mercoledì 30 gennaio 2013

Marcello Dell’Utri e il saccheggio dei Girolamini. - Tomaso Montanari


Marcello Dell'Utri
Marcello Dell’Utri è indagato a Napoli per concorso in peculato nel saccheggio della Biblioteca dei Girolamini. Il che vuol dire che la Procura suppone che il senatore non abbia semplicemente comprato dei libri rubati, ma abbia pianificato i furti insieme al direttore saccheggiatore dei Girolamini Marino Massimo De Caro (detenuto a Poggioreale, in parte reo confesso e oggi a processo). Il senatore Dell’Utri ha dichiarato all’Adnkronos che il suo coinvolgimento sarebbe invece «una bufala, una balla assoluta».
Vediamo dunque i nudi fatti. Marino Massimo De Caro è stato socio al 50 % di Marco Jacopo Dell’Utri (figlio del senatore) nella società Mitra Energy Consulting. Ed era, fino all’arresto, segretario organizzativo del Buongoverno, componente del Pdl il cui presidente onorario è Marcello Dell’Utri.
Nel 2010 un Giancarlo Galan allora Ministro dell’Agricoltura nomina De Caro suo consigliere per le bioenergie, su richiesta di Marcello Dell’Utri, ex capo di Galan a Publitalia. «Gli devo tutto, non potevo dirgli di no», dirà poi Galan. Quando, nel marzo 2011, Galan passa ai Beni culturali, Dell’Utri gli chiede di portarsi dietro il consigliere De Caro. E come dirgli di no?
Nel giugno del 2011 la Congregazione dell’Oratorio che governa la Biblioteca (che è di proprietà pubblica: una delle 46 biblioteche statali d’Italia), nomina De Caro direttore «ad onta di ogni regola, e grazie all’influenza politica correlata all’incarico fiduciario di consigliere dell’ex ministro per i Beni e le attività culturali Gianfranco Galan» (così l’ordinanza del Gip di Napoli).
Nel novembre del 2011, il ministro per i Beni culturali del governo Monti, Lorenzo Ornaghi, conferma De Caro nel ruolo di consigliere: e lo fa «per insistenti pressioni di un uomo politico», come mi dirà in seguito uno strettissimo collaboratore di Ornaghi al Mibac.
Il 25 febbraio 2012 De Caro comunica a Dell’Utri (allora momentaneamente espatriato in America Latina, in attesa del verdetto della Cassazione sui suoi rapporti con la mafia) che i senatori del Buongoverno hanno presentato un subemendamento per esentare dall’Imu gli edifici storici di proprietà della Chiesa. Il consigliere De Caro può anche riferire al senatore che il ministro Ornaghi «è contentissimo». Memorabile il commento di Dell’Utri che, con un piede nella latitanza, benedice l’operazione: «È cosa di giustizia, sottoscrivo». Si apprenderà poi che esattamente una settimana prima di quella conversazione un’ispezione ministeriale ai Girolamini era stata disposta, ma anche subito insabbiata.
Quando, nel marzo del 2012, scopro che De Caro sta saccheggiando la biblioteca e lo denuncio sul Fatto (30 marzo), il direttore-saccheggiatore reagisce con una serie di interviste a raffica al «Mattino» di Napoli, allora diretto dal figlio della sorella di Marcello Dell’Utri.
Quando, poco dopo, Francesco Caglioti (che, come me, insegna storia dell’arte alla Federico II di Napoli) scrive un appello che chiede l’allontanamento di De Caro dai Girolamini e dal Mibac, due senatori del Buongoverno di Dell’Utri (si chiamano Palmizio e Piscitelli) presentano un’interrogazione al ministro dell’Università per chiedere se io e il mio collega facciamo il nostro dovere, e se questo nostro impegno per i Girolamini «si riconduca allo svolgimento delle normali attività accademiche loro imposte dalla legge e se – soprattutto – non rischi di gettare discredito sulle istituzioni accademiche».
Nelle prime fasi dell’inchiesta, poi, De Caro riesce ad impedire la perquisizione di un appartamento romano (in Via Crispi) a lui collegato, sostenendo che, essendo utilizzato dal senatore Dell’Utri, sarebbe stato coperto dall’immunità parlamentare. E d’altra parte, nelle intercettazioni telefoniche della collaboratrice di Dell’Utri (Maria Grazia Cerone, anch’essa indagata) si legge: «Sinceramente la roba è tanta, la roba è tanta, eh… Tante scatole, perciò è impossibile portarle via».
Infine, lo stesso Dell’Utri ha restituito alla Procura di Napoli alcuni libri (tra i quali cimeli del valore di milioni di euro) dei Girolamini: dichiarando di non aver mai saputo che provenissero dalla biblioteca diretta dal suo braccio destro. Leggendo questi fatti ciascuno può farsi un’idea di quale sia la ‘balla assoluta’ e quale sia la verità. Una verità che speriamo diventi presto anche una verità processuale.

