mercoledì 24 febbraio 2021

Senza la scorta nel regno dei ribelli: assassinato l’ambasciatore Attanasio. - Massimo A. Alberizzi

 

Repubblica Democratica - Il diplomatico ucciso con un carabiniere e l’autista, altri tre rapiti da un gruppo ruandese.

L’attacco è stato improvviso in pieno parco nazionale del Virunga ed è sembrato un’esecuzione in piena regola. L’auto su cui viaggiava l’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, è caduta in un’imboscata tesa dai ribelli dell’Fdrl (Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda) sulla strada che collega Goma – città rivierasca sulla sponda nord del lago Kivu – a Ritshuru, in direzione del Lago Alberto, zona ricca di petrolio ancora non del tutto sfruttato. La dinamica dell’aggressione non è ancora chiara, ma dai primi riscontri ci sono due versioni: quella di un attentato e quella di un sequestro finito in tragedia. Stando alla prima – come ha raccontato lo stringer del Fatto Quotidiano a Goma – non sembra ci siano dubbi che l’obiettivo fosse l’ambasciatore. Un commando di miliziani armato ha assalito il convoglio sparando contro l’auto. Il nostro rappresentante diplomatico e il carabiniere di scorta, Vittorio Iacovacci, sono rimasti gravemente feriti. Morto sul colpo, l’autista congolese, dipendente Onu.

Via walkie-talkie i passeggeri delle altre auto del piccolo convoglio hanno avvisato sia i ranger del parco, sia i militari del contingente Monusco. Intanto i due italiani sono stati caricati su un pick-up e trasferiti all’ospedale da campo delle Nazioni Unite ma sono spirati durante il tragitto. “È come se gli aggressori sapessero già chi viaggiasse in quell’auto”, sostiene lo stringer. La seconda versione invece parla del sequestro dell’ambasciatore italiano e del carabiniere costretti a seguire gli aggressori nella foresta: durante la sparatoria con i ranger, nel frattempo intervenuti, i rapitori avrebbero ucciso gli italiani. Altri quattro uomini del convoglio sono stati rapiti: tre sono rimasti nelle mani della banda, il quarto invece è stato ritrovato. Sulla vicenda la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per attentato per finalità terroristiche.

Attanasio il giorno prima era stato a Bukavu e aveva incontrato i maggiorenti e i leader della zona. Era un uomo cordiale e molto alla mano. Anche a Ritshuru, dove era diretto, avrebbe dovuto vedere i capi locali e inaugurare alcune strutture donate dall’Onu, tra cui una scuola. Ma tra la popolazione qualcuno ce l’aveva con gli italiani. “Molta gente è convinta che siano stati firmati dei contratti di estrazione petrolifera tra Eni e governo centrale di Kinshasa. E i notabili del posto, rimasti a bocca asciutta, hanno minacciato ritorsioni e vendette”. L’ambasciatore Attanasio, originario di Saronno e laureato in Bocconi, viaggiava su una 4×4 del World Food Programme, l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di combattere la fame, sulla pista che da Goma porta a Ritshuru, attraverso il parco nazionale del Virunga, zona incantevole e surreale, circondata da vulcani attivi, come l’imponente e spettacolare Nyiragongo. Nell’agosto scorso Attanasio aveva richiesto un’auto blindata: come spiega l’agenzia Dire la procedura per l’assegnazione non era ancora stata completata.

L’area è pattugliata dalle forze del contingente internazionale della Monusco, ma non è per niente sicura. La foresta tropicale pullula di gruppi di ribelli, per lo più criminali senza scrupoli, il cui compito principale è taglieggiare le popolazioni assalendo i poveri villaggi, ammazzando gli uomini, stuprando le donne e rapendo i bambini che vengono arruolati a forza nelle milizie. “Sembra un attentato ben pianificato – è stato il commento di un italiano raggiunto per telefono a Goma –. Chi sapeva che l’ambasciatore sarebbe passato di lì questa mattina? È vero che quella strada è pericolosa e non si capisce bene perché l’ambasciatore l’ha percorsa senza scorta”. Secondo il ministero dell’Interno congolese “le autorità provinciali non erano a conoscenza della presenza dell’ambasciatore italiano nella zona”, motivo per cui non gli hanno fornito misure di sicurezza. Un documento diffuso dal Wfp chiarisce invece che “l’attacco è avvenuto su un percorso dove era stata concessa l’autorizzazione di viaggiare senza scorta di sicurezza”. Quel tratto di strada è battuto dalle milizie ruandesi dell’ Fdlr, i resti dell’esercito ruandese, formato da hutu, responsabile del genocidio del 1994. Sconfitti allora dai ribelli del Fronte Patriottico Ruandese a maggioranza tutsi, si erano rifugiati in Congo e da lì hanno lanciato attacchi verso il loro Paese.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/23/senza-la-scorta-nel-regno-dei-ribelli-assassinato-lambasciatore-attanasio/6110406/

Ecco perché è nato il governo Draghi: Gentiloni “confessa.” - Wanda Marra e Marco Palombi

 

Garante per i rigoristi - Con l’ex Bce l’Italia farà le riforme europee, ma (un po’) meno austerità. Le partite di Mr Ue: nomine, Colle, soldi.

