massa – al 20% se si considera l'altissimo livello di lavoratori Italiani scoraggiati (numero tre volte superiore alla media UE) che sono usciti fuori dalle statistiche. La domanda è quanto tempo la società potrà tollerare tutto questo. Nessuno di noi sa la risposta. 

Per ora l'Italia ha evitato un ritorno agli "anni di piombo", il terrorismo tra gli anni '70 e i primi anni '80, quando la stazione ferroviaria di Bologna fu fatta saltare dai fascisti e l'ex premier Aldo Moro fu sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse. Ma questo tipo di violenza non è poi così lontano come la gente pensa. Nel 2011 il capo dell'agenzia fiscale Equitalia è stato quasi accecato da una lettera bomba di matrice anarchica. Da allora ci sono stati ripetuti casi di attacchi dinamitardi.

La mia ipotesi è che ad un certo punto ci sarà un incidente - un po' come lo scontro tra le truppe francesi e i portuali a Brest nel 1935, quando un lavoratore fu colpito a morte con il calcio di un fucile, mettendo in moto degli eventi che infine costrinsero Laval alle dimissioni e fecero uscire la Francia dal Gold Standard. 

A coloro che continuano a insistere che l'Italia deve stringere la cinghia e recuperare competitività tagliando i salari, vorrei obiettare che questo è matematicamente impossibile, in un clima di ampia deflazione o quasi deflazione in tutta l'UEM.
La ragione dovrebbe essere evidente a tutti, ormai. Non è possibile permettere allo stock di debito nominale di salire su una base nominale in contrazione. Una politica del genere fa sì che la traiettoria del debito aumenti in maniera esponenziale. Negli ultimi tre anni il debito Italiano è già aumentato dal 119% al 133% del PIL, in gran parte a causa delle politiche di austerità fiscale.

Sotto le attuali politiche UEM questo rapporto presto sfonderà il 140%, nonostante l'avanzo primario del bilancio Italiano - un livello oltre il punto di non ritorno per un paese senza moneta sovrana o senza una propria banca centrale. Tale è il potere dell'effetto denominatore. 

Giusto per essere chiari. Non credo che l'Italia debba lasciare l'euro come prima opzione. Ci sono altre misure che dovrebbero essere prese prima, se non altro per costruire un contesto politico e morale favorevole. 

L'Italia può cambiare la sua strategia diplomatica, spingendo per un cartello degli stati debitori del Club Med a leadership francese che prenda il controllo della BCE e della macchina politica dell'UEM. Hanno i voti, e la piena autorità legale basata sui trattati, per forzare una strategia di reflazione che potrebbe cambiato tutto, se solo osassero. 

Questo è più o meno il nuovo piano di Romano Prodi, ex premier Italiano e "Mr. Euro", che ora sta sollecitando l'Italia, la Spagna e la Francia a unirsi, piuttosto che illudersi di poter fare da soli, e "sbattere i pugni sul tavolo".

L'economista premio Nobel Joe Stiglitz riprende il tema su Project Syndicate , dicendo: "Se la Germania e gli altri non sono disposti a fare il necessario - se non c'è abbastanza solidarietà per far funzionare la politica - allora l'euro potrebbe dover essere abbandonato per salvare il progetto europeo". 

Ieri, al Parlamento europeo, Mario Draghi della BCE ha avvertito che l'uscita dall'UEM porterebbe ad una svalutazione del 40% e a una crisi che metterebbe qualsiasi paese in ginocchio, ancor più brutalmente di quella che si deve affrontare adesso. Questo è sempre lo stesso argomento che viene portato avanti in difesa dei regimi di cambio fissi, sia del Gold Standard nel 1931, che dello SME nel 1992, o dell'ancoraggio argentino al dollaro nel 2001. E' stato dimostrato falso, anche nel caso dell'Italia negli anni '90, quando la svalutazione ha funzionato benissimo. 

Draghi si sofferma sul trauma immediato, ma ignora gli effetti molto più corrosivi di una crisi permanente. I paesi possono infatti recuperare molto velocemente se il tasso di cambio si sblocca. Si potrebbe ugualmente sostenere che ci sarebbe una marea di investimenti in Italia nel momento in cui il paese prendesse risolutamente il toro dell'euro per le corna e ristabilisse l'equilibrio valutario. 

