martedì 16 agosto 2022

Il viaggio è nella testa. - Gabriel Garcia Marquez

 

Un tempo sarebbe stato facile amarmi.
Ero dolce.
Credevo nelle promesse, nelle parole.
Giustificavo tutto, anche il male che sentivo e non ammettevo.
Mi prendevo la colpa, anche se non la capivo.
Pur di non perdere chi amavo, sopportavo ogni mancanza, anche quando mancavo io e non sapevo più ritrovarmi.
Abbracciavo senza chiedere nulla in cambio.
Ero indifesa.
Da proteggere.
Da distruggere.
Oggi è difficile amarmi, restarmi accanto.
Rispettare i miei spazi, comprendere i miei silenzi, la mia indipendenza, il mio bisogno di vivere e di costruire usando solo le mie forze.
Io che del mio equilibrio cercato, sofferto e trovato ne faccio un vanto da gridare al presente ogni giorno.Io che credo nell’Amore molto più di ieri.
Amore che non ha nulla a che fare con le briciole, con l’arroganza, con l’assenza, con l’infedeltà.
Oggi è difficile amare la donna che sono diventata. Dopo i sogni sfumati, le ali spezzate, le labbra spaccate.
Sicura delle mani da stringere che vorrei e degli occhi che non vorrò più incrociare.
È difficile.
Forse è impossibile.
Sicuramente è raro incontrare un’anima che ci ami oltre noi stessi, dove fingiamo di essere forti mentre imploriamo gli abbracci di chi possa amarci sapendoci fragili e imperfetti.
Io dell’amore non so molto, forse.
Non posso insegnarlo.
Ma so che ha a che fare con il rispetto.
E con le scelte che non s’impongono, ma si costruiscono.
Insieme.
Quando si diventa l’unica scelta e mai un’opzione tra tante.
Alla ragazza che sono stata devo tanto, soprattutto scuse.
Alla Donna che sono, un promemoria:
ricordati delle tue ali, ricordati di te.
All'amore, a quello come dico io.
Gabriel Garcia Marquez

Macchina di Anticitera. - Wikipedia

 

La macchina di Anticitera è un congegno meccanico originariamente datato tra il 150[1][2] e il 100 a.C.[3], mentre uno studio pubblicato nel 2022 ritiene che la calibrazione iniziale sia del 23 dicembre 178 a.C.[4] È ritenuto il più antico calcolatore meccanico conosciuto. Si trattava originariamente di un sofisticato planetario, mosso da ruote dentate, che serviva per calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari, i movimenti dei cinque pianeti allora conosciuti, gli equinozi, i mesi, i giorni della settimana e - secondo uno studio pubblicato su Nature[5] - le date dei giochi olimpici. Fu rinvenuta nel relitto di Anticitera, tra i resti di un naufragio avvenuto nel secondo quarto del I secolo a.C. nei pressi dell'isola greca di Cerigotto.

È conservata presso il Museo archeologico nazionale di Atene.

Scoperta e prime analisi.

Frammento principale della macchina

La macchina fu ritrovata nel 1900 grazie alla segnalazione di un gruppo di pescatori di spugne che, persa la rotta a causa di una tempesta, erano stati costretti a rifugiarsi sull'isoletta rocciosa di Cerigotto. Al largo dell'isola, alla profondità di circa 43 metri, scoprirono il relitto di una nave mercantile romana, naufragata nel secondo quarto del I secolo a.C.[6][7] e adibita al trasporto di oggetti di prestigio, tra cui statue in bronzo e marmo.[8]

Schema della macchina di Anticitera

Il 17 maggio 1902 l'archeologo Valerios Stais, esaminando i reperti recuperati dal relitto, notò che un blocco di pietra presentava un ingranaggio inglobato all'interno. Con un più approfondito esame si scoprì che quella che era sembrata inizialmente una pietra era in realtà un meccanismo fortemente incrostato e corroso, di cui erano sopravvissute tre parti principali e decine di frammenti minori.

Si trattava di un'intera serie di ruote dentate, ricoperte di iscrizioni, facenti parte di un elaborato meccanismo a orologeria.