Paolo Gentiloni ha avuto un ruolo determinante nel passaggio dal governo Conte-2 a quello di Mario Draghi: è evidente dalle sue mosse negli ultimi mesi, dalle nomine nel nuovo esecutivo e, ora, anche dalle sue parole. In una lunga intervista rilasciata ieri a La Stampa il commissario Ue chiarisce perché l’ex presidente della Bce è a Palazzo Chigi e per fare cosa. Partiamo proprio da qui: la recessione innescata dal Covid, com’è noto, non ha paragoni in tempo di pace e ora bisogna stare attenti a “evitare gli errori fatti nella crisi del 2008 e non tarpare le ali alla ripresa”, eliminando gli aiuti troppo presto. In particolare, dice Gentiloni, “nelle prossime settimane decideremo (a livello europeo, ndr) se e come prolungare il congelamento del Patto di Stabilità, mentre nei prossimi mesi avvieremo una riflessione cruciale su come ricalibrarlo”.

Tradotto: l’Italia deve evitare in ogni modo che tornino i vecchi vincoli di bilancio che ci costringerebbero a fare forti avanzi primari (austerità) fin dal 2023. Il governo Conte – è il ragionamento – non dava abbastanza garanzie ai rigoristi del Nord Europa: “Un’Italia finalmente virtuosa può spostare gli equilibri interni all’Ue”, essendo “più concentrata sulle riforme strutturali per una crescita sostenibile e meno disattenta alla dinamica del debito” (si tratterebbe, par di capire, di fare da soli quel che dice Bruxelles per evitare che ce lo chiedano dopo). Al di là di questo, Draghi – sempre secondo Gentiloni – dà maggiori garanzie sulla collocazione internazionale dell’Italia, insomma piace di più agli Usa: “Il governo Draghi è fortemente atlantista ed europeista”, mentre Conte da premier gialloverde aveva “avuto alcune gravi sbandate. Il nuovo governo ha ora le carte in regola non solo per farsi accettare, ma anche per farsi valere in Europa. Una differenza notevole”. Per non fare che un esempio, “l’atlantismo” di Draghi conterà assai su una partita come quella del 5G, centrale nel Recovery Plan, che gli americani vogliono “depurare” della presenza cinese: le deleghe sul tema a Giancarlo Giorgetti e Vittorio Colao – che Gentiloni già “impose” a Conte ai tempi della famigerata task force – sono una garanzia per Washington.

Questa sorta di “confessione” di Gentiloni permette di rileggere in controluce le mosse del commissario europeo dalla fine dell’anno scorso: attento a non sbilanciarsi, Gentiloni ha fatto da sponda all’operazione Draghi, disseminando segnali più forti via via che Conte si indeboliva. D’altra parte, Gentiloni e Draghi si conoscono da tempo e sono tra i principali punti di riferimento (informali) di Sergio Mattarella su quanto si muove sullo scenario internazionale. Era ancora novembre quando il Corriere pubblicò stralci di un documento del capo di gabinetto di Gentiloni, Marco Buti, che insisteva sulla necessità di una cabina di regia per il Recovery Plan, ma esprimeva anche una serie di preoccupazioni sulle fragilità italiane. Due giorni dopo, il commissario Ue smentiva ritardi del nostro paese. Una sorta di gioco delle parti che, comunque, puntava i riflettori sulla gestione dei fondi da parte di Conte.

Nei due mesi successivi, Gentiloni ha buttato lì i suoi timori sulla situazione italiana, senza attaccare mai Conte. Il 29 dicembre a Repubblica, Gentiloni esprimeva preoccupazione per la “qualità” del Recovery Plan italiano e sulla capacità di attuarlo, invocando procedure straordinarie; all’Eurogruppo del 18 gennaio esprimeva l’esigenza di un suo rafforzamento con obiettivi e riforme. Intanto in Italia, la linea del commissario europeo era quella di Luigi Zanda, stavolta distante sia dal suo capo-corrente Franceschini che dal segretario Zingaretti: il 3 gennaio invitava Conte ad affrontare “le fratture” aperte da Renzi; il 17 – mentre il Pd si attestava sulla linea “o Conte o voto” – si esprimeva contro le elezioni; il 1° febbraio, mentre Roberto Fico “esplorava”, lanciava un governo di “alte personalità”. E così, di fatto, il congresso del Pd si è aperto in mezzo alla crisi.

Anche nell’esecutivo non mancano le impronte di Gentiloni: il capo di gabinetto di Draghi è lo stesso che fu con lui a Palazzo Chigi, Antonio Funiciello; lo stesso Colao è passato dalla task force a un ministero; un pezzo della burocratja ministeriale è stata suggerita da lui. Draghi non ha certo bisogno di king maker, ma l’aiuto lo avrà gradito di sicuro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/23/ecco-perche-e-nato-il-governo-draghi-gentiloni-confessa/6110371/

Lesa Draghità. - Marco Travaglio

 

A parte Crozza, gli unici divertimenti in tv sono le rassegne stampa. Ma solo quando mostrano la prima pagina del Fatto, quasi sempre totalmente diversa dalle altre. A quell’orribile vista, i rassegnisti sono colti dalla sindrome di Fantozzi col megadirettore galattico: lingua felpata, salivazione azzerata, sudorazione a mille, le mani due spugne. E si sentono subito in dovere di prendere le distanze. Il bizzarro fenomeno si deve, temiamo, a un fraintendimento del concetto di “rassegna stampa”, che li induce a temere che lo spettatore attribuisca a loro i nostri titoli. Il precursore della rassegna con excusatio non petita incorporata è Maurizio M’Annoi, quello di Lineanotte, sempre un po’ assonnato per la fase digerente post-abbacchio e peperonata: “Questo naturalmente lo dice il Fatto”, è il suo mantra, come se qualcuno potesse mai pensare che lo dica lui. E, almeno in questo, ha fatto scuola.