In ogni caso, la tesi di Draghi presuppone che la BCE lascerebbe accadere una svalutazione del 40%, anche quando le potenze del nord hanno un forte interesse ad assicurare un'uscita ordinata dell'Italia? La BCE potrebbe intervenire sui mercati FX per stabilizzare la lira per un paio di mesi, fino a quando la situazione si calmasse. Questo eviterebbe gli eccessi, eviterebbe delle perdite rovinose per il blocco dei creditori e degli esportatori tedeschi, ed eviterebbe una crisi da deflazione in Germania, Olanda, Finlandia e Francia. 

Quello che Draghi sta implicitamente affermando (senza volerlo), è che la BCE si comporterebbe in maniera spericolata, punendo l'Italia per il gusto di farlo, anche se questo potrebbe rendere l'intera prova peggiore per tutti. Sarebbe stato bello se un deputato gli avesse chiesto perché mai la BCE dovrebbe fare una cosa del genere. 

Quello che sembra certo è che nessun paese democratico sopporterà uno stato perdurante di semi-recessione e disoccupazione di massa, quando esistono delle alternative plausibili. 


Versione originale:

Ambrose Evans Prichard
Fonte: http://blogs.telegraph.co.uk
Link: http://blogs.telegraph.co.uk/finance/ambroseevans-pritchard/100026297/italys-president-fears-violent-insurrection-in-2014-but-offers-no-remedy/

7.12.2013 

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12715

L’IMPOSSIBILE E STERILE RIVOLUZIONE CONTRO LA CASTA. - Marco Della Luna



I correnti moti di ribellione dal basso, che si aggiungono agli attacchi sul piano politico e della legittimità costituzionale portati dai partiti di opposizione, pongono la questione se un’eventuale rivoluzione violenta diretta ad abbattere il sistema di potere italiano sarebbe legittima oppure illegittima. 

La recente sentenza della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità della legge elettorale vigente (quindi del parlamento, del capo dello Stato e dei giudici costituzionali da esso eletti, e delle leggi da esso varate) ha riconosciuto esplicitamente e formalizzato irreversibilmente la già palese illegittimità complessiva del regime (uso questa parola nel senso neutro di apparato dominante) rispetto alla Carta Costituzionale, che esso ha ampiamente e molteplicemente tradito.

Il colmo è Napolitano, che si ostina a difendere questo parlamento illegittimo e incostituzionale da chi ne reclama lo scioglimento. Ma sciogliere il parlamento e cambiare la legge elettorale non basterebbe a ricostituire la legittimità: se il sistema è illegittimo nel suo insieme, solo l’azione diretta del popolo può costituire, ex novo, un nuovo sistema costituzionale e legittimo.

Le continue scoperte giudiziarie che politici e pubblici amministratori, se appena si va a indagare, sono generalmente e spudoratamente dediti al peculato, evidenziano che in Italia generalmente si fa politica per rubare, e che la cultura dei partiti, dei loro apparati, è questa e non altra. Oramai sembra diffondersi la consapevolezza che non è possibile salvare il Paese senza eliminare la casta politica, storicamente e trasversalmente incompetente e corrotta, assieme alla casta burocratica, ancora più corrotta, inetta, potente e irresponsabile, proprio perché non elettiva e maggiormente autoreferenziale. Caste indifferenti alla sofferenza della popolazione. Caste che succhiano il sangue del lavoro, del risparmio e dell’industria, mentre sprecano gran parte delle sempre più pesanti tasse che spremono al Paese. 

 La gente manifesta crescente sfiducia nell’establishment, mentre movimenti come i grillini e i forconi richiedono sempre più fermamente ed estesamente che la casta se ne vada.

La casta però – è ovvio – non se ne andrà mai volontariamente, anzi si aggrappa ai propri privilegi, e minaccia, dall’alto delle istituzioni che essa occupa, di esercitare una dura repressione contro le ribellioni, mentre vende il Paese agli interessi stranieri per ricevere sostegno esterno al proprio regime. Inoltre controlla gli spazi e canali elettorali dello Stato, oltre alle forze dell’ordine e alle forze giudiziarie, quindi impedisce il cambiamento per le vie interne all’ordinamento dello Stato, cioè attraverso le elezioni politiche e amministrative, nonché i referendum. Conseguentemente, per abbattere la casta e salvare il Paese, ai cittadini resta solo l’opzione rivoluzionaria, il ricorso alla forza. 

Ogni sistema di potere, ogni regime statuale (uso questa parola in senso neutro, non denigratorio), dichiara di essere sempre e assolutamente legittimo, qualsiasi cosa faccia e per quanto sia corrotto. Perciò il fatto che si dichiari tale anche quello italiano, minacciando repressione dura dall’alto delle istituzioni che esso occupa, non significa nulla, non prova che sia legittimo.

