giovedì 29 novembre 2018

La Verità: “Lavoro nero e babbo Renzi, tutte le sentenze” - Giacomo Amadori e Simone Di Meo



Attaccando il genitore di Di Maio, il padre dell’ex premier si è tirato la zappa sui piedi. Il suo passato è pieno di brutte storie di dipendenti irregolari. E anche sugli abusi edilizi non ha affatto le carte in regola. 

Davanti alle accuse contro il papà di Di Maio, Tiziano Renzi ha colto la palla al balzo: «Mai avuti dipendenti in nero, né capannoni abusivi», ha tuonato orgoglioso, Peccato che, come dimostrano sentenze e verbali, abbia avuto entrambi anche lui.
Per riabilitare sé stesso, Tiziano si è scagliato contro Di Maio senior: «Non ho dipendenti in nero, né capannoni abusivi» Peccato che ci siano sentenze contro di lui per lavoratori irregolari e un verbale dei vigili urbani su fabbricati senza licenza
Se Tiziano Renzi non esistesse bisognerebbe inventarlo. L’altro ieri pomeriggio, saltando sull’onda montante contro Antonio Di Maio, dimentico di essere plurindagato per reati gravi, ci ha tenuto a prendere le distanze dal genitore del vicepremier: «Non ho capannoni abusivi, non ho dipendenti in nero, non dichiaro 88 euro di tasse». Tre frasi che valgono probabilmente per il presente, ma non per il passato. Infatti, per quanto riguarda i lavoratori in nero, abbiamo già scritto che diverse sentenze hanno condannato Renzi senior a risarcire strilloni e volantinatori per l’irregolarità dell’inquadramento. Quanto ai guadagni, quando il figlio non era premier, nel 2013, Renzi senior dichiarò all’erario 4.952 euro, non molto di più del padre di Luigi Di Maio. Ma negli anni successivi, con il figlio Matteo a Palazzo Chigi, il reddito è salito sopra i 100.000 euro.

COLATA DI CEMENTO.

Infine non si capisce perché Tiziano Renzi abbia voluto infilarsi, non richiesto, nella questione dei capannoni. Nel febbraio 2002 i vigili di Rignano sull’Arno entrano nel piazzale della sua Chil Srl per un accertamento e trovarono diverse opere per cui non erano state rilasciate concessioni edilizie né autorizzazioni: un capannone con struttura in ferro e tamponatura con pannelli in plastica e lamiera, una tensostruttura di 24 metri per 10, un’altra di 22 per 10,5, un piccolo locale in cemento armato e un muro di notevoli dimensioni dello stesso materiale, Il piazzale era stato coperto da una colata di cemento. La polizia locale osservò che anche se quasi tutte le strutture erano ancorate al suolo tramite bulloni, e quindi apparentemente precarie, in realtà non sembravano destinate «a risolvere esigenze contingenti e temporanee» e venivano utilizzate per ricoverare mezzi e macchinari. Insomma erano vere e proprie strutture abusive.
C’è poi la questione dei lavoratori con contratti irregolari. L’avvocato genovese Simona Nicatore, che ha difeso una coppia di nigeriani ingaggiati dalla Arturo Srl, di cui è stato amministratore proprio il papà dell’ex premier, non usa giri di parole: «È stata riconosciuta l’illegittimità del licenziamento verbale dei miei clienti e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato che non era regolarizzato». Facciamo la fatidica domanda: si può parlare di lavoro nero? «Sì», è la risposta.

I NIGERIANI.

I due sfortunati ex distributori di giornali si chiamano Evans Osahon Omoigui e Mercy Omorodion. All’epoca distribuivano agli abbonati, con la loro auto, le copie del Secolo XIX di Genova. I turni erano terribili. «Il mio fidanzato lavorava tutti i giorni della settimana, sette ore al giorno. Se i giornali arrivavano in ritardo, lavorava fino alle 8-8.30», racconta la donna al giudice del lavoro che si occupa del caso. «Non c’erano controlli», prosegue la nigeriana. «Qualche volta è successo che il cliente non ha trovato il giornale dietro alla porta, in questi casi ci decurtavano una parte dello stipendio». Per quell’attività la paga era di 28 euro lordi al giorno da cui detrarre eventuali penalità. Come succedeva quando, a causa della rottura della macchina, la copertura della linea saltava. Dalla Arturo Srl tolsero a Evans «300 euro» in un colpo solo.
L’uomo venne licenziato, a voce, due mesi dopo la lettera di preassunzione firmata da babbo Tiziano. Aveva osato chiedere la regolarizzazione e il rimborso della benzina insieme a un’altra decina di connazionali. «Ho trovato i cancelli chiusi», spiegò al magistrato. «Sono comunque riuscito a entrare e ho parlato con il nostro supervisore capo, Adeniji. Mi disse che non poteva più farmi lavorare. E che per chiarimenti dovevo rivolgermi al signor Tiziano Renzi di Firenze». Evans fece ricorso alla magistratura e ottenne giustizia, ma servì a poco. Il 20 settembre 2011 il giudice del lavoro di Genova, Margherita Bossi, condannò la Arturo Srl a pagare circa 90.000 euro e inviò una lettera di precetto al «sig. Tiziano Renzi, presso la sua residenza in Rignano sull’Arno». Ma il babbo dell’ex premier aveva già chiuso bottega e non pagò mai. Comunque nel magnifico mondo dell’imprenditoria renziana non sono solo gli africani ad essere sfruttati.
È emblematica la vicenda dei lavoratori della Delivery Service, che questo giornale ha raccontato circa un anno fa. Per il fallimento di quell’azienda i genitori del fu Rottamatore sono indagati per concorso in bancarotta, visto che dietro ai rappresentanti legali della cooperativa, secondo gli inquirenti, a tirare le fila c’erano Tiziano Renzi e il suo ex socio di fatto Mariano Massone.
Nel luglio 2010 il direttore dell’ufficio di Pisa, Luigi Corcione, preso dallo sconforto, informa i due referenti che «non intendeva trovarsi in situazioni scomode suo malgrado», e per questo dà le dimissioni. Nessuno gli risponde. E allora lui prende la sua auto, la parcheggia all’aeroporto e vola in Spagna. L’uomo, in preda allo stress, sembra che sia andato a ritrovare sé stesso a Santiago di Compostela. Nel piazzale restano e resistono i lavoratori. Uno solo di loro è assunto in modo ufficiale, mentre un altro paio hanno una posizione parzialmente regolarizzata. Gli altri erano dei fantasmi.