L’altra sera, alla rassegna di Rainews 24, la brava presentatrice mostrava una ventina di titoli misto-bava & saliva senza fare un plissé. Poi le toccava il Fatto: “Draghi, un Conte-3 senza opposizione” a proposito delle scelte in totale continuità su chiusure, prescrizione, Aspi, Ilva e Servizi. E sprofondava nella più cupa costernazione, scambiando per insulti sanguinosi i nostri elogi a Draghi che conserva il buono fatto dal predecessore e le critiche ai voltagabbana che lo lodano per le stesse cose che rimproveravano a Conte. Infatti cercava conforto in Tonia Mastrobuoni di Stampubblica: “Tonia, insomma, un po’ duro questo titolo del Fatto… Non è un po’ presto per tracciare già i primi bilanci?”. Tonia, pronta, l’aiutava a denunciare il delitto di lesa draghità: ”Ma è ovvio. Quello è, come si suol dire, un giornale d’area, insomma (il suo invece è, come si suol dire, il giornale della Fca e di tante altre cose, insomma, ndr). E quindi avendo avuto sempre spiccate simpatie per i governi Conte, non riesce a sganciarsi da questo prisma attraverso cui guarda l’agire di Draghi”. In cui, prismi a parte, ella vede “un rigore meraviglioso”, “persone straordinarie”, “grandissimi professionisti”, insomma“adesso le cose stanno andando bene. Però, come dimostra anche quest’apertura del Fatto, la politica non sta mai zitta. E quindi speculazioni, indiscrezioni, interpretazioni completamente fuori dal mondo…”. In attesa di sapere dal direttore di Rainews24 Andrea Vianello a che titolo il “servizio pubblico” chieda alla concorrenza di darci le pagelle, temiamo di dover deludere la Tonia e la sua spalla: noi non staremo zitti e seguiteremo a scrivere quel che ci pare senza il loro permesso. Se però ci dicono dove tengono lezioni di giornalismo, magari passiamo a prendere qualche ora di ripetizione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/24/lesa-draghita/6111672/

Conte pronto a guidare M5S. Manca solo il via del Garante. - Luca De Carolis e Paola Zanca

 

Il movimento al bivio. Il progetto. L’ex premier e l’ipotesi di fare il “capo” del Movimento (ma aperto alla società civile). Ora per candidarsi serve il sì di Grillo.

Il professore Giuseppe Conte è pronto per tornare a insegnare. Già venerdì, quando terrà la lectio magistralis che segnerà il suo ritorno all’Università di Firenze. Ma l’altro Conte, l’ex presidente del Consiglio, è pronto a rilanciarsi al tavolo della politica. Ovvero a prendere le redini del M5S lacerato dal sì al governo di Mario Draghi, il tecnico che ha preso il suo posto a Palazzo Chigi. “Giuseppe si sta convincendo” dicono fonti di peso del Movimento. Le interviste al Fatto di due big come Alfonso Bonafede e Paola Taverna gli hanno dimostrato che i contiani sono ancora forti, dentro i 5Stelle. E poi c’è il chiaro segnale lanciatogli su Facebook da Luigi Di Maio, l’unico possibile avversario interno: “Spero che il Movimento possa accogliere Conte a braccia aperte, il prima possibile”. Di Maio sa che l’avvocato può essere l’unico mastice possibile per un M5S esploso in troppe schegge. E teme che la segreteria prossima ventura, dove molti gli chiedono di entrare, possa nascere già debolissima.

Così si torna a Conte, il federatore, l’uomo naturalmente “di centro” (e questo a Di Maio non può che andare bene). L’unico che possa tenere aperto il canale con il Pd che pure non se la passa affatto bene, tra tensioni pre-congressuali e la solita guerra di correnti. “Serve Giuseppe” ripete d’altronde Beppe Grillo, il fondatore, da settimane. Ma come fare? Innanzitutto, Conte dovrebbe iscriversi. Ma serve molto altro. Fonti qualificate spiegano che, a fronte di un regolamento per la votazione della segreteria già diffuso, ora deve essere proprio Grillo a scrivere una nuova rotta per cambiare le regole e consegnare le redini all’ex premier. Nel dettaglio, serve un comunicato formale con cui il Garante annunci la volontà di fermare il percorso verso la segreteria, l’organo collegiale, nominando Conte capo politico e affidandogli il compito di riorganizzare il M5S. Un’investitura che dovrebbe essere comunque approvata su Rousseau.

Ma certo il punto non è solo quello. Perché nella riflessione che Conte sta facendo, c’è di più. C’è innanzitutto una revisione dei legami con la piattaforma: lui che non ha rapporti con Davide Casaleggio, potrebbe accelerare quel percorso già avviato verso il “contratto di servizio” che sfila il Movimento dalla casa madre milanese.

