Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 20 giugno 2023
Giuseppe Conte - Manifestazione #BastaVitePrecarie.
domenica 7 agosto 2022
Conte e Renzi, corsa in solitaria per il terzo polo. - Emilia Patta
Sblocco dei crediti e ripristino del Superbonus edilizio al 110% delle origini. Salario minino legale. Difesa del reddito di cittadinanza. E naturalmente transizione ecologica dura e pura, senza cedimenti su rigassificatori o termovalorizzatori. Altro che Agenda Draghi. Per il M5s di Giuseppe Conte, piuttosto, ci vorrebbe l’Agenda Parisi (Giorgio, il premio nobel per la fisica impegnatissimo sul fronte della lotta al climate change). L’ex premier si ritrova alla fine da solo, senza più l’alleanza con il Pd che ha caratterizzato la stagione del suo secondo governo, il Conte 2, e senza neanche la sinistra di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli che, nonostante le polemiche furiose di questi giorni, sigleranno oggi l’intesa con il segretario dem Enrico Letta per stare nella coalizione democratica e progressista. Dunque Cinque Stelle soli, duri e puri come alle origini.
Un po’ difficile, per la verità, convincere gli elettori storici del movimento con la narrazione di un improbabile ritorno alle origini dopo aver guidato due governi di segno diversissimo (il Conte 1 con la Lega e il Conte 2 con il Pd) e aver sostenuto il governo Draghi delle larghissime intese. Ma il motivo fondamentale che ha portato Conte a “defenestrare” Mario Draghi è stato il declinare inarrestabile del M5s nei sondaggi: ora la sfida è mantenerlo sopra il 10% puntando appunto sulla corsa solitaria e su un’agenda alternativa a quella tanto evocata di Draghi. Non a caso Conte non perde occasione per criticare il suo successore. Ieri è stata la volta della misura sui docenti contenuta nel decreto Aiuti bis: «Ieri il governo Draghi ha deciso che l’1% degli insegnanti, dopo un percorso di formazione, fra 10 anni potrà essere definito esperto e ricevere un assegno di 5.650 euro. Non è questa la nostra idea di Paese: in Italia abbiamo gli insegnanti con gli stipendi più bassi d’Europa».
Temi programmatici a parte, Conte ha ora da compilare le liste elettorali senza poter contare sulla classe dirigente del movimento, a parte il ministro Stefano Patuanelli, a causa del niet posto dal Garante Beppe Grillo alla ricandidatura di chi ha già fatto due mandati. A selezionare i futuri eletti saranno le parlamentarie on line che si terranno il 16 agosto, appena cinque giorni dal termine per la presentazione delle liste, mentre Conte dovrebbe scegliere i capilista. Anche se il ricorso da parte del solito avvocato Lorenzo Borrè è già pronto: «Leggendo e rileggendo lo statuto non trovo la previsione del potere del presidente di scegliere i capilista». Intanto Alessandro Di Battista, con cui Conte si è sentito molto nelle ultime ore, è sulla via del rientro nel movimento: il volto giusto per la narrazione del ritorno alle origini.
Una rincorsa di fatto al Terzo polo, quella di Conte, che tuttavia trova sul campo un altro concorrente agguerrito: l’ex premier Matteo Renzi, colui che ha fatto cadere il Conte 2 spianando la strada a Draghi. E proprio all’insegna dell’Agenda Draghi si giocherà la campagna elettorale di Italia Viva, in opposizione a tutti i punti programmatici di Conte: dal reddito di cittadinanza che per Renzi andrebbe addirittura abolito al superamento del Superbonus al 110% fino all’apertura al nucleare. L’obiettivo è il 5%, per essere ancora ago della bilancia nella prossima legislatura. Più prosaicamente Renzi spera, con la corsa solitaria, di superare la soglia del 3% per rientrare in Parlamento con una piccola pattuglia di fedelissimi. Ma c’è tempo fino al 21 agosto, e le porte del Pd restano aperte per il segretario che portò i dem al 40%: soprattutto se dovesse saltare l’accordo tra Letta e la sinistra di Fratoianni e Bonelli, Renzi potrebbe rientrare in corner. Ma intanto prosegue nella costruzione del Terzo polo: in queste ore sono in corso contatti con l’ex sindaco di Parma Federico Pizzarotti e con altri primi cittadini “liberali e moderati”. Sarebbe un bel colpo per Renzi scippare al campo largo il “civico” Pizzarotti, nelle scorse settimane corteggiato anche da Luigi di Maio per la sua lista Impegno civico.
martedì 5 luglio 2022
Muti e rassegnati. - Massimo Erbetti
Ormai è sotto gli occhi di tutti…l'attacco continuo e senza sosta a Conte, al Movimento e ad ogni manovra messa in campo, devono necessariamente avere uno scopo ben preciso e sono frutto di un piano studiato nei minimi dettagli.
È superficiale dire che è solo l'odio verso i grillini…è superficiale pensare che sia solo la voglia di vendetta di chi è stato spodestato…ed è altrettanto superficiale credere che non ci sia una regia ben precisa dietro tutto questo.
I grillini sono pericolosi e non lo sono certo per l'inesperienza come molti vogliono farci credere…anche perché il Paese nelle condizioni in cui versa ora, non ce lo hanno di certo portato quelli del movimento 5 stelle. I grillini sono pericolosi per altro…i soldi del Reddito di Cittadinanza non vanno dati ai poveri…vanno dati alle imprese…perché devono "ingrassare" ancor di più…l'Italia ripudia la guerra…ma questo vale solo per la carta costituzionale…non certo nella politica reale…i signori delle armi sponsorizzano, ma poi presentano il conto...i superbonus non vanno dati per efficentare le case, renderle più sicure, vivibili, confortevoli e meno onerose…anche questi fondi vanno gestiti dai potenti…la giustizia deve necessariamente continuare a fare acqua da tutte le parti…è intollerabile una giustizia che funzioni…la lotta all'evasione deve essere all'acqua di rose…si deve continuare a rubare…perché chi ruba è poi ricattabile…la lotta per la salvaguardia dell'ambiente deve essere finta e non certo reale…bisogna continuare a dare ossigeno a chi vuole continuare sullo sfruttamento del fossile…salario minimo? Assolutamente no…il lavoratore deve essere necessariamente sottopagato…e mantenuto in condizioni di precarietà salariale perpetua…
Pensateci bene…perché Di Maio dice che è più responsabile Fratelli d'Italia che il M5s? Perché Salvini non è stato trattato da irresponsabile quando ha fatto cadere il Conte 1? E perché Renzi è stato fatto passare da statista quando ha fatto Cadere il Conte 2?
E perché invece se Conte chiede maggiore dignità per il Movimento si alza un impressionante coro di critiche? Irresponsabile, incapace, inesperto…miracolato…
Perché nessun partito è una minaccia per il "sistema"...al "sistema" piace che i cittadini litighino su immigrati si e immigrati no…al "sistema" fa comodo che lo scontro sia di basso livello, che guardi solo all'oggi e non al domani…il domani…il lungo termine non deve assolutamente essere appannaggio della "plebe".
