martedì 13 dicembre 2011

Da Berlusconi a Monti. Dal potere della destra alla... destra al potere


Da Berlusconi a Monti. Dal potere della destra alla... destra al potere


Strano interludio quello che vive l’Italia in questi mesi di profonda crisi recessiva. Si è passati dal Ventennio, brevemente interrotto in due fasi, del potere della destra eversiva e anticostituzionale alla Destra, quella vera, dalla “faccia pulita” al potere. La differenza più evidente è, al momento, la capacità professionale e tecnocratica dei membri del governo Monti rispetto all’improntitudine, la cosciente complicità nei conflitti d’interesse del “Capo”, che esprimevano i componenti della “Banda Berlusconi & C.”. Per il resto la musica che si comincia a sentire, ascoltandola da fuori Palazzo Chigi, sembra la stessa: una Sinfonia incompiuta con andante sostenuto in “tasse maggiori” per violino e orchestra!
 
La luna di miele tra il “salvatore della Patria” Monti e l’opinione pubblica potrebbe in queste ore trasformarsi nell’ennesimo risveglio amaro: dopo qualche centinaio di miliardi di tagli e tassazioni variamente disseminati dal governo Berlusconi negli ultimi tre anni, ecco che anche il “governo dell’impegno nazionale”, come si è autodefinito, ricalca lo stesso spartito dell’inasprimento fiscale verso chi tasse, accise, prelievi forzosi e contributi una tantum, li sta pagando da ben 19 anni al solo scopo di “non far saltare il banco” dei conti pubblici, ma senza mai vedere dove, come e per quali scopi, questo “sangue” gli è stato prelevato dalla notte al giorno.
 
Un economista liberale nel senso storico e filosofico della parola, come il professor Alessandro De Nicola, presidente dell’Adam Smith Society, fautore della creazione dei Tea Party anche in Italia (l’ala iperliberista dei Repubblicani americani, anti-Obama), commentatore abituale del settimanale di sinistra “L’Espresso” edocente a quella Università Bocconi di cui Monti è stato anche Rettore, ha criticato dal suo punto di vista di “liberale puro” le anticipazioni sulla manovra “lacrime e sangue” del governo, proprio perché basata su l’inasprimento della tasse sui “soliti noti”, scegliendo una politica recessiva e non di incentivi alla ripresa. Certo, per De Nicola sarebbe meglio che venissero ridotte le spese pubbliche di uno “stato sprecone”, troppo ingombrante, che blocca qualsiasi tipo di concorrenzialità, ma in questa fase è preferibile per lui una scelta di stampo Keynesiano, a quella iperliberista che aleggia sulle decisioni montiane, proprio per alimentare la ripresa, incentivare lo sviluppo e i consumi, anziché far precipitare il paese nella “depressione” o addirittura nella “stagflazione”.
 
- L’aumento di 2 punti percentuali dell’IRPEF per i redditi del ceto medio produttivo, che solo nominalmente viene tassato del 41 e 43%, ma che in realtà subisce già un prelievo con le addizionali regionali e comunali del 50%, significa succhiare il sangue ad una fascia di popolazione estesa che regge i consumi, risparmia e sostiene i costi indiretti del welfare state, dal momento che con le proprie forze assiste i familiari più anziani malati cronici, si sobbarca le spese scolastiche sempre più esose e sostituisce lo stato nel dare una casa e un “salario minimo garantito” ai milioni di giovani figli disoccupati.
 
- Tagliare le spese alla Sanità, reintroducendo i ticket è, poi, una manovra classista che strangola i più deboli e bisognosi, azzera la competitività delle “eccellenze” pubbliche e favorisce le “spese indirette” verso le cliniche private.
 
- Passiamo quindi alla reintroduzione leggera o meno dell’ICI sulla prima casa (sulla falsariga del governo Prodi?) e della Super-ICI sulle seconde e terze case. Non è una mini-patrimoniale, ma un’altra misura depressiva: diminuirà il costo delle abitazioni, si bloccherà il mercato degli affitti, delle compravendite e delle costruzioni. Soprattutto pagheranno ancora i ceti medi e non solo, dipendenti e pensionati.
Dove è la tanto decantata equità?
 