Ma soprattutto, al di là della forma, il M5S che Conte immagina di guidare è un partito “aperto”, “plurale”, che allarga il suo orizzonte alla società civile e alle “migliori energie del Paese” che in questi anni di governo si sono avvicinate all’esperienza giallorosa, ma che non possono essere strette nelle maglie di quel M5S che ora ha attivisti e meet up a fare da filtro. Deve aprirsi, in sostanza, a tutti quelli che adesso vorrebbero mettersi a disposizione, ma non sanno a chi rivolgersi. L’ex premier insomma vuole le chiavi di un progetto nuovo, che al centro abbia sì i temi fondanti dei 5Stelle – l’ambiente, la legalità, la trasparenza – ma che sia anche disposto a “contaminarsi” con la società. Un’idea maturata negli ultimi giorni, dopo la partenza in salita dell’intergruppo parlamentare giallorosa. Se prima l’ex premier, ragionava di un progetto proprio, una sua lista che facesse da ponte tra Pd e M5S, ora teme che il “suo” partito possa avvelenare il clima: non solo nei 5Stelle in crisi, ma anche nei dem dove la linea di Zingaretti uscirebbe ulteriormente indebolita dalla nascita di una formazione che andrebbe a pescare pressoché nello stesso bacino elettorale. Per questo, assumere la guida M5S potrebbe essere il modo per salvare quanto costruito nell’ultimo anno e mezzo. E sarebbe anche una via per ripescare quell’Alessandro Di Battista che si è cancellato da Rousseau. E magari anche qualcuno degli espulsi: due sere fa, nell’assemblea dei senatori, Alessandra Maiorino ha proposto una tregua: anziché espellere chi ha votato no, date le “circostanze eccezionali”, i parlamentari potrebbero essere sospesi per alcuni mesi, messi alla prova e magari riammessi nel M5S. È una proposta, a oggi non contemplata dallo Statuto. Ma chissà che Conte non abbia voglia di ricucire certe ferite.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/24/conte-pronto-a-guidare-m5s-manca-solo-il-via-del-garante/6111675/

Antonio Catricalà morto suicida. La Procura apre un'indagine.

 

Fu funzionario per Presidenza Consiglio e Garante Antitrust.

Antonio Catricalà, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed ex Garante dell'Antitrust, è stato trovato morto nella sua abitazione a Roma, nel quartiere Parioli.

Catricalà, secondo quanto si apprende da fonti investigative, si sarebbe suicidato sparandosi un colpo di pistola. Sul posto è presente la Polizia e la Scientifica. 

Catricalà aveva 69 anni, dal 2017 era presidente del cda della società Aeroporti di Roma e nei giorni scorsi era stato nominato presidente dell'Igi, l'Istituto grandi infrastrutture.

UN CIVIL SERVANT DAI MOLTI RUOLI - IL PROFILO

La Procura di Roma ha avviato un fascicolo di indagine in relazione al suicidio dell'ex Garante dell'Antitrust.

Il pm di turno Giovanni Battisti Bertolini si è recato in via Antonio Bertoloni nel quartiere Parioli.

IL SUO ULTIMO ARTICOLO.

L'Aula del Senato ha rispettato un minuto di silenzio, su invito della presidente Elisabetta Casellati, in memoria di Antonio Catricalà.

Casellati, al termine della commemorazione di Franco Marini, ha informato che "è venuto a mancare" l'ex sottosegretario, esprimendo "il cordoglio personale e dell'Assemblea" alla famiglia.

Molti i messaggi di cordoglio alla famiglia dell'ex presidente dell'Antitrust. "Grande amico, grande servitore dello Stato, Antonio Catricalà lascia un incolmabile vuoto in tutti quelli che lo hanno conosciuto e hanno avuto l'onore e il privilegio di lavorare con lui", scrive su Facebook il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, aggiungendo che "è un dolore fortissimo".

"Siamo sgomenti, sconvolti e addolorati per la morte di Antonio Catricalà. Fine giurista, uomo di Stato che ha saputo rappresentare le Istituzioni con disciplina e onore. Mancherà profondamente alla comunità politica di Forza Italia, mancherà all'Italia. Alla famiglia le più sentite condoglianze", scrive in una nota Giorgio Mule', deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/24/morto-suicida-lex-sottosegretario-antonio-catricala_418b5988-b48f-4e52-8375-aad11e792483.html

"Neanderthal scomparso a causa del campo magnetico." - (29 MAGGIO 2019)

 

Estinti per colpa dell'esposizione eccessiva ai raggi UV. Uno studio Cnr-Ismar mette in relazione il campo magnetico con l'evoluzione umana. "Potrebbe verificarsi un nuovo crollo, come quello di 41mila anni fa". E dalla Francia spunta un'altra tesi sul declino: colpa del calo di fertilità.

FURONO le radiazioni Uv in dosi supermassicce a far scomparire l'uomo di Neanderthal, più che la competizione tra specie. E' la nuova ipotesi dei paleomagnetisti Luigi Vigliotti Jim Channell che hanno identificato la causa scatenante nell'Evento di Laschamp, una delle principali escursioni del campo magnetico terrestre, risalente a 41 mila anni fa (41.300+/-600 anni). In sostanza, il crollo (a circa il 25% del valore attuale) improvviso del campo magnetico terrestre fu determinante per la selezione dei nostri antenati, i Cro-Magnon, a scapito dei neanderthaliani che subirono un aumento delle radiazioni ultra-violette. Il tutto a causa di una variante genetica del recettore arilico (AhR), una proteina sensibile proprio ai raggi Uv. Così, in un lasso di tempo relativamente breve di circa 2000 anni, i Neanderthal lasciarono il passo ai Sapiens.
Lo studio, condotto dal Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Ismar) e dall'Università della Florida e pubblicato su Reviews of Geophysics, spiega come i ricercatore abbiano tratto queste conclusioni combinando le datazioni sulla scomparsa dei Neanderthal (41.030-39.260 anni fa) dai principali siti paleolitici con dati genetici.

La 'convivenza' (non ché l'incrocio) tra "Neanderthal e Sapiens durò per alcune migliaia di anni, come dimostrano le 'impronte' lasciate nel nostro Dna e i tratti somatici di alcuni individui contemporanei", spiega Vigliotti. "La loro estinzione è stata oggetto di numerose ipotesi, incluso l'istinto 'fratricida' dei nostri antenati. Nel 2016 un gruppo di biologi molecolari ha scoperto l'esistenza di una piccola variante genetica Ala-381 nel recettore arilico dei Neanderthal rispetto al Val-381 dei Sapiens (e dei fossili Cro-Magnon), che fu interpretata come un vantaggio nell'assorbimento delle tossine prodotte dal fumo legato allo stile di vita trogloditico. Il recettore arilico è infatti fondamentale nel regolare l'effetto tossico della diossina. La coincidenza con i tempi dell'estinzione dei Neanderthal suggerisce che invece fu lo stress ossidativo prodotto dalla mancanza dello schermo fornito dal campo magnetico terrestre rispetto ai raggi Uv ad essere responsabile della loro scomparsa".