ACCUSE PESANTI. 

Scrivono: «Accusiamo e denunciamo […] che la situazione lavorativa, nella quale siamo tutti coinvolti e che non possiamo, dal primo giorno a oggi. definire professionale, si è fatta per noi parzialmente assunti e ancora più precari al nero (contro la nostra volontà) sempre più insostenibile». In due diverse istanze, tra luglio e agosto 2010, mettono nero su bianco in che condizioni siano costretti a operare. Sono inquadrati come corrieri, mentre invece gli «tocca fare facchinaggio». Nella denuncia accusano i dirigenti delle società di aver inscenato un “valzer delle bugie” e di non aver mantenuto alcuna «rassicurazione su assunzioni promesse e sempre rimandate».

DOPPIA MORALE.

E se i Renzi, padre e figlio, si sono scandalizzati per il dito ferito di Salvatore Pizzo, l’operaio in nero dell’azienda del papà di Luigi Di Maio (Tiziano ha detto di non aver mai registrato incidenti sul lavoro in azienda), potrebbero dare un’occhiataa quel che accadde a Pisa. Alcuni dei dipendenti della Delivery hanno letteralmente rischiato la vita: Fabio M. ha subito un incidente sul lavoro che l’ha costretto a tre giorni di riposo forzato; Massimiliano C. ha perso il controllo del mezzo e solo per miracolo non ha riportato ferite; Valerio B. è stato costretto invece a restare un mese a riposo per un frontale su strada. Nonostante tutto, l’unica preoccupazione dimostrata dall’azienda fu quella di informarsi […] dello stato salute… dei furgoni», contestano nella loro lettera di protesta i lavoratori. I quali uscivano con camioncini con l’assicurazione «scaduta», pur dovendo garantire dalle 25 alle 30 consegne al giorno ed erano costretti ad anticipare i soldi del gasolio e dei pedaggi. Si erano persino ritrovati – da un momento all’altro – con un taglio dei pagamenti nell’ordine di «250-300 euro al mese», senza sapere il motivo. Tutto era precario. Il lavoro, l’esistenza, le prospettive.
«A loro (i vertici della coop, ndr) non gliene frega un cazzo se noi abbiamo bisogno di certezze o di essere regolarmente pagati perché abbiamo famiglia», fu la spiegazione che un esasperato Corcione offrì ai dipendenti a conclusione dell‘ennesimo, inutile, faccia a faccia. Prima di scappare. Lontano.
Fonte: infosannio del 28 novembre 2018

Dl sicurezza: Camera, passa con 396 sì.


L'Aula della Camera approva in via definitiva il decreto sicurezza.

Approvazione definitiva, provvedimento è legge.