Regioni, in Lombardia indagati per peculato i capigruppo di Pd, Sel, Udc e Idv.


Regioni, in Lombardia indagati per peculato i capigruppo di Pd, Sel, Udc e Idv


Sotto accusa per le presunte "spese pazze" anche il consigliere dei Pensionati. Ma gli inviti a comparire in totale sono 29. Zamponi (Italia dei Valori): "E' un atto doveroso". Ambrosoli: "Non faremo sconti a nessuno".

I capigruppo di PdSel, IdvUdc e Pensionati del consiglio regionale della Lombardia sono indagati per peculato nell’inchiesta sulle presunte “spese pazze” effettuate coi rimborsi. Si tratta di Luca Gaffuri (Pd), Chiara Cremonesi (Sel), Stefano Zamponi (Idv), Elisabetta Fatuzzo (Pensionati), Gianmarco Quadrini (Udc). Sono 29 gli inviti a comparire che i finanzieri stanno notificando in queste ore ad altrettanti consiglieri dell’opposizione in Regione. L’inchiesta coinvolge anche 62 consiglieri della maggioranza, alcuni dei quali si sono recati in Procura nei giorni scorsi per cercare di chiarire la loro posizione.
“Quello della magistratura – sosteneva in mattinata il capogruppo dell’Italia dei Valori Zamponi – è un atto doveroso oltre che dovuto, quando si gestisce denaro pubblico bisogna essere pronti a fornire tutti i chiarimenti del caso. Sarebbe stato ingiusto si questi fossero stati chiesti solo alla maggioranza e non anche alla minoranza. Noi siamo stati disponibili, fin da subito a mostrare tutta la nostra documentazione contabile, prima alla stampa e poi alla magistratura”.
Stesso concetto espresso dal democratico Gaffuri. “È giusto – aveva spiegato ieri sera – che la magistratura approfondisca e verifichi i conti dei gruppi consiliari e quindi anche quelli dell’opposizione. Ribadiamo dunque la fiducia nel lavoro degli inquirenti e garantiamo la piena disponibilità a chiarire ogni aspetto della nostra attività e dei nostri bilanci. Teniamo a ribadire che nella nostra contabilità i rimborsi diretti ai consiglieri sono meno del due per cento del bilancio del gruppo. Il resto sono attività di funzionamento, di comunicazione e per il personale. Siamo certi di poter dimostrare di aver utilizzato le risorse a nostra disposizione per l’attività politico istituzionale: nella nostra documentazione non si troveranno spese per cartucce da caccia o per banchetti di nozze”.
Per contro il candidato del centrosinistra alla guida della Regione Umberto Ambrosoli aveva spiegato che i consiglieri che arriveranno a processo dovranno dimettersi. Da un lato, infatti, l’avvocato precisa che non farà sconti a nessuno, perché, ha spiegato, “nel momento in cui ci si trova di fronte a comportamenti illeciti, bisogna reagire senza nessuna differenza, quale ne sia il valore”; dall’altro, invece, Ambrosoli chiama in causa i distinguo del caso, invitando PdL e Lega, a “non sfregarsi le mani dicendo ‘mal comune, mezzo gaudio’”. “Sappiamo che c’è una differenza incredibile – ha spiegato Ambrosoli – tra le ipotesi al vaglio della magistratura per i partiti del centro sinistra e quelle di pranzi di nozze e cartucce per la caccia di PdL e Lega, ma io di questo non mi accontento. Io non mi fermo sulla differenza, seppur fortissima; io voglio prevenire, altrimenti continueremo ad arrivare dopo che i problemi si sono verificati. Se vogliamo cambiare, dobbiamo farlo partendo da questo punto di vista”.

Commissione d'inchiesta per il Monte dei Paschi di Siena.


