venerdì 19 ottobre 2012

Troppo carina...



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Satira feroce.



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COBRA CAT.




Caricato da  in data 10/nov/2011

Differenze di comportamento.



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Ironizzando...

Foto: Prestazioni speciali...
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Anticorruzione, fatta per non funzionare. Beatrice Borromeo a ‘Presa di posizione’.



Ora che la legge anticorruzione ha incassato la fiducia al Senato, c’è da chiedersi se ilprovvedimento sia soltanto inutile o addirittura dannoso, come ha spiegato ilConsiglio Superiore della Magistratura. Analizziamo la legge sotto tre punti: quello che c’è, quello che manca e quello che verrà. Alla presenza di una concussione per induzione, definitiva “gentile”, un regalo che inciderà su processi noti, non sono stati invece proposti il reinserimento del reato di falso in bilancio e l'’autoriciclaggio. Mentre il ministro della GiustiziaPaola Severino, ha promesso che si occuperà dell’incandidabilità dei condannati con pena definitiva superiore ai 2 anni di reclusione. Per ora dei 21 condannati che siedono in Parlamento, quelli che non sarebbero ricandidabili sono soltanto 3. A ‘Presa di posizione’, l’analisi di Beatrice Borromeo, firma de Il Fatto Quotidiano (riprese e montaggio PaoloDimalioSamuele Orinielaborazione grafica Pierpaolo Balani)

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/10/19/anticorruzione-nata-funzionare-presa-posizione-lanalisi-beatrice-borromeo/207984/

Csm "stronca" il ddl anticorruzione: passo indietro incoerente.



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"Repubblica" pubblica il parere: il documento sarà votato lunedì. 'Si rischia che il sistema lavori a vuoto'.

Roma, 19 ott. (TMNews) - Il Csm stronca il ddl anti corruzione in un parere di otto pagine che lunedì sarà votato dalla commissione riforme. In un documento che "Repubblica" rende noto il Consiglio superiore della magistratura critica punto per punto il provvedimento del governo a cominciare dalla riforma delle pene per il reato di corruzione che, si legge, comporta un "rischio di far lavorare a vuoto il sistema". Nel documento, inoltre, si parla di "un passo indietro incoerente" sulla concussione per induzione a causa delle pene troppo lievi.
L'avvertimento lanciato dal Csm è netto: "Sembra opportuno porre in evidenza il grave rischio di avviare riforme di diritto sostanziale, inserite nell'attuale metodo di calcolo della prescrizione dei reati, che possono far lavorare a vuoto il sistema".
Il documento del Csm giudica poi troppo basse le pene per la concussione per induzione, "con una sanzione edittale sensibilmente inferiore a quella fino ad oggi applicata" cosa che "costituisce un arretramento particolarmente significativo nell'attività di contrasto di un comportamento che oggi risulta essere la forma statisticamente più diffusa di integrazione del reato di concussione", inoltre si offre "un segnale simbolico incoerente con le intenzioni che animano l'impianto complessivo delle modifiche proposte".
Questi pseudo-dotti stanno dimostrando di non conoscere la nostra Costituzione e di fare "troppo" gli interessi dei parlamentari ai quali si stanno adeguando.
Cetta.

'Da assumere 145 operai Fiom', respinto ricorso della Fiat.


Corte d'appello di Roma dà ragione a organismo sindacale sulle assunzioni a Pomigliano d'Arco.

La Corte d'appello di Roma ha dato ragione alla Fiom sulla assunzione di 145 lavoratori iscritti al sindacato dei metalmeccanici Cgil nello stabilimento della Fiat di Pomigliano D'Arco. Lo fa sapere la Fiom.

Lo scorso 21 giugno il Tribunale di Roma aveva condannato la Fiat per discriminazioni contro la Fiom a Pomigliano disponendo che 145 lavoratori con la tessera del sindacato di Maurizio Landini venissero assunti nella fabbrica. Alla data della costituzione in giudizio alla fine di maggio su 2.093 assunti da Fabbrica Italia Pomigliano nessuno risultava iscritto alla Fiom. Ad agosto la Corte d'appello aveva giudicato "inammissibile" la richiesta della Fiat di sospendere l'ordinanza di assunzione per i 145 iscritti alla Fiom riconoscendo una discriminazione ai danni del sindacato nelle riassunzioni dei dipendenti dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco.

