lunedì 6 febbraio 2012

Mafia, "Salemi, comune da sciogliere" l'ira del sindaco Sgarbi: "Mi dimetto"


L'amministrazione municipale di Salemi (Trapani) va sciolta per "infiltrazioni mafiose". È la richiesta degli ispettori nominati dall'ex ministro Maroni. Furibondo il sindaco-critico d'arte: "Non mi dimetto, anzi sì. E querelo tutti". Annuncia anche di nominare  vice-sindaco  Pino Giammarinaro, suo sponsor politico per anni sottoposto a sorveglianza speciale per mafia al quale lo scorso maggio furono sequestrati beni per 35 milioni. "E mercoledì vedo la Cancellieri".



Vittorio Sgarbi ha annunciato le sue dimissioni da sindaco di Salemi, dopo le conclusioni degli ispettori della prefettura di Trapani che hanno proposto al Viminale lo scioglimento dell'amministrazione comunale per infiltrazioni mafiose. La decisione del critico d'arte è maturata pochi minuti fa, dopo che in mattinata Sgarbi aveva escluso le dimissioni e aveva nominato vice sindaco Pino Giammarinaro, ex parlamentare andreottiano che, secondo gli esiti degli dell'ispezione, avrebbe esercitato indebite pressioni e influenze sulla gestione del Comune.  "Ho lavorato come un matto, ho io contrastato gli interssi mafiosi, come nel caso delle pale eoliche e ora mi attaccano", ha detto Sgarbi, che mercoledì dovrebbe incontrare il ministro dell'Interno, Cancellieri.
Secondo gli ispettori il comune di Salemi va sciolto per "infiltrazioni mafiose". E' la conclusione contenuta nella relazione degli ispettori nominati dall'ex ministro Roberto Maroni dopo l'operazione su appalti e nomine nella sanità culminata con il sequestro di beni per 35 milioni riconducibile all'ex deputato regionale democristiano Giuseppe Giammarinaro.

Per anni sottoposto alla sorveglianza speciale dopo un'indagine per mafia, dalla quale era uscito indenne, Giammarinaro avrebbe continuato a svolgere un ruolo politico di primo piano. Ha appoggiato la candidatura di Sgarbi a sindaco di Salemi e, secondo le indagini di polizia e guardia di finanza, avrebbe tentato di condizionare la vita amministrativa del Comune arrivando a partecipare, senza alcun titolo, 
alle riunioni della giunta guidata dal critico d'arte. Così si legge nell'ordinanza di sequestro dei beni del maggio 2011.

Sui rischi di infiltrazioni i magistrati hanno raccolto anche la testimonianza del fotografo Oliviero Toscani, che era stato nominato assessore da Sgarbi ma si era dimesso denunciando interferenze nella vita e nelle scelte dell'amministrazione comunale.

Nel giugno dell'anno scorso il Viminale aveva nominato una commissione per l'accesso agli atti della giunta e del consiglio comunale coordinata dal vice prefetto di Trapani, Giuseppe Ranieri. Sgarbi aveva fatto sapere di essere stato proprio lui a chiederne la nomina "nell'assoluta certezza che nessun atto sia stato compiuto per richiesta o compiacimento esterni, al di fuori delle mie decisioni e di quelle del vice sindaco Antonella Favuzza". La commissione ora ha concluso l'ispezione con una relazione nella quale viene confermato che la giunta, il consiglio comunale e i vertici della burocrazia avrebbero subito condizionamenti mafiosi.

"Mi dimetto, anzi no. Nomino mio vice Giammarinaro e porto quegli ispettori in tribunale per diffamazione", è stato il primo sfogo concitato di Sgarbi al cronista dell'agenzia Agi.  Il critico-sindaco intercala le risposte al giornalista con un fitto dialogo con un interlocutore che dice essere l'ex sindaco di Gela Rosario Crocetta. "Ho lavorato come un matto, io ho contrastato gli interessi mafiosi, come nel caso delle pale eoliche e ora mi attaccano. Sa che faccio? Nomino vice sindaco Pino Giammarinaro e se lui accetta, continuerò a fare il sindaco". E nel frattempo ha sospeso il concorso per la nomina del suo vice, riservato a sole donne under 45, avviando le pratiche per nominare suo vice proprio l'ex democristiano Giammarinaro, al quale sono stati di recente sequestrati beni per 35 milioni; domani alle 12 il sindaco terrà una conferenza stampa nei saloni del castello in Piazza Alicia a Salemi.