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Nel 1995 viene privatizzato il Monte dei Paschi di Siena, chi comanda è la Fondazione MPS (55%) attraverso i rappresentanti del Comune, presenti con membri quasi tutti di area pd, che dal dopoguerra governa la città (8 nominati dal Comune, 5 dalla Provincia, uno da Regione, Unisi e Diocesi). La Fondazione vive solo di dividendi e le sue quote sono vendute nel tempo a vari personaggi come Caltagirone e Gnutti. Per remunerare gli azionisti MPS comincia a vendere le sue proprietà, tra cui le partecipazioni bancarie (San Paolo,Generali), intere banche come la Cassa di Risparmio di Prato e gli immobili (tenuta di Fontanafredda, palazzi Monte Mario a Roma) che remunerano i nuovi azionisti ma sono in realtà frutto del risparmio di secoli dei senesi. MPS viene spolpata. La sinistra ha compiuto la sua missione di consegnare una banca pubblica che funzionava dal 1500 alla Borsa e alla speculazione. Il valore di MPS prima della privatizzazione era di circa 20miliardi di euro, oggi ne vale meno di 2 e ogni giorno il suo titolo diminuisce.
Oggi 10.000 dipendenti rischiano il posto di lavoro. La giunta comunale Ceccuzzi è caduta. La Fondazione non ha più la maggioranza delle azioni (ha dovuto venderle) e si prospetta la nazionalizzazione e il licenziamento di forse 10.000 persone.
Storia di un saccheggio
- Banco Santander compra Antonveneta per 6, 6 miliardi di euro
- Banco Santander si accorge di aver fatto un pessimo affare, scorpora Interbanca da Antonveneta, valutata 1,6 miliardi, e cerca un compratore, il valore della banca reale è di circa 3 miliardi
- Monte dei Paschi compra Antoveneta per 10,3 miliardi pochi mesi dopo
- MPS si accolla anche il passivo di Antoveneta per 7,9 miliardi
- MPS valeva all’epoca 9 miliardi e compra Antoveneta che ha metà dei suoi sportelli (1.000 contro 2.000) per una cifra, 10,3 miliardi, superiore allo stesso valore di MPS
- MPS non ha 10,3 miliardi, quindi si indebita, il titolo crolla
- Per questa operazione il presidente di MPS Mussari (ex presidente anche della Fondazione MPS) viene premiato con la presidenza dell’ABI senza che nessun partito o organo di vigilanza si opponga
- La procura della Repubblica di Siena apre un’inchiesta sull’enorme minusvalenza dell’operazione Antonveneta. Pari circa a circa 14 miliardi di euro, 28.000 miliardi delle vecchie lire, una finanziaria, uno scandalo che rischia di far impallidire la Parmalat
- La Fondazione MPS, azionista di maggioranza di MPS, indica all'assemblea dei soci della banca la nomina di Alessandro Profumo alla carica di presidente. Profumo ex ad di Unicredit èrinviato a giudizio al tribunale di Milano con l'accusa di frode fiscale
- Profumo punta subito sulla riduzione del personale pari a 4.300 senza avviare una causa come MPS contro i responsabili del disastro
- La Fondazione deve vendere parte della sua proprietà azionaria di MPS e passa dal 55% al 35%
- Per evitare il fallimento di MPS Monti eroga un prestito di 3,9 miliardi, cifra equivalente alla Imu sulla prima casa
- Grillo parla di "buco" di 14 miliardi all'assemblea degli azionisti del 25 gennaio 2013, il buco a cui si riferisce era la sottrazione di valore attraverso le operazioni legate ad Antonveneta
- Lunedì 28 gennaio 2013 i pm che indagano sull'affare Antonveneta scoprono bonifici internazionali per 17 miliardi
- Subito dopo emergono somme rilevanti che sarebbero rientrate in Italia con lo Scudo Fiscale voluto dal Pdl e approvato grazie all'assenza in aula di molti deputati del pdmenoelle
Di fronte a questo colossale furto ai danni degli italiani, il cui conteggio finale non è forse ancora concluso, chiedo:
- la verifica dei patrimoni dei segretari del pd e di tutti i nominati nella fondazione MPS dal comune di Siena, della Provincia di Siena, della Regione Toscana dal 1995
- la pubblicazione dei nomi di tutti coloro che hanno goduto dello Scudo Fiscale con l'ammontare degli importi rientrati in Italia
- le dimissioni immediate di Bersani da segretario del pd
Il M5S chiederà l'istituzione di una commissione d'inchiesta su MPS al suo ingresso in Parlamento.

MPS fa impallidire non solo Parmalat, ma anche il fallimento del Banco Ambrosiano, dietro a questo colossale saccheggio, come avvenne allora, ci può essere di tutto. Craxi, in confronto, rubava le caramelle ai bambini.

A CAGLIARI – Produzione di auto ad aria compressa.


LA MINI VETTURA AD ARIA COMPRESSA SI CHIAMA AIRPOD
Costerà 7000 euro, raggiungerà la velocità massima di 80 km all’ora Non avrà volante ma un joystick che consentirà di parcheggiarla in verticale.«Metti l’ aria nel serbatoio dell’ auto». Sarà probabilmente una frase del genere che ci sentiremo dire dalla metà del 2013, data in cui sarà commercializzata la : la AirPod prodotta dalla Motor Development International (Mdi) in partnership con Tata Motors, super leggera ed alimentata ad aria appunto; 7 Kw per una velocità massima di 80 km/h e presentata ieri nell’area portuale di Cagliari. Costerà 7000 euro e il primo modello ad arrivare sarà una city car, seguito poi da una gamma infinita di modelli, dalla berlina da famiglia alla vetturetta per 14enni al bus, passando per il veicolo commerciale, il trattore e il container. Non manca nulla, perfino un motore da attaccare a casa ad una presa di corrente per usarlo come generatore in caso di emergenza.