Per cui…da quel lontano 2018 è partita la guerra al M5s…prima per mano di Salvini…poi Renzi…poi Draghi…ma questi sono solo gli esecutori materiali, dietro di loro c'è un potere occulto che ha lavorato per far entrare nella mente di ognuno di noi il pensiero che il vero cambiamento fosse impossibile…impossibile perché portato avanti da miracolati, incapaci…Toninelli massacrato…Azzolina massacrata…Di Maio bibitaro…Conte fantoccio…Grillo in folle…
E sono stati così bravi nella distruzione che anche alcuni di quelli che erano il vero cambiamento hanno fatto il salto della barricata…sono passati al nemico…il sistema ha utilizzato la bassezza dell'animo umano…che è parte di ognuno di noi…per screditarci…"cavolo se anche Di Maio, passa dall'altra parte, non è poi così infondato il fatto che questi grillini siano degli inetti"...se poi a farlo, insieme a lui sono altri sessanta, questa tesi ha ancor più valore…
E continueranno ancora…domani e poi dopodomani e poi il giorno dopo e quello dopo ancora…fin quando non vi rassegnerete…fin quando crederete che cambiare non è possibile…che tutto deve rimanere così com'è sempre stato…"governo ladro"... "sono tutti uguali"...molti torneranno a votare i soliti partiti…in base ad ideologie che non esistono più, ma che fanno ancora breccia nell'anima…e altri, la maggior parte, non voteranno proprio.
E noi? Vogliamo rimanere muti e rassegnati? Vogliamo farli vincere? O vogliamo urlare ai quattro venti che cambiare è possibile? Perché parliamoci chiaro, darsi per vinti ora significa passare dall'altra parte della barricata come un Di Maio qualsiasi…beh io non ci sto…è ora, in questo preciso istante che dobbiamo darci da fare, domani sarà troppo tardi.
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mercoledì 15 giugno 2022
Morte presunta. - Marco Travaglio
Diciamo la verità: i 5Stelle non sono mai esistiti neppure quando prendevano il 25,5% e il 32,7 alle Politiche del 2013 e del ’18, o arrivavano primi in Sicilia nel 2012 e nel ’17, o piazzavano i loro sindaci a Parma, Livorno, Torino, Roma. Li cercavi e non li trovavi: niente sedi né strutture né soldi. Solo i quattro amici al bar dei Meetup. E, sopra, i frontman Grillo e Casaleggio padre, seguiti da Di Maio. Ma soprattutto le idee (altro che “vaffa e proteste”), che in quattro anni hanno cambiato l’Italia in meglio, grazie anche al premier per caso Conte: reddito, spazzacorrotti, taglio dei parlamentari, Recovery, bonus 110%, manette agli evasori, cashback, green new deal ecc. Infatti nel 2021 scattò il trappolone per cacciarli da Palazzo Chigi prima che fosse troppo tardi. I media, troppo occupati a criminalizzarli (non rubano), non si sono mai domandati come sia riuscito quel non partito di non politici a fare molto meglio dei partiti politici (a Roma e Torino, Gualtieri e Lorusso fan già rimpiangere Raggi e Appendino).
Ora, dopo l’ennesima disfatta alle Comunali, i 5Stelle sono dati per morti. E può darsi che lo siano, dopo 13 anni di vita (Renzi e Salvini ne son durati 2 o 3). Anzi, vien da augurarselo per risparmiarsi il solito dibattito sulla morte del M5S, sempre uguale dalla nascita. Ma lo sapremo alle Politiche quando – accanto ai voti controllati, scambiati e comprati – torneranno in gioco i voti d’opinione, oggi in gran parte annegati nell’astensione: gli unici a cui può aspirare chi non ha posti o favori da spartire. Allora gl’italiani si porranno una sola domanda: voglio essere governato da Letta, Meloni o Conte? E la risposta sarà diversa da quella delle Comunali, dove si confrontano candidati locali e di solito vince chi poi perde le Politiche. Per arrivarci vivo, Conte dovrà supplire al suo vero deficit: che non è di “linea” o di idee, anzi (salario minimo, ambientalismo radicale, multilateralismo e pacifismo, oggi in bocca a tanti, erano solo nel programma M5S): è di organizzazione. I delegati territoriali sono un buon inizio, sia pur tardivo. Il resto dell’opera è recuperare credibilità tra gli esclusi (in Francia Mélenchon sfonda), divincolandosi dal Pd e dal trappolone in cui Grillo e Di Maio han cacciato i 5S: quello che li penalizza sia se scaricano Draghi (sfasciano tutto in piena guerra!), sia se restano con lui (sono incoerenti per tenersi le poltrone!). L’unica via d’uscita è mollare il governo (ritiro dei ministri), ma non la maggioranza (appoggio esterno, almeno sulle leggi utili). È vero: Di Maio non lascerà mai la Farnesina. Ma, se lo votassero gl’iscritti, dovrebbe scegliere fra Ministero e Movimento. E il famoso chiarimento interno fra governisti e movimentisti sarebbe cosa fatta.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/06/15/morte-presunta/6627426/
martedì 14 giugno 2022
M5s dato per finito, defunto. -
Il m5s non è finito, è sempre il primo partito in Italia, lo stesso che ha vinto le elezioni ed è andato al governo, governo che, come tutti ben sappiamo, è stato sfiduciato da chi non gradiva mollare lo scettro del comando detenuto da tempo e che non intendeva permettere che ci si adoperasse per una sana e giusta amministrazione del paese.
Chi vota i 5s, non va più a votare perché sa che il suo voto viene invalidato da chi, stazionando in politica da anni e non avendo alcuna intenzione di rinunciare al potere, ha prodotto leggi che gli permettono manipolazioni di sistema ed errate interpretazioni degli articoli della Costituzione.sabato 12 febbraio 2022
Conte, l’asse con Grillo per fare muro a Di Maio. - Luca de Carolis
DOPO IL VERTICE CON IL GARANTE - Di Battista: “Tra un po’ Luigi limona con Rosato, è di potere”.
L’avvocato ha un ex nemico che ora sente suo alleato nell’emergenza, Beppe Grillo. Quindi non vuole fare la pace con il nemico di oggi, quel Luigi Di Maio pronto a incontrarlo, per dirgli quel che ripete da giorni a molti 5Stelle, ovvero che senza un’intesa politica il M5S rischia di essere schiantato dai ricorsi e dai troppi veleni che ha in circolo, da troppo tempo. Ma Giuseppe Conte non vuole saperne. “Lui è uno che non cambia idea” confermano perfino i suoi, i contiani, e non è necessariamente un elogio. L’ex premier vuole andare dritto: innanzitutto con l’istanza al tribunale civile di Napoli, con cui vuole far revocare l’ordinanza che ha congelato il M5S e lui come presidente e leader. Si aspetta un verdetto a breve, “sette, massimo dieci giorni” dicono dal M5S. Mentre, dicono, ha frenato su un nuovo voto per il suo statuto.
