Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 30 novembre 2024
Beppe Grillo. - Editoriale di Marco Travaglio
domenica 24 luglio 2022
Non c’è il 2 senza il 3. - Marco Travaglio
Il nuovo video di Grillo ha finalmente toni giusti e contenuti ragionevoli. Ma con un elemento mancante e uno di troppo. Mancano le scuse per l’errore fatale di aver scambiato Draghi per “grillino” ed esserglisi arreso senza neppure far valere la maggioranza relativa per fissare ministeri chiave e punti programmatici irrinunciabili. A quell’errore, a cascata, ne seguirono altri: l’attacco sgangherato a Conte dopo avergli offerto la leadership, le telefonate con Draghi per spingere ministri e parlamentari a votare le controriforme che stracciavano le bandiere 5Stelle, il ritardo nel denunciare gli inviti del premier a far fuori Conte e financo ad appoggiare la scissione Di Maio, la pervicacia nel difendere fino all’ultimo un governo indifendibile. Così l’identità è sbiadita e il M5S, senza più entusiasmo, è diventato una pentola in perenne ebollizione fra guerre per bande e defezioni, intaccando alla lunga il consenso personale di Conte. L’elemento di troppo nel video viene da sé: il limite dei due mandati come dogma. In condizioni normali, lo sarebbe, la politica non è un mestiere dalla culla alla tomba. Ma le condizioni non sono normali, anche per colpa di Grillo: si vota fra due mesi, ci sono pochi giorni per formare le liste e lui stesso riconosce che “abbiamo tutti contro”. Quindi à la guerre comme à la guerre. Pertini diceva: “A brigante, brigante e mezzo”.
Per combattere ad armi pari con gli altri, l’unica soluzione sono le liste miste. Giusto privilegiare candidati con uno o zero mandati. Ma, in cima alle liste, Conte dovrebbe potersi avvalere di altre figure riconoscibili, purché gl’iscritti le approvino: le bandiere dell’identità evaporata appresso a Draghi. Il doppio mandato, se svolto con disciplina e onore, può portare anche al terzo (non di più). Parliamo di Bonafede, Fico, Fraccaro, Taverna, Dadone e pochi altri, che non possono mancare accanto ai big al primo giro (tipo Patuanelli, Catalfo, Costa e Di Battista) e alle ex sindache Appendino e Raggi (che già hanno la deroga). Non solo per premiare chi ha combattuto e pagato a caro prezzo: nel migliore dei casi, il dileggio e il linciaggio; nel peggiore, le minacce criminali e la scorta. Ma anche per rivendicare riforme e condotte che corrispondono a quei nomi, apprezzate anche da tanti che non votavano M5S o hanno smesso quando li han visti in quel governo contro natura. Quei nomi, poi, garantiscono impegno e attaccamento alla maglia molto più di nuovi peones che, alla prima sirena, potrebbero voltare gabbana. Come disse Gianroberto Casaleggio a Di Battista nel 2016 per convincerlo a lasciare la Camera e a correre come sindaco di Roma in barba alle norme interne, “le regole sono al servizio del Movimento, non viceversa”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/07/24/non-ce-il-2-senza-il-3/6740573/
venerdì 1 luglio 2022
La coda del Drago. - Marco Travaglio
La notizia è semplice: Grillo confida a vari parlamentari, a Fico, a Conte e a De Masi che Draghi gli ha chiesto di far fuori Conte “leader inadeguato” e poi di lasciarlo solo seguendo Di Maio. Siccome c’è chi non può credere che il premier – e non uno qualunque: il Migliore – traffichi ribaltoni e scissioni nel primo partito del suo governo, Grillo mostra gli screenshot dei messaggi, ma non li fa leggere perché le cose più gravi sono state dette a voce. Conte, fin troppo signore, tace. I deputati mormorano e martedì la voce giunge all’orecchio di molti cronisti, che la censurano. Tranne la Stampa, che la pubblica tra mille distinguo, e il Fatto, che intervista De Masi. E lo trova così furioso per le condotte di Draghi e di Grillo da sentirsi obbligato a denunciarle, ora che Beppe ne ha parlato ai suoi. Le edizioni online dei due quotidiani escono a mezzanotte di martedì. Ed è allora che Palazzo Chigi apprende la notizia. Se fosse falsa (ma non si vede come potrebbe), Draghi la smentirebbe di prima mattina a Madrid, per evitare che lo scandalo monti e interferisca col vertice Nato. Invece tace, mentre Conte si dice “sconcertato per la grave interferenza”.
Dichiarazioni e tensioni si rincorrono e si alimentano per l’intera mattina e metà pomeriggio. Poco prima dell’incontro stampa di Draghi, Conte lo richiama: Draghi prova a negare, Conte risponde che si fida dei racconti fatti da Grillo a lui e agli altri. Alle 15.50 Draghi, davanti ai cronisti, perde un’altra occasione per smentire: “Ho parlato con Conte poco fa, abbiamo cominciato a chiarirci, ci risentiamo domani per vederci presto. Il governo non rischia”. Lo scandalo tracima. Alle 19 Conte va da Mattarella. Alle 20.21 anonime “fonti di Palazzo Chigi” dicono ciò che per 20 ore avrebbe potuto dire il premier mettendoci la faccia: “Mai chiesto a Grillo di rimuovere Conte”. Draghi lo ribadisce ieri in conferenza stampa, dopo che i giornaloni hanno occultato la notizia e ribaltato il rapporto aggressore-aggredito (Rep: “Assedio al governo”; Corriere: “Governo: tensione alle stelle”; Stampa: “Lite Conte-Draghi”). Poi precisa: “Non ho sentito Grillo”. Ma come: il tuo amico Beppe ti attribuisce frasi gravissime e per giunta false, e tu che lo chiami ogni due per tre non gli chiedi perché ha scatenato quel putiferio inventandosi tutto? “Mi pare – aggiunge – che Grillo abbia smentito” (invece non ha smentito un bel nulla: si è solo detto “strumentalizzato”). Chiede di vedere i messaggi a Grillo, che dovrebbe conoscere avendoli inviati lui, e che non cancellano i plurimi racconti di Grillo. Ma non risponde alla domanda del Fatto: “Lei nega di aver parlato male di Conte a Grillo?”. E non si capisce se sia più lungo il naso o la coda di paglia.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/07/01/la-coda-del-drago/6646150/
giovedì 30 giugno 2022
Così Draghi consigliò a Grillo di mollare Conte per Di Maio. - Luca De Carolis
TUTTI CONTRO TUTTI - Faida. Il capo Cinquestelle sale al Colle e denuncia: “Situazione grave”. Beppe lascia Roma: non incontra né lui né i ministri.