La macchina originaria era delle dimensioni di circa 30 cm per 15 cm, dello spessore di un libro, costruita in rame e originariamente montata in una cornice in legno. Era ricoperta da oltre 2000 caratteri di scrittura, dei quali circa il 95% è stato decifrato (il testo completo dell'iscrizione non è ancora stato pubblicato).

La macchina è conservata nella collezione di bronzi del Museo archeologico nazionale di Atene, assieme alla sua ricostruzione.

Alcuni studiosi sostennero che la macchina fosse troppo complessa per appartenere al relitto e alcuni esperti ribatterono che i resti potevano essere fatti risalire a un planetario o a un astrolabio. Le polemiche si susseguirono per lungo tempo, ma la questione rimase irrisolta. Solo nel 1951 i dubbi sulla misteriosa macchina cominciarono a essere risolti. Quell'anno infatti il professor Derek de Solla Price cominciò a studiare il congegno, esaminando minuziosamente ogni ruota e ogni pezzo e riuscendo, dopo circa vent'anni di ricerca, a scoprirne il funzionamento originario.[9]

Nel giugno 2016, un team di scienziati, servendosi di scansioni ad alta risoluzione con raggi X, è riuscito a leggere le lettere di un'iscrizione incisa al suo interno, trovando indicazioni sull'uso specifico, ossia un calendario di eventi astronomici, eclissi e delle date dei giochi olimpici.[10]

Il 28 marzo 2022 è stato pubblicato uno studio su arXiv che analizza tutti i dati disponibili per determinare la data di calibrazione della macchina. Lo studio parte dal concetto che lo strumento meccanico accumula un errore che aumenta con il passare del tempo e tale degradazione nell'accuratezza permette di risalire al periodo scelto per calibrarlo. Lo studio stabilisce come data di calibrazione il 23 dicembre 178 a.C.[4]

Utilizzo e funzionamento.

La macchina risultò essere un antichissimo calcolatore per il calendario solare e lunare, le cui ruote dentate potevano riprodurre un rapporto vicino a quello necessario per ricostruire il moto della Luna in rapporto al Sole (la Luna compie 254 rivoluzioni siderali ogni 19 anni solari).[11]

L'estrema complessità del congegno era inoltre dovuta al fatto che tale rapporto era riprodotto con l'utilizzo di una ventina di ruote dentate e di un differenziale, un meccanismo che permetteva di ottenere una rotazione a velocità pari alla somma o alla differenza di due rotazioni date. Il suo scopo era quello di mostrare, oltre ai mesi lunari siderali, anche le lunazioni, ottenute dalla sottrazione del moto solare al moto lunare siderale. Sulla base della sua ricerca, Price concluse che, contrariamente a quanto si era fino ad allora creduto, nella Grecia del II secolo a.C. esisteva effettivamente una tradizione di altissima tecnologia.

Contesto storico.

Vista laterale del modello ricostruito, Museo archeologico nazionale di Atene

La macchina di Anticitera, nonostante non trovi eguali fino alla realizzazione dei primi calendari meccanici successivi al 1050, rimane comunque perfettamente integrato nelle conoscenze del periodo tardo ellenistico: vi sono rappresentati solo i cinque pianeti visibili a occhio nudo e il materiale usato è un metallo facilmente lavorabile.

Ad Alessandria d'Egitto infatti, durante l'ellenismo, operarono molti studiosi che si dedicarono anche ad aspetti tecnologici realizzando macchine e automi come la macchina a vapore di Erone. Inoltre Cicerone cita la presenza a Siracusa di una macchina circolare costruita da Archimede e ascrivibile quindi alla fine del III secolo a.C., con la quale si rappresentavano i movimenti del Sole, dei pianeti e della Luna, nonché delle sue fasi e delle eclissi[12][13]. In un altro passo Cicerone fa riferimento a un meccanismo, costruito dal suo amico Posidonio di Rodi, che riproduce in modo esatto il moto diurno e notturno del sole, della luna e dei cinque pianeti[14]. L'unicità della macchina di Anticitera risiede nel fatto che è l'unico congegno progettato in quel periodo arrivato sino ai giorni nostri.