Valutava di far convocare da Grillo una nuova votazione, l’avvocato, basandosi anche sul regolamento del 2018, quello che escludeva gli iscritti da meno di sei mesi al M5S, ma che l’ex premier era pronto a innovare, includendo tutti gli iscritti. Ma ora non vuole forzare. Però sulla rotta politica non valuta deviazioni. Il Grillo di giovedì notte, quello che di fronte alle telecamere gli ha tributato sostegno – “Conte confermato come leader? Certamente, chi ha mai messo in dubbio questa roba qua” – lo ha ulteriormente convinto che non gli serve una pace con Di Maio. “Beppe fa asse con noi” giurano (e probabilmente esagerano) i contiani. “Qui il tema non è politico, è giudiziario, e noi non creeremo alcuna nuova associazione, ma combatteremo questa battaglia a viso aperto” fa trapelare Conte. Durissimo, ancora, verso il ministro, nei ragionamenti con i suoi: “Dispiace per chi in maniera subdola avrebbe voluto sfruttare questo momento per riaprire fronti politici interni, quando qui di politico non c’è niente”. Neppure uno spiraglio, per Di Maio. Anche se Grillo vorrebbe una tregua, per stabilizzare il M5S. Concetto su cui non avrebbe insistito con Conte, sussurrano dal Movimento. Ma che emerge dai resoconti degli incontri del Garante giovedì, a Roma. Però tra l’ex premier e il ministro resta un fossato. E di certo non fa nulla per colmarlo Alessandro Di Battista, ex 5Stelle molto ascoltato dall’avvocato, che ieri ad Accordi&Disaccordi sul Nove ha picchiato duro su Di Maio: “Luigi riceve Confalonieri, tra un po’ si limona Rosato in aula: da bibitaro è diventato sommelier, un uomo di potere che vuole spostare il M5S al centro”.
Dopodiché lì fuori, a valutare nuovi ricorsi, c’è sempre Lorenzo Borrè, l’avvocato che ha preparato l’istanza con cui tre attivisti hanno bloccato tutto. Convinto che il ricorso di Conte contro l’ordinanza sia destinato a fallire. E che non si possa che tornare a quanto previsto dagli Stati generali del 2020: ossia alla nomina di un nuovo comitato di garanzia, che a sua volta indica la votazione di un comitato direttivo, organo collegiale che prenderebbe le redini del M5S. E ovviamente si voterebbe sulla piattaforma Rousseau, quella di Davide Casaleggio.
In sintesi, tutto ciò che Conte vuole evitare. Ma se in tribunale andasse male? Resta l’ipotesi di un nuovo comitato di garanzia, che poi faccia votare di nuovo Conte come presidente. Ma con attorno a lui un assetto diverso, più collegiale: ciò a cui pensa proprio Di Maio. E un partito di Conte, il contenitore nuovo? Anche se l’avvocato giura “no a nuove associazioni”, certi contiani continuano a parlarne. Sanno che anche l’ex premier, pur “molto scettico” in qualche colloquio ne ha riparlato. Perché non si sa mai.
Le tre cose che il M5s doveva fare. E non ha fatto. - Jacopo Fo
Il M5S ha perso più di metà del suo elettorato e decine di parlamentari e ora si trova dilaniato, con Luigi Di Maio che attacca Giuseppe Conte e un generale stato di confusione, delusione e depressione. Cosa non ha funzionato?
Al convegno di fondazione delle Liste Civiche, 12 anni fa, fui invitato da Beppe Grillo a parlare. In un intervento applauditissimo posi due questioni: quella della formazione dei dirigenti e quella della selezione dei candidati alle elezioni. Proposi che solo i militanti che erano riusciti a organizzare delle iniziative pratiche vincenti nella loro città potessero candidarsi, sennò si rischiava di fare eleggere quelli che parlano bene e non sono capaci di fare niente di concreto. E ricordai che la storia è piena di movimenti che sono morti perché quelli bravi solo a far andare la bocca avevano preso il potere (qui il mio intervento: Prima parte. Seconda parte).
Disgraziatamente avevo ragione: il disastro di oggi parte dall’incapacità di formare con vere scuole i candidati e dall’incapacità di selezionare i più capaci. Certamente abbiamo eletto alcuni parlamentari e sindaci bravissimi, ma è anche indubbio che in Parlamento sono finite anche persone che non erano proprio all’altezza. E si sa, quelli con poca cultura sono a volte bravissimi a sembrare capaci e lungimiranti. E a volte si convincono di essere Dio e vogliono contemporaneamente fare il capo del movimento e gestire due ministeri.
Il reddito di cittadinanza è stata una grande istituzione che ha tolto dalla miseria un numero enorme di famiglie. Ma si poteva farla un po’ meglio… alcuni dettagli hanno ridotto l’efficienza del sistema, aperto le porte ai furbetti e buttato i poveri navigator allo sbaraglio.
La seconda questione riguarda la capacità di sfruttare tutte le opportunità per fare gli interessi della gente. Durante il primo governo 5Stelle, io e alcuni amici ci rendemmo conto che c’era una risorsa enorme male utilizzata: Invitalia aveva in cassa più di un miliardo di euro per finanziare start up giovanili ma riusciva a spendere meno di 100 milioni all’anno. Questo perché pochi sapevano di questa opportunità e perché redigere un progetto per ottenere il finanziamento era difficile. Proponemmo semplicemente di replicare il modello che aveva avuto straordinario successo in Francia: avevano organizzato una flotta di pulmini arancioni, con a bordo una squadra di consulenti che giravano per i piccoli centri e le periferie, informando i giovani e aiutandoli a fare i progetti per ottenere i finanziamenti pubblici. E proponemmo anche di aiutare chi riceveva il finanziamento durante il primo anno, fornendo consulenze gratuite in modo tale da aumentare le probabilità di successo.
La nostra proposta fu accolta con grande favore da parecchi parlamentari del M5S, e in particolare quelli della commissione industria del Senato, presieduta da Gianni Girotto, e ricevemmo l’incarico di incontrare i vertici di Invitalia che si dimostrarono molto favorevoli all’iniziativa. Anche la ministra Barbara Lezzi era molto favorevole, anche perché non si trattava di stanziare fondi ma di utilizzare quelli già assegnati per promuovere l’attività di Invitalia. Incontrai brevemente anche Di Maio, che conoscevo, che mi disse: “Molto interessante, ti telefono lunedì”. Non mi telefonò, ma arrivammo comunque alla giornata fatidica nella quale dare inizio all’opera con una squadra di esperti di comunicazione e di formazione e consulenti aziendali di grande esperienza. Il progetto prevedeva anche una serie di concerti nelle maggiori città del sud per far conoscere questa grande opportunità offerta ai giovani. I tempi erano pure perfetti perché i primi 50 pulmini e 200 consulenti sarebbero stati attivi due mesi prima delle elezioni europee. Il che non avrebbe guastato.