Di mattina, uscendo dal suo albergo a Roma con vista sui Fori, il Garante prova a mentire, forse anche a se stesso. “Volete coprire la verità con queste storielle” scandisce Beppe Grillo ai cronisti che gli chiedono conto dell’intervista di ieri di Domenico De Masi al Fatto, in cui il sociologo ha rivelato quanto raccontatogli proprio da Grillo lunedì, in un colloquio di due ore: “Mario Draghi mi ha chiesto di rimuovere Giuseppe Conte dal Movimento”.
Ma non sono proprio storielle, se l’ex premier all’ora di pranzo si dice “sconcertato dalle parole di Draghi contro di me”, e in serata sale al Colle per discuterne con Sergio Mattarella. Non sembrano esserlo, se nel pomeriggio il presidente del Consiglio da Madrid prova a rimediare. “Con Conte ci siamo parlati poco fa, abbiamo iniziato a chiarirci, ci risentiamo domani (oggi, ndr) per vederci al più presto” spiega. Poi, all’ora di cena, affida una smentita a cosiddette fonti di Palazzo Chigi: “Il presidente del Consiglio non ha mai detto o chiesto a Grillo di rimuovere Conte dal M5S”. Proprio in contemporanea, il Garante fa trapelare sull’AdnKronos la sua ira: “Vengo strumentalizzato e raccontano cazzate su me e Draghi”.
Improperi che si lascia dietro dopo essere tornato nel pomeriggio nella sua villa a Bibbona, in Toscana, schivando l’incontro con i ministri e i sottosegretari grillini. Soprattutto, senza rivedere Conte. Eppure i frequenti contatti tra l’artista e Draghi vengono confermati da vari big. E degli attacchi del premier all’avvocato, proprio Grillo aveva raccontato anche ai deputati della commissione Esteri della Camera, nelle scorse ore. Soprattutto, c’è Conte: “Grillo mi aveva riferito delle parole di Draghi contro di me”. E ancora, “ci sono state tante telefonate e tanti messaggi tra i due” filtra dal M5S. Tracce, di certe richieste. Tra cui una, raccontata al Fatto da una fonte qualificata. Secondo cui Draghi avrebbe esortato Grillo ad aderire alla scissione di Luigi Di Maio, così da portare fuori dal M5S gran parte dei parlamentari e isolare l’avvocato. Grillo l’avrebbe raccontato “a vari 5Stelle di peso”. Altre confidenze, dal fondatore che ieri riappare in Senato. “Scusate, mi squilla il telefono, è Draghi” scandisce mostrando il cellulare agli eletti del M5S. Qualcuno ci crede, pochi ridono. Gli chiedono: “Conosci i nostri nomi?”. E lui: “Spetta a Conte conoscerli”.
Si parla dell’intervista di De Masi, e il Garante si arrangia: “Certe cose le ho dette, ma non dovevano uscire”. E su Draghi? “Mi ha intortato”. Però il suo blocco per le deroghe alla regola dei due mandati ha retto. “Niente voto”, impone a Conte. Ne fa le spese Giancarlo Cancelleri, che in una conference call con i consiglieri regionali siciliani, Conte e i vicepresidenti Taverna e Ricciardi si fa da parte. Rinuncia a candidarsi alle primarie in Sicilia, anche perché i termini per presentarsi scadono stasera, e non c’era più tempo per votare su una deroga. “Ti ringraziamo per il tuo sacrificio, ora troviamo un candidato” commenta l’avvocato. Il nome ora potrebbe essere il consigliere regionale Nuccio Di Paola. Ma il tema è lo scontro tra Conte e Draghi. “Un premier tecnico non può intromettersi nella vita di forze politiche” ringhia l’avvocato. Il resto, assicurano, lo dice al premier in una telefonata. In cui Conte accusa: “Ciò che è successo è molto grave, c’è in ballo il funzionamento della democrazia”. Per p Voi da Palazzo Chigi, assieme alla Farnesina, ci avete tenuto bloccati due giorni per inserire nella risoluzione sull’Ucraina una cosa ovvia, ossia che va coinvolto il Parlamento. E tutto nei giorni della scissione del M5S”. Fino alla domanda: “Ci avete messo i bastoni tra le ruote su superbonus e inceneritore, diteci se ci volete fuori dal governo”.
È la versione dei contiani, che aggiungono: “Un incontro con Draghi? Per ora no”. Ma si precipita verso la crisi? “Conte non vuole fare un Papeete 2” dicono i suoi. Non vuole essere accostato al Matteo Salvini della crisi dell’estate 2019. Non esclude di strappare, ma è disposto a farlo solo per “motivi concreti, sui temi”. Nell’attesa, Luigi Di Maio punge: “Non si può essere responsabili solo la domenica, creando instabilità al governo negli altri giorni”. Conte invece va da Mattarella. Un’ora e mezza di colloquio in cui l’ex premier, dicono, “è andato a esporre la gravità della situazione”. Ma senza parlare di uscita dal governo.
sabato 12 febbraio 2022
Conte, l’asse con Grillo per fare muro a Di Maio. - Luca de Carolis
DOPO IL VERTICE CON IL GARANTE - Di Battista: “Tra un po’ Luigi limona con Rosato, è di potere”.