La macchina di Anticitera è a volte citato tra i casi di OOPArt (Out of place artifacts), i cosiddetti "manufatti fuori dal tempo", dai sostenitori dell'archeologia misteriosa, i quali non vi riconoscono un artefatto scientifico ellenistico.

Sul numero 498 di febbraio 2010 della rivista Le Scienze, un articolo a firma di Tony Freeth afferma che è stato ricostruito il metodo con cui la macchina prediceva le eclissi e le fasi lunari e avanza l'ipotesi che la sua costruzione sia avvenuta nella città colonia greca di Siracusa[15].


https://it.wikipedia.org/wiki/Macchina_di_Anticitera?fbclid=IwAR02HcbEQ8WI3LoRSrH--rQbKVQssqATCmSsV1UxQKiJnJ2FICUY8V96IIY

Sacsayhuamán - Wilipedia

 

La fortezza di Sacsayhuamán o Sacsaihuaman (in quechua: Saksaq Waman) è un sito archeologico Inca nella regione di Cusco. Il nome significa letteralmente "falco soddisfatto". Fu costruita dagli Inca tra il 1438 e il 1500 circa, sotto il dominio di Pachacútec, e si erge in una posizione dominante della collina di Carmenca, che svetta a nord della città di Cusco, antica capitale del Tahuantinsuyo, l'impero incaico.

A ogni solstizio d'inverno vi si festeggia l'Inti Raimi, la festa di Inti, il dio del Sole. In tale circostanza vengono ancora effettuati rituali risalenti all'epoca incaica.






La fortezza cerimoniale è ubicata a circa 2 chilometri da Cusco, capitale dell'antico impero Inca; si trova ad una altitudine di 3700 metri e ha una estensione di 3.093 ettari.
















Epoca Inca (1438-1534)

La costruzione di Sacsayhuamán, secondo le informazioni di cui disponiamo, iniziò durante il regno di Pachacútec, fu continuata successivamente da Túpac Yupanqui e conclusa con Huayna Cápac. Durante queste 3 generazioni, secondo Garcilaso de la Vega furono 4 gli architetti che diressero l'opera. Essi furono nell'ordine: Apu Huallpa Rimachi (il principale secondo Garcilaso de la Vega), Inca Maricanchi, Acahauna Inca e Callacunchuy. A questi architetti si deve il disegno di Sacsayhuaman.

I lavori durarono circa 70 anni e furono utilizzati 20.000 lavoratori. Questo almeno prima dell'arrivo dei conquistadores spagnoli, i quali prelevarono dal sito numerose pietre per costruire case e chiese nella città, oltre a modificare la struttura della città stessa. La rimozione delle pietre di piccole e medie dimensioni è continuata fino ad alcune decine di anni fa. In questa descrizione la testa, unita al complesso della città di Cusco, formava la figura di un puma.
















Disegno di Sacsayhuaman.

La zona in cui si trova questa fortezza corrisponde, come già detto, alla testa dell'animale sacro, il puma.

Pachacútec Inca Yupanqui, ridisegnò la città e le diede la forma di un puma coricato (il puma è il guardiano delle cose terrene).

Lo spazio che abbraccia le sue costruzioni è molto grande; quello che principalmente balza agli occhi sono le tre fila di mura in pietra che fanno pensare a una fortezza.















Architettura. La costruzione è così peculiare per via della grandezza di alcune pietre. Le pietre furono incastrate con una precisione inimmaginabile. Risulta quasi inesplicabile per noi capire come gli inca poterono tagliare con tale maestria le pietre, per cui tra una e l'altra non passa la lamina di un coltello.

Il grandioso complesso presenta un triplice ordine di cinte murarie, lunghe trecento metri, realizzate con enormi massi di pietra (porfido e andesite), connessi con grande precisione. La muraglia principale è formata da pietre alte 5 metri, larghe circa 2,5 metri che possono pesare tra le 90 e le 120 tonnellate.