Poi improvvisamente il meccanismo si inceppò. La ministra Lezzi alla fine ci ricevette per sette minuti comunicandoci che non se ne faceva niente. Negli ambienti del parlamento si mormorava che Di Maio avesse bloccato tutto perché Invitalia era una creatura voluta dal Partito Democratico e bisognava distruggere tutto quello che era targato Pd e non farlo funzionare meglio. Non so se sia vero, ma i fatti dimostrano che qualche cosa del genere deve essere passata per la testa di qualcuno nel cerchio magico del M5S. Le elezioni europee furono il disastro che sappiamo.
L’altra questione drammatica è stata la comunicazione. Credo che pochi militanti del M5S sappiano che tra Camera, Senato e Presidenza del Consiglio il M5S aveva più di 200 esperti della comunicazione pagati il giusto a spese dello Stato. Io con 200 esperti ci faccio un quotidiano, una radio, una tv e incontri con la gente in tutta Italia. Loro riuscirono a scrivere un po’ di comunicati stampa e organizzare qualche comparsata in tv. A un certo punto venni chiamato dai membri del 5 Stelle della commissione Sanità di Camera e Senato e da altri parlamentari che mi chiesero qualche idea per rianimare la comunicazione del Movimento.
Mi offrii di realizzare, del tutto gratuitamente, pagando io operatori e montaggio, una serie di spot. Ad esempio, proposi di girarne uno nel quale la ministra della Sanità Giulia Grillo entrava in farmacia, comprava delle aspirine e poi si stupiva perché il prezzo è più del doppio di quel che si paga in Francia. È così per gran parte delle medicine da banco che arrivano a costare fino a cinque volte di più che in altri paesi europei. Un altro spot riguardava l’eccessivo uso di antibiotici e i rischi conseguenti. E poi ce n’era uno nel quale la ministra entrava in una casa di giovani sposi con figli e vedeva che vicino alla culla c’era un erogatore di insetticida acceso; allora la ministra spiegava che bisogna areare i locali dopo aver fatto funzionare l’erogatore e non bisogna tenerlo acceso quando si è in casa. L’idea era che la Grillo lanciasse una serie di spot che informavano i cittadini su questioni di base relative alla salute e agli sprechi del sistema sanitario italiano.
Mi pareva che molte trasmissioni televisive l’avrebbero invitata a parlare e avrebbero trasmesso gratis i suoi spot. Cioè avremmo fatto una campagna di informazione sanitaria a costo zero per lo Stato… insomma mi pareva che avremmo fatto una gran bella figura!
Esposi la mia proposta alla Grillo, durante un’intervista sulla sua geniale idea di tagliare i costi delle medicine organizzando aste per comprarle a livello nazionale ed europeo, ottenendo un risparmio di più di cinque miliardi all’anno per le casse dello Stato. Mi parve che la proposta le piacesse. Incontrai quindi una, non eletta, capa della comunicazione del M5S e le raccontai la mia idea; lei mi interruppe, balzò in piedi colpendo il tavolo con entrambe le mani aperte producendo un gran fragore e proferì alterata le seguenti parole: “Sei pazzo! Noi siamo al governo, non facciamo queste cose!”.
Le dissi che se non le avessero fatte non sarebbero riusciti a comunicare con la gente e le ricordai che erano al governo perché Beppe Grillo aveva realizzato una comunicazione divertente e fuori dagli schemi, tipo attraversare lo Stretto di Messina a nuoto. La riunione fu troncata e della mia proposta non si fece più niente.
Questi sono solo alcuni esempi del tipo di proposte che ho fatto ai vertici del M5S e che non sono andate da nessuna parte. Poi ho smesso. Il M5S ha ottenuto grandi risultati nell’interesse degli italiani. Ma non è stato in grado di raccontarli, non è stato in grado di usare molte grandi opportunità che si potevano sfruttare a costo zero; e non è stato in grado di selezionare i suoi leader in modo sensato. Ha ancora possibilità di risollevarsi? Credo di sì, ma serve cambiare logica.
giovedì 10 febbraio 2022
Se i 5Stelle sono nullità, perché tanti li votano? - Antonio Padellaro
C’è un problema che non riusciamo a risolvere (e che contiene un mistero). Secondo i nostri calcoli (mentre scriviamo) esistono in Italia almeno cinque milioni di cittadini-elettori completamente fuori di testa, o da interdire. Ne abbiamo avuto contezza dopo avere letto, ieri, su Repubblica un articolo dal titolo: “La contesa tragicomica che paralizza un partito da commedia”. Ci si occupa del saggio Comico&Politico, di Oliviero Ponte di Pino, uscito nel 2014 e rispolverato vista l’attualità del tema. È soprattutto alla luce della “sospensione” di Giuseppe Conte, sentenziata dal Tribunale di Napoli, che si ritiene il M5S un movimento tutto da “ridere”. Una specie di opera buffa che, mentre si consuma la rissa tra Conte e Di Maio, sembra preludere alla “comica finale”.
Leggiamo infatti che “i gruppi parlamentari (…) sono una fonte inesauribile di soggetti curiosi, eletti con qualche centinaio di voti. Crudisti, abbracciatori di alberi, cacciatori di complotti, marzianofobi e sgominatori di rettiliani”. Il problema (con annesso mistero) è che una tale accozzaglia di imbecilli – messa insieme da un comico furbacchione, più qualche illusionista da circo – nel 2018 ha ottenuto 10 milioni e 522mila voti (il 32,6%) risultando la prima forza in Parlamento. Sicuramente tutte ingenue persone che, presa coscienza del formidabile abbaglio, sono scappate a gambe levate tanto che oggi i sondaggi attribuiscono ai 5Stelle un 15-16%, che è la metà dei consensi raccolti quattro anni fa. Resisterebbero, indomiti, quei cinque milioni di cui sopra da sottoporre (stando alle analisi dei Ponte di Pino e succedanei) a urgente visita psichiatrica (per non dire degli alti indici di popolarità che lo sbeffeggiato Conte mantiene, in evidente contrasto con le leggi della fisica).
Dunque, chi si riempie tutti i giorni la bocca con la parola democrazia forse dovrebbe interrogarsi se per caso una parte non piccola della collettività nazionale meriti davvero di essere collocata nel baraccone delle tre palle un soldo (per restare nell’ambito Luna Park). Il tutto celebrato dall’alto della solita, supposta, superiorità morale e intellettuale della sinistra. Mentre c’è chi quei voti non li schiferebbe affatto, ipotizzandosi “un travaso soprattutto a favore della destra di Giorgia Meloni” (Corriere della Sera). Insomma, dopo le barzellette e il disprezzo, aspettiamoci che il pericolo grillino venga esorcizzato con un bel presidio antifascista.
martedì 8 febbraio 2022
M5s, Grillo: 'La situazione è complicata, ma le sentenze si rispettano'.
Dopo la decisione del Tribunale di Napoli.
"A seguito dell'Ordinanza del Tribunale di Napoli", "ha acquisito reviviscenza lo Statuto approvato il 10 febbraio 2021.