L’avvocato ha un ex nemico che ora sente suo alleato nell’emergenza, Beppe Grillo. Quindi non vuole fare la pace con il nemico di oggi, quel Luigi Di Maio pronto a incontrarlo, per dirgli quel che ripete da giorni a molti 5Stelle, ovvero che senza un’intesa politica il M5S rischia di essere schiantato dai ricorsi e dai troppi veleni che ha in circolo, da troppo tempo. Ma Giuseppe Conte non vuole saperne. “Lui è uno che non cambia idea” confermano perfino i suoi, i contiani, e non è necessariamente un elogio. L’ex premier vuole andare dritto: innanzitutto con l’istanza al tribunale civile di Napoli, con cui vuole far revocare l’ordinanza che ha congelato il M5S e lui come presidente e leader. Si aspetta un verdetto a breve, “sette, massimo dieci giorni” dicono dal M5S. Mentre, dicono, ha frenato su un nuovo voto per il suo statuto.
Valutava di far convocare da Grillo una nuova votazione, l’avvocato, basandosi anche sul regolamento del 2018, quello che escludeva gli iscritti da meno di sei mesi al M5S, ma che l’ex premier era pronto a innovare, includendo tutti gli iscritti. Ma ora non vuole forzare. Però sulla rotta politica non valuta deviazioni. Il Grillo di giovedì notte, quello che di fronte alle telecamere gli ha tributato sostegno – “Conte confermato come leader? Certamente, chi ha mai messo in dubbio questa roba qua” – lo ha ulteriormente convinto che non gli serve una pace con Di Maio. “Beppe fa asse con noi” giurano (e probabilmente esagerano) i contiani. “Qui il tema non è politico, è giudiziario, e noi non creeremo alcuna nuova associazione, ma combatteremo questa battaglia a viso aperto” fa trapelare Conte. Durissimo, ancora, verso il ministro, nei ragionamenti con i suoi: “Dispiace per chi in maniera subdola avrebbe voluto sfruttare questo momento per riaprire fronti politici interni, quando qui di politico non c’è niente”. Neppure uno spiraglio, per Di Maio. Anche se Grillo vorrebbe una tregua, per stabilizzare il M5S. Concetto su cui non avrebbe insistito con Conte, sussurrano dal Movimento. Ma che emerge dai resoconti degli incontri del Garante giovedì, a Roma. Però tra l’ex premier e il ministro resta un fossato. E di certo non fa nulla per colmarlo Alessandro Di Battista, ex 5Stelle molto ascoltato dall’avvocato, che ieri ad Accordi&Disaccordi sul Nove ha picchiato duro su Di Maio: “Luigi riceve Confalonieri, tra un po’ si limona Rosato in aula: da bibitaro è diventato sommelier, un uomo di potere che vuole spostare il M5S al centro”.
Dopodiché lì fuori, a valutare nuovi ricorsi, c’è sempre Lorenzo Borrè, l’avvocato che ha preparato l’istanza con cui tre attivisti hanno bloccato tutto. Convinto che il ricorso di Conte contro l’ordinanza sia destinato a fallire. E che non si possa che tornare a quanto previsto dagli Stati generali del 2020: ossia alla nomina di un nuovo comitato di garanzia, che a sua volta indica la votazione di un comitato direttivo, organo collegiale che prenderebbe le redini del M5S. E ovviamente si voterebbe sulla piattaforma Rousseau, quella di Davide Casaleggio.
In sintesi, tutto ciò che Conte vuole evitare. Ma se in tribunale andasse male? Resta l’ipotesi di un nuovo comitato di garanzia, che poi faccia votare di nuovo Conte come presidente. Ma con attorno a lui un assetto diverso, più collegiale: ciò a cui pensa proprio Di Maio. E un partito di Conte, il contenitore nuovo? Anche se l’avvocato giura “no a nuove associazioni”, certi contiani continuano a parlarne. Sanno che anche l’ex premier, pur “molto scettico” in qualche colloquio ne ha riparlato. Perché non si sa mai.
martedì 8 febbraio 2022
M5s, Grillo: 'La situazione è complicata, ma le sentenze si rispettano'.
Dopo la decisione del Tribunale di Napoli.
"A seguito dell'Ordinanza del Tribunale di Napoli", "ha acquisito reviviscenza lo Statuto approvato il 10 febbraio 2021.
Le sentenze si rispettano.
La situazione, non possiamo negarlo, è molto complicata". Lo scrive sui social Beppe Grillo in riferimento alla situazione del Movimento 5 Stelle.
"In questo momento non si possono prendere decisioni avventate. Promuoverò un momento di confronto anche con Giuseppe Conte. Nel frattempo, invito tutti a rimanere in silenzio e a non assumere iniziative azzardate prima che ci sia condivisione sulla strada da seguire", ha scritto Grillo sui suoi canali social facendo riferimento alla situazione dei 5 Stelle.
Un partito a guida congelata. Tecnicamente esce così il M5s dalla decisione del Tribunale di Napoli che ha disposto la sospensione dello statuto ratificato il 3 agosto e la nomina di Giuseppe Conte come presidente, arrivata due giorni dopo. Una novità che accelera le spinte caotiche interne al Movimento (e aumenta le preoccupazioni degli alleati dem), dove da settimane si assiste a uno scontro totale fra Luigi Di Maio e lo stesso Conte che, però, ovviamente continua a tenere il volante stretto fra le mani: "La mia leadership non dipende dalle carte bollate". E annuncia a stretto giro una nuova votazione sulle modifiche allo statuto, già necessarie dopo la bocciatura di dicembre della Commissione di garanzia per gli statuti e la trasparenza dei partiti politici, aprendo la consultazione anche agli iscritti con meno di sei mesi di anzianità, ossia il vulnus su cui si basava il ricorso vinto a Napoli da tre attivisti.
mercoledì 2 febbraio 2022
Ora nel Movimento il tema centrale è il terzo mandato. - Peter Gomez
Il Movimento 5 Stelle ha un problema molto più grande dello scontro tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte: l’indecisione. Da più di tre anni il Movimento non affronta la questione centrale per il suo eventuale futuro: la regola dei due mandati. Oggi questo principio, che è da considerare fondante per i pentastellati, è ancora in vigore. Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo lo avevano introdotto per garantire un continuo ricambio degli eletti; per consentire alla società civile di aspirare a entrare in Parlamento non per cooptazione come avviene in tutti gli altri partiti e per evitare che all’interno delle Camere si formassero cordate interessate solo alla propria sopravvivenza. Gruppi di potere che gli elettori da sempre non amano e liquidano con una brutta, ma adeguata parola: poltronari. Un termine dispregiativo che però non tiene conto di un altro aspetto della questione: tra tante persone che dopo dieci anni sono disposte a fare di tutto pur di non perdere lavoro, poltrona e stipendio vi può sempre essere chi ha invece maturato esperienze e competenze molto utili alla forza politica che rappresenta.