I raggi ultravioletti e l'estinzione dei mammiferi.

"Non è un caso che la fine del Laschamp segni l'uscita di scena dei Neanderthal e l'espansione dei Cro-Magnon, cioè dell'uomo moderno", spiega Vigliotti. "Il Laschamp non fu per altro fatale solo ai neanderthaliani. Nello stesso intervallo di tempo in Australia si estinsero 14 generi di mammiferi, soprattutto di grossa taglia, come dimostra la drastica diminuzione nei sedimenti delle tracce di sporormiella, un fungo coprofilo che vive sullo sterco di grandi animali erbivori, proprio in corrispondenza del minimo di intensità del campo magnetico terrestre. Un altro minimo osservato circa 13 mila anni fa portò alla scomparsa di 35 generi di grandi mammiferi in Europa e soprattutto in Nord America intorno a questo intervallo di tempo, quasi in un 'istante' geologico. Questi due focolai di estinzione - aggiunge - dipendono dalla diminuzione dell'ozono stratosferico durante gli episodi di bassa intensità di campo magnetico e dal ruolo della radiazione ultravioletta ben più che dall'overkill da parte dell'uomo o dal cambiamento delle condizioni climatiche".

La ricerca appena pubblicata analizza anche le relazioni tra intensità del campo magnetico ed evoluzione umana negli ultimi 200 mila anni, l'intervallo di tempo che ha visto lo sviluppo dell'Homo Sapiens. "Abbiamo integrato tutti i dati fossili esistenti con le datazioni delle ramificazioni principali dell'evoluzione umana in base all'analisi del Dna mitocondriale e del Cromosoma-Y. Nonostante la scarsità dei materiali fossili e i margini di errore delle metodologie utilizzate per ricostruire l'età delle ramificazioni dei vari aplogruppi (gruppi con lo stesso profilo genetico) umani, abbiamo trovato interessanti relazioni", dice il ricercatore Cnr-Ismar. "La datazione a circa 190 mila anni fa dei resti fossili del più antico Sapiens conosciuto (Omo Kibish, trovato in Etiopia) e del Mithocondrial Eve, il nostro più recente antenato comune su base matriarcale, coincide con un altro momento di assenza del campo magnetico terrestre noto come Iceland Basin Excursion".

Il ruolo del campo magnetico sull'evoluzione umana

"L'evoluzione umana - conclude Vigliotti - ha poi avuto vari sviluppi concentrati tra 100 e 125 mila anni fa, nell'ultimo interglaciale, che hanno fatto considerare il clima uno dei fattori che hanno guidato l'evoluzione. Anche in questo caso però registriamo un altro minimo del campo magnetico terrestre: l'evento di Blake (125-100 mila anni fa). Con il procedere delle conoscenze sulla ricostruzione del campo magnetico, del suo ruolo nel modulare i raggi Uv e di quello dell'AhR rispetto agli effetti di queste radiazioni, e quando saranno disponibili più accurate datazioni di nuovi reperti fossili e miglioramenti nella filogenesi umana, si chiarirà meglio il ruolo che l'intensità del campo magnetico gioca nell'evoluzione di tutti i mammiferi e forse non solo".

Il campo magnetico in continua evoluzione

Un nuovo crollo del campo magnetico non è da escludere. "Il campo magnetico terrestre - spiega infatti lo studioso - si sta già abbassando da più di 2mila anni, ma dal 1800 circa lo sta facendo più velocemente, a un ritmo 10 volte più alto del solito. Potrebbe crollare, come ha fatto 40mila anni fa causando l'estinzione dei Neanderthal, oppure stabilizzarsi o anche risalire. Impossibile prevederlo, così come è impossibile sapere in anticipo come reagirà l'umanità a un nuovo crollo".

"Quello che abbiamo scoperto è che il campo magnetico terrestre influenza l'evoluzione: lo ha fatto 40mila anni fa causando la scomparsa dei Neanderthal e di altri mammiferi, risparmiando i Cro-Magnon. Del resto la vita si è sviluppata sulla terra in coincidenza con la stabilizzazione del nucleo terrestre, cioè la fonte del campo magnetico", spiega Vigliotti. "Sappiamo, inoltre, che il campo magnetico terrestre è in continua evoluzione. Non sta mai fermo - continua - e oscilla sempre. Sappiamo che si sta abbassando e che da un po' di tempo ha accelerato il ritmo, ma non possiamo prevedere cosa succederà". Molte le ipotesi e le speculazioni. "Potrebbe fermarsi oppure invertire tendenza e risalire", sottolinea Vigliotti. "E' possibile anche che continui a calare e con questo ritmo, nel giro di mille o duemila anni arrivare a zero", aggiunge. Le conseguenze sono altrettanto imprevedibili e imponderabili.

L'altra ipotesi: un calo della fertilità.