Le sentenze si rispettano.
La situazione, non possiamo negarlo, è molto complicata". Lo scrive sui social Beppe Grillo in riferimento alla situazione del Movimento 5 Stelle.
"In questo momento non si possono prendere decisioni avventate. Promuoverò un momento di confronto anche con Giuseppe Conte. Nel frattempo, invito tutti a rimanere in silenzio e a non assumere iniziative azzardate prima che ci sia condivisione sulla strada da seguire", ha scritto Grillo sui suoi canali social facendo riferimento alla situazione dei 5 Stelle.
Un partito a guida congelata. Tecnicamente esce così il M5s dalla decisione del Tribunale di Napoli che ha disposto la sospensione dello statuto ratificato il 3 agosto e la nomina di Giuseppe Conte come presidente, arrivata due giorni dopo. Una novità che accelera le spinte caotiche interne al Movimento (e aumenta le preoccupazioni degli alleati dem), dove da settimane si assiste a uno scontro totale fra Luigi Di Maio e lo stesso Conte che, però, ovviamente continua a tenere il volante stretto fra le mani: "La mia leadership non dipende dalle carte bollate". E annuncia a stretto giro una nuova votazione sulle modifiche allo statuto, già necessarie dopo la bocciatura di dicembre della Commissione di garanzia per gli statuti e la trasparenza dei partiti politici, aprendo la consultazione anche agli iscritti con meno di sei mesi di anzianità, ossia il vulnus su cui si basava il ricorso vinto a Napoli da tre attivisti.
Non hai vinto, ritenta. - Marco Travaglio
Il Carnevale di Rio per la bizzarra ordinanza del Tribunale civile di Napoli sul nuovo statuto 5Stelle e sull’elezione di Conte a presidente è fortemente esagerato, come disse Mark Twain alla falsa notizia della sua morte. E vien da domandarsi se non si siano ancora stufati gli “esperti” che da 13 anni, dalla nascita del M5S, ne annunciano il decesso, salvo poi scoprire che il funerale è sempre rinviato a data da destinarsi. Non c’è elezione rionale, scaramuccia, scandaletto, sondaggio, congiuntivo sbagliato che non inneschi infiniti necrologi sulla dipartita dei “grillini” che dicevano vaffa, volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, dicevano no a tutto, non si alleavano con nessuno, credevano nei clic e giù col pilota automatico dei luoghi comuni. Da quando poi han trovato Conte, prima premier e poi leader, giù a ridere sull’avvocato del popolo, l’azzeccagarbugli, il democristiano con la pochette, il figlio di nessuno (nel Paese dei figli di papà e del lei non sa chi sono io). Eppure non sono bastati ad affossarlo i conticidi Salvini, Innominabile, SuperMario, Grillo, Di Mario, Confindustria, giornaloni. I morti presunti sono sempre lì, fra il 15 e il 16% nei sondaggi, nel momento più difficile della loro storia, a una manciata di punti da quelli bravi. Il putribondo “Giuseppi” è sempre primo fra i leader politici. E chi dovrebbe capire l’Italia per raccontarla non si domanda mai il perché, per non ammettere di avere sbagliato tutto. A furia di demonizzare il reddito di cittadinanza, il decreto Dignità, la Spazzacorrotti, la blocca-prescrizione, il taglio dei parlamentari e dei vitalizi, il cashback, il superbonus, le manette agli evasori, lor signori non si rendono conto che è per tutto ciò, oltreché per l’onestà personale e la sintonia con le persone, che un movimento così scombiccherato e lacerato non passa di moda. E che Conte viene ricordato dalla gente come colui che ha affrontato la pandemia senza dividere gl’italiani fra buoni e cattivi, spiegando ogni sera le proprie scelte: l’opposto dei fenomeni che si sono seduti alla tavola imbandita (da lui) con i 209 miliardi del Recovery Fund e i vaccini già comprati e programmati.
Se ora questi geni pensano che dove hanno fallito loro riusciranno le scartoffie di un tribunale incompetente (territorialmente), resteranno delusi un’altra volta: ripetendo la votazione sospesa dai giudici e allargandola agli 81mila iscritti più recenti, il plebiscito pro Conte si moltiplicherà. Proprio quando la Banda Larga puntava tutto sul neo-amico Di Mario per la soluzione finale. Visti i risultati ottenuti parlandone male, gli aspiranti killer dei 5Stelle potrebbero iniziare a parlarne bene. Magari funziona.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/08/non-hai-vinto-ritenta/6485577/
domenica 6 febbraio 2022
M5S, Di Maio lascia il Comitato di garanzia: “Voglio poter dire cosa non va bene”. La replica: “Passo indietro dovuto, ci ha messi in difficoltà”.
"Tutte le anime, anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee", scrive il ministro degli Esteri annunciando le dimissioni dall'organo. E accusa: "Si è provato a colpire e screditare la mia persona". La risposta del Movimento in una note: "Non permetteremo che i nostri impegni siano compromessi da percorsi divisivi e personali" e "tattiche di logoramento che minano l’unità. Adesso è il momento di concentrarsi su progetti e programmi, come ci viene suggerito da Beppe Grillo" in un post in cui ribadisce il sostegno al limite dei due mandati.
“In questi giorni il dibattito interno è degenerato, si è iniziato a parlare di scissioni, processi, gogne. Si è provato a colpire e screditare la persona. Mi ha sorpreso, anche perché è proprio il nuovo statuto del Movimento che mette l’accento sul rispetto della persona“. Il ministro degli Esteri ed ex capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, ha annunciato le proprie dimissioni dal Comitato di garanzia nel partito, organo in cui era stato eletto lo scorso settembre insieme a Virginia Raggi e Roberto Fico e di cui era presidente. Lo ha fatto con una lettera inviata al presidente del M5S Giuseppe Conte – che ha accusato di aver “fallito” nella fase dell’elezione del presidente della Repubblica, dando il via a uno scontro interno che si trascina da giorni – e al Garante Beppe Grillo. In cui annuncia di essere pronto a sostenere il nuovo corso, ma soltanto a patto di mantenere “la libertà di alzare la mano e dire cosa non va bene e cosa andrebbe migliorato”. Una presa di posizione a cui una nota del Movimento replica con freddezza: “Il giusto e dovuto passo indietro di Luigi Di Maio rispetto al suo ruolo nel Comitato di garanzia costituisce un elemento di chiarimento necessario nella vita del Movimento rispetto alle gravi difficoltà a cui ha esposto la nostra comunità, che merita un momento di spiegazione in totale trasparenza”.