Attualmente, in base alla regola, alle prossime elezioni non dovrebbero essere ripresentati 67 su 230 parlamentari. Molti di loro sanno già che se anche la norma fosse abolita le loro chance di rielezione sarebbero molto basse. I consensi sono in calo e il numero di posti a disposizione è per tutti diminuito proprio in base a una riforma costituzionale voluta dal Movimento. Ma avere pochissime possibilità è diverso dal non poter partecipare alla competizione elettorale. Sopratutto se la tua figura pesa nella breve storia grillina. Tra i 67 figurano nomi come quelli di Luigi Di Maio, Paola Taverna, Roberto Fico, Federico D’Incà, Danilo Toninelli, Laura Castelli, Giulia Sarti, Stefano Patuanelli e Vito Crimi. È ovvio e scontato insomma che indipendentemente dallo scontro tra dimaiani e contiani (tra i 67 vi sono esponenti di entrambi i fronti) la tensione salga e che anzi in qualche caso sia proprio la causa dello scontro.
Beppe Grillo ha già fatto sapere mesi fa di essere fieramente contrario a modificare la regola. Se lo fate, ha detto, io me ne vado. E si è limitato ad approvare l’introduzione di un terzo mandato (ipocritamente chiamato zero) per i consigli comunali. Un’innovazione utile, tra l’altro, per permettere a Virginia Raggi di correre di nuovo a Roma.
Conte, invece, non si è mai espresso chiaramente. Al netto del necessario assenso di Grillo e del voto vincolante da parte degli iscritti, le soluzioni possibili sono quattro: non cambiare niente; abolire la regola; introdurre un ulteriore mandato, ma solo per quanto riguarda i consigli regionali oltre che comunali; consentire delle deroghe. Cioè dare a Conte, o chi per lui, il potere di stabilire chi sono i meritevoli che però, per essere ripresentati, dovranno prima essere votati dagli aderenti ai 5Stelle. Ogni scelta ha dei pro e dei contro. Fatti chiari li esaminerà in una prossima rubrica. Una cosa però è certa. Rimandare non può che peggiorare le cose in un movimento in cui Di Maio può aspirare ad avere dalla sua parte molti parlamentari, ma al contrario di Conte pochi iscritti. Per questo l’ex premier, per il bene suo e della forza politica che rappresenta (e quindi anche di Di Maio), dovrebbe rileggere una frase del ventiseiesimo presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt: “Quando devi decidere, la migliore scelta che puoi fare è quella giusta, la seconda migliore è quella sbagliata, la peggiore di tutte è non decidere”.
martedì 13 luglio 2021
Base per altezza. - Marco Travaglio
La pigrizia mentale mista a bile e altri liquidi organici che caratterizza tutte le analisi sui 5Stelle ha impedito all’“informazione” di cogliere un fatto piuttosto rilevante di quello strano movimento nato quasi 12 anni fa e ancora, nonostante tutto, incredibilmente vivo. Anche perché l’“informazione” è troppo impegnata a raccontare come Draghi abbia vinto gli Europei a distanza, con la sola imposizione delle mani. Il fatto è questo: una comunità di centinaia di migliaia di italiani ha costretto a furor di popolo Grillo a fare ciò che aveva annunciato e poi disdetto: candidare Conte a leader in base a un nuovo Statuto che gli conferisse i poteri necessari per assumerne l’esclusiva guida politica e poi farlo votare dagli iscritti. Perché a febbraio Grillo avesse pensato a Conte si sa: la popolarità che gli viene dal buon giudizio che un’ampia fascia di cittadini, molti più degli elettori grillini, dà della sua persona e dei suoi governi, sopravvissuta contro ogni previsione al Conticidio. Perché, a giugno, Grillo avesse bruscamente cambiato idea col ri-Conticidio, è più difficile spiegarlo. I processi alle intenzioni diventano spesso processi alle invenzioni. Chi evoca il timore di perdere il controllo della sua creatura, chi le telefonate di qualche capetto geloso dell’ex premier o timoroso della sua linea meno appiattita sul governo, chi il patto d’acciaio siglato da Grillo con Draghi (che lo fa apparire “garante” più del governo che del M5S), chi le sorti giudiziarie del figlio (che però sarà giudicato dai magistrati di Tempio Pausania: Draghi non ha il potere di dettare o emettere sentenze, non ancora almeno).
Poi, investito da un’onda anomala di insulti e commenti negativi, Grillo deve aver capito di averla fatta grossa; che non è Conte ad avere bisogno di lui, ma il M5S di Conte; e che la sua creatura l’avrebbe persa col no a Conte, mentre col sì può recuperarla. E s’è inventato una sceneggiata da teatrante consumato: il Comitato dei Sette, per mascherare la ritirata sotto le mentite spoglie di una mediazione dei big, a cui l’Elevato si è magnanimamente inchinato. Sia come sia, dopo due mesi persi inutilmente (e con danni incalcolabili) prima per Casaleggio e poi per Grillo, il nuovo Movimento sembra pronto a partire. Salvo nuovi stop che, dopo tanti Conticidi, nessuno può escludere. E proprio da quel fatto sorprendente – per un movimento da tutti dipinto come verticistico e antidemocratico – dovranno partire Conte&C. per non fallire: a issarlo alla leadership non sono stati né Grillo, né i Sette, ma le centinaia di migliaia di persone che l’hanno voluto contro tutto e contro (quasi) tutti. Accontentare qualche big è facile. Non scontentare una bella fetta di popolo sarà molto più complicato.