L'Aula della Camera approva in via definitiva il decreto sicurezza. Dopo aver incassato il voto di fiducia, il provvedimento passa a Montecitorio in via definitiva con 396 sì, 99 no. Il testo, che era già stato approvato al Senato, dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale diventerà legge.
"Sono felice, è una giornata memorabile", ha detto il vicepremier Matteo Salvini ai cronisti a Montecitorio. E a chi gli chiede se sia soddisfatto del voto di tutto il centrodestra sul decreto Salvini risponde: "sono soddisfatto che sia rimasto qualche reduce di sinistra che pensa che l'immigrazione clandestina non sia un problema e che la sicurezza sia un tema di destra quando è un tema di tutti".
Oltre alla maggioranza si esprimono a favore del provvedimento anche FdI e FI. La Lega esulta con una "ola" in Aula, mentre i deputati M5S restano immobili. Il Pd, insieme a LeU, fa interventi fiume anche sui vari ordini del giorno e protesta con maschere bianche sul volto.
Questo in sintesi il contenuto del decreto:
- STRETTA SUI PERMESSI - Si abroga il permesso di soggiorno per motivi umanitari, sostituito da 'permessi speciali' temporanei, 6 le fattispecie previste: motivi di salute di particolare gravità; calamità nel paese d'origine; atti di valore civile; vittime di tratta; violenza domestica e grave sfruttamento.
- PIU' TEMPO NEI CPR - La durata massima del trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per il rimpatrio passa da 90 a 180 giorni. Si introduce la possibilità di trattenere i migranti in attesa di espulsione in altre strutture di Ps, in mancanza di posti nei Cpr, e la possibilità di trattenere i richiedenti asilo negli hotspot.
- PIU' REATI PER REVOCA ASILO, ANCHE FURTO - Si amplia la platea di reati che comportano la negazione o revoca della protezione internazionale: violenza sessuale, lesioni gravi, rapina, violenza a pubblico ufficiale, mutilazioni sessuali, furto aggravato, traffico di droga. Al Senato si aggiunge il reato di furto in abitazione, anche non aggravato.
- VIA CITTADINANZA PER REATI TERRORISMO - La cittadinanza viene revocata ai condannati per reati di terrorismo.
- STOP ASILO DOPO DECISIONE COMMISSIONE - Esame immediato della domanda di protezione internazionale per i richiedenti che hanno in corso un procedimento penale per un reato che in caso di condanna definitiva comporterebbe il diniego della protezione. L'esame scatta per chi ha già una condanna anche non definitiva. In caso di diniego il richiedente deve lasciare l'Italia.
- SISTEMA SPRAR - Potranno accedervi solo i titolari di protezione internazionale e minori non accompagnati. Chi è già nel sistema vi rimarrà fino alla conclusione dei progetti.
- FINO A 4 ANNI PER CITTADINANZA - Si ampliano i termini (da 2 a 4 anni) per l'istruttoria della domanda di concessione della cittadinanza, che verrà concessa solo se si conosce l'italiano.
- LISTA PAESI SICURI - Esame accelerato delle domande di protezione per chi proviene dai paesi inseriti nella lista.
- BRACCIALETTO ELETTRONICO PER STALKER - Controllo con il braccialetto elettronico degli imputati per maltrattamenti in famiglia e stalking.
- CONTRATTI NOLEGGIO AUTO-CAMION A FORZE PS - Norma voluta dall'antiterrorismo per prevenire attentati con auto e camion contro la folla. I dati di chi stipula contratti di noleggio devono essere preventivamente comunicati alle forze di Polizia.
- TASER A VIGILI URBANI - Si prevede la sperimentazione della pistola a impulsi elettrici anche per i corpi di polizia municipale di tutti i capoluogo di provincia.
- DASPO URBANO - Si estende il Daspo per le manifestazioni sportive agli indiziati di terrorismo e si può applicare il Daspo urbano anche nei presidi sanitari e in aree destinate a mercati, fiere e spettacoli pubblici.
- STRETTA SU SGOMBERI - Sanzioni più severe per chi promuove od organizza l'occupazione di immobili (da 2 a 4 anni) e estensione dell'uso di intercettazioni nelle indagini nei loro confronti.
- ACCATTONAGGIO MOLESTO E PARCHEGGIATORI ABUSIVI - Introduzione del reato di 'esercizio molesto dell'accattonaggio (fino a 6 mesi che aumenta a 3 anni nel caso si impieghino minori) e sanzioni più aspre per i parcheggiatori abusivi: in caso di utilizzo di minori o di recidiva scatta l'arresto e si rischia un anno di carcere.
- SINDACI DECIDONO SU 'NEGOZIETTI ETNICI' - I primi cittadini potranno disporre, fino a 30 giorni, limitazioni agli orari di vendita degli esercizi commerciali interessati da "fenomeni di aggregazione notturna" anche in zone non centrali.
- DA SQUADRE PIU' SOLDI PER SICUREZZA STADI - Le società sportive dovranno versare più soldi per garantire la sicurezza negli stadi. La percentuale della vendita dei biglietti che dovrà essere destinata a questo scopo passa dall'1-3% al 5-10%.
Fonte: ansa del 28 novembre 2018

mercoledì 28 novembre 2018

IL “FATTO QUOTIDIANO” SCENDE IN CAMPO A DIFESA DI LUIGI DI MAIO: “IL CASO DI SUO PADRE NON E’ PARAGONABILE AI CASI DI MARIA ELENA BOSCHI E MATTEO RENZI - IL PUNTO VERO NON È CIÒ CHE HA FATTO PAPÀ DI MAIO AI LAVORATORI MA CIÒ CHE HA FATTO LUIGI - GRAZIE AL SUO RUOLO - PER IL PAPÀ O PER LA SUA AZIENDA. DA QUESTO PUNTO DI VISTA, ALMENO FINORA, LE SITUAZIONI SONO DIVERSE…”