Nel primo pomeriggio, però, Sgarbi fa sapere cose diverse: "Mi sono dimesso da sindaco di Salemi, grazie agli ispettori del ministero che hanno mostrato cose di cui non mi ero accorto". "Mi sentivo in pericolo - aggiunge enigmatico - e me ne torno al Nord. Incontrerò il ministro Cancellieri alle 9 di mercoledì prossimo per riferire il mio compiacimento per questa scelta".



http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/02/06/news/mafia_chiesto_scioglimento_comune_guidato_da_sgarbi-29426257/

Quanto risparmieremmo se li eliminassero?




In barba al referendum abrogativo da noi promosso e vinto sui rimborsi elettorali...


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E leggi anche:


http://www.liberoquotidiano.it/news/776209/E_paghiamo_63_milioni_di_euro_ai_partiti_morti_e_sepolti.html

Di Paola, non solo F35: pressioni anche per un altro aereo patacca. - di Carlo Tecce



Rocco Buttiglione spiega al Fatto: "Ho avuto impressione che intorno a quell'affare ci fosse un enorme giro di tangenti. Io ne fui testimone”.


L’Italia che ripudia la guerra, e accetta sacrifici e sobrietà, non rinuncia ai 131 cacciabombardieri F35 di fabbricazione americana: un mutuo nazionale di 14 anni che costa 15 miliardi di euro. Il governo ha tergiversato, promesso e ritrattato, finché l’ammiraglio, ministro per la Difesa, ha rimosso scrupoli e risparmi: “Sbagliato cambiare idea”. Non poteva smentire se stesso, nonostante le incognite tecnologiche che turbano gli americani e le ritirate strategiche di Australia, Norvegia e Danimarca. Il protocollo d’intesa (2002) indica la firma di Di Paola, all’epoca segretario generale al ministero nonché componente Nato.

Non è mai semplice per la Difesa sigillare operazioni miliardarie. E il ministro è protagonista di una seconda vicenda. L’’ex responsabile armamenti Di Paola, che conosceva la pratica per l’incarico che ricopriva (marzo 2001-marzo 2004), ricorderà il putiferio per l’adesione italiana al consorzio europeo – con investimenti totali per 25 miliardi di euro, di cui 8 a carico di Roma – per la costruzione di 175 Airbus A 400 M, un quadrimotore per il trasporto militare. A distanza di 11 anni, oggi, cadono le resistenze diplomatiche e le ritrosie personali, allora si può raccontare perché l’Italia deluse francesi e tedeschi. Quelli che aspettano la consegna del primo esemplare con 6 anni di ritardo, esordio previsto per il 2007 e rimandato al 2013: “Ho avuto impressione che intorno a quell’affare ci fosse un enorme giro di tangenti, io ne fui testimone, e così scrissi una lettera al presidente del Consiglio”, denuncia al Fatto Rocco Buttiglione, ministro per le politiche europee nel governo di Silvio Berlusconi che annusò per primo le maniere sporche.

Torniamo indietro con il calendario: fine 2001, inizio 2002. Il ministro per la Difesa è il professorAntonio Martino, tessera di Forza Italia numero 2. Martino ripercorre l’intricata vicenda nel libroPresidente, ci consenta di Angelo Polimeno: “Divento ministro l’ 11 maggio, il generale Rolando Mosca Moschini mi dice che l’indomani dovevo siglare l’accordo. Non sapevo di cosa si parlasse, e chiesi chiarimenti agli ufficiali che se ne occupavano”. Martino convoca Di Paola (e un generale): “Mi spiegano che si tratta di un aereo particolare per il trasporto, un prodotto di un progetto europeo. Domando: ‘Ci serve?’. Le loro risposte non mi paiono convincenti”. Non si fida, il ministro, e respinge le pressioni. Chiama il capo di Stato maggiore per l’Aeronautica, Sandro Ferraguti: “Generale, qui dentro siamo soli, mi spieghi se l’apparecchio è utile per le nostre esigenze”. Ferraguti è sincero: “Ministro, se me lo regalassero, non saprei cosa farne”.