ILFQ
venerdì 9 luglio 2021
Grillo chiama i ministri M5s (dopo la telefonata con Draghi): così è nato il dietrofront sulla giustizia – Esclusivo. - Luca De Carolis
Secondo fonti di primo piano del Movimento 5 Stelle, ieri sera il fondatore sarebbe intervenuto sui componenti del governo per spingerli a votare sì alla riforma della Giustizia della ministra Marta Cartabia, quella che di fatto stravolge la legge Bonafede. Il garante è stato mosso dallo stesso Draghi, che lo aveva contattato in giornata.
Ancora il Garante, a fare muro per Mario Draghi. Ancora Beppe Grillo, come nume tutelare del presidente del Consiglio. Secondo fonti di primo piano del Movimento 5 Stelle, ieri sera Grillo sarebbe intervenuto sui quattro ministri del Movimento per spingerli a votare sì alla riforma della Giustizia della ministra Marta Cartabia, quella che di fatto stravolge la riforma della prescrizione dell’ex Guardasigilli, il 5Stelle Alfonso Bonafede.
Fino a poco prima del Consiglio dei ministri delle 17, il Movimento era orientato ad astenersi. Questa era stata l’indicazione dei Direttivi delle due Camere, e questa era anche la linea portata avanti dal capodelegazione, il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, convinto della necessità di dare un segnale politico su un totem del M5S. Poi è cambiato qualcosa, con una nuova trattativa sul testo tra i quattro ministri, Draghi e Cartabia, che ha fatto slittare il Cdm di quasi due ore. Ma secondo quanto risulta al Fatto, a pesare sarebbe stato l’intervento di Grillo. Mosso dallo stesso Draghi, che lo aveva contattato in giornata.
Non certo una novità, visto che mesi fa fu proprio una lunga telefonata tra il Garante e l’ex presidente della Bce, rivelata dal Fatto, a convincere Grillo che il M5S doveva sostenere il suo governo. I due hanno continuato a sentirsi, sporadicamente. E di fronte a un nuovo tornante del suo governo, il premier avrebbe rigiocato la carta del Garante. Pronto ad adoperare ancora la sua influenza per spingere i ministri dei 5Stelle a dire sì. Una scelta che ha lacerato un Movimento già spaccato. Ma Grillo era e rimane della linea che il M5S debba restare in questo esecutivo. A qualunque costo.
ILFQ
lunedì 5 luglio 2021
“Sminatori” 5S, restano 2 nodi: sfiducia al leader e ruolo politico di Grillo. - To. Ro.
Movimento in conclave - I “7” ieri hanno telefonato al fondatore che riceve una lettera da cento attivisti: “Così ci fregano”.
Una domenica di lavoro per provare a salvare il Movimento cinque stelle. Il tavolo virtuale è ancora su Zoom, a sedersi sono sempre i sette “saggi” che devono riscrivere lo Statuto e le regole in una forma che sia digeribile sia per il leader Giuseppe Conte che per il fondatore Beppe Grillo. Lavorano limando regole e codici, cercano una soluzione formale per colmare il vuoto enorme, sostanziale, che si era creato tra i duellanti del Movimento.
Una delle consegne assolute per i sette “sminatori” è quella del silenzio: sui risultati del loro lavoro filtra poco. Dopo il disastro dei giorni scorsi c’è un ottimismo di fondo, chissà quanto auto-imposto. Si comunica – come in una seduta automotivazionale – “grande determinazione” e “massima attenzione”. Chissà se basteranno.
Dal lavoro certosino dei sette dovrà vedere la luce l’insieme delle nuove regole, la rinnovata struttura su cui sarà fatto poggiare il “neo Movimento”, come l’aveva battezzato Conte (in una definizione forse non proprio apprezzata dal fondatore): e dunque Statuto, carta dei valori, codice etico.
Il lavoro di messa a punto dello Statuto della discordia dovrebbe essere quasi ultimato: è a “due terzi” secondo quanto filtra da chi ci sta mettendo mano. Se tutto procederà bene, sarà portato a termine entro stasera e potrebbe essere presentato alle due parti già domani.
Se Grillo e Conte lo accetteranno, a quel punto bisognerà indire la votazione degli iscritti, conservando almeno una spolverata di democrazia diretta nello scontro individuale tra le due personalità del Movimento.
Tra i nodi rimasti da sciogliere non c’è il tema dei due mandati. Al contrario di quanto si riteneva, su questo Conte e Grillo sono sostanzialmente d’accordo, o meglio: nessuno dei due è contrario a cambiare questa regola fondativa e lasciarla decidere dalla base del Movimento. Con diverse soluzioni: si potrebbe adottare una deroga al limite dei due mandati per gli eletti “meritevoli” (un po’ come avviene nel Pd) oppure concedere un terzo mandato a chi ne ha già fatti due, ma in un’assemblea elettiva diversa da quella in cui siede. I sette “saggi” in ogni caso non se ne stanno occupando, perché non è su questo tema che Conte e Grillo sono in disaccordo.
I nodi sono essenzialmente due, invece: il primo è la natura del ruolo del “garante”. Grillo chiede una formula che gli riconosca la primazia non solo sui valori del Movimento ma anche sulla “iniziativa politica”. Per Conte sarebbe il realizzarsi della “diarchia” che l’ex premier ha detto chiaramente di non poter accettare: se Grillo assume su di sé anche l’indirizzo politico, al leader cosa rimane?