- Forse la tassa sullo stazionamento delle barche?
Solo fumo negli occhi, per addolcire a sinistra la stangatina sulle pensioni di anzianità. Ormai sono milioni gli italiani che hanno una piccola imbarcazione ormeggiata, il più delle volte regolarmente denunciata e di modeste proporzioni. Poi, certo, ci sono quelle grandi, di lusso, che spesso battono bandiere “offshore”, intestate a società di comodo o in leasing. Queste potranno anche pagare la tassa sullo stazionamento in porto, ma tanto le spesse verranno “scaricate” nelle detrazioni fiscali delle società, appunto. E non servirà, comunque, a scovare evasori o elusori fiscali. Perché allora non tassare anche i proprietari di auto sportive, SUV e di marche di pregio, incrociando i loro dati con quelli dell’anagrafe tributaria?
 
- E le misure patrimoniali come l’armonizzazione del prelievo fiscale su tutte le rendite finanziarie, che da sola potrebbe portare subito alcuni miliardi?
 
- E la riapertura delle indagini sui “capitali scudati” dal duo Berlusconi/Tremonti, che avrebbe fatto recuperare alcune decine di miliardi dai conti svizzeri degli italiani “fedifraghi”, come hanno fatto tedeschi ed inglesi imponendo la collaborazione delle banche elvetiche?
 
Si può andare avanti con altre misure improntate all’equità e al rispetto delle fasce sociali, suggerite dai “liberal” alla De Nicola o anche più "sociali" elaborate dai sindacati come la CGIL, per non tartassare sempre coloro che da quasi 20 anni hanno pagato tutto e subito. Ci fermiamo qui, in attesa che SuperMario parli alla Nazione dalla tribuna televisiva della “Terza Camera”, quel Porta a Porta, berlusconizzato programma, utilizzato durante il regime del Cavaliere per fare da cassa di risonanza delle sue gesta e alla sua controrivoluzione culturale.
 
Resta però il pericolo per il centrosinistra di dover accettare una manovra del genere, contro quei settori che invece dovrebbe rappresentare e che ovviamente gli volteranno le spalle; mentre da parte di Berlusconi e soci, dopo alcuni sbraiti mediatici, propagandistici, non sembrerà vero che proprio il “tecnico” Monti, sostenuto anche dal PD, faccia il “lavoro sporco”, che Berlusconi stesso non avrebbe mai potuto permettersi: salvando i suoi tanti conflitti di interesse e  difendendo le rendite finanziarie sue e dei suoi accoliti.
 
Per il PD ci sarebbe un esito esiziale, un'anticamera della scissione, con una parte degli ex-democristiani (Fioroni e Marini, ma anche Letta) e veltroniani insieme alla sparuta pattuglia dei "liberaldemocraitci" di Ichino e Bianco  a difendere "sic et nunc" qualsiasi manovra recessiva di Monti, in nome de "E' l'Europa che lo vuole!". Si ingrosserebbero le fila della sinistra radicale, da SEL agli "Indignati", ai "grillini" e a Rifondazione; così come trarrebbe nuova linfa vitale il "giustizialismo sociale" di Di Pietro. Comunque, tutto l'arco del centrosinistra perderebbe il suo appeal, che attualmente aveva nei sondaggi di opinione.
 
E così il rischio vero è che proprio il Mago di Arcore potrebbe  uscire trionfante da questa “sospensione della democrazia”, riprendendosi parte dei consensi persi in questi tre anni di “non-governo” e di scandali “al pepe rosa”.


Tremonti, D’Alema, Letta e gli altri Tutti gli sponsorizzati di Finmeccanica. - di Marco Lillo



Quasi due milioni di euro in sponsor a giornali e fondazioni. Così Lorenzo Borgogni si dedicava ai rapporti istituzionali del colosso della difesa. Ecco la lista completa dei beneficiati.