Sacsayhuamán, Cusco, Perú, 2015-07-31, DD 34.JPG

Cronisti e archeologi concordano nell'attribuire al piano della città di Cusco la forma di un puma, di cui la fortezza di Sacsayhuamán rappresenterebbe la testa, com'è facile intuire dalla muraglia che procede a zig-zag ricordandone le fauci. Alla sommità, inoltre, è visibile l'occhio dell'animale. Questo almeno prima dell'arrivo dei conquistadores spagnoli, i quali abbatterono le tre torri e prelevarono dal sito numerose pietre per costruire case e chiese nella città, oltre a modificare la struttura della città stessa.

Le porte.

Le pietre megalitiche di Sacsayhuaman e la zampa del puma.

Troviamo parecchie porte che mettono in comunicazione, tramite scale, i diversi livelli. Nel muro delle pietre megalitiche troviamo la porta Tiupunco, sugli altri livelli troviamo le porte Acahuana e la Huiracocha Puncu.

Le torri.

Questo complesso militare o religioso era munito di tre torri ("marka" in quechua) di cui rimangono le fondamenta. La torre rotonda di Muyuqmarka ospitava il re Inca e la sua corte durante i periodi di meditazione e digiuno. La sua base a terra è costituita da un cerchio di pietre di una dozzina di metri di diametro e da una struttura a stella il cui significato non è a tutt'oggi chiarito. Secondo la leggenda, la torre era collegata al Tempio del Sole da una rete di gallerie sotterranee. Quella di Paucamarca, di forma quadrangolare, aveva una funzione religiosa ed era dedicata al culto del Sole. L'ultima torre, quella di Suyaqmarka, anch'essa quadrangolare, era riservata alla guarnigione e ospitava depositi di viveri, di armi e di vestiti.

Funzione.

Sacsayhuaman, secondo molti cronisti, aveva funzioni cerimoniali. L'ipotetica funzione militare, suggerita dalla grandezza dell'area, dalle mura sui 3 lati (e dal fatto che la battaglia decisiva con Pizarro si combatté proprio qui, con le torri che assunsero funzione difensiva, resistendo quando tutta la città era ormai stata occupata dagli spagnoli), pare erronea.

Non ultimo, a far perdurare questo errore gli spagnoli la chiamarono "La Fortezza".

Sacsayhuaman pare invece la "Casa del Sole", dedicata appunto al culto del dio Sole. Altre case del sole nella cultura inca furono Coricancha e Poquencancha.

Miti locali.

Secondo la locale tradizione le mura, per la loro imponenza e dimensione furono costruite da dei giganti semi-divini:

«… i gentili avevano sollevato e tagliato quelle moli immense. Dissero che anche al Cuzco il tempio-fortezza di Saqsaywamán, coi suoi blocchi immani, era opera degli auki, gli antenati semidivini che facevano muovere le rocce frustandole, come si riunisce il bestiame.[1]»

https://it.wikipedia.org/wiki/Sacsayhuam%C3%A1n

Pietre di Baalbek. - Wikipedia



Le pietre di Baalbek sono sei massicci blocchi di pietra romani [1] lavorati a Baalbek (l'antica Heliopolis), in Libano , caratterizzati da un gigantismo megalitico senza precedenti nell'antichità .

I tre più piccoli fanno parte di un muro del podio nel complesso romano del Tempio di Giove Baal ( Zeus eliopolitano) a Tel Baalbek e sono conosciuti come il "Trilito". Ciascuno di questi è stimato a circa 750–800 tonnellate (830–880 tonnellate corte).

I restanti tre sono monoliti romani , non facenti parte di una struttura più ampia, convenzionalmente conosciuta come la "Pietra della donna incinta" (stimata in 1.000 t), la "Pietra del sud" (est. 1.242 t) e la "Dimenticata Pietra" (stima 1.650 t). Queste sono, in ordine inverso, la prima, la terza e la quinta pietra più grande mai estratta nella storia umana . Si ritiene che fossero destinati al vicino complesso di Giove Baal, forse come aggiunta al Trilito; ma, forse a causa delle loro dimensioni, non furono mai rimossi dalla loro cava. Non sono stati utilizzati dalla loro estrazione in tempi antichi. [2]

Numerose spedizioni archeologiche sono andate sul sito a partire dal 19° secolo, principalmente gruppi tedeschi e francesi, e la ricerca è continuata nel 21° secolo. [3]



La Pietra della Donna Incinta arabo : حجر الحبلي ‎, romanizzato :  Ḥajar el-Ḥible ), chiamata anche Primo Monolito, si trova ancora nell'antica cava a una distanza di 900 m dal complesso del tempio di Heliopolis. [4] Sebbene sia il più piccolo dei tre monoliti, è anche il più famoso per le sue ottime condizioni, per l'imponente angolo con cui giace e per non essere mai stato completamente nascosto dalla terra.

