venerdì 23 gennaio 2015

Riforma banche popolari, esposto M5S-Adusbef a Consob per aggiotaggio. - Antonio Pitoni e Giorgio Velardi

Riforma banche popolari, esposto M5S-Adusbef a Consob per aggiotaggio

Nel mirino del grillino Barbanti la “fuga di notizie” sulla riforma che impone la trasformazione in spa delle dieci più grandi: “Nessuno è intervenuto per bloccare le contrattazioni sui titoli”. E con un’interrogazione chiede di verificare anche l’operato dell'authority presieduta da Vegas. Che una petizione online vuole abolire: "Funzioni passino all'Antitrust".

I rialzi record registrati in Borsa dai titoli delle dieci banche popolari interessate dalla riforma varata dal governo stanno per piombare sul tavolo della Consob. Con un esposto che il Movimento 5 Stelle sta mettendo a punto insieme all’Adusbef e che sarà trasmesso a breve alla Commissione nazionale per le società e la Borsa, nel quale, chiedendo di fare luce su quanto accaduto lunedì a Piazza Affari, si arriva ad ipotizzare addirittura il reato di aggiotaggio. Una vicenda che il deputato Sebastiano Barbanti, componente della commissione Finanze di Montecitorio, ricostruisce nei suoi passaggi salienti. “Tutto comincia venerdì scorso quando, nella frenetica rincorsa dell’annuncio, Matteo Renzi sceglie la vetrina della direzione del Pd per anticipare imminenti provvedimenti sul credito”, ricorda. Notizia ripresa all’indomani dai principali quotidiani nazionali che, però, iniziano a diffondere anche i primi dettagli della riforma, studiata per le popolari con attivi superiori agli 8 miliardi, citando (in alcuni casi) “fonti dell’esecutivo”. C’è perfino l’indicazione della data prevista per il via libera. Quella del martedì successivo, quando il decreto sarà poi effettivamente varato dal Consiglio dei ministri.
Governo esposto - Per il M5S non ci sono dubbi: si tratta di una vera e propria fuga di notizie che, dopo il primo generico annuncio del premier (il venerdì) e le anticipazioni della stampa (il sabato), ha determinato alla riapertura dei mercati (il lunedì) l’impennata delle quotazioni azionarie dei dieci istituti di credito interessati dal provvedimento. “Vogliamo che la Consob indaghi per chiarire se, come sospettiamo, la turbativa del mercato innescata dalla divulgazione di quelle notizie configuri il reato di aggiotaggio”, spiega Barbanti. Avvertendo che, in caso di inerzia della Commissione presieduta da Giuseppe Vegas, non è escluso “un ulteriore esposto” alla Procura della Repubblica. “Anche un bambino – aggiunge – avrebbe potuto prevedere le ripercussionidi quelle dichiarazioni alla riapertura delle contrattazioni”. Quando, effettivamente, i titoli delle popolari destinatarie del decreto sono schizzati alle stelle. Come nel caso di Bpm che ha guadagnato il 14,89%, Ubi il 9,68%, Creval il 9,63%, Bper l’8,51%, Banco Popolare l’8,33% e Popolare di Sondrio l’8,06%. “Peraltro – aggiunge l’esponente del M5S – è davvero inspiegabile perché, di fronte all’evidente fuga di notizie del fine settimana, né il governo né la Consob abbiano ritenuto di intervenire per bloccare le contrattazioni sulle popolari prima della riapertura dei mercati di lunedì”.
Vigilare sul vigilante – Ma non finisce qui. Perché se dopo la presentazione dell’esposto Barbanti si aspetta che l’organo di vigilanza sulla borsa faccia chiarezza sull’accaduto, con un’interrogazione parlamentare in commissione Finanze alla Camera il deputato chiederà al ministero dell’Economia di verificare se la stessa Consob “abbia assunto tutte le azioni prescritte normativamente in particolar modo in materia di aggiotaggio”. Insomma, una richiesta all’esecutivo di vigilare sul vigilante. Non solo, il deputato del M5S solleva anche un’altra questione. Dal momento che la riforma delle popolari è stata adottata per decreto che cosa accadrebbe se, in sede di conversione, l’articolo che la introduce venisse soppresso o modificato? Domanda che nell’interrogazione viene riproposta al Mef, con l’invito a valutare l’opportunità di “assumere iniziative volte a bloccare e sanzionare ogni forma di vendita allo scoperto (vendita di azioni senza averne la proprietà, nella speranza di comprarle a un prezzo più basso prima di consegnarle al compratore, ndr) sulle banche popolari quotate”. Per scongiurare, conclude Barbanti “nuovi possibili attacchi speculativi sui titoli, stavolta al ribasso”.
Tutto all’Antitrust - Intanto, l’Adusbef guidata da Elio Lannutti, che sta collaborando con il M5S per redigere l’esposto, continua la sua battaglia contro la Consob. L’associazione dei consumatori ha addirittura dato vita a una petizione online suchange.org per chiedere al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, di abolirla trasferendone poteri e funzioni all’Antitrust. L’Adusbef denuncia nel testo come la vigilanza sulle banche sia ormai ridotta a uno “spezzatino” a quattro: “La Consob per l’attività finanziaria; la Banca d’Italia per quella strettamente bancaria; l’Ivass (ex Isvap) per le attività assicurative (che ormai, vista la massiccia diffusione di prodotti “misti”, è sempre più un mercato assicurativo-finanziario) e infine per la repressione delle condotte anticoncorrenziali l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato”. La petizione mira inoltre a scongiurare l’idea del governo di “assorbire le competenze della Consob in Banca d’Italia”. Meglio sarebbe, secondo l’associazione dei consumatori, trasferirle all’authority per la concorrenza che, si legge nel testo, “sin dalle origini nel 1990, ha rappresentato una felice eccezione nel desolante panorama delle autorità indipendenti italiane”.