Per stabilire se e in quali situazioni possa essere giusta e legittima una rivoluzione violenta che abbatta un regime statuale formalmente legittimo e riconosciuto dall’ordinamento internazionale, come è il regime italiano, occorre rifarsi alla sensibilità culturale diffusamente maturata e ai principi fondamentali del diritto come oggi riconosciuti perlomeno in ambito occidentale, ossia ai diritti dell’uomo e della società, civili e politici. In effetti, il nostro milieu culturale sente e giudica giuste e legittime le rivoluzioni violente che mirano ad abbattere regimi che sono illegittimi perché stabilmente violano i diritti fondamentali dell’uomo o i principi di democrazia e legalità. I regimi in carica giudicano infatti come giuste e legittime, appoggiandole talvolta, rivoluzioni quali quelle della primavera araba, o, per il passato, quella francese contro l’Ancien Régime, o quella americana contro il Regno Unito. Il regime italiano attuale fonda la propria esistenza non sulla continuità, bensì sulla discontinuità col precedente regime (il Regno d’Italia, o la Repubblica di Salò), anzi sulla sua radicale negazione, anzi sulla sua eliminazione fisica mediante la violenza delle armi. 

Orbene, il regime italiano, come è notorio, viola stabilmente e sistematicamente i diritti dell’uomo in una discreta misura, soprattutto in ambito giudiziario e carcerario, e pure i diritti del lavoro, del risparmio, della sicurezza sociale.

Viola altresì il principio di democrazia, perché occupa lo Stato e i suoi poteri, compresi i meccanismi elettorali, da sottrarsi alla scelta degli elettori, soprattutto per quella parte del potere, che è la più ampia, detenuta da burocrati, da funzionari non eletti e non revocabili dal popolo, quindi ancora più autocratici e incuranti delle regole. Fa addirittura leggi elettorali incostituzionali per togliere all’elettorato la possibilità di scelta politica.

Viola inoltre conclamatamente, stabilmente e sistematicamente il principio di legalità: dovunque si vada a indagare si trovano uomini politici e pubblici amministratori dediti trasversalmente al peculato e ad altri reati, ed è chiaro a tutti ormai che in politica ci si mette per rubare, e che i partiti, cioè quelle cose che sostengono i governi, sono eserciti composti principalmente di ladri. La viola anche perché ha tradito la sua Costituzione, che è la sua carta di legittimazione: la ha tradita sia non attuandone larga parte, che stravolgendone gli stessi principi fondamentali attraverso i trattati internazionali e la cessione della sovranità ad organismi esteri, non responsabili verso il popolo italiano, e che infatti non si curano di esso. 

Il regime statuale italiano è quindi con certezza illegittimo e il rovesciamento di tale regime mediante una rivoluzione di tipo francese sarebbe giusto e legittimo. Inoltre ulteriormente legittimato e necessitato dal fatto che esso da oltre vent’anni sta conducendo la politica economica e la politica europea in modo rovinoso per la nazione e non ha mai corretto tali politiche né pare capace di farlo; e altresì dal fatto, oramai percepito dalla maggioranza della nazione, che esso opera al servizio di interessi stranieri e a danno della nazione, che esso ha privato di quasi ogni ambito di indipendenza.

Tutto quanto sopra vale in teoria. Nella pratica, al contrario, una rivoluzione in Italia non è possibile e sarebbe infruttuosa, sicché non posso che ribadire il mio solito consiglio: emigrate.

Impossibile, a causa della forza poliziesca, militare e giudiziaria del regime, la cui casta comprende anche i vertici delle forze armate, delle forze dell’ordine e della giustizia; nonché del carattere storicamente remissivo, servile e codardo degli italiani, che per giunta sono inclini a dividersi, a tradirsi e a vendersi tra loro.

Infruttuosa, perché in primo luogo la casta e la cultura di regime non sono un corpo estraneo ma sono espressione della mentalità e delle aspettative della popolazione generale; in secondo luogo, perché manca una classe politica e burocratica di ricambio, che sia sana e competente; infine, perché l’Italia è troppo condizionata dall’esterno, non ha sufficiente indipendenza per sviluppare una sua politica, soprattutto in campo economico-finanziaria; quindi una rivoluzione, in essa, cambierebbe poco. Con Maastricht, Lisbona, il Fiscal Compact e il MES, in aggiunta alle circa 130 basi militari USA sul suo territorio, non ha più libertà di quanta ne ha un pezzo di ferro nel mandrino di un tornio.