L’altro punto sensibile riguarda il meccanismo di sfiducia del leader politico. Conte ha già accettato che il suo mandato alla guida dei Cinque stelle possa essere sottoposto al giudizio degli iscritti se il garante o uno degli altri organi direttivi intendesse chiedere una votazione di sfiducia. Ma pretende un meccanismo di riequilibrio, una sorta di “sfiducia costruttiva”: se la base dovesse dare ragione al leader politico contro la proposta di sfiducia, a quel punto a decadere dovrebbe essere l’organo che l’ha promossa.
Su questi aspetti lavorano gli “sminatori”, con la cautela che si richiede alla missione. Tra poco il loro compito sarà terminato, a quel punto toccherà ai due litiganti. Allora si capirà la verità: se Grillo ha bluffato o ha giocato sul serio. E cioè se ha affidato il mandato ai sette (Di Maio, Fico, Crimi, Patuanelli, Crippa, Licheri, Beghin) solo per condividere insieme a loro il naufragio della trattativa e della leadership di Conte (e probabilmente la fine del Movimento cinque stelle), oppure se ha capito di non avere altre carte in mano che affidare i destini della sua creatura all’ex presidente del Consiglio. Il quale è stato chiaro: prenderà la guida del Movimento solo se ci sarà una separazione netta dei ruoli e un controllo della direzione politica autonomo dall’ingombrante carisma del fondatore.
ILFQ
giovedì 1 luglio 2021
Lo scontro divide M5s. Conte: 'Il mio progetto politico non resterà nel cassetto'.
Assemblee di Camera e Senato chiedono di evitare scissioni.
A Giuseppe Conte "ho solo chiesto la garanzia di avere la struttura del garante identica alla struttura che c'è adesso. Gli ho detto: 'dammi la possibilità di essere il visionario, il custode dei valori' " ha detto in serata Grillo rivendicando le sue "scelte di cuore" e rifiutando l'etichetta di "padre-padrone".
E dalle due assemblee traspare il rammarico per la replica dell'ex premier a Grillo che avrebbe ostacolato un possibile tentativo di dialogo. Ma deputati e senatori ci sperano ancora. "Per una volta chiediamo noi a Beppe e Giuseppe responsabilità. Vediamoci e capiamo come difendere un sogno comune" ha detto in assemblea dei deputati Stefano Buffagni, applaudito dalla platea. "Si ritiene che una sintesi e una mediazione siano ancora possibili" per non disperdere "l'ambizioso progetto" mettono nero su bianco i senatori in un documento condiviso.
E anche alla Camera la richiesta dei deputati è quella di non dividersi in "tifoserie", elemento raccolto dal capogruppo Davide Crippa. Con un minimo comune denominatore tra le due assemblee: la richiesta di poter leggere, valutare e votare lo statuto di Conte. "Lo statuto non l'abbiamo neanche visto" hanno lamentato alcuni ma non c'è stato uno schieramento netto né da una parte, né dall'altra, anche se con alcuni distinguo. I deputati, commentano fonti parlamentati, hanno manifestato la mancanza di coinvolgimento rispetto ai recenti avvenimenti e un'obiettiva mancanza di elementi specifici sui motivi dello scontro.
Lo scontro e il botta e risposta
"C'è tanto sostegno dei cittadini: ho lavorato per 4 mesi. Ho aspettato Grillo in piena trasparenza. Il progetto politico non rimane nel cassetto per la contrarietà di una persona sola", ha detto l'ex premier Giuseppe Conte.
Il post di Beppe Grillo "non è" una delusione "solo per me. Questa svolta autarchica credo sia una mortificazione per un'intera comunità, che io ho conosciuto bene e ho apprezzato, di ragazze e ragazzi, persone adulte, che hanno creduto in certi ideali. E' una grande mortificazione per tutti loro", aveva detto l'ex premier in giornata.
"Smentiamo i retroscena, le fantasiose ricostruzioni e le presunte prese di posizione del ministro Di Maio che rimbalzano su agenzie e giornali in queste ore. Il ministro Di Maio sta lavorando come sempre per l'unità. Di Maio ha più volte ribadito che è necessario agire pensando al bene degli italiani". Lo fa sapere lo staff del ministro.
Secondo Vito Crimi, "Grillo ha indetto la votazione del comitato direttivo impedendo una discussione e una valutazione della proposta di riorganizzazione e di rilancio del MoVimento 5 Stelle alla quale Giuseppe Conte ha lavorato negli ultimi mesi, su richiesta dello stesso Beppe. Pur rientrando fra le sue facoltà indire la votazione, non concordo con la sua decisione. Il voto, tuttavia, non potrà avvenire sulla piattaforma Rousseau, poiché questa è inibita al trattamento dei dati degli iscritti al MoVimento. Inoltre, consentire ciò violerebbe quanto disposto dal Garante della Privacy".
"Ti invito ad autorizzare, entro e non oltre le prossime 24 ore, la Piattaforma Rousseau al trattamento dei dati, come espressamente consentito dal provvedimento del garante della privacy e come rientrante nei poteri del titolare del trattamento. Nel caso, invece, in cui decidessi di utilizzare subito la nuova piattaforma, sarai ritenuto direttamente e personalmente responsabile per ogni conseguenza dannosa dovesse occorrere al MoVimento (azioni di annullamento voto, azioni risarcitorie …) per le scelte contrarie allo statuto che dovessi operare". Lo scrive Beppe Grillo su Fb rivolgendosi al reggente Vito Crimi.
"Come ti ho sempre detto prima di poter votare su un'altra piattaforma - ha aggiunto Grillo - è, infatti, necessario modificare lo statuto con una votazione su Rousseau. Inoltre nella mancanza dell'organo direttivo l'unico autorizzato ad indire le elezioni dello stesso è il garante, e in quanto tale l'ho fatto secondo le sole modalità possibili previste dallo statuto vigente (art. 4 lettera b). Inoltre il garante della privacy non ha mai identificato in te il titolare dei dati degli iscritti, essendosi limitato a indicarlo genericamente nel movimento, probabilmente a causa della tua controversa reggenza".