"Una buona notizia". E' il commento della leader della Cgil, Susanna Camusso sulla decisione della Corte d 'Appello di Roma che ha dato ragione alla Fiom sull'assunzione dei 145 lavoratori di Pomigliano. Camusso conclude oggi gli Stati Generali della Cgil lombarda.

BONANNI, NO CHIUSURE ITALIA, IL 29 NUOVO INCONTRO CON MARCHIONNE
 - "Marchionne ci ha assicurato che nessuna fabbrica chiuderà in Italia. Ci incontreremo di nuovo il prossimo 29 ottobre", un incontro per esaminare "il programma che la Fiat intende portare avanti opificio per opificio". Così il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, nel corso della conferenza stampa tenuta stamani a Salerno prima dell'inizio dei lavori del consiglio generale della Cisl Campania. "Il fatto che la Fiat non chiuda in Italia - ha detto Bonanni - per noi è un fatto positivo".
Secondo Bonanni la mancata chiusura di stabilimenti Fiat in Italia è un fatto positivo "alla luce anche delle notizie che giungono da altre fabbriche costruttrici di automobili europee che chiuderanno parecchi opifici nel continente. Ritengo - ha concluso - che in questo momento bisogna lavorare molto di più sui fronti dell'innovazione e della ricerca".


Ma è naturale, lo sancisce l'art. 3 della Costituzione:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

Marchionne andrebbe condannato per mancato rispetto della Costituzione o, quantomeno, esonerato dall'incarico di condurre un'azienda italiana che è soggetta al rispetto delle leggi italiane.
Cetta.

Telecom, i manager degli scandali sono costati 110 milioni. Ne offrono solo 2,5. -. Giorgio Faunieri


Telecom, i manager degli scandali sono costati 110 milioni. Ne offrono solo 2,5


Nuove armi per i piccoli azionisti e i dipendenti dell'ex monopolista delle telecomunicazioni in rivolta contro la gestione Bernabé, che era pronta ad accettare la proposta transattiva dei responsabili delle vicende legate al dossieraggio e alle sim false, giudicandola non "meramente simbolica". I conteggi sono stati pubblicati su richiesta della Consob a sole 17 ore dal via dell'assemblea che deve decidere sull'azione di responsabilità. Chiamata in causa anche la Procura.