Il governo annuncia di voler rivedere il progetto: protestano i Democratici di Sinistra, la Margherita, Alleanza Nazionale, un pezzo di Forza Italia e, soprattutto, il ministro Renato Ruggiero (Esteri). Passa un mese di violente polemiche, audizioni in parlamento, interrogazioni urgenti, riunioni segrete. In visita al salone aeronautico di Parigi, dove i francesi mostrano le innovazioni tecnologiche più raffinate, il 20 giugno 2001, l’ammiraglio Di Paola rassicura gli alleati: “Non c’è alcun mistero dietro la mancata firma del governo – riporta l’archivio Ansa – al memorandum di intesa sul nuovo aereo di trasporto militare realizzato da Airbus. Si sapeva che non si sarebbe firmato ora, ma spero che prima possibile, entro settembre, arrivi la firma. Speriamo sia una questione di settimane e non di mesi”. Il responsabile armamenti dimentica, però, che l’Italia aveva già stipulato dei contratti per noleggiare velivoli sostanzialmente identici seppur di vecchia generazione.

Il nervosismo dei ministri ammazza le speranze di Di Paola: il 25 luglio, in Commissione Difesa a Montecitorio, si rifiuta di commentare. Ruggiero parla per mezzo di comunicati ufficiali: “Il ministro difenderà fino in fondo le sue tesi: la partecipazione italiana è necessaria”. L’ex direttore per le relazioni internazionali di Fiat, che simboleggiava la tregua fra l’avvocato Agnelli e il Cavaliere, si dimetterà il 6 gennaio 2002. Dice Martino di Ruggiero: “Non aveva interessi personali, ma intorno a questa operazione c’erano ovviamente molte attese. La famiglia Agnelli avrebbe guadagnato qualcosa come mille miliardi di lire (500 milioni di euro, ndr)”. Servono 11 anni per scoprire perché l’Italia abbandonò quell’operazione, che succhia ancora milioni a 8 paesi europei. Nel Consiglio dei ministri decisivo, Martino indica l’onestà di Buttiglione, e un fallito tentativo di corruzione. Tutti sanno l’origine dei dubbi, nessuno, però, si rivolge ai magistrati. Il vicepresidente di Montecitorio Buttiglione ricostruisce l’episodio: “Una persona notoriamente vicina al governo francese, quando cominciai il mio mandato (e dunque a metà 2001, ndr), aveva iniziato un discorso non proprio impeccabile. Mi faceva intuire che fossero pronte cospicue offerte in denaro se avessimo sostenuto il consorzio per l’Airbus. A quel punto, interruppi il discorso. Ritenni mio dovere avvertire Berlusconi. In quei giorni circolavano voci sui modi poco trasparenti per coinvolgere nel progetto gli altri paesi europei. Ho avuto impressione che intorno a questa commessa ci fosse un enorme giro di tangenti. Quell’affare poteva compromettere i nostri rapporti diplomatici con alcuni alleati europei”. E così l’Italia ha risparmiato 8 miliardi di euro e un investimento pericoloso. Già nel 2002, in Germania, la Corte federale dei Conti giudicò eccessiva e costosa la commessa di 73 A 400 M pagati 8, 3 miliardi di euro. Con il tempo che s’è perso, la Germania con quei soldi potrà ricevere 60 esemplari.

La spesa complessiva supererà i 25 miliardi di euro: per l’esercito tedesco, il primo modello di A 400 M è in fase di collaudo, e ci resterà per tre anni. La commessa è fuori controllo: diminuisce la quantità, crescono i costi. Un problemino che riguarda pure il caccia F 35, che si vendeva a 80 milioni e adesso sfiora i 130. Prima di accendere un mutuo di 15 miliardi, forse Di Paola potrebbe rifletterci ancora un pochino.

Compravano gli yacht con i soldi pubblici. - di Marco Preve



Il sospetto dei finanzieri è che la truffa viaggi in barca a vela, o in motoscafo, gentilmente pagata dai soldi dei contribuenti. Per la precisione, quattro milioni di euro concessi da Sviluppo Italia Liguria a 47 presunti skipper che dichiararono di voler avviare un'attività imprenditoriale - tipo viaggi charter o whale watching - e per questo chiedevano alla società controllata dalla Regione i soldi per comprarsi la barca. Ma qualcuno potrebbe aver fatto il furbo portando sulla barca famiglia e amici.