“Il confronto delle idee e la pluralità delle opinioni – prosegue il comunicato – non è mai stata in discussione. Questo però non significherà mai permettere che i nostri impegni con gli iscritti e con i cittadini siano compromessi da percorsi divisivi e personali, da tattiche di logoramento che minano l’unità e la medesima forza politica del Movimento. Adesso è il momento di concentrarsi su progetti e programmi, come ci viene suggerito proprio oggi da Beppe Grillo con una riflessione ispirata alle Lezioni americane di Italo Calvino”. Pochi minuti dopo la diffusione della lettera di Di Maio, infatti, il fondatore ha pubblicato un lungo post sul proprio blog: un intervento in apparenza slegato, dal titolo “5 stelle polari“, in cui il Garante fa un bilancio dei risultati raggiunti dal Movimento a partire dalla sua fondazione, tracciando allo stesso tempo un manifesto per il futuro ricco di proposte politiche. Tra cui è un punto, soprattutto, a risaltare: “Rotazione o limiti alla durata delle cariche, anche per favorire una visione della politica come vocazione e non come professione“. Un principio fondante del M5S (esplicitato nella regola dei due mandati) che però è ormai messo in seria discussione e il cui eventuale superamento è uno dei nodi dello scontro tra Di Maio e Conte.
“Dopo la rielezione del presidente Sergio Mattarella ho proposto di avviare una riflessione interna al Movimento”, ha ripercorso il titolare della Farnesina nella propria lettera. “Penso che all’interno di una forza politica sia fondamentale dialogare, confrontarsi e ascoltare tutte le voci. Tutte le anime, anche chi la pensa in maniera diversa, devono avere spazio e la possibilità di esprimere le proprie idee. E lo dico perché anche io in passato ho commesso degli errori su questo aspetto, errori che devono farci crescere e maturare. Ho apprezzato molto”, prosegue, “il tentativo di chi in questi giorni, a partire dai capigruppo e da Beppe Grillo, ha provato a favorire un dialogo sereno e super partes, tra diverse linee di pensiero. Continuo a pensare che sia fondamentale confrontarsi dentro il Movimento, perché il Movimento è casa nostra, ed è fondamentale ascoltare le tante voci esistenti, e mai reprimerle. Qui si vince o si perde tutti insieme – scrive – perché siamo una comunità che si basa sulla pluralità di idee, soprattutto in questo momento difficile per il Movimento 5 Stelle, che deve però riuscire a trovare le soluzioni per difendere la dignità dei cittadini e sostenere il mondo produttivo ancora alle prese con la pandemia. Spetta poi al presidente fare la sintesi e tracciare la strada da seguire. Ma l’ascolto è importantissimo”.
“Mi rendo conto – conclude – che per esprimere queste idee, seppur in maniera propositiva e costruttiva, non posso ricoprire ruoli di garanzia all’interno del Movimento. Non lo ritengo corretto. Per questo motivo, ho deciso di dimettermi da presidente e membro del Comitato di Garanzia del MoVimento 5 Stelle. Ringrazio gli iscritti che mi avevano votato ed eletto, ringrazio Virginia e Roberto che mi avevano votato presidente, ringrazio Beppe per la fiducia nell’avermi indicato nella rosa dei potenziali membri del Comitato. Ho preso questa decisione perché voglio continuare a dare il mio contributo, portando avanti idee e proposte. Voglio dare il mio contributo sui contenuti, voglio continuare a fare in modo che si generi un dibattito positivo e franco all’interno della nostra comunità. Un confronto che ci permetta davvero di rilanciare il nuovo corso del Movimento 5 Stelle. Se rimaniamo uniti, con le idee di tutti, torneremo a essere determinanti. Grazie a tutti per l’affetto e viva il Movimento”.
mercoledì 2 febbraio 2022
Ora nel Movimento il tema centrale è il terzo mandato. - Peter Gomez
Il Movimento 5 Stelle ha un problema molto più grande dello scontro tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte: l’indecisione. Da più di tre anni il Movimento non affronta la questione centrale per il suo eventuale futuro: la regola dei due mandati. Oggi questo principio, che è da considerare fondante per i pentastellati, è ancora in vigore. Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo lo avevano introdotto per garantire un continuo ricambio degli eletti; per consentire alla società civile di aspirare a entrare in Parlamento non per cooptazione come avviene in tutti gli altri partiti e per evitare che all’interno delle Camere si formassero cordate interessate solo alla propria sopravvivenza. Gruppi di potere che gli elettori da sempre non amano e liquidano con una brutta, ma adeguata parola: poltronari. Un termine dispregiativo che però non tiene conto di un altro aspetto della questione: tra tante persone che dopo dieci anni sono disposte a fare di tutto pur di non perdere lavoro, poltrona e stipendio vi può sempre essere chi ha invece maturato esperienze e competenze molto utili alla forza politica che rappresenta.
Attualmente, in base alla regola, alle prossime elezioni non dovrebbero essere ripresentati 67 su 230 parlamentari. Molti di loro sanno già che se anche la norma fosse abolita le loro chance di rielezione sarebbero molto basse. I consensi sono in calo e il numero di posti a disposizione è per tutti diminuito proprio in base a una riforma costituzionale voluta dal Movimento. Ma avere pochissime possibilità è diverso dal non poter partecipare alla competizione elettorale. Sopratutto se la tua figura pesa nella breve storia grillina. Tra i 67 figurano nomi come quelli di Luigi Di Maio, Paola Taverna, Roberto Fico, Federico D’Incà, Danilo Toninelli, Laura Castelli, Giulia Sarti, Stefano Patuanelli e Vito Crimi. È ovvio e scontato insomma che indipendentemente dallo scontro tra dimaiani e contiani (tra i 67 vi sono esponenti di entrambi i fronti) la tensione salga e che anzi in qualche caso sia proprio la causa dello scontro.
Beppe Grillo ha già fatto sapere mesi fa di essere fieramente contrario a modificare la regola. Se lo fate, ha detto, io me ne vado. E si è limitato ad approvare l’introduzione di un terzo mandato (ipocritamente chiamato zero) per i consigli comunali. Un’innovazione utile, tra l’altro, per permettere a Virginia Raggi di correre di nuovo a Roma.
Conte, invece, non si è mai espresso chiaramente. Al netto del necessario assenso di Grillo e del voto vincolante da parte degli iscritti, le soluzioni possibili sono quattro: non cambiare niente; abolire la regola; introdurre un ulteriore mandato, ma solo per quanto riguarda i consigli regionali oltre che comunali; consentire delle deroghe. Cioè dare a Conte, o chi per lui, il potere di stabilire chi sono i meritevoli che però, per essere ripresentati, dovranno prima essere votati dagli aderenti ai 5Stelle. Ogni scelta ha dei pro e dei contro. Fatti chiari li esaminerà in una prossima rubrica. Una cosa però è certa. Rimandare non può che peggiorare le cose in un movimento in cui Di Maio può aspirare ad avere dalla sua parte molti parlamentari, ma al contrario di Conte pochi iscritti. Per questo l’ex premier, per il bene suo e della forza politica che rappresenta (e quindi anche di Di Maio), dovrebbe rileggere una frase del ventiseiesimo presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt: “Quando devi decidere, la migliore scelta che puoi fare è quella giusta, la seconda migliore è quella sbagliata, la peggiore di tutte è non decidere”.
lunedì 31 gennaio 2022
Piccola premessa. - Orso Grigio
A chi mi rimprovera di parlare male dei 5S, oltre a rispondere molto pacatamente che parlo di quello che voglio e come voglio, e questo non servirebbe nemmeno ribadirlo, dico però che lo faccio perché li ho votati, pure convintamente, ritenendo, come un’altra decina di milioni di elettori, che il Movimento fosse la sola speranza per uscire dalla fogna dove ci avevano trascinato il berlusconismo e tutto il resto del revisionismo liberista di questi decenni di merda.