Marco Lillo per il “Fatto quotidiano”

marco lilloMARCO LILLO

Di Maio ha annunciato che entro la fine dell' anno venderà, insieme alla sorella, la società Ardima Srl. Una scelta opportuna e non scontata che il Fatto aveva sollecitato ieri in un articolo basato su considerazioni ovvie. Finora grazie alle inchieste de Le Iene è emerso che l'azienda dei genitori del vicepremier ha usato tre o quattro lavoratori in nero 9 anni fa, quando Luigi Di Maio non era un politico e non aveva ruoli nell'impresa. Però il Fatto ha sottolineato ieri anche che l'azienda, in senso tecnico, cioé il complesso dei beni organizzati per fare impresa, è passato nel 2014 a Luigi e alla sorella.

boschi renziBOSCHI RENZI
Grazie alle perforatrici, alle betoniere, all'autocarro ma soprattutto grazie all'avviamento dell' azienda donata a Luigi e Rosalba Di Maio dai genitori, il capitale della Ardima Srl è salito di 80 mila euro. Poiché quel valore sarebbe stato creato anche grazie al lavoro nero del passato, Luigi Di Maio, pur non essendo provata una sua responsabilità diretta, deve cedere le quote. Questo avevamo scritto ieri. Però di qui a dire che, dal punto di vista dell'etica pubblica, Luigi Di Maio sia paragonabile a Maria Elena Boschi e Matteo Renzi ce ne corre.
RENZI BOSCHIRENZI BOSCHI

Il punto vero non è ciò che ha fatto papà Di Maio ai lavoratori ma ciò che ha fatto Luigi - grazie al suo ruolo - per il papà o per la sua azienda. Il punto non è se sia più grave il comportamento con i lavoratori di papà Renzi o di papà Di Maio ma ciò che ha fatto il papà di Di Maio per sé stesso, per i suoi amici o per la sua famiglia grazie al ruolo di Luigi.
Da questo punto di vista, almeno finora, le situazioni sono diverse.

pierluigi boschiPIERLUIGI BOSCHI
Matteo Renzi è stato assunto dall'azienda del padre e della madre nel 2003 alla vigilia della sua candidatura con certa elezione alla Provincia di Firenze. Grazie a quell'assunzione Matteo ha avuto 9 anni di anzianità contributiva e un tfr invidiabile a spese della provincia e poi del Comune con il giochino dei contributi figurativi pagati dall'ente locale mentre il presidente della Provincia poi eletto sindaco, restava in aspettativa nella società di famiglia. Quella furba assunzione permetterà a Matteo di andare in pensione 9 anni prima e gli ha già permesso di incassare decine di migliaia di euro sul conto per il TFR maturato dal 2004 al 2013.

lotti tiziano renziLOTTI TIZIANO RENZI
Veniamo al babbo: Tiziano Renzi, secondo quanto ha riferito ai pm Luigi Marroni, ha chiesto all' amministratore di Consip di aiutare il suo amico Carlo Russo che voleva entrare nel gran ballo delle gare. Tiziano Renzi nega ma i pm credono a Luigi Marroni. Bene. Tiziano non avrebbe potuto fare quella raccomandazione a Russo se non avesse avuto alle spalle la carica del figlio.

Finora nessun pubblico ufficiale ha descritto un tentativo simile del padre di Di Maio per far ottenere a sé, alla sua azienda o a quella di un suo amico un incontro o un vantaggio, grazie al peso del figlio. Non solo: Luigi Di Maio si è sottoposto alle domande delle Iene senza gridare al complotto e ha ammesso le colpe del padre. Mentre Matteo Renzi in privato nel 2016 non credeva al Babbo (che negava di ricordare di avere incontrato Alfredo Romeo) ma in pubblico non lo ha mai scaricato. Anche ora che i pm hanno finalmente scritto che 'probabilmente' quell' incontro tra il babbo e Romeo c'è stato a luglio 2015, Matteo non ha detto una parola critica sul padre.
Ghizzoni funerale MorattiGHIZZONI FUNERALE MORATTI

Anche Maria Elena Boschi, secondo l'allora numero uno di Unicredit Federico Ghizzoni, gli chiese di comprare e quindi salvare la banca di cui il padre era vicepresidente.
Di Maio non ha chiesto a una grande società di comprare la Ardima di papà né ha partecipato a una riunione con un possibile acquirente. Mentre l' ex amministratore di Veneto Banca Vincenzo Consoli ha raccontato che il ministro Boschi fece capolino per pochi minuti a un incontro con i vertici di Banca Etruria e di Veneto Banca nella casa di famiglia nel 2014. Però non proferì parola. Un atteggiamento consigliabile anche oggi.

Fonte: Dagospia del 28 novembre 2018

martedì 27 novembre 2018

Bruco di falena Saturniidae.