Veri imprenditori del mare o la variante marinara dei furbetti del quartierino. La guardia di finanza di Genova ha aperto un´indagine su 47 proprietari di imbarcazioni da diporto di Genova e del resto della Liguria. Motoscafi e barche a vela acquistate con i quattro milioni messi a disposizione da Sviluppo Italia Liguria, l´agenzia controllata dalla Filse, la finanziaria della Regione. I soldi erano stati concessi a "nuovi imprenditori" che dichiaravano di voler intraprendere un´attività di skipper, per organizzare charter nel mar Ligure, mini crociere, whale watching, ma dopo alcuni accertamenti, ai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria è venuto il dubbio che qualche yachtsmen si sia semplicemente fatto la barca per passarci i week end con la famiglia e gli amici. Grazie ai soldi pubblici. Due le direttive d´indagine: un´eventuale truffa aggravata, e poi un ipotetico danno erariale provocato da amministratori di società pubbliche che non hanno operato i controlli necessari sui destinatari dei fondi.

L´indagine delle fiamme gialle coincide, tra l´altro, con un periodo in cui la società presieduta da Cristina Battaglia, registra alcuni contenziosi con imprenditori che, dopo aver ricevuto la prima tranche di finanziamenti, si sono visti interrompere le rate - a loro dire senza un valido motivo - ritrovandosi così in una spirale debitoria di difficile soluzione. Qualcuno, come il signor Corrado Dipuccio ha addirittura creato un sito internet (sviluppoitalia. splinder. com) per denunciare la sua situazione.

Carlo De Romedis, amministratore delegato di Sviluppo Italia Liguria, da pochi giorni anche al vertice della struttura nazionale Italia Turismo, è stato denunciato da Dipuccio e lo ha a sua volta querelato sostenendo che i finanziamenti si sono interrotti, per lui come per altre persone, perché i nuovi imprenditori non avevano rispettato i termini dell´accordo. 
Ma chi protesta contro Sviluppo Liguria lo fa sottolineando anche un aspetto paradossale. De Romedis, l´uomo che ha deciso centinaia di finanziamenti, valutando la solidità e serietà dei progetti che gli venivano presentati, ha subito quattro condanne definitive per reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta, all´evasione fiscale. «Sono tutti fatti relativi a una sola vicenda - chiarisce De Romedis - , il crack a metà anni ?80 delle assicurazioni Firs (uno scandalo che coinvolse nomi della politica e degli affari e Francesco Picciotto, businessman con amicizie mafiose, ndr) quando allora giovanissimo, avevo 25 anni, ricoprii una poltrona del cda per ragioni politiche. Una disavventura che ho soltanto subito e che mi ha procurato una condanna a un anno e due mesi per reati in continuazione ma con la non menzione sul casellario». In seguito, De Romedis ha lavorato come manager, e nel 2003 venne nominato dalla giunta Biasotti al vertice di Sviluppo Liguria. Incarico riconfermato dall´amministrazione Burlando.

Di recente il suo nome è apparso - ma senza alcun coinvolgimento diretto - in una controversa inchiesta su due fratelli accusati di usura. De Romedis avrebbe presentato alla coppia la loro futura presunta vittima. Un imprenditore, finanziato da Sviluppo Italia, che per altro pare avesse già uno scoperto bancario per centinaia di migliaia di euro. Per la vicenda dei finanziamenti per l´acquisto di imbarcazioni da diporto De Romedis dice: «Sono stato proprio io a sollecitare un´indagine a tappeto fornendo ai finanzieri tutta la documentazione necessaria, poiché temevo che qualcuno abbia simulato di essere uno skipper, mentre in realtà voleva solo farsi pagare la barca dai soldi dello Stato».



http://genova.repubblica.it/dettaglio/compravano-gli-yacht-con-i-soldi-pubblici/1636825

Salemi verso lo scioglimento per mafia. La richiesta già sul tavolo del Viminale. - di Rino Giacalone






Gli ispettori, nominati dall'ex ministro Maroni, hanno concluso il loro rapporto. L'iniziativa parte dal sequestro di beni ai danni di Pino Giammarinaro sospettato di legami con i clan. lo stesso che, secondo l'accusa, avrebbe fatto pressione sulla giunta governata da Sgarbi.


Gli ispettori nominati a giugno scorso dall’ex ministro dell’Interno Maroni, su richiesta del prefetto di Trapani Marilisa Magno, per compiere l’accesso agli atti del Comune di Salemi hanno concluso il loro lavoro. Un vice prefetto, un commissario di Polizia e un tenente dei carabinieri, hanno lavorato nei termini affidati, e la conclusione appena rassegnata è quella che l’amministrazione del sindaco Vittorio Sgarbi “è stata oggetto di infiltrazione mafiosa”. Sul tavolo del ministro Cancellieri, che ha sostituito Maroni al Viminale, è già giunta la richiesta di commissariamento per inquinamento mafioso, un documento che nella sua completezza è stato classificato come “riservato”.