A escludere catastrofi e cambiamenti climatici come cause della scomparsa dell'uomo di Neanderthal è anche un altro studio, che prende in considerazione l'estizione dal punto di vista demografico. Secondo la ricerca pubblicato sulla rivista Plos One dai ricercatori guidati da Anna Degioanni, dell'università francese di Aix-Marseille, si sarebbe trattato di un calo della fertilità con una diminuzione dei tassi nelle donne giovani (sotto i 20 anni di età) di appena lo 2,7% abbinata a una diminuzione dello 0,4% della sopravvivenza dei bambini, con meno di un anno di età, che potrebbero aver portato alla diminuzione della popolazione e alla sua estinzione nell'arco di 4.000-10.000 anni. Il modello è stato creato sulla
base di dati raccolti osservando i moderni gruppi di cacciatori-raccoglitori e su grandi scimmie ancora esistenti, così come dati relativi ai neanderthaliani, disponibili da precedenti studi. "Questo studio sulla scomparsa dei Neanderthal - chiariscono però gli autori - non tenta di spiegare perché i Neanderthal si sono estinti, ma di identificare come potrebbero essere scomparsi".

https://www.repubblica.it/scienze/2019/05/29/news/_nenderthal_scomparso_a_causa_del_campo_magnetico_-227488046/

Leggi anche: 

https://www.repubblica.it/scienze/2020/02/19/news/un_fiore_nella_tomba_cosi_neanderthal_seppelliva_i_propri_cari-248989786/

https://www.repubblica.it/scienze/2017/03/09/news/i_neanderthal_si_curavano_con_aspirina_e_antibiotici-160152721/

Dopo il Mes, i Servizi: Renzi ammaina un’altra bandierina anti-Conte. - Lorenzo Giarelli

 

Dall’Ilva alla prescrizione e adesso gli 007, Italia Viva cambia ancora: delega al premier e tutti muti sui pieni poteri.

Mancavano giusto i Servizi segreti. Dopo il Mes, la prescrizione, l’Ilva e i vaccini, Matteo Renzi e i suoi – insieme al resto della maggioranza – si preparano ad ammainare un’altra delle bandiere con cui per un mese avevano riempito giornali e tv nel tentativo – poi riuscito – di far cadere il governo Conte.

Proprio all’ex premier era stato imputato di voler rincorrere “i pieni poteri”, di non “rispettare le regole democratiche”, e tutto perché aveva intenzione di tenere per sé la delega all’intelligence. Un orientamento condiviso adesso da Mario Draghi, che pare intenzionato a occuparsi in prima persona degli 007, senza che nessuno della sua maggioranza alzi un dito per chiedere spiegazioni.

Magari alla fine non se ne farà nulla e Draghi cambierà idea all’ultimo minuto, ma le diverse anticipazioni uscite sui giornali sarebbero dovute bastare per stanare eventuali pasdaran delle deleghe, come era stato a dicembre con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Oggi invece non c’è traccia delle accuse di un tempo. E pensare che il 17 gennaio, sulla questione dei servizi, Renzi era netto: “Penso che si debbano rispettare le tradizioni democratiche. È l’ennesimo segno di un modello democratico che viene messo in discussione”. Qualche giorno prima, il leader di Iv si era lamentato della deriva autoritaria dell’ex premier: “I pieni poteri non vanno dati a nessuno, nemmeno a Conte. Per questo ho chiesto spiegazioni sulla gestione dei servizi segreti”.

Parole a cui facevano sponda diversi esponenti del Pd, tra cui il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio: “Quello dei Servizi è uno dei temi su cui anche noi abbiamo stimolato una riflessione. È una questione che va posta: è chiaro che è in capo al presidente del Consiglio, ma diverse volte è stata delegata ad altri”. Per non dire di Pier Ferdinando Casini, che definiva “incomprensibile” la scelta di Conte, figlia di “un accanimento” che “non dovrebbe esistere”.

Fiumi di parole che ora fanno posto a un ossequioso silenzio, proprio come già successo su alcuni dei temi per i quali – a suo dire – Renzi aveva aperto la crisi. Primo su tutti, quel fantomatico Mes che per mesi era stato descritto come “indispensabile” e per il quale era persino nato un intergruppo parlamentare a cui avevano aderito più di 100 tra deputati e senatori. Tutto finito in soffitta per ammissione degli stessi renziani e dei forzisti, che qualche giorno fa hanno chiarito come il tema “non sia più all’ordine del giorno” e come “non si debba creare problemi al governo Draghi”.

Un cambio di rotta niente male, che fa il paio con quanto successo sulla giustizia. Quasi tutti i partiti di maggioranza, ad esclusione dei 5 Stelle, avevano presentato emendamenti per eliminare il congelamento della prescrizione voluto dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, di cui Renzi aveva chiesto la testa. Al momento, però, il governo ha rinviato tutto a data da destinarsi: troppo divisivo il tema della giustizia per incartarsi al primo mese di esecutivo. Nel frattempo, la legge Bonafede rimane in vigore.

Che dire poi del commissario Domenico Arcuri, a cui Renzi e compagni hanno imputato i presunti disastri di una campagna vaccinale che invece, non più tardi di due settimane fa, è stata elogiata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Arcuri è ancora al suo posto e nel frattempo ha visto pure il nuovo governo confermare l’impianto del precedente esecutivo sulla questione Ilva. Il commissario all’emergenza Covid guida infatti anche Invitalia, l’agenzia pubblica che si farà carico di entrare nel capitale dell’acciaieria con pesanti investimenti statali, in modo da risolvere un contenzioso con Arcelor Mittal che dura da anni. Questa strategia, portata avanti dal Conte-2, è stata benedetta tre giorni fa dal nuovo titolare del Mise, il leghista Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato i sindacati auspicando che “Invitalia prosegua nel percorso dell’accordo”. Con tanti saluti, anche in questo caso, a Italia Viva e alle sue rumorose proteste anti-Conte.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/23/dopo-il-mes-i-servizi-renzi-ammaina-unaltra-bandierina-anti-conte/6110369/#

Anche gli atomi hanno "limiti di velocità." - Mara Magistroni

 

Per la prima volta i fisici hanno calcolato la velocità massima che occorre per spostare un atomo da un punto a un altro senza perdere informazioni. Una scoperta che permetterà di ottimizzare le future tecnologie quantistiche.