Da qui la mia solita conclusione: l’Italia è spacciata, non è riformabile, l’unica opzione pratica, per chi è in grado, resta l’emigrazione: la buona, vecchia, pacifica e collaudata emigrazione.


 http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12718

Gioco d’azzardo, Ncd: “Trasferimenti dallo Stato ridotti per chi ostacola le slot”. - Martina Castigliani

Slot machine

L'emendamento al decreto "Salva Roma" è stato presentato dal Nuovo centrodestra ed è stato approvato in Senato. Endrizzi (M5S): "E' uno scandalo. Provvedimento da Stato cravattaro. In questo modo si lasciano soli gli amministratori e si penalizza la prevenzione". Contraria la senatrice Puppato (Pd): "Non me la sono sentita di votare per l'ennesima bastonata ai sindaci. E' un brutto messaggio delle istituzioni ai cittadini".

Ostacoli le slot machines nel tuo territorio? Lo Stato ti taglia i trasferimenti di denaro. La bastonata ai sindaci e alle regioni che lottano contro il gioco d’azzardo arriva in Senato con l’emendamento presentato dal Nuovo centrodestra al decreto “Salva Roma” (leggi qui il testo integrale) e approvato con i voti di 140 senatori di Partito democratico, Scelta Civica, Ncd e Gal. Prevenzione, guerra alla ludopatia e sale bingo lontane dalle scuole: gli spot elettorali di partiti e parlamentari scompaiono non appena è ora di fare cassa. E così nel decreto recante misure finanziarie per gli enti locali (e che verrà votato il 19 dicembre in Aula) compare un provvedimento molto lungo e dettagliato dal punto di vista tecnico. Contrari sono stati 128 parlamentari di M5S, Sel, Forza Italia, Lega e quattro dissidenti del Pd (Laura Puppato, Lucrezia Ricchiuti, Roberto Ruta e Stefano Vaccari). Il testo riguarda i comuni o le regioni che emanano norme restrittive contro il gioco d’azzardo, diminuendo così le entrate dell’erario. L’anno successivo, questi enti territoriali subiranno tagli ai trasferimenti che verranno interrotti solo quando le norme e regolamenti “scomodi” saranno ritirati.
“Un ricatto”, denuncia a ilfattoquotidiano.it il senatore Giovanni Endrizzi del Movimento 5 Stelle“sono senza parole di fronte a un provvedimento da Stato cravattaro. Ci hanno detto che serve per mantenere la continuità del gettito erariale, ma è solo l’ennesimo modo per lasciare soli i nostri amministratori locali. Questa misura va contro tutti i principi di sussidiarietà e decentramento, ma soprattutto colpisce la prevenzione della diffusione del gioco d’azzardo”. L’intenzione, secondo i promotori del testo, è quella di evitare lo spreco di denaro pubblico sul territorio per quelle che sono considerate “cause perse”: “Una beffa”, continua Endrizzi, “soprattutto a pochi giorni dalla discussione in Aula del disegno di legge sulla cura e prevenzione della ludopatia. Lo Stato deve decidere da che parte stare”.
Amareggiata anche la senatrice del Partito democratico Laura Puppato, che si espressa contro il provvedimento: ”Non me la sono sentita di votare insieme al mio partito”, ha detto a ilfattoquotidiano.it, “Non c’è stato dibattito su di un emendamento che di fatto bastona i sindaci. Sono d’accordo sul fatto che gli enti locali non possano prendere iniziative su una materia dove lo Stato ha legiferato in maniera diversa, ma gli enti territoriali sono l’ultimo baluardo di difesa in una situazione di emergenza”. L’approvazione di un emendamento che va in senso opposto rispetto alla prevenzione della diffusione del gioco d’azzardo è, secondo la senatrice, un messaggio negativo che si dà ai cittadini: “Lo Stato deve fare qualcosa. E questo non è certo il modo di intervenire”.
Ma c’è solo la penalizzazione degli enti che ostacolano il gioco d’azzardo. “L’emendamento”, continua Endrizzi (M5S), “prevede anche che i concessionari ai quali vengono ritirate le concessioni per gravi colpe, godano del diritto di continuare il proprio esercizio per 90 giorni. In seguito il subentro a quelle licenze verrà garantito a chi è già titolare di altre licenze. Un meccanismo che prevede una sorta di diritto di prelazione violando le norme sulla concorrenza”.
L’emendamento a firma della senatrice del Nuovo centrodestra Federica Chiavaroli è il numero 1150: “In coerenza con il principio di perequazione ed equilibrio finanziari”, si legge, ”tra livelli di governo, ed in attuazione dello stesso, qualora interventi legislativi regionali ovvero regolamentari di autonomia degli enti territoriali, aventi ad oggetto misure in materia di giochi pubblici riservati allo Stato non coerenti con l’assetto regolatorio statale di settore, determinino nel corso di un esercizio finanziario minori entrate erariali, anche di natura non tributaria, ovvero maggiori spese statali, anche a titolo di eventuale risarcimento del danno nei riguardi dei concessionari statali per la gestione della raccolta dei giochi pubblici, a decorrere dall’esercizio finanziario successivo sono attuate riduzioni degli ordinari trasferimenti statali a favore delle regioni ovvero degli enti locali che hanno deliberato tali interventi in misura corrispondente all’entità delle predette minori entrate ovvero maggiori spese. Le riduzioni cessano a decorrere dal momento nel quale tali interventi legislativi e regolamentari sono abrogati o revocati o comunque modificati in modo tale da risultare coerenti con l’assetto regolatorio statale in materia di giochi pubblici”.