Anomalie, mostri e mostriciattoli stanno smontando la Repubblica”. - Pancho Pardi



Tre ano­ma­lie
1) Le re­vi­sio­ni co­sti­tu­zio­na­li do­vreb­be­ro na­sce­re dal Par­la­men­to. Quel­la in corso è im­po­sta dal go­ver­no. 
2) La re­vi­sio­ne passa at­tra­ver­so un Par­la­men­to elet­to con una legge di cui sono già stati ac­cer­ta­ti pro­fi­li di in­co­sti­tu­zio­na­li­tà: do­vreb­be oc­cu­par­si di tutto meno che di cam­bia­re la Co­sti­tu­zio­ne. La Co­sti­tu­zio­ne do­vreb­be es­se­re cam­bia­ta solo da as­sem­blee elet­ti­ve elet­te con si­ste­ma pro­por­zio­na­le: pla­sma­te dal pre­mio di mag­gio­ran­za im­pon­go­no di fatto una Carta de­for­ma­ta dalla lo­gi­ca mag­gio­ri­ta­ria. 
3) Re­vi­sio­ne co­sti­tu­zio­na­le è solo quel­la in corso che de­clas­sa il Se­na­to. Ma i suoi ef­fet­ti sono in­ti­ma­men­te le­ga­ti alla mo­di­fi­ca della legge elet­to­ra­le. Que­sta non ha rango co­sti­tu­zio­na­le ma in­ci­de con forza sulla forma di go­ver­no e quin­di sul qua­dro isti­tu­zio­na­le. Nella si­tua­zio­ne ita­lia­na è im­pos­si­bi­le giu­di­ca­re se­pa­ra­ta­men­te ri­for­ma del Se­na­to e legge elet­to­ra­le. La prima raf­for­za gli ef­fet­ti della se­con­da.