Qual è la massima velocità che può raggiungere un atomo per spostarsi da un punto a un altro senza perdere informazioni? Per la prima volta i ricercatori dell’università di Bonn (Germania) e dell’università di Padova sono riusciti a calcolarla all’interno di un sistema quantistico complesso. La scoperta di questo limite di velocità avrà importanti ripercussioni sul calcolo quantistico, scrivono gli esperti: “servirà per raggiungere il numero massimo di operazioni che possono essere eseguite dai computer quantistici.

Anche nel mondo dei quanti esistono limiti di velocità. Alcuni, quelli nei sistemi semplici a due stati quantici, già si conoscevano perché prevedibili dalla teoria. Ma nei sistemi complessi, in cui un atomo passa attraverso diversi stati eccitati, previsioni non se ne potevano fare.

Conoscere la velocità massima a cui poter spostare un atomo senza perdere informazioni (ossia facendo in modo che all’arrivo l’atomo si trovi nello stesso stato quantico di partenza) è un’informazione preziosa, che permetterebbe di ottimizzare le future tecnologie quantistiche. Andare troppo lenti, infatti, espone ai disturbi dell’ambiente che fanno calare le prestazioni dei computer quantistici, ma andare troppo veloci fa perdere informazioni.

Ora, per la prima volta, i fisici dell’università di Bonn in collaborazione con (anche) l’università di Padova ce l’hanno fatta: hanno spostato un atomo di cesio nel minor tempo possibile senza perdere informazioni. Ma attenzione: la velocità dell’atomo per raggiungere l’obiettivo non si è rivelata costante.

Per cercare di capire l’esperimento, possiamo immaginare di dover portare un bicchiere d’acqua in equilibrio su un vassoio da un punto a un altro di una stanza, a un altro punto ancora nel minor tempo possibile senza farne cadere una goccia. La tecnica migliore è quella di inclinare un pochino il vassoio mentre stiamo accelerando e inclinarlo nella direzione opposta quando rallentiamo per riportarlo completamente orizzontale solo quando ci fermiamo.

Gli atomi, spiega Andrea Alberti, dell’Istituto di Fisica applicata all’Università di Bonn e leader dello studio, sono come l’acqua nel bicchiere: bisogna pensarli come un’onda di materia più che come palle da biliardo. Il vassoio nell’esperimento, invece, era costituito da due raggi laser sovrapposti e diretti l’uno contro l’altro a formare un’onda stazionaria di luce, con montagne e valli. “Abbiamo intrappolato l’atomo in una di queste valli e poi abbiamo messo l’onda luminosa in movimento spostando la valle in cui l’atomo si trovava confinato”, spiega Alberti. “Il nostro obiettivo era quello di portare l’atomo a destinazione nel più breve tempo possibile senza che fuoriuscisse dalla valle stessa”.

I ricercatori hanno così fatto percorrere all’atomo di cesio una distanza di 0,5 micrometri, scoprendo che il trucco per mantenere la massima fedeltà (la somiglianza degli stati iniziale e finale) non è mantenere una velocità di crociera costante ma apportare una serie di aggiustamenti fatta di accelerazioni e decelerazioni: con una velocità media inferiore a circa 17 millimetri al secondo, la fedeltà era molto buona, ma scendeva a valori molto più bassi a velocità medie più elevate.

https://www.wired.it/scienza/lab/2021/02/23/atomi-limite-velocita-computer-quantistico/?fbclid=IwAR1DhCKgmsVAOM-pVMAfjC4Q3eEsGZbdpw4TL2v58U_e_FryeUmm3lwfq6c&refresh_ce=

Il sistema 15%: il libro mastro della lega. - Andrea Sparaciari e Stefano Vergine

 

Esclusivo. Il registro lombardo dei soldi. Soldi&Poltrone 2015-2017: tutti i “contributi liberali” al partito di Salvini. Tra i donatori, anche il ministro Garavaglia, il senatore Romeo e Attilio Fontana.

Lo scorso dicembre abbiamo raccontato come la Lega, dal 2004 al 2014, abbia organizzato un sistema di finanziamento interno basato sui nominati: dirigenti sanitari, consiglieri d’amministrazione e revisori contabili che per dieci anni hanno restituito al partito il 15% del proprio stipendio pubblico. Ora possiamo svelare che il famoso “sistema del 15%” è continuato anche sotto la gestione di Matteo Salvini: ribassato a un più contenuto 10%, ma organizzato in modo ancor più maniacale. A dirlo è un registro di contabilità interna – di cui il Fatto è entrato in possesso –, una trentina di pagine che riassumono nei dettagli tre anni di gestione finanziaria della sezione lombarda della Lega: 2015, 2016 e 2017. Periodo in cui a capo del partito in regione c’era Paolo Grimoldi, deputato, fedelissimo di Salvini, nominato proprio dal leader nazionale del partito. I documenti ottenuti grazie a una fonte interna alla Lega, contengono la lista di chi in quegli anni girava parte del proprio stipendio al Carroccio. Nomi, cognomi, posto d’assegnazione e cifra versata. Nell’elenco ci sono attuali ministri del governo Draghi, consiglieri e assessori (quindi politici), ma anche tanti dirigenti pubblici. Che, in teoria, dovrebbero essere nominati solo sulla base di merito e competenze.