Modello 730 2014, tutte le novità della dichiarazione dei redditi. - Patrizia De Rubertis

Modello 730 2014, tutte le novità della dichiarazione dei redditi

Puntuale come ogni anno prende il via l’appuntamento più importante per tutti i contribuenti italiani: ladichiarazione dei redditi che, salvo modifiche, andrà consegnata entro il 30 aprile al sostituto d’imposta o il 31 maggio al Caf o ai professionisti abilitati. Un varo che coincide con la pubblicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate del modello 730. Anche se si tratta di una bozza sono, comunque, diverse lenovità introdotte, molte delle quali dettate dalla crisi. In primis si dà la possibilità di utilizzare questa dichiarazione anche a chi non ha più un datore di lavoro. Sul fronte dei bonus c’è l’innalzamento delledetrazioni per i figli a carico e il bonus mobili per chi ha effettuato lavori di ristrutturazione. Poi si può chiedere l’eventuale credito della dichiarazione, anziché essere rimborsati dal fisco.
I destinatari - Sono circa 17 milioni gli italiani che hanno percepito redditi nell’anno 2013 (di lavoro dipendente, co.co.co., contratti di lavoro a progetto, redditi dei terreni e dei fabbricati, redditi di capitale o prestazioni di lavoro autonomo occasionale) e che, chiamati in cassa a giugno per pagare le tasse, possono utilizzare il 730. Sono i lavoratori dipendenti, i pensionati, chi percepisce indennità sostitutive come integrazioni salariali o indennità di mobilità, i soci di cooperative di produzione e lavoro, di servizi e agricole, chi è impegnato in lavori socialmente utili, i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato per un periodo inferiore all’anno (possono rivolgersi al sostituto d’imposta se il rapporto di lavoro dura almeno dal mese di aprile a luglio 2014 o presso un Caf se il rapporto di lavoro dura almeno da giugno a luglio 2014 e si conoscono i dati del sostituto d’imposta che dovrà effettuare il conguaglio). Presso un Centro di assistenza fiscale si possono, invece, rivolgere il personale della scuola con contratto a tempo determinato da settembre 2013 a giugno 2014 e i lavoratori che posseggono soltanto redditi di collaborazione coordinata e continuativa, almeno nel periodo compreso tra giugno e luglio 2014.
Vantaggi - Nella giungla delle normative fiscali, i vantaggi dell’utilizzo del 730 sono evidenti: non si fanno calcoli, la compilazione è più semplice, il modello non va trasmesso alle Entrate ma si consegna al datore di lavoro, all’ente pensionistico o all’intermediario. Soldi alla mano, poi, l’importo del rimborso Irpef si otterrà direttamente nella busta paga di luglio o nella rata di pensione ad agosto. Mentre se vanno versate delle somme, queste vengono trattenute dalla retribuzione (a partire dal mese di luglio) o dalla pensione (ad agosto o settembre).
Caso particolare: assenza del datore di lavoro - Rappresenta certamente la novità più rilevante perché supera due limiti che condizionavano i contribuenti che non avevano un sostituto d’imposta al momento della compilazione del 730. Fino ad ora, infatti, era necessario presentare il modello Unico e attendere almeno due anni per ottenere eventuali rimborsi. Mentre il decreto legge 69/2013 (che già per il 2013 consentiva a chi era senza datore di lavoro di potersi avvalere del 730 “Situazioni particolari”) apriva solo a quanti avessero un saldo a credito.