Risultati immagini per Caterpillar of Saturniidae Moth

Saturnidi (Saturniidae Boisduval1837) sono una famiglia di Lepidotteri. Comprendono oltre 1800 specie, presenti in tutti i continenti ma diffuse soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali.[1]
Alcune Saturnidi sono di piccole e medie dimensioni, ma la maggior parte sono molto grandi. Appartengono a questa famiglia alcuni tra i Lepidotteri più grandi del mondo. Certe femmine di Attacus atlas e Coscinocera hercules raggiungono quasi i 300 mm di apertura alare. Saturnia pyri è la più grande farfalla europea.
Gli adulti hanno corpo peloso e sono privi di organi timpanici. L'apparato boccale è rudimentale e mancano di tubo digerente, sopravvivono quindi grazie ai lipidi immagazzinati durante gli stadi larvali. Le antenne dei maschi sono bi- o quadripettinate e portano cellule sensoriali in grado di percepire la presenza dei feromoni emessi dalle femmine anche a chilometri di distanza. Il collegamento tra l'ala anteriore e la posteriore avviene grazie alla forma di quest'ultima, senza che vi siano strutture particolari. La famiglia è caratterizzata anche da alcune peculiarità nel sistema delle nervature alari.
bruchi neonati presentano un cornetto dorsale sull'ottavo segmento addominale o urite. Sono presenti dei tubercoli, detti scolii, spesso ramificati e ricchi di setole e spine, la cui lunghezza in genere diminuisce negli stadi larvali successivi. Nella maggior parte delle sottofamiglie la pupa è priva di bozzolo e la metamorfosi avviene sotto terra in una celletta. Tuttavia alcuni membri della loro famiglia vengono utilizzati per produrre seta.
La maggior parte delle Saturnidi ha attività notturna, ma talvolta i maschi volano di giorno e le femmine di notte; in questo caso l'accoppiamento può avvenire di giorno. Le specie a volo diurno hanno sviluppato particolari strategie difensive. Nelle ali possono essere presenti macchie che imitano grandi occhi; spesso essi vengono esibiti all'improvviso, come nella specie Automeris io, spaventando il predatore che crede di essere fissato e minacciato da un vertebrato. Molte specie presentano setole urticanti.
Alcune specie italiane di adulti.
    
Saturnia Aglia tau              Saturnia Pyri                   Saturnia Antherea yamamai
Saturnia Cynthia
Fonte: wikipedia                  

Assenteismo, scoperti in Sicilia 42 “furbetti del cartellino”: 11 arresti. “Manipolavano il sistema delle presenze”.

Assenteismo, scoperti in Sicilia 42 “furbetti del cartellino”: 11 arresti. “Manipolavano il sistema delle presenze”

Dalle indagini della Procura di Palermo è emersa infatti, "una consolidata prassi di assenteismo ingiustificato realizzata attraverso un andirivieni di dipendenti pubblici che, in completa autonomia, gestivano i loro turni di servizio con presenze fittizie debitamente e furbescamente certificate".

Più di un dipendente su cinque truffava sulla presenza al lavoro negli uffici dell’assessorato regionale alla Salute a Palermo. Lo sostengono gli investigatori della guardia di finanza che hanno scoperto in Sicilia 42 “furbetti del cartellino”. Undici persone sono finite agli arresti domiciliari, altre undici hanno avuto notificato l’obbligo di firma e 20 invece, sono stati denunciati a piede libero e devono rispondere, a vario titolo, dei reati di truffa aggravata, accesso abusivo al sistema informatico e false attestazioni e certificazioni. Grazie a tre computer, infatti, alcuni impiegati riuscivano a segnare le presenze anche senza badge. Una opportunità utilizzata dai lavoratori infedeli per lasciare il luogo di lavoro senza perdere un euro di stipendio.
Dalle indagini della Procura di Palermo è emersa infatti, “una consolidata prassi di assenteismo ingiustificato realizzata attraverso un andirivieni di dipendenti pubblici che, in completa autonomia, gestivano i loro turni di servizio con presenze fittizie debitamente e furbescamente certificate”. Gli accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle, attraverso pedinamenti riscontri sul territorio e tramite l’utilizzo di microspie hanno “consentito di smascherare il fenomeno di cd dipendenti fantasma, rilevando e censendo più di 400 ore fraudolentemente attestate ma in realtà mai rese“.
Molti di loro infatti, “seppur fittiziamente risultavano in servizio, erano soliti recarsi a lavoro con circa 3 ore di ritardo,occuparsi di faccende private quali per esempio la spesa o il parrucchiere e in taluni casi persino raggiungere località fuori Palermo”, dicono i finanzieri. Tra gli indagati c’è una coppia: lui accompagnava la figlia a scuola e l’andava a prendere all’uscita, lei timbrava il cartellino del marito. Le telecamere piazzate dai finanzieri hanno immortalato la convivente di un impiegato che si intrufolava in assessorato per timbrare la fine del turno di lavoro, mentre il suo compagno si trovava altrove.
“Quello che impressiona in questa indagine iniziata nel 2016 è il numero di impiegati finiti nell’inchiesta: 42 su 200 che con disinvoltura hanno segnato 400 ore mai rese. L’indagine è iniziata dopo una segnalazione molto circostanziata fatta al 117 sull’assenza costante di alcuni dipendenti. Poi le indagini sono riuscite a ricostruire il fenomeno e le modalità con le quali i dipendenti riuscivano, grazie ad una rete di complicità, a garantire la presenza mentre si trovavano fuori per sbrigare faccende private”, spiega il comandante del gruppo di Palermo della Gdf, Alessandro Coscarelli.
L’assessore Ruggero Razza ha fatto sapere che “l’assessorato della Salute si costituirà parte civile nel procedimento e se dovessero ricorrere i presupposti avvierà le procedure di licenziamento per i dipendenti infedeli“. “Potrei dire – ha aggiunto Razza – che tra i primi atti al nostro insediamento c’è stata la direttiva sul controllo delle presenze e che i fatti per i quali si procede sono antecedenti all’insediamento di questo governo, la verità, però, è che fa rabbia pensare che dipendenti pubblici non siano presenti alle loro responsabilità. Sono sicuro che i magistrati andranno in fondo per scoperchiare del tutto questa vergogna”.
Fonte: ilfattoquotidiano del 27 nov. 2018