L'ex presidente di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini
Decine di associazioni, spesso legate ai politici, che ricevono complessivamente da Finmeccanica un milione e 856 mila euro. L’elenco è stato consegnato da Lorenzo Borgogni ai pm napoletani Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, che indagano su un filone diverso: la presunta corruzione internazionale all’ombra delle commesse estere del colosso della difesa. I rumors sulla lista sono montati ancor di più dopo le dichiarazioni, rilasciate al Fatto e rilanciate recentemente in tv, di Aldo Di Biagio, un finiano eletto nel 2008 con il Pdl, che ha confidato di avere ricevuto un’offerta da parte di un collega che gli proponeva – in cambio dell’abbandono di Fini – una donazione di Finmeccanica per una sua fondazione. Un racconto ovviamente tutto da riscontrare.

La lista consegnata ai pm napoletani ci dice che i contributi e le sponsorizzazioni alle fondazioni dei politici esistono, ma sono di importi minori e bisogna evitare le generalizzazioni. Accanto a fondazioni e giornali sconosciuti ci sono nomi di associazioni e riviste prestigiose come l’Accademia dei Lincei, Limes e Micromega. Molte fondazioni poi vantano una missione (magari non condivisibile) e una storia decennale. Spesso sono guidate e presiedute dagli stessi nomi illustri come Gianni Letta e Giuliano Amato o Giulio Tremonti.

Gli importi possono far sorridere rispetto al fatturato di Finmeccanica, eppure la lista è utile per disegnare la mappa delle relazioni e la lobby del gruppo. E forse anche per dare un senso all’incredibile tenuta del duo Guarguaglini-Borgogni nonostante le inchieste. L’elenco è composto di quattro tabelle e comprende le spese per le associazioni (per un totale di 474 mila euro); le spese promozionali per la pubblicità sulle testate più diverse, per un totale di 668 mila euro, i progetti condivisi con la stampa per 469 mila euro e infine le sponsorizzazioni per gli eventi per 245 mila euro.

DOCUMENTO: LA LISTA DEI BENEFICIATI DA FINMECCANICA

Nella prima tabella, quella dei soldi alle associazioni, non poteva mancare un contributo di 25 mila euro alla famigerata Trilateral commission, della quale fanno parte pochi italiani (da Mario Monti Pierfrancesco Guarguaglini, da Marco Tronchetti Provera a Enrico Letta) al centro di molte teorie complottistiche. Un altro think tank atlantico, l’Istituto per gli Affari Internazionali di Stefano Silvestri, ha ottenuto 26 mila euro; all’Aspen Institute, presieduto da Giulio Tremonti e che aveva come segretario il futuro membro del Governo Monti, Marta Dassù, sono andati 35 mila euro più 12 mila e 500 impegnati per la rivista Aspenia. Alla prestigiosa Accademia dei Lincei sono andati solo 5 mila euro mentre l’Associazione amici del Gonfalone ha potuto contare su 20 mila euro più altri 40 mila per la pubblicità. Chissà se c’entra la presenza nel suo comitato direttivo di Lorenzo Borgogni, ancora oggi sul sito internet accanto all’ingegnere della Cricca: Angelo Balducci.

Civita, associazione bipartisan con presidente Antonio Maccanico e presidente onorario Gianni Letta, ha ricevuto 22 mila euro. Meno nota la Fondazione Foedus di Mario Baccini alla quale, da budget 2011, dovrebbero andare ben 25 mila euro. Speriamo servano a rilanciare la sua attività che – almeno stando al sito è da anni in fase di stanca. Al Comitato Leonardo che ha premiato nel 2008 Pierfrancesco Guarguaglini, l’ingrata Finmeccanica ha destinato solo 2 mila e 500 euro. Poi ci sono 20 mila euro per il Comitato Atlantico Italiano che “svolge da oltre cinquanta anni attività di studio sui temi di politica estera … relativi all’Alleanza Atlantica” e che è presieduto da Enrico La Loggia del Pdl. Altri 25 mila euro sono andati al Centro Studi Americani, presieduto da Giuliano Amato e la stessa cifra è andata alla Fondazione Magna Carta del vicepresidente del gruppo del Pdl al senato Gaetano Quagliariello.