Ottenuto il conto complessivo dei danni causati a Telecom Italia dagli scandali della gestione Tronchetti Provera, i piccoli azionisti della società in rivolta contro il colpo di spugna in arrivo sulle responsabilità degli ex manager, alzano il tiro e chiamano in causa anche la Procura di Milano. E, anche alla luce della recente iscrizione del numero uno della Pirelli nel registro degli indagati per ricettazione sempre nell’ambito dell’attività di dossieraggio operato dall’allora Security di Telecom, chiedono al presidente Franco Bernabè anche un passo indietro sulla mancata azione di responsabilità nei confronti di Marco Tronchetti Provera.
I tentativi del gruppo di telecomunicazioni  di mettere la sordina all’assemblea straordinaria in calendario per oggi pomeriggio stanno così fallendo. A fare da sponda a piccoli azionisti e dipendenti della società che stanno pagando sulla loro pelle il conto dei danni del passato, nei giorni scorsi è addirittura scesa in campo la Consob per obbligare l’attuale management dell’ex monopolista telefonico a fare maggiore chiarezza sui suoi ex amministratori, Carlo Buora e Riccardo Ruggiero e consentire così agli azionisti di decidere con maggior cognizione di causa, conti alla mano, se procedere o meno nei loro confronti con un’azione di responsabilità per gli scandali della gestione Tronchetti Provera.
A sole 17 ore dall’inizio dell’assemblea l’attuale numero uno, Franco Bernabè, ha fatto caricare sul sito di Telecom due documenti: uno con i compensi dei due ex manager e le spese sostenute dalla società per far fronte alle accuse di spionaggio e di aver venduto sim false; l’altro con un chiarimento sulla posizione della società rispetto alle ultime accuse della Procura di Milano verso l’ex presidente Tronchetti Provera e nei confronti di altri due dirigenti coinvolti negli scandali, Massimo Castelli e Luca Luciani.
Quest’ultimo, che ha replicato la truffa delle sim false anche in Brasile, è colui secondo il quale Napoleone a Waterloo avrebbe riportato una brillante vittoria. Castelli e Luciani, le cui posizioni non sono all’ordine del giorno dell’assemblea odierna, rischiano ora seriamente di finire nell’occhio del ciclone, come chiesto ormai da mesi da Asati, l’associazione dei piccoli azionisti Telecom.
Nel dettaglio i documenti pubblicati ieri sera rivelano che “i costi per consulenze e prestazioni professionali associati a operazioni illecite indicate nella richiesta di rinvio a giudizio in data 21 novembre 2008, sono pari a circa 7 milioni”. A questi vanno aggiunti “ulteriori costi per consulenze e prestazioni professionali non supportati da adeguata documentazione a supporto delle prestazioni rese, per complessivi 26 milioni circa”; altri “costi di prestazioni professionali per  12 milioni circa oggetto di contestazione alla Società in sede di accertamento fiscale (e correlati interessi e sanzioni per euro 5 milioni circa); “costi per assistenza legale e altre consulenze sostenuti in relazione ai procedimenti penali e civili conseguenti le vicende in esame, per complessivi  9 milioni circa”; “costi sostenuti per definizione varie posizioni (dipendenti, Pubbliche Amministrazioni, patteggiamento), per complessivi  3 milioni circa”; “costi sostenuti per transazioni con ex dipendenti della Funzione Security per euro 1,705 milioni”; “costi per consulenze in ambito IT effettuate da KPMG per euro 2,6 milioni circa”.
A queste somme, il cui totale fa 66,3 milioni di euro, si aggiungono i bonus elargiti a Buora e Ruggiero. Secondo il documento reso noto ieri, il primo nel periodo nel periodo 2003-2007 ha incassato 16,7 milioni di euro, il secondo nel periodo 2002-2007 ha ricevuto più di 30,7 milioni di euro. A fronte di costi complessivi per oltre 110 milioni di euro sostenuti da Telecom, i due ex manager hanno presentato un’offerta transattiva per complessivi 2,5 milioni di euro. Tuttavia secondo Telecom “l’importo della transazione non è meramente simbolico”.
Anche su questa affermazione la Consob ha chiesto chiarimenti. Non stupirebbe nessuno se queste novità emerse nella notte facessero prendere una piega imprevista all’assemblea degli azionisti. I fondi stranieri (oltre il 10% del capitale) sono molto insoddisfatti dell’andamento del titolo Telecom, così come il socio di minoranza Findim di Marco Fossati (5%). Agli ex amministratori, così come agli attuali, non resta che fare affidamento sulla copertura del socio di maggioranza Telco, che riunisce Intesa, Mediobanca, Generali e Telefonica e che controlla il 22 per cento del gruppo di telecomunicazioni. Dove la posizione di Telco è sul filo del conflitto di interesse, vista posizione di Tronchetti Provera che di Mediobanca è azionista rilevante e vicepresidente. 
E così, rilevato che “fino ad oggi le informazioni pubblicate dalla società e relative alla reale portata di queste vicende siano state estremamente carenti”, documenti alla mano, l’Asati questa mattina si è presentata in Procura a Milano, dove ha depositato la sua proposta di rinviare l’assemblea di oggi, ovvero di “sospendere la votazione sulla transazione per Buora e procedere direttamente alla votazione sull’azione di responsabilità” o, come terza alternativa, di “riconvocare un’altra assemblea, su cui votare tra l’altro sicuramente l’azione di responsabilità contro Tronchetti Provera fatto ormai inevitabile, alla luce del fatto che nell’instaurando procedimento Telecom Italia si dovrà per forza di cose costituire come parte lesa”.
I dipendenti Telecom Italia, che hanno richiesto ad Asati di farsi portavoce della richiesta di seguire l’assemblea in streaming, nota infine l’associazione, “segnalano che non hanno ancora ricevuto alcuna informazione a riguardo. Come influirà questo fatto sul clima aziendale, considerato che numerosi dipendenti furono all’epoca spiati e dossierati?”.

Polverini fa shopping su auto blu. “Era scorta, ma chiedo sospensione”.


Polverini fa shopping su auto blu. “Era scorta, ma chiedo sospensione”


L'ex governatore del Lazio percorreva via del Corso contromano per andare in un negozio di scarpe al Testaccio. Spiega: si trattava di un mezzo "con a bordo due agenti di polizia incaricati di garantire la mia sicurezza". Poi in una lettera al Prefetto chiede lo stop del servizio.