domenica 25 novembre 2018

Veneto, sequestrate 2 cave con 280mila tonnellate di rifiuti: “Erano contaminati, li miscelavano per fare lavori stradali”. - Giuseppe Pietrobelli

Veneto, sequestrate 2 cave con 280mila tonnellate di rifiuti: “Erano contaminati, li miscelavano per fare lavori stradali”

Secondo la Dda di Venezia, dopo anni di indagini condotte dalla Guardia di finanza e dai carabinieri forestali, le società che gestivano i siti 'depuravano' l'immondizia contaminata da metalli pesanti e amianto grazie alla miscelazione con altri rifiuti. E invece di smaltirla, la utilizzavano poi nell'edilizia o nelle grandi opere stradali. L'accusa è traffico illecito di rifiuti.

Non è facile immaginare 280mila tonnellate di materiale. E neppure diecimila tir, allineati uno dietro all’altro, necessari per trasportare montagne di rifiuti. La Direzione distrettuale antimafia di Venezia, dopo due anni di indagini coordinate dal pubblico ministero Giorgio Gava e condotte dalla Guardia di finanza e dai carabinieri forestali, ha chiesto e ottenuto il sequestro di due cave, riempite di immondizia. Si trovano a Noale, in provincia di Venezia, e a Paese, in provincia di Treviso.
In quest’ultima località il territorio comunale è stato trasformato in un autentico gruviera dallo scavo di cave nel corso dei decenni. Una di queste ospita una delle due discariche finite sotto sequestro perché il materiale contaminato da metalli pesanti e da amianto, sarebbe stato utilizzato per sottofondi stradali. Una procedura che avrebbe dovuto prevedere la pulizia. Invece, grazie alla miscelazione con altri rifiuti provenienti dal Veneto e dalle regioni vicine, vi sarebbe stato l’utilizzo per lavori stradali.
La competenza della procura distrettuale è scattata a causa dei reati ambientali connessi al traffico illecito di rifiuti. Le due discariche sono utilizzate dalla società Cosmo Ambiente di Noale, che è specializzata nel recupero e nello smaltimento di rifiuti speciali pericolosi nonché nella realizzazione di discariche e manufatti in calcestruzzo. I responsabili della società risultano indagati da un anno. A suo tempo vennero effettuate perquisizioni che sono servite ad acquisire i documenti riguardanti la movimentazione dei rifiuti e il loro eventuale utilizzo per lavori stradali.
Sono poi stati eseguiti campionamenti e verifiche sulla composizione dei rifiuti. E così si è chiuso il cerchio attorno a un impianto di trattamento a Noale, dove sono stoccate circa 80mila tonnellate, e alla cava Campagnole in località Padernello di Paese, dove si trova il quantitativo più imponente, circa 200mila tonnellate. Questa cava è di proprietà della ditta Canzian, ma è stata data in concessione alla Cosmo. Sono centinaia le aziende del Nord Est – e non solo – che vi trasportano rifiuti inquinati e contaminati.
Secondo gli investigatori – hanno operato anche i tecnici dell’Arpav – non sarebbe stato rispettato l’obbligo di trattare i rifiuti, eliminando amianto e metalli pesanti come rame, nichel, piombo e selenio. Vi sarebbe stata una semplice miscelazione con altri rifiuti, meno inquinati, così da ridurre la percentuale di contaminazione. Sarebbero stati poi aggiunti calce e cemento per produrre un amalgama da utilizzare nell’edilizia o nelle grandi opere stradali. Il provvedimento di sequestro è stato firmato dal gip Luca Marini. Le inchieste proseguono per verificare quale sia stato e dove sia avvenuto l’utilizzo del materiale.
Il gruppo Cosmo è il frutto dell’evoluzione di un’impresa familiare fondata più di cinquant’anni fa da Gino Cosmo. Oltre a Cosmo Ambiente, comprende Cosmo Scavi e Cosmo Servizi Ambientali. Tra i lavori effettuati, vi sono il Passante di Mestre, il casello autostradale di Noventa di Piave, l’aeroporto Marco Polo di Venezia e il parco San Giuliano di Mestre.
Mentre la sede centrale è a Noale, la discarica di Paese si trova in provincia di Treviso. Quest’ultima località conta la bellezza di 29 cave, che ne fanno il Comune più scavato della Marca. In una decina di casi le cave sarebbero a diretto contatto con la falda, in una zona ambientale particolarmente sensibile, perché a pochi chilometri vi sono le sorgenti del fiume Sile, costituite da risorgive, in un’area di grande bellezza naturalistica.
Fonte: ilfattoquotidiano del 23 novembre 2018

Perchè ci sanzionano?