"L'assemblea dei senatori del M5s ritiene doveroso esprimere gratitudine per lo sforzo profuso nella redazione del nuovo statuto, che tuttavia ad oggi gli iscritti e gli eletti non conoscono ed hanno tutto il diritto di vedere ed esaminare", sottolinea una nota dei senatori pentastellati. "In un Movimento che della democrazia diretta e della trasparenza ha fatto i propri principali pilastri - continua - è indispensabile che sia condiviso con l'intera comunità 5 Stelle. Si ritiene inoltre che una sintesi e una mediazione siano ancora possibili" per non disperdere "l'ambizioso progetto".
"A Vito Crimi esprimiamo il nostro pieno ed incondizionato sostegno in questa delicata fase politica dove il suo ruolo si rivela ancora oggi imprescindibile. Per Vito parlano la sua storia, la passione, la serietà ed il suo storico attivismo al servizio del MoVimento 5 Stelle. Da più di un anno Vito lavora incessantemente per gestire una difficile e delicata fase transitoria, coincisa peraltro con un periodo drammatico per il nostro Paese. A lui oggi rivolgiamo un accorato appello affinché vada avanti nel suo generoso sforzo verso un rinnovamento serio ed un reale rilancio del M5s". Lo scrive su fb il ministro 5s Stefano Patuanelli.
Nel frattempo si discute già della possibile scissione: da una parte chi resta nel M5S con Grillo, dall'altra chi andrebbe con l'ex premier. "Beppe ha esagerato", è il commento di chi vedeva in Conte una risorsa imprescindibile per il rilancio del Movimento. "Il fatto che non si possa votare su Rousseau è semplicemente falso, non c'è una diffida da parte del Garante della Privacy rispetto alla piattaforma", sottolinea invece un altro deputato. E, soprattutto alla Camera, non tutti stanno dalla parte di Conte. "Non ci ha mai coinvolto, come sulle alleanze in Calabria, chi ha scelto Ventura? Di certo io non la sosterrò", attacca una parlamentare calabrese.
ANSA
Conte, Grillo.
Cetta.
mercoledì 30 giugno 2021
Lasciatelo solo. - Marco Travaglio
Se Grillo voleva distruggere Conte, è riuscito nell’impresa di rafforzarlo ancor di più. Se invece voleva distruggere i 5Stelle, è riuscito nella missione di annientare se stesso, o quel poco che ne resta. Basta leggere i commenti al suo ultimo post su Facebook, che lui crede visionario e invece è soltanto delirante: era da quando l’Innominabile annunciò trionfante il ritiro delle sue ministre dal governo Conte che non si riscontrava una tale unanimità di vaffanculo. Che, per un esperto del ramo, dovrebbe essere motivo di riflessione. Ma purtroppo Beppe non riflette più. Fino a qualche tempo fa, ci inviava delle lettere firmate “Beppe Grillo e il suo neurologo”. Poi, tragicamente, il suo neurologo morì. E se ne sente la mancanza. Barricato nel suo bunker, in piena sindrome di Ceausescu, l’Elevato si rimira allo specchio e si dice quanto è bravo. È come l’automobilista che imbocca l’autostrada in contromano e pensa che a sbagliare siano tutti gli altri. Scambia Draghi e Cingolani per grillini, cioè le allucinazioni per visioni. E ora, mentre il grillino Draghi straccia altre due bandiere dei 5Stelle e di Conte – il blocco dei licenziamenti e il cashback utilissimo per la transizione digitale, il sostegno al commercio e la lotta all’evasione – facendo felice la destra (soprattutto la Meloni, che però sta all’opposizione), lui tenta di abbattere l’unico leader che aiuterebbe il M5S a restare al governo con la schiena dritta. E spiana la strada allo smantellamento delle ultime conquiste superstiti: quelle sulla giustizia.
Del resto, come ha detto l’altro giorno alla Camera, i suoi ministri si sono girati i pollici per tre anni (infatti Bonafede e la Azzolina vivono sotto scorta). Sono Draghi&C. che hanno “visione”: non certo Conte, che un anno fa si inventò il primo lockdown d’Europa e un’altra cosetta come il Recovery Fund finanziato con Eurobond, costruendo il consenso per farlo approvare all’unanimità dal Consiglio dopo quattro giorni e quattro notti di battaglia. Quisquilie: tant’è che, per rendere meno “seicentesco” lo Statuto di Conte, Grillo pretendeva di guidare la politica estera del M5S, col decisivo argomento che conosce l’ambasciatore cinese. Il suo neurologo gli avrebbe spiegato la ridicola assurdità della pretesa. E anche il paradosso di essersi inimicato tutti gli amici e trasformato nell’idolo di tutti i nemici, ansiosi di liberarsi – tramite lui – di un movimento che con Conte minaccia di rinascere (leggere i giornaloni e la stampa di destra per credere). Ma purtroppo il neurologo non c’è più e non è stato sostituito. In compenso, nel bunker, torna Casaleggio jr., richiamato in servizio per apparecchiare l’elezione di un Comitato direttivo di cinque membri.
Cinque vittime sacrificali votate al sadomasochismo che si stenta a immaginare chi possano essere. Potrebbero pure candidarsi i fuorusciti in attesa di espulsione, tipo Lezzi, Morra, Laricchia &C. Che però avevano lasciato i gruppi parlamentari in polemica contro l’ingresso del M5S nel governo Draghi imposto proprio da Grillo e osteggiato proprio da Casaleggio (che, fra l’altro, si oppone a qualunque deroga al limite dei due mandati). Un altro paradosso da neurologo: per sbarrare la strada a Conte, che ancora l’altroieri ha ribadito il sostegno a Draghi (ma da posizioni critiche e mature), il Visionario Elevato farebbe eleggere un Direttorio di nemici assatanati del governo col potere di sfiduciarlo. Ma è improbabile che l’elezione su Rousseau possa mai avvenire. Carente di neurologi, Grillo lo è anche di avvocati. Altrimenti qualcuno gli avrebbe spiegato che quella non è più la piattaforma del M5S (che ne ha un’altra) e soprattutto che Casaleggio – salvo commettere reati – non può violare l’ordine del Garante della Privacy di non trattare i dati degl’iscritti, dopo averli consegnati al legittimo titolare: il reggente Vito Crimi.