Da quest’anno, invece, tutti i lavoratori dipendenti che non hanno più un sostituto d’imposta, come ad esempio quelli che hanno cessato il rapporto di lavoro senza trovare un nuovo impiego, possono presentare il 730 a un Caf o a un professionista abilitato. Così dal prossimo maggio, il contribuente potrà pagare l’importo utilizzando i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate o utilizzare un bollettino postale o bancario. Mentre il credito sarà rimborsato in pochi mesi direttamente dall’amministrazione finanziaria sul conto corrente indicato.
Bonus fiscali - Tra le novità si fa spazio l’innalzamento della detrazione base per ciascun figlio a carico che passa da 800 euro a 950 euro, quella per figli di età inferiore a tre anni sale da 900 euro a 1.220 euro, mentre quella aggiuntiva per ogni figlio disabile passa da 220 a 400 euro. Scende, invece, a 630 euro l’importo massimo su cui calcolare la detrazione del 19% per i premi di assicurazione sulla vita e contro gli infortuni. Nel ‘Quadro E’ del modello 730 (oneri, spese detraibili e oneri deducibili) spunta anche una nuova sezione destinata alla casa in cui è possibile richiedere il bonus del 65% per gli interventi relativi all’adozione di misure antisismiche su immobili, adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive, situati nelle zone ad alta pericolosità sismica.
È stata altresì introdotta la detrazione su mobili e grandi elettrodomestici (di classe energetica A+) per chi ha iniziato a ristrutturare dopo il 6 giugno 2013: si tratta del 50% in 10 anni su un massimo di 10mila euro. Confermato, invece, lo sgravio per il risparmio energetico nella misura del 55% o del 65% per le spese sostenute dopo il 6 giugno.
Erogazioni liberali - Sempre nel ‘Quadro E’ è possibile richiedere sia le detrazioni del 24% (prima erano del 19%) per le donazioni alle onlus che quelle in favore delle popolazioni colpite da calamità (per un importo fino a 2.065 euro). Rientrano anche quelle devolute a partiti e movimenti politici (tra 50 euro e 10mila euro). Da quest’anno è inoltre possibile richiedere il bonus, fino a 1.032,91 euro, per le erogazioni a favore dell’Unione buddhista italiana e dell’Unione induista italiana, enti ai quali è anche possibile destinare l’otto per mille dell’Irpef.
Cedolare secca - Il ‘Quadro F’ è interessante, invece, per quanti abbiano scelto di utilizzare la cedolare secca. In questo caso è prevista un’aliquota agevolata del 15% (fino al 2012 era del 19%) per i contratti di locazione a canone concordato. È bloccata invece al 21% l’aliquota per chi ha concesso in affitto immobili a canone libero. Per gli altri fabbricati locati, la deduzione forfettaria del canone scende dal 15% al 5 per cento.
Compensazione - Altra novità. Tutti i contribuenti possono utilizzare il credito che vantano con il fisco per ridurre o per pagare altre imposte, tramite il nuovo ‘Quadro I’. Si tratta, ad esempio, della Tares (la tassa sui rifiuti e servizi che ­ secondo i calcoli Uil ­ quest’anno peserà oltre 300 euro a famiglia)  ed eventuali altre tasse non elencate nel 730, ma per le quali il pagamento va effettuato con il modello F24.

Il Pd schiavo delle lobby d'oro.




"A chi obbediscono i partiti? 

Ai loro elettori o ai lobbisti? 

La legge di Stabilità non è fatta per i cittadini ma per tutelare interessi e affari, caste e cordate. Vi sembra eccessivo? 