Non è stato un lavoro semplice e lo dimostra la mole di documentazione che accompagna le centinaia di pagine di relazione, decine e decine di faldoni, diversi capitoli per ogni settore dell’amministrazione comunale salemitana. Gli ispettori hanno “fotografato” la realtà che era stata descritta dall’ordinanza di sequestro di beni – oltre 35 milioni di euro – che ha colpito l’ex deputato regionale della Dc (andreottiana) Pino Giammarinaro, imprenditore edile con la “passione” per la sanità (pubblica) da quando per un lungo periodo e prima di entrare all’Ars nel 1991, fu presidente di una delle Usl siciliane, quella di Mazara del Vallo.

Proprio una serie di circostanze indicate nell’ordinanza, si tratta dell’operazione condotta a maggio da Polizia e Finanza denominata “Salus Iniqua”, hanno condotto il prefetto Magno a chiedere la nomina di una commissione di accesso agli atti. Gli ispettori hanno certificato che Giunta e Consiglio comunale, i vertici della burocrazia, hanno subito pressioni e influenze nelle decisioni da prendere fuori da ogni contesto di democrazia e confronto, ma con un metodo tipicamente mafioso. Punto di partenza l’onorevole Giammarinaro. Tra le pagine della relazione anche una critica (nemmeno tanto sottaciuta) sul modo di amministrare la cosa pubblica: da una parte consulenze per migliaia di euro, dall’altra una serie di decreti ingiuntivi che giorno dopo giorno arrivano sul tavolo del segretario comunale perché l’amministrazione non riesce a pagare i propri fornitori.

Il “reality” show che Sgarbi ha messo su da quando è stato eletto sindaco e che ha portato in qualche occasione Salemi sul palcoscenico della mondanità internazionale, le “provocazioni” del critico d’arte, la cui verve, anche molto polemica, è ben nota, adesso sta conoscendo una svolta del tutto a sfavore di Sgarbi.Il critico d’arte approdò a Salemi candidandosi a sindaco proprio per volontà dell’on. Giammarinaro che nonostante una assoluzione dall’accusa di mafia nel tempo era rimasto sullo sfondo di tante indagini di mafia condotte nel trapanese, non a caso finendo sottoposto alla sorveglianza speciale. Circostanza che non gli ha impedito di continuare ad esercitare un ruolo politico ben preciso pur non ricoprendo alcun incarico. Sgarbi, eletto, ringraziò dal palco proprio Giammarinaro già in quella occasione difendendolo dalle accuse che gli giravano attorno. Più che la mafia a Sgarbi si è interessato ad attaccare l’antimafia, giungendo a sostenere che la mafia come organizzazione non esiste più, e comunque a Salemi non c’erano mafiosi, se non tali erano semmai coloro i quali avevano disseminato di pale eoliche il territorio, e arrivando a minacciare denunzie contro il questore Esposito per avere firmato l’ordinanza contro Giammarinaro e nella quale è chiamato in causa il ruolo accondiscendente a Giammarinaro da parte di politici, amministratori e consiglieri comunali.

Resterà deluso Sgarbi rispetto alla conclusione della commissione. All’indomani della nomina infatti aveva dichiarato che “nessun atto della Pubblica Amministrazione è stato determinato dal benché minimo intervento o sollecitazione esterna”. La relazione sostiene il contrario e conferma quello che c’è scritto nel rapporto “Salus Iniqua”, “e cioè che la presenza di Pino Giammarinaro – soprannominato dai suoi amici ‘Pino Manicomio’ – all’interno del Comune di Salemi era garantita da funzionari e politici”. I “fidati” dell’onorevole vengono indicati in un rapporto dei Carabinieri di Salemi: cominciando dal segretario generale del Comune Vincenzo Barone e dall’ex direttore di ragioneria Gaspare Manzo, passando per diversi assessori e consiglieri comunali. In diverse intercettazioni risulta come Giammarinaro, sebbene privo di ruolo politico e amministrativo ufficiale, venisse quotidianamente consultato sui problemi politici e del Comune. Circostanza confermata anche dall’ex assessore e famoso fotografo Oliviero Toscani e anzi indicata come motivo delle sue dimissioni. Il noto fotografo ha definito “mafioso” il “contesto territoriale” in cui lavorava. “Giammarinaro partecipava e assumeva decisioni senza averne alcun titolo”.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/02/05/comune-salemi-verso-scioglimento-mafia-richiesta-tavolo-viminale/189246/