Il mo­stri­ciat­to­lo. Dato e non con­ces­so che si do­ves­se pas­sa­re a un Se­na­to non elet­ti­vo, la so­lu­zio­ne scel­ta non po­te­va es­se­re peg­gio­re. 
Un Se­na­to for­ma­to da 95 sog­get­ti scel­ti dai con­si­gli re­gio­na­li (e 5 in­di­ca­ti dal capo dello Stato) è un’as­sem­blea di no­mi­na­ti che non rap­pre­sen­ta nem­me­no le Re­gio­ni ma solo i par­ti­ti di mag­gio­ran­za che le go­ver­na­no. I po­te­ri le­gi­sla­ti­vi at­tri­bui­ti a que­sto Se­na­to non elet­ti­vo (per­fi­no sulla Co­sti­tu­zio­ne) sono smi­su­ra­ti al con­fron­to con la sua con­si­sten­za ; ma in real­tà solo vir­tua­li. Si in­ven­ta il Se­na­to delle Re­gio­ni nello stes­so mo­men­to in cui la mo­di­fi­ca del Ti­to­lo V sot­trae alle re­gio­ni il go­ver­no del ter­ri­to­rio per con­se­gnar­lo al go­ver­no na­zio­na­le. Non stu­pi­sce che un Se­na­to così de­clas­sa­to sia for­ma­to solo da 100 sog­get­ti. Men­tre la Ca­me­ra resta di 630 de­pu­ta­ti. Mo­ti­vo sem­pli­ce. Al Se­na­to il pre­mio di mag­gio­ran­za non dà ri­sul­ta­ti certi; quin­di i se­na­to­ri po­te­va­no es­se­re mal­trat­ta­ti (essi del resto hanno con­tri­bui­to alla loro fine). Alla Ca­me­ra il pre­mio dà ef­fet­ti si­cu­ri e mas­sic­ci: i de­pu­ta­ti do­ve­va­no es­se­re te­nu­ti buoni.

Il mo­stro oli­gar­chi­co. Le nuova legge elet­to­ra­le man­tie­ne le so­glie di ac­ces­so anche se le ri­du­ce un po ’ per in­gra­ziar­si i pic­co­li par­ti­ti. Man­tie­ne un pre­mio in grado di tra­sfor­ma­re una mi­no­ran­za in mag­gio­ran­za. E per di più lo at­tri­bui­sce non a una coa­li­zio­ne ma alla lista che pren­de più voti. Quin­di non solo una mi­no­ran­za ma un solo par­ti­to potrà go­de­re di quel pre­mio. Circa i due terzi degli elet­ti non avran­no alcun rap­por­to di rap­pre­sen­tan­za con i cit­ta­di­ni vo­tan­ti ma sa­ran­no no­mi­na­ti dai ver­ti­ci dei loro par­ti­ti. Il voto dei cit­ta­di­ni non con­te­rà più nien­te e la Ca­me­ra sarà in preda a un’ar­bi­tra­ria oli­gar­chia. Il go­ver­no potrà pre­ten­de­re che i suoi pro­get­ti di legge siano vo­ta­ti entro ses­san­ta gior­ni: aula e com­mis­sio­ni par­la­men­ta­ri avran­no solo ruolo ser­vi­le. Tutto il po­te­re sarà del go­ver­no e in ul­ti­ma ana­li­si del suo capo. Dia­let­ti­ca de­mo­cra­ti­ca va­ni­fi­ca­ta. “La Co­sti­tu­zio­ne non dà a chi go­ver­na gli stru­men­ti per farlo” pa­ro­le di Ber­lu­sco­ni. Il Pd ha adot­ta­to il suo pro­gram­ma e, col suo aiuto di­ret­to, ha reso an­co­ra più in­ci­si­vo il po­te­re del go­ver­no sul Par­la­men­to.
La go­ver­na­bi­li­tà è tutto, la rap­pre­sen­tan­za po­li­ti­ca nulla. E i cit­ta­di­ni? I loro stru­men­ti di par­te­ci­pa­zio­ne di­ret­ta sono erosi: le firme ne­ces­sa­rie per la pre­sen­ta­zio­ne di leggi di ini­zia­ti­va po­po­la­re o per chie­de­re re­fe­ren­dum sono in­nal­za­te a cifre proi­bi­ti­ve. Quan­to tempo ci vorrà per­ché i cit­ta­di­ni che vo­ta­no Pd si ac­cor­ga­no che il loro par­ti­to sta smon­tan­do la loro Re­pub­bli­ca?