Sentite questa: il Pd, prima firma il capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, presenta un emendamento alla stabilità per salvaguardare le casse dell’Inps. 
Viene previsto un tetto massimo di 150mila euro fra pensione e altri incarichi, pubblici e privati. 
Bene. Parte la discussione in commissione che si protrae per la notte. Le trattative fervono nei corridoi
Ma dopo una lunga gestazione, il Pd partorisce una riformulazione che azzera il contenuto della norma: il tetto sale fino a 294mila euro ed è applicabile solo a chi cumula pensione e incarico nella pubblica amministrazione salvando tutti i contratti in vigore. Come dire: “abbiamo scherzato, ci siamo sbagliati”. Cos’è accaduto nel mentre, fra il prima e il dopo? Quale manina è intervenuta? Per capirlo bisogna uscire dalla commissione, farsi un giro, entrare nella saletta fumatori nel cuore di Montecitorio e immergersi nella folla dei lobbisti che assedia il Parlamento

E ascoltare:
Tu non avresti potuto fare niente al di sopra dei 150 mila euro compresa la pensione– si sente dire a una persona che parla al telefono - ho dovuto scatenare mari e monti. È stata una battaglia durissima – spiega compiaciuto mentre tesse le sue stesse lodi - … ehhh, è questo il Parlamento oggi. Io lo potrei portare… scrivere in un manuale come caso di eccellenza di azione di lobby… ho dovuto smuovere tutto”. 



È tutto vero! Ma chi è che parla al telefono? La voce è quella di un vecchio “lupo” di Palazzo, consigliere parlamentare in pensione con un incarico alla Camera dei Deputati. A nome di chi parla lo rivela lui stesso: “Io sono stato questa settimana in full immersion, giorno e notte perché la commissione ha lavorato giorno e notte per fare cazzate dietro... dietro a queste faccende qua, perché avevo una marea di gente che mi chiamava in questa condizione, chi per il lavoro autonomo, chi perché c'hanno privilegi che fanno i Consiglieri di Stato, i professori universitari, ste cose qua, e quindi si sono salvati pure quelli”. 


Il "misterioso" lobbista ha fatto calare la testa al Pd per conto dei detentori di pensioni d’oro, accumulatori seriali di incarichi, professoroni in quiescenza mai andati (veramente) in pensione. Gente come Giuliano Amato e Lamberto Dini.
Ecco a chi obbedito il Pd di Renzi(e, ndr). 


Mentre le vittime sono i soliti noti. Noi."M5S Camera.

http://www.beppegrillo.it/2013/12/il_pd_schiavo_delle_lobby.html

A che punto è la “web tax”.