L’ex presidente della Regione Lazio che sfrecciava a bordo di un’auto blu contromano in via del Corso, nel cuore della Capitale. Dove stava andando? A Boccanera, un prestigioso negozio di scarpe con prezzi fino a tre zeri, che stava per chiudere. A riconoscere Renata Polverini ieri sera è stata una motociclista romana. L’ex governatrice in serata ha però puntualizzato: ”La mia non è un auto blu bensì un mezzo adibito al servizio tutela con a bordo due agenti di polizia incaricati di garantire la mia sicurezza”. Poi in una lettera ha chiesto al Prefetto la sospensione del servizio di scorta assegnatole.
L’auto era diretta verso Piazza Venezia e percorreva la corsia sbagliata, quella di sinistra. La scooterista ha deciso di seguire l’auto per scoprire chi fosse a bordo. I vigili a Piazza Venezia avrebbero fermato il traffico per far passare il veicolo, che poi ha puntato verso via del Teatro di Marcello. Anche in questo caso l’auto avrebbe saltato la coda passando sulla corsia di sinistra. All’altezza della Bocca della Verità i vigili avrebbero fatto passare l’automobile. Secondo le parole della motociclista, riportate dal web, il tragitto sarebbe terminato alle 19.20 davanti al negozio di calzature nel quartiere Testaccio.
Nessun commento dalla Regione, così come dal negozio di scarpe, dove una commessa taglia corto: “Non diamo informazioni sui nostri clienti”. Tanti i messaggi su twitter che riguardano l’ex governatrice. Per Aurelio Mancuso “l’auto di servizio Polverini sfreccia contromano, per le vie del centro per acquistare un paio di scarpe. Saldi di fine stagione politica”. Altri scrivono “vergogna”, “Si scrive Polverini. Si legge Fastidio” e c’è chi osserva: “Auto blu della Polverini contromano per correre a comprare le scarpe. E’ rimasta senza poverina, gliele hanno appena fatte”. Sul web, infine, circola l’immagine di una scritta spuntata sui muri romani: “Frangetta nera, abbi pietà: se semo rotti facce votà”.

Fine della pensione d'oro per Crosta, restituirà alla Regione 1,5 mln di euro.


commissario rifiuti 2
Felice Crosta, l’ex super dirigente dell’Agenzia regionale per i Rifiuti, dovrà abbandonare il proprio status di pensionato più ricco di Italia. Crosta, che, conti alla mano, per due anni ha ricevuto un assegno di pensione di circa mezzo milione di euro l’anno, ovvero 1.369 euro al giorno, dovrà adesso “accontentarsi” di 3.500 euro al mese.
Il burocrate dovrà restituire alle casse della Regione il milione e mezzo di euro che ha indebitamente percepito. Lo farà a rate, versando 17mila euro al mese. Si conclude dunque una battaglia legale in piena regola che ha animato i dibattiti televisivi e le pagine dei giornali. Ci aveva provato in tutti i modi, Crosta, a tenersi la sua maxi-pensione, sebbene a capo dell’Agenzia per i Rifiuti, incarico conferitogli nel 2006 da Totò Cuffaro, fosse rimasto solo qualche mese.
Ma lo stipendio da 21 mila euro netti al mese, gli era valso come base pensionabile in virtù di una leggina varata all’Ars nel 2005. Finita l’era Cuffaro, Crosta aveva dovuto fronteggiare l’ostilità dell’amministrazione Lombardo ma, senza darsi per vinto, si era rivolto alla Corte dei conti, che in primo grado aveva riconosciuto la sua richiesta, salvo poi ribaltare il verdetto nel dicembre 2011, dimezzandogli l’indennità.
Crosta non si era arreso, appellandosi alla Cassazione presso la quale aveva contestato la composizione del collegio che aveva tagliato i suoi lauti incassi. Ai primi di luglio la Cassazzione ha deciso, stabilendo l’entità esatta delle somme che Crosta dovrà restituire.
L’ex dirigente ha firmato un accordo con l’amministrazione regionale con il quale si impegna a restituire quanto percepito in eccesso. Cala il sipario su una vicenda che ha fatto – e non poco – infuriare chi, per avendo lavorato oltre quarant’anni, ha spesso il frigo vuoto e deve rassegnarsi a vivere con una pensione talmente esigua da giustificare la preoccupazione per il futuro.