E avendoli votati ho dei diritti, chiedo risposte ai miei dubbi. Pretendo lealtà.
Si cresce con le critiche e quando serve pure con qualche ceffone, non solo con le carezze.
Sapete della mia stima per Conte. E’ bella persona, non ho nemmeno un dubbio, ma non basta per guidare un partito allo sbando come il Movimento. Soprattutto se non si hanno il coraggio o la capacità di affrontare fino in fondo certe ambiguità e di fare quello che servirebbe. Per esempio mandare in culo Di Maio, ormai diventato il prototipo perfetto di democristiano del terzo millennio. E mandarci anche Grillo, che continua a fare l’orsetto del Luna Park e a prendere pallate da chiunque.
Fra le mille dichiarazioni, inutili e ipocrite, di queste ore ce n’è una dove il Presidente dei 5S ci informa che con Di Maio verrà il tempo dei chiarimenti.
E quando, di grazia? Quando sarebbe il tempo dei chiarimenti? Cosa cazzo deve ancora succedere in questo smembramento dell’unica possibilità di cambiamento che avevamo?
Il tempo è adesso. Le cose non accadono da sole, ci vuole un’azione forte, una scossa, una scelta decisiva.
Ci vogliono i calci in culo, i pugni sul tavolo e le porte sbattute.
E ci vogliono adesso!
Conte esca dal Movimento. Li lasci lì dentro, da soli, a dissolversi nel niente, tanto in questo momento lui è solo il paravento dell’ambizione di Di Maio. E' il suo alibi.
Gli altri scelgano da quale parte stare, e chi vuole potrà seguirlo, se non è del tutto terrorizzato dal perdere quegli immeritatissimi denari.
E si ricominci da qui, con chi ci sta.
Ormai è del tutto evidente che di quelle due belle persone che fecero la campagna elettorale con lo scooter e nelle quali abbiamo creduto in tanti, quello giusto era l’altro che, condivisibile o meno, ha sempre dato un senso a parole come lealtà, coraggio, passione e coerenza.
Quanti altri ne conoscete così?
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venerdì 5 novembre 2021
M5s, ecco la nuova segreteria di Conte. Il leader: “Il confronto con il Pd continui, ma non siamo accessori. La fiducia a Draghi non è in bianco”.
I nomi dei 5 dei vice del presidente 5 stelle annunciati all'assemblea congiunta dei parlamentari: ci sono Taverna, Turco, Gubitosa, Todde e Ricciardi. Dura autocritica dell'ex presidente del Consiglio davanti agli eletti sulle elezioni amministrative. Poi il messaggio a chi continua ad evocare l'Ulivo e l'attacco a Renzi e Calenda: "Mai alleati".
Il nuovo Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte fa un altro passo. Il presidente M5s, davanti all’assemblea congiunta dei parlamentari, ha annunciato i cinque vicepresidenti che formeranno la sua segreteria: Paola Taverna (vicepresidente vicaria), Alessandra Todde, Mario Turco, Riccardo Ricciardi e Michele Gubitosa. Un annuncio che tra i 5 stelle era atteso da settimane, che permette al Movimento di strutturarsi ulteriormente e di farlo in una fase che si preannuncia molto delicata: prima dell’elezione del presidente della Repubblica e verso le prossime elezioni politiche. L’annuncio delle nomine da parte di Conte è stato anticipato da un discorso dai toni duri sul risultato “deludente” alle elezioni amministrative: una vera propria autocritica che ha messo sotto accusa i vari malumori fatti trapelare con “agenzia di stampa” con metodi che Conte non ha esitato definire da “vecchia politica”. “Non possiamo assolverci, dobbiamo incassare questa lezione e decidere ciò che vogliamo fare, ciò che vogliamo essere e ciò che non vogliamo essere”, ha detto l’ex premier.
Ha poi rinnovato la fiducia al Partito democratico: “Siamo disponibili a continuare il confronto col Pd”. Poi però l’ex presidente del Consiglio ha puntualizzato: “Nessuno pensi che la nostra spinta innovatrice possa spegnersi o accomodarsi in una funzione ancillare o accessoria a chicchessia”. E, a proposito del sostegno al governo Draghi, ha rimarcato: “Non è un assegno in bianco. Pretendiamo chiarezza su una rassicurazione fatta dal presidente del Consiglio in Consiglio dei ministri, che il cashback ripartirà nel 2022 dopo una sospensione” e “se qualcuno nei partiti di maggioranza vuole fermare l’innovazione e strizzare l’occhio agli evasori non avrà da noi il tappeto rosso”. Il Movimento, ha sottolineato, è “generoso, il sostegno a Draghi comporta un costo politico che stiamo pagando responsabilmente e coscientemente, abbiamo preso un impegno con gli italiani, non con Draghi, per prima cosa con gli Italiani – è stato il suo ragionamento – Fin in quando l’azione di governo perseguirà questi due obiettivi”, ovvero mettere in protezione i cittadini e il Pnrr, “il nostro sostegno sarà leale e non ci interessano le variazioni del consenso, se l’obiettivo è far ripartire l’Italia e farla correre.
Di certo questo non è un sostegno che nasce cieco e non muore cieco”. Allo stesso tempo ha anche rivolto un messaggio chiaro a chi, segretario dem Enrico Letta in testa, continua a proporre un nuovo Ulivo che vada dai 5 stelle a Renzi e Calenda. Rivolgendosi proprio al leader di Azione ha detto: “Forse non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato“. Mentre parlando del leader di Italia viva, lo ha liquidato come “il caso limite di chi, saltellando da una comparsata tv e un rinascimento arabo” deve “accontentarsi delle percentuali dei sondaggi che stabilmente lo accreditano un punto sopra lo zero”. Quindi, per metterlo in chiaro: “Il Movimento 5 stelle non si alleerà mai con Azione di Carlo Calenda né con Italia Viva di Matteo Renzi“.