web-tax-forbes
Durante il suo primo discorso da segretario all’Assemblea nazionale del Partito Democratico, Matteo Renzi ha criticato la cosiddetta “web tax”, un nuovo sistema di tassazione per le società attive su Internet approvata la settimana scorsa in commissione tra gli emendamenti della legge di stabilità, che dovrà essere votata dal Parlamento entro la fine dell’anno. L’iniziativa è partita da alcuni parlamentari del PD e per questo Renzi ha detto che “abbiamo infilato un problema peggio dell’altro” sul tema dell’innovazione e che argomenti come una nuova tassazione delle società su Internet debba essere affrontata in sede europea e non da un singolo stato.
La prima proposta
Di una tassa per le aziende online – specificamente indirizzata a quelle più grandi ed estere come Google, Facebook e Amazon – si parla da diverse settimane. Francesco Boccia, deputato del PD e presidente della commissione Bilancio della Camera, è stato tra i primi a proporre una “web tax” con un disegno di legge presentato lo scorso 4 ottobre. In seguito, dopo un primo accantonamento, la sua proposta è stata trasformata in un emendamento alla legge di stabilità da parte di Edoardo Fanucci (PD), che ha ricevuto in commissione Bilancio l’appoggio di Sinistra Ecologia Libertà e di Südtiroler Volkspartei, portando alla sua approvazione e al conseguente inserimento nella legge.
Le aziende online e le tasse
I promotori della “web tax” ritengono che debbano essere cambiate le regole per le società online perché quelle attuali consentono loro di registrare i loro ricavi presso un’altra società del gruppo, che spesso ha sede in un paese con una tassazione più favorevole rispetto a quella italiana. Amazon, per esempio, ha sede legale in Lussemburgo per le sue attività in Europa, mentre Facebook e Google registrano i loro ricavi in Irlanda, dove c’è una imposta sul reddito delle imprese molto favorevole. Si stima che nel 2012 Facebook abbia pagato all’Agenzia delle Entrate circa 192 mila euro, mentre Google – che è più presente con personale e attività in Italia – circa 1,8 milioni di euro a fronte di decine di milioni ricavati grazie alle inserzioni pubblicitarie o nel caso di Amazon con le vendite dirette di prodotti. È bene comunque ricordare che queste società non fanno nulla di illegittimo e sfruttano le regole del mercato unico europeo, che permettono alle società di lavorare e operare in tutti i paesi dell’Unione Europea senza dover aprire una sede legale in ciascuno di questi.
Che cosa prevede la “web tax”
Gli emendamenti approvati alla fine della settimana scorsa introducono l’obbligo di possedere una partita IVA italiana per tutte le società che acquistano e vendono pubblicità e servizi come quelli legati al commercio elettronico. I pagamenti dei ricavi derivanti dai servizi pubblicitari online dovranno essere inoltre tracciabili. Nella pratica, significa che una pubblicità da mostrare su un sito dovrà essere venduta solo da imprese registrate con partita IVA in Italia, evitando in questo modo che il nostro paese sia scavalcato nella compravendita pubblicitaria. Le pubblicità online sono spesso acquistate e vendute all’estero, con meccanismi che tagliano fuori il fisco italiano, che non può rilevare le transazioni né tassarle.
La “web tax” prevede inoltre nuovi sistemi per valutare il reddito delle società controllate italiane legato alla pubblicità online e i loro rapporti con le “aziende madre” straniere. Nell’emendamento si dice che per fare pubblicità su Internet una controllata italiana affronta costi bassi sia per quanto riguarda l’organizzazione sia per lo scarso numero di impiegati. Elementi che devono essere tenuti in considerazione per determinare reddito e successiva tassazione, dice la proposta.
Critiche
L’approvazione degli emendamenti sulla “web tax” su iniziativa del PD è stata criticata da diversi membri dello stesso partito. A metà della scorsa settimana i deputati PD Giampaolo Galli e Marco Causi avevano ottenuto l’accantonamento della proposta, ricordando che sarebbe andata contro le regole dell’Unione Europea sul mercato unico e contro quelle dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO). Il timore è che le nuove norme possano essere bocciate dopo il loro inserimento nel bilancio dello Stato e che quindi ci possa poi essere un buco, dovuto all’impossibilità di riscuotere la “web tax”.
Molte critiche alla proposta sono state formulate anche all’estero da diverse organizzazioni e giornali. La rivista statunitense Forbes ha pubblicato un duro articolo ricordando che l’obbligo di partita IVA italiana è “senza dubbio” in contrasto rispetto a quanto prevede la legge europea: sarebbe illegale fin dalla sua approvazione e costerebbe una sanzione all’Italia. Secondo altri una “web tax” terrebbe lontani gli investitori stranieri e renderebbe molto più complicata la gestione della pubblicità a livello globale, con conseguenze gravi per le aziende italiane che promuovono all’estero su Internet i loro prodotti.
Quanto
Nelle ultime settimane sono circolate cifre molto diverse tra loro su quanto potrebbe fruttare al fisco la “web tax”. C’è chi ha parlato di poche decine di milioni di euro, chi di qualche centinaio e chi si è spinto come Boccia a immaginare un miliardo di euro, cifra che però è in contraddizione con le stime sui ricavi complessivi della pubblicità digitale in Italia, tra i 700-800 milioni di euro all’anno. Il problema è che non è possibile fare una stima affidabile di quanto denaro porterebbe la “web tax”, né quale sarebbe l’entità del suo impatto sul settore.
Francesco Boccia
Nonostante le numerose critiche e lo stesso invito del segretario del suo partito a rivedere il provvedimento, il deputato Francesco Boccia continua a sostenere la necessità di arrivare all’applicazione di una “web tax”. In una intervista pubblicata oggi dal Tempo, spiega che “stiamo assistendo alla più grande emorragia finanziaria della storia del capitalismo”. Alla domanda sull’incompatibilità delle nuove regole con quelle previste dalle leggi europee ammette che il Trattato di Roma prevede la libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone aggiungendo però che “all’epoca Internet non esisteva” (ammettendo però così l’incompatibilità della norma che propone con i trattati in vigore).
Boccia, infine, sostiene che le grandi aziende estere di Internet “in Italia non hanno mai investito un euro”. In realtà alcune delle più importanti hanno investito diverse risorse nel nostro paese. Due esempi: Google Italia ha la propria sede a Milano e ha alle sue dipendenze quasi 150 persone, che si occupano principalmente dei servizi pubblicitari che a loro volta producono un importante indotto per centinaia di aziende; Amazon ha costruito e gestisce due centri per la distribuzione delle sue merci a Castel San Giovanni (Piacenza) e prevede a pieno regime di impiegare oltre 1000 persone, cui si aggiungono i 150 del centro assistenza clienti di Cagliari, che diventeranno 500 entro i prossimi cinque anni.
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