Ci sanzionano perchè non mettiamo in pratica le imposizioni stabilite da chi regola l'economia nel mondo? Qui non si tratta di perdere la sovranità, si tratta di perdere la dignità.


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La donna.



















In ogni angolo del mondo la donna viene sottovalutata, usata, a volte malmenata, da sempre. 
Eppure, la donna è la custode della vita umana.
Dovremmo riservarle rispetto e riconoscenza per quello che fa; e se l'uomo si comporta male con lei è solo perchè non accetta la sua superiorità.
Sopra c'è un esempio dello sfruttamento al quale venivano e vengono sottoposte le donne rispetto all'uomo.

Cetta. 

I "piccioli" dei boss di Brancaccio Ecco la mappa degli investimenti. - Riccardo Lo Verso

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Da sinistra Antonino Lupo, Cesare Lupo, Salvatore Gambino

Coop per la gestione dei rifiuti, macellerie, pizzerie e società di catering affidate a prestanome.
PALERMO - Il 25 novembre 2011 l'avvocato Tommaso Scanio si presenta all'agenzia 18 di Banca Nuova, a Palermo. Porta all'incasso un assegno estero da 2 milioni di dollari americani. È stato emesso dalla Hsbc Bank Usa ed è tratto da un tale Michale Smith. Scanio chiede che l'assegno venga versato sul conto che quella stessa mattina vuole aprire in filiale. Un gesto fatale e forse anche disperato, dettato dalla necessità di fare soldi.
All'istituto di credito qualcuno si insospettisce e chiede informazioni ai colleghi americani. Risposta: l'assegno non risulta emesso. Da qui l'esposto alla Procura della Repubblica presentato dal dirigente della Direzione Legali affari generali di Banca Nuova.
Il mensile S in edicola dedica uno speciale, con nomi e intercettazioni finora inedite, all'inchiesta dei finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria che ha messo nei guai Scanio, ex vice procuratore onorario, e che ha portato ad un nuovo ordine di arresto per i fratelli Cesare e Antonino Lupo di Brancaccio e di Salvatore Gambino di Borgo Nuovo. Cersare Lupo sta scontando 28 anni per essere stato uno dei triumviri al potere nel feudo dei fratelli Graviano. Il fratello Antonino è stato condannato per mafia con sentenza definitiva e in primo grado per traffico di droga.
Il 9 giugno 2011 Scanio ci riprova: consegna in banca la copia di un messaggio con cui Hsbc Bank di Los Angeles attesta la regolarità dell'assegno. Chi è Scanio? Risulta titolare di uno studio legale con domicilio fiscale a Campofelice di Roccella e luogo di esercizio in viale Francia a Palermo. Dal 2005 al 2007 è stato consulente dell'Amia. Dall'ex municipalizzata dei rifiuti ha ricevuto parcelle per 80 mila euro. Una consulenza che gli è costata un processo per la stagione delle “spese pazze” dell'Amia nel quale è stato assolto con formula piena. In più è socio amministratore e legale rappresentante della “Fenice società cooperativa” con sede in via Celona, a Brancaccio. La coop all'inizio ha 35 dipendenti, ma a fine 2010 sono diventati 447, tra cui i fratelli Lupo.
C'è di più perché Scanio è stato presidente del Consiglio di amministrazione della “Sviluppo ambiente territorio”, una srl con sede in corso Domenico Scinà al Borgo Vecchio. Tra i soci c'è anche Maria Benedetta Lupo, figlia di Antonino. Ce n'è abbastanza per avviare l'indagine che viene però trasmessa a Caltanissetta, la cui Procura è competente quando ci sono di mezzo magistrati o giudici onorari, nel caso di Scanio, che lavorano a Palermo.
Nella coop Fenice sarebbe finiti 40 mila euro dei Lupo. Era Scanio nel 2013 a dire: “Il discorso dei soldi ora ci arriviamo al discorso dei soldi... perché il Lupo mi deve spiegare come... chi duemila chi tremila tutte queste cose comunque”.
L'elenco delle attività in cui sarebbero stati investivi i soldi della mafia prosegue con la “Recupero rottami” di via Pecoraino, intestata a Vito Ferrante, e con una macelleria in via dell'Orsa maggiore, ufficialmente di proprietà della moglie di Salvatore Alvares. Non sono gli unici affari ricostruiti dagli investigatori. Imprese edili, pizzerie e pollerie, una società di catering sono state intestate a presunti prestanome. Continua a leggere sul mensile S in edicola.
Fonte: livesicilia del 24 nov. 2018

sabato 24 novembre 2018

Carmelo Patti in affari con la mafia Sequestro e confisca da 1,5 miliardi. - Riccardo Lo Verso

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La Dia e la scalata del cavaliere, deceduto, al Gruppo Valtur. La replica della difesa.