La squadra di vice – La prima notizia è chi rimane fuori dalla segreteria: la nomina era molto ambita, soprattutto da parte di chi non può aspirare a breve a nuove cariche. Non ci sono infatti né Chiara Appendino, né l’ex ministra Lucia Azzolina. La scelta del leader M5s è caduta su nomi di strettissima fiducia. Intanto la vice vicaria, che prende il posto di Conte in caso di sua assenza, è la 52enne Paola Taverna: senatrice e vicepresidente di Palazzo Madama, esponente M5s della prima ora e molto vicina ai vertici, da Beppe Grillo a Giuseppe Conte. Tra i nominati anche il 53enne Mario Turco, senatore pugliese del M5s ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il governo Conte 2: è noto da tempo per essere una delle figure rimaste più vicine all’ex premier. Poi Alessandra Todde, 52 anni, viceministra dello Sviluppo economico ed ex sottosegretaria al Mise durante il governo giallorosso; Riccardo Ricciardi, 39enne deputato e vicecapogruppo, è considerato molto vicino a Roberto Fico; Michele Gubitosa, 42 anni, deputato eletto all’uninominale ad Avellino e negli ultimi tempi molto vicino al presidente Conte. L’ex reggente Vito Crimi sarà invece il nuovo responsabile dei dati personali del Movimento 5 stelle.
L’autocritica dopo le Comunali “deludenti” – Il discorso di Conte si è aperto con l’autoanalisi sulle elezioni amministrative: “Non possiamo assolverci, dobbiamo incassare questa lezione e decidere ciò che vogliamo fare, ciò che vogliamo essere e ciò che non vogliamo essere”, ha detto. “Al ballottaggio abbiamo vinto 12 partite sulle 18 in gara, in cui eravamo protagonisti o da soli o con altre forze politiche. Abbiamo riconfermato quattro sindaci M5S e fra pochi giorni ci saranno i ballottaggi in Sicilia”. Ma oltre le vittorie, secondo Conte, bisogna ripartire dalle tante sconfitte: “Questa tornata elettorale è stata segnata dal mancato rinnovo, da parte dei cittadini, della fiducia che in passato ci aveva consentito di amministrare città importanti come Roma e Torino. A Raggi e Appendino va il nostro ringraziamento per l’impegno riposto nel superare i tanti ostacoli che hanno dovuto affrontare”. E in questa fase, serve secondo Conte una maggiore condivisione delle responsabilità: “No alla caccia ai singoli a cui addossare il marchio dei colpevoli. Serve una grande assunzione di responsabilità collettiva”. In generale “io ci ho messo la faccia. I numeri sono testimonianze di sfiducia, segnali che non abbiamo avuto la capacità di dialogare” con i territori. Offrire “progetti percepiti come utili dagli stessi cittadini. Dobbiamo impegnarci con passione, partendo dai bisogni delle realtà territoriali”. Quindi ha aggiunto: “Non è il tempo delle lamentele del piangerci addosso, dobbiamo essere i primi a credere nella ripartenza del movimento. Noi siamo il Movimento, non abbiamo bisogno di scimmiottare i modi della vecchia politica, che vi da tanti anni l’avete combattute”. Conte ha anche rivendicato di aver girato città per città, anche là dove il Movimento è andato molto male: “Prendo su di me onore e onori e sono orgoglioso di rappresentare questa comunità. Ma anche a voi, uno per uno, chiedo di avere spalle larghe e di sobbarcarvi il peso di questa ripartenza. Molti ci vogliono vedere divisi, hanno intrapreso una danza sperando nella nostra frammentazione o dissolvimento. A costoro dobbiamo rispondere con voce ferma: rimarrete delusi”. Secondo Conte serve un ritorno alle origini: “Dobbiamo tornare sui territori, guardare negli occhi i cittadini, stabilire con loro un dialogo stretto, continuo, sincero. Questo moto deve riguardare tutti noi, possiamo e dobbiamo fare di più. Ognuno deve fare la sua parte, in modo da restituire al Movimento la sua originaria vocazione, quella brillantemente intuita da Beppe Grillo, poi corroborata dall’intervento di Gianroberto Casaleggio“.
A proposito di ritorno alle origini, Conte ha anche chiesto prudenza sulle proteste dei portuali di Trieste. “No vax e ni vax. In passato abbiamo intercettato questi voti, poi la nostra scelta di seguire la via della scienza ha fatto sì che molti compagni di viaggio ci abbiano lasciato, ma ora abbiamo fatto chiarezza. Questo non cambia la nostra capacità di ascolto delle voci fuori dal coro, di protesta, se pacifiche e non violente. Noi non esultiamo per gli idranti di Trieste”, ha proseguito l’ex premier, “il nostro motto deve essere: meno passi nei palazzi, più orecchie sul terreno per ascoltare”.
Il messaggio a Calenda e Renzi – Molto importante e molto attesa era anche la presa di posizione sugli annunci di nuovo Ulivo che sono arrivati in questi giorni dal fronte del Partito democratico: l’offerta è concreta e lo stesso Letta l’ha rilanciata più volte dopo il risultato delle amministrative. Ma Conte ha voluto mettere in chiaro, davanti ai suoi, che il M5s non si alleerà né con Calenda né con Renzi: “Leggo che il leader di Azione non ci vuole come alleati – perché ridete? – ripete questo mantra per convincere se stesso che è giusto così, ma noi lo solleviamo dal dilemma e gli diciamo: non ti sforzare, forse non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato. Il Movimento 5 stelle non si alleerà mai con Azione di Carlo Calenda né con Italia Viva di Matteo Renzi. Il leader di Azione non ci vuole come suo alleato: non capisco perché continui a ripetere ossessivamente questo mantra, lo fa per convincere se stesso che sia giusto così. Ma noi lo solleviamo da questi dilemmi: gli diciamo non ti sforzare, non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato”. Una chiusura che per Conte vale anche per Renzi, tanto che non ha risparmiato attacchi e critiche per il responsabile della caduta del governo giallorosso: “C’è anche il caso limite di chi saltellando da una comparsata tv e un rinascimento arabo per chiedere l’abolizione di una misura contro la povertà, non ha neppure avuto il coraggio di presentarsi col suo simbolo accontentandosi delle percentuali dei sondaggi che stabilmente li accreditano un punto sopra lo zero. Persone che mentre noi eravamo impegnati nella sfida più dura della pandemia a marzo 2020, mentre tutti copiavano le nostre misure, andavano alla Cnn per dire non fate come l’Italia. Noi non abbiamo nulla a che vedere con persone che accecate dall’egolatria e dall’odio politico sono andati in tv a parlare male del nostro paese”.
Le prossime tappe per il M5s – Per i 5 stelle ora si aprono mesi complessi, con la prima sfida dell’elezione del presidente della Repubblica. Anche per questo Conte ha spinto perché il direttivo della Camera sia rinnovato il prima possibile e così, nonostante le resistenze degli ultimi tempi, pare che succederà. “Nei giorni scorsi abbiamo avuto un confronto” col direttivo, ha detto in apertura del discorso Conte, “avevo chiesto la cortesia di indicarmi i tempi per quanto riguarda i prossimi rinnovi dei direttivi. Al Senato era già in scadenza, qui alla Camera c’è una scadenza che veniva a coincidere con la procedura di elezione del Presidente della Repubblica. Avevo chiesto, per ragioni di esclusiva funzionalità, che questa scadenza potesse essere anticipata per quanto necessario, quindi il direttivo della Camera ci è venuto incontro e di questo dobbiamo ringraziarli”.