Le sponsorizzazioni sono molte di meno, ma più ricche. Per il Cestudis, Centro Studi sicurezza diretto dal parlamentare del Pdl ed ex generale Luigi Ramponi, Finmeccanica ha messo a budget 40 mila euro. Altri 70 mila sono andati al Bogheri Melody 2011, che si è tenuto questa estate nel borgo natio di Guarguaglini, Castagneto Carducci. Tra le pubblicità (già oggetto di un precedente articolo del Fatto) spunta l’immancabile rivista della Fondazione presieduta da Massimo D’Alema, Italianieuropei, con un budget stanziato nell’era Borgogni-Guarguaglini pari a 50 mila euro; meno degli 83 mila euro destinati a Specchio economico e ai 110 mila euro previsti per E’Italiausa, una pubblicazione semisconosciuta fondamentale per Finmeccanica: riceve lo stanziamento più grande ed è edita dalla Italplanet di Domenico Calabria.

Alla rivista delle Formiche, fondata da Marco Follini, vanno 30 mila euro. A Limes vanno 27 mila e a Micromega 12 mila euro (come per le altre risultano a budget, ma la rivista li ha rifiutati dopo la pubblicazione delle notizie sullo scandalo Finmeccanica ndr). Nella lista troviamo anche Tempi di Luigi Amicone (10 mila euro), l’andreottiano Trenta giorni (18 mila euro) e persino San Francesco Patrono d’Italia, con 50 mila euro. Tra i progetti condivisi, a spese di Finmeccanica, si segnala invece l’Arel, che ha come segretario generale Enrico Letta, con un budget di 10 mila e 500 euro, e Il Riformista, quotidiano diretto da Emanuele Macaluso e vicino al Pd, con 45 mila euro. C’è anche Astrid, presieduta dall’ex ministro di centrosinistra Franco Bassanini con un misero stanziamento di 5 mila. Mentre più consistente (60 mila euro) è la cifra impegnata a budget per il progetto comune con la società So. Ge. Si., della moglie di Luigi Martini, presidente Enav, ex parlamentare di An, indagato nel caso Finmeccanica a Roma proprio insieme a Lorenzo Borgogni. Per altri progetti comuni.

riforma vitalizi: Pirovano (Lega Nord) si dimette da deputato per garantirsi il vitalizio.






Basta doppio incarico. Dopo aver resistito per anni finanche alle sentenze della corte costituzionale in merito alla incompatibilità del doppio incarico di parlamentare e presidente di Provincia, Ettore Pirovano della Lega Nord rassegna le dimissioni da deputato e d' ora in avanti si dedicherà in esclusiva al ruolo di presidente della Provincia.
L' esponente leghista, diventato suo malgrado famoso quando  riuscì ad essere contemporaneamente a Bergamo e votare in Parlamento a Roma, gioca d' anticipo rispetto alla pronuncia della Giunta per le elezioni della Camera sulla incompatibilità tra le due cariche.«Ho scelto la Provincia, non voglio dare uno schiaffo a chi mi ha eletto» (un'ammissione quindi che alla Camera ci è finito per sbaglio, mica è stato eletto!).
Ma la vera motivazione è ben altra.
Perchè Pirovano ha lasciato in fretta e furia la poltrona di Montecitorio, dopo essere restato incollato per anni malgrado le sentenze anche della corte costituzionale, senza aspettare la pronuncia della Giunta? Pirovano, quattro legislature alle spalle prima da senatore e poi da deputato, non vuol rischiare di mettere in discussione il suo lauto vitalizio: gli uffici di presidenza di Camera e Senato sembrano intenzionati a modificare, a partire dal 1 gennaio 2012, il meccanismo retributivo dei vitalizi.
Le dimissioni di massa dei deputati in procinto di pensione non ci sono state.
Ma meglio non rischiare, avrà pensato il deputato leghista. Dopo meno di 18 anni di "duro lavoro" in parlamento, avrà pur diritto ad un bel lauto vitalizio padano a carico degli italiani. O no?



http://isegretidellacasta.blogspot.com/2011/12/riforma-vitalizi-pirovano-lega-nord-si.html