Tutti questi soldi confluiti nelle casse del partito sono stati versati come “erogazione liberale”. Una dicitura che permette di ottenere un trattamento fiscale di favore: chi dona può infatti detrarre la somma dalle tasse. Di certo con questo sistema la Lega in Lombardia ha raccolto parecchi soldi: 660mila euro nel 2015, altri 640mila nel 2016. E questo riguarda solo la Lombardia; esclusi quindi i quattrini bonificati alla sede centrale del partito e a tutte le altre sezioni regionali.

“La pazienza delle persone perbene ha un limite, da oggi querelo chiunque accosti il mio nome a gente mai vista né conosciuta”. Così parlava Salvini il 16 luglio 2020, all’indomani della notizia dell’inchiesta aperta dalla Procura di Milano sulla Lombardia Film Commission, l’ente pubblico vittima di un peculato da 800mila euro architettato, secondo le accuse dei magistrati, da Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, i due commercialisti scelti per gestire le malandate finanze del partito insieme al compagno di università Giulio Centemero, deputato e tesoriere della Lega. Nei documenti interni ci sono i nomi di Centemero, Manzoni e Di Rubba, con i loro versamenti fatti in relazione alle nomine pubbliche. Di Rubba, stando al registro, ha versato 1.000 euro alla Lega nel 2016 proprio per la poltrona da presidente della Lombardia Film Commission. Lo stesso ente da cui, secondo i magistrati di Milano, in quegli anni avrebbe fatto uscire 800mila euro con l’intento di prendersene una buona parte e investirla in due villette sul Lago di Garda, una per lui e una per il collega Manzoni.

Tra le società più grandi citate nei tabulati c’è poi Fiera Milano Spa. Quotata a Piazza Affari e controllata da Regione Lombardia, gestisce lo spazio fieristico più grande d’Italia. I documenti raccontano che Attilio Fontana, quando era vicepresidente della Fiera, per quell’incarico avrebbe versato soldi alla Lega: 5mila euro all’anno, nel 2015 e nel 2016. Poco più del 10% previsto, visto che il contratto con la Fiera prevedeva una paga annua di 43.050 euro.

Tra i tanti pagatori spicca poi Andrea Mascetti, avvocato presente nei cda di alcune delle più importanti società italiane, da Intesa Sanpaolo a Italgas: avrebbe versato al partito 4.741 euro nel 2015, quando è diventato (a giugno) presidente di Nord Energia, e 8mila esatti euro l’anno dopo, praticamente il doppio, mentre anche lo stipendio da manager pubblico raddoppiava.

Il dirigente in quota Lega più generoso è stato però Andrea Gibelli: 15mila euro nel 2015, 20mila euro nel 2016. D’altra parte anche lo stipendio da nominato era di tutto rispetto. Sotto il nome di Gibelli, come per tutti gli altri, il funzionario della Lega che ha compilato il tabulato ha segnato la qualifica: presidente di Fnm, la holding dei trasporti lombardi quotata in Borsa. La regola del 10% è stata rispettata anche in questo caso. Nel 2015 lo stipendio di Gibelli come presidente di Fnm (per mezzo anno di servizio) è stato di 153mila euro. Nel 2016 è aumentato a 290mila euro e parallelamente è cresciuto il suo contributo alla causa salviniana.

Tra i donatori più fedeli ci sono poi alcuni politici che nel frattempo hanno fatto carriera. Come Massimo Garavaglia, neo ministro del Turismo. Tra il 2015 e il 2017, quando era assessore al Bilancio in Lombardia, Garavaglia – secondo la contabilità interna – avrebbe versato 32.500 euro. Soldi donati insieme alla moglie, Marina Roma, oggi sindaco nel Comune milanese di Marcallo, ovviamente leghista. Ancor più generoso è stato Massimiliano Romeo, all’epoca consigliere regionale al Pirellone, oggi capogruppo della Lega al Senato e in corsa per un posto da sottosegretario nel governo Draghi: dal 2015 al 2017 Romeo avrebbe versato alla Lega Lombarda 50.300 euro.

Fatta eccezione per i politici di professione, il grosso della lista dei donatori è costituito però da semisconosciuti “piazzati” su varie poltrone pubbliche. Il presidente dell’Aler Milano (Mario Angelo Sala), il consigliere d’amministrazione del Policlinico San Matteo di Pavia (Giuseppe Zanoni), quello dell’Istituto dei Tumori (Andrea Gambini) e dell’Istituto Besta (Ivano Locatelli Paola Bergamaschi), il revisore contabile della Fondazione Stelline (Simona Ferraro).

E poi i dirigenti sanitari, pezzo forte delle nomine padane da oltre dieci anni. Nei nuovi documenti sono elencati i vertici di tutta la sanità lombarda. Compresi alcuni di quelli già trovati nelle liste del decennio 2004-2014. Ci sono ad esempio Mara Azzi Mauro Borelli, direttori generali della sanità, oggi in carica rispettivamente alla Ats di Pavia e alla Asst Franciacorta. Manager pubblici che hanno versato ininterrottamente alla Lega per almeno 13 anni. E che oggi sono ancora in carica, sempre più in alto nelle gerarchie della sanità lombarda. Carriere da urlo per gli aficionados dell’obolo leghista.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/24/il-sistema-15-il-libro-mastro-della-lega/6111699/?fbclid=IwAR36B9L2bGyZWLNhwgoUqtb5j0E8E9OTKjhjoBMbPlYoRR18l_utacKnTnM