PALERMO - Un patrimonio che vale un miliardo e mezzo di euro. Il decreto di sequestro e confisca che colpisce l'impero economico di Carmelo Patti entra nella storia giudiziaria italiana come uno dei più pesanti di sempre.

È stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, presieduta da Piero Grillo, su proposta del direttore nazionale della Direzione investigativa antimafia, Giuseppe Governale. Il provvedimento colpisce gli eredi di Patti, deceduto nel 2016, quando la parabola della sua fortunata carriera era ormai in declino. Una carriera marchiata, secondo l'accusa, dal patto con la mafia. In particolare, con la famiglia mafiosa di Castelvetrano, guidata dall'eterno latitante Matteo Messina Denaro.

I BENI OGGETTO DEL PROVVEDIMENTO/1

I BENI OGGETTO DEL PROVVEDIMENTO/2

Nel paese in provincia di Trapani Carmelo Patti era nato in una famiglia povera. Faceva il venditore ambulante di vestiti assieme al padre. Nel lontano 1962 furono dichiarati falliti. Poi, passo dopo passo, un'ascesa vertiginosa. Fondò innanzitutto la Cablelettra, a Robbio (Pavia) che si alimentava con le commesse della Fiat. Quindi la scalata al gruppo Valtur, acquisito per 300 miliardi di lire, e la realizzazione di una ventina di villaggi turistici e golf resort in giro per la Sicilia e l'Italia.

Il maxi provvedimento riguarda partecipazioni societarie in campo industriale, ma anche uno sterminato elenco di immobili in Italia, Marocco, Costa d’Avorio e Tunisia. I villaggi Punta Fanfalo a Favignana, Isola Capo Rizzuto a Crotone, Kamarina a Ragusa, il Golf Club Castelgandolfo. C'è pure una barca da crociera, la Valtur Bahia, registrata a Londra e ormeggiata a Mazara.

Tra i primi a parlare dei rapporti di Patti con la mafia è stato il pentito Angelo Siino. Uno che di affari se intendeva tanto da meritarsi l'appellativo di “ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra”. Dell'ex patron Valtur Siino raccontò la vicinanza al cassiere della mafia mazarese Francesco Messina. “Mastro Ciccio - spiegava il collaboratore di giustizia - aveva tra le mani Patti, tanto che Bernardo Provenzano ci scherzava su, dicendogli che lui non aveva problemi a passare le vacanze alla Valtur”. Sempre Siino disse di avere assistito ad un incontro fra il cavaliere Patti e Francesco Messina Denaro, il padre del latitante.

Quando nel 1998 andò all'asta la vendita del villaggio turistico di Punta Fanfalo, a Favignana, arrivarono due offerte. Una era di Emma Marcegaglia, che qualche anno dopo sarebbe diventata leader di Confindustria, e l'altra di una ragazza sconosciuta di soli 21 anni. Fu quest'ultima ad aggiudicarsela. Sarebbe rimasta proprietaria per poco tempo della struttura. A lei subentrò Carmelo Patti.

Poi arrivarono gli scandali, le inchieste e la crisi. La Valtur passò in amministrazione straordinaria per far fronte a un indebitamento enorme e furono vendute alcune strutture turistiche.

La Dia ormai da sei anni indagava sugli affari dell'imprenditore. Indagini che oggi sfociano nel sequestro e nella confisca agli eredi.

AGGIORNAMENTO ore 16.41L'amministratore delegato del 'Kamarina Resort', Den Dekker Dionysius "esclude il coinvolgimento della struttura alberghiera nel Ragusano quale presunto oggetto di sequestro penale eseguito, su ordine della Dia di Palermo, in danno di soggetti diversi che nulla hanno a che vedere con la società che rappresento, né oggi né in passato". La srl Kamarina Resort è una società detenuta per la maggioranza dalla famiglia olandese Den Dekker che ha il 78% del capitale, mentre, il 22 per cento è detenuto dall'imprenditrice siciliana Valentina La Vecchia. In una nota l'amministratore delegato Den Dekker Dionysius "diffida a pubblicare e diffondere notizie ed immagini che riguarda la propria struttura alberghiera che non ha nulla a che spartire col sequestro operato nei confronti della famiglia dell'imprenditore Carmelo Patti".

I difensori degli eredi di Carmelo Patti - Francesco Bertorotta, Angelo Mangione e Luciano Infelisi - in una nota annunciano che ricorreranno "subito in appello, ed in ogni altra sede, compresa la Corte europea dei diritti dell'uomo, per chiedere l'annullamento del decreto del Tribunale di Trapani. Secondo i legali il provvedimento "rappresenta un vero e proprio cortocircuito della giustizia, in quanto emesso in violazione di tutti i principi che regolano le misure di prevenzione", Clicca qui per leggere il comunicato del collegio difensivo


Fonte: livesicilia del 24 nov. 2018