Nel 1996 un team geodetico della città austriaca di Linz ha condotto nel sito misurazioni topografiche volte a stabilire le dimensioni esatte dei due monoliti e il loro possibile utilizzo nella costruzione del gigantesco tempio di Giove . [5] Secondo i loro calcoli, il blocco pesa 1.000,12  t , [6] confermando quindi praticamente stime più antiche come quella di Jean-Pierre Adam . [7]

Il blocco di pietra rettangolare è:

  • 20,31–20,76 m di lunghezza [8]
  • 4 m di larghezza alla base [8]
  • 4,14–5,29 m di larghezza in alto [8]
  • 4,21–4,32 m di altezza [8]
  • Ha una densità stimata di 2,6–2,8 g /cm [8]

Ci sono più storie dietro il nome. Si dice che il monolito prende il nome da una donna incinta che ha ingannato la gente di Baalbek facendogli credere di sapere come spostare la pietra gigante se solo l'avessero nutrita fino al parto. [9] Altri dicono che il nome derivi dalle leggende secondo cui ai jinn in stato di gravidanza fu assegnato il compito di tagliare e spostare la pietra, [10] mentre altri affermano che il nome riflette la convinzione che una donna che tocca la pietra sperimenta un aumento della fertilità. [11]



La Pietra del Sud (in arabo : حجر القبلي ‎, romanizzato :  Ḥajar el-Guble ), chiamata anche Secondo Monolito, è stata riscoperta nella stessa cava negli anni '90. Con il suo peso stimato in 1242 t, supera anche la dimensione della Pietra della Donna Incinta. [12] (C'è una certa confusione sulla denominazione, a causa del fatto che la sua posizione è stata dimenticata, e di conseguenza alcune fonti identificano "Pietra del sud" come un nome alternativo della Pietra della donna incinta.)

Queste sono le dimensioni del blocco di pietra rettangolare, supponendo che la sua forma sia coerente nelle sue parti ancora sepolte:

  • 19,5–20,5 m di lunghezza [12]
  • 4,34–4,56 m di larghezza [12]
  • 4,5 m di altezza [12]
  • Ha una densità stimata di 2,6–2,8 g/cm [12]


La Pietra Dimenticata, detta anche Terzo Monolito, è stata scoperta nella stessa cava nel 2014 dall'Istituto Archeologico Tedesco . Il suo peso è stimato intorno alle 1650 t, il che la rende la pietra più grande mai estratta. [13]

Esso misura:

  • 19,6 m di lunghezza
  • 6 m di larghezza
  • almeno 5,5 m di altezza (ancora in parte interrata)


Il Trilitogreco : Τρίλιθον ), chiamato anche le tre pietre, è un gruppo di tre pietre giganti disposte orizzontalmente, che fanno parte del podio del tempio di Giove Baal a Baalbek. La posizione delle strutture megalitiche è in cima a una collina nella regione, conosciuta come Tel Baalbek. Ognuna di queste pietre è lunga 19 metri, alta 4,2 metri e spessa 3,6 metri e pesa circa 750–800 tonnellate. Lo strato di pietra di supporto sottostante presenta un numero di pietre che pesano circa 350 tonnellate e sono larghe 11 metri. [7]

Sebbene non formino un trilito nel senso archeologico moderno, sono stati conosciuti come il Trilito almeno dal primo periodo bizantino . [14]


https://en.wikipedia.org/wiki/Baalbek_Stones?fbclid=IwAR0K2tBf1TZUu0Hug-lghzovqdIJZqK2dwWGXUgICY201Lv8D8EW0gLJsM8