Ora, siccome il partito di maggioranza relativa in Parlamento non può restare senza guida alla vigilia di un autunno caldo a suon di licenziamenti e del rush finale per l’elezione del capo dello Stato, l’unica votazione che ha un senso è quella per il nuovo capo politico: da una parte Conte, sulla base del suo Statuto e della sua Carta dei Valori, che vanno subito resi pubblici; dall’altra Grillo o chi per lui (se mai troverà un essere senziente disposto a fargli da prestanome), sulla base del suo post di ieri. Così finalmente saranno gli iscritti, davanti a un’alternativa chiara e netta senza più quesiti suggestivi, a decidere se i 5Stelle devono vivere con Conte o morire con Grillo. Del quale resta da capire se sia ancora lucido o irrimediabilmente bollito, e soprattutto quale delle due alternative sia la peggiore. Se è lucido, sta lavorando scientemente per il re di Prussia e dunque va messo in condizione di non nuocere. Se invece è bollito, sta lavorando inconsapevolmente per il re di Prussia e dunque va messo in condizione di non nuocere. Come? Lasciandolo solo, cioè nella condizione che ormai predilige, convinto – come Cesare secondo Plutarco – che sia “meglio essere primo in un villaggio che secondo a Roma”. Ma qui il villaggio ha le dimensioni di una delle sue ville. E i padri padroni sono tali finché i figli diventano adulti, escono di casa e iniziano a camminare con le proprie gambe. Nel governo, in Parlamento, nelle Regioni, nei Comuni e fra gli iscritti ci sono decine di migliaia di figli di Grillo ormai maggiorenni che sanno cosa devono fare.
ILFQ
sabato 26 giugno 2021
I big 5S in processione da Conte. Che lunedì detterà le condizioni. - Luca De Carolis
L’avvocato è “tranquillo”, assicura chi gli ha parlato. Ostenta “serenità”, giurano. E magari è la posa tattica del mediatore di mille arbitrati, ma probabilmente è molto peggio, è la freddezza di chi si appresta a calare la sua carta, che fa rima con addio. Perché Giuseppe Conte è davvero a un passo dall’abbandonare il Movimento che doveva rifondare. Potrebbe non bastare, la visita dei big contiani Paola Taverna e Stefano Patuanelli, che assieme al capogruppo in Senato Ettore Licheri lo vanno a trovare a casa per cercare l’appiglio per una mediazione. Non sembra sufficiente, il lavoro dietro le quinte di Luigi Di Maio, che spinge per un incontro chiarificatore con Beppe Grillo.
Perché non pare possibile poter ricucire lo squarcio aperto giovedì dal Garante, con quella valanga di frasi a rintuzzare e quasi a deridere l’ex presidente del Consiglio, accusato davanti ai deputati di “non conoscere il M5S”, perfino imitato a uso e risate degli eletti. Ma dopo i sorrisi ora c’è il rumorosissimo silenzio di Conte: che ieri ha taciuto, ancora. Però non starà zitto ancora a lungo. Lunedì parlerà, l’avvocato. E saranno parole affilate. Risposte nel merito, punto su punto, alle stilettate di Grillo. La premessa per arrivare alla conclusione che può essere la cesura definitiva, con il Garante: “Non potrò mai accettare una diarchia, ho bisogno dell’agibilità politica che mi era stata promessa, e Grillo deve essere contento del progetto”, Con accluso un promemoria importante: “È stato lui a venirmi a cercare”. Quindi ora Conte non può subire la linea del fondatore, che vuole prendere ogni decisione assieme all’avvocato, insomma essere il co-pilota.
Inaccettabile, per l’ex premier. Pronto a scandire le sue condizioni. E qualcuno spera ancora che dicendolo ai microfoni possa smuovere Grillo, fargli fare un passo indietro. Ma il primo a non crederci è Conte. Tradotto, quella di lunedì potrebbe essere una conferenza stampa praticamente di addio ai 5Stelle. A cui seguirà una pausa dalla politica. “Giuseppe non vuole fare un suo partito, almeno non adesso”, dicono fonti a lui vicine. Non è questo il momento. Ma arriverà la sua lista. C’è già un gruppo di maggiorenti del Movimento pronto a passare con lui. Ed esiste un mondo di professionisti legato all’avvocato che potrebbe riempire le sue liste. “Qualcosa farà” dicono fonti trasversali. Ma non subito.
Prima c’è da replicare a Grillo, che lo attende al varco. “Se mi risponde stavolta sarò durissimo” sibila il Garante ai suoi. Pronto a un post al tritolo, dicono. Di certo è nervoso il fondatore, anche per la lettura dei giornali. Così Di Maio prova a fare il pontiere. “Dobbiamo far sbollire tutto e poi farli incontrare”. Ma a far scendere la temperatura non è servita neppure la telefonata del Garante all’avvocato, giovedì sera: “Giuseppe non dare retta alle agenzie, ci vogliono mettere l’uno contro l’altro”. Ma Conte ha reagito in modo gelido. Per poi iniziare a preparare la sua contromossa. Dal giro di Grillo sibilano: “Vuole solo alzare il prezzo, bluffa”. Ma fonti vicine a Conte suonano un’altra nota: “Il nodo è che attualmente lui e Grillo hanno visioni inconciliabili tra loro di ciò che dovrà essere il M5S”. Nel pomeriggio Taverna, Patuanelli e Licheri vanno a trovare l’avvocato. Gli chiedono di aspettare fino a lunedì per la conferenza, di non chiudere subito.
Conte si mostra padrone di sé. Ma ripete: “Sono stato chiamato per rifondare il Movimento e avevo chiesto i poteri per farlo. Non posso accettare una diarchia”. E prosegue: “Quello che è accaduto nelle ultime ore è un suicidio a livello di immagine per un movimento. Se ero stato chiamato per un semplice maquillage avrebbero dovuto dirmelo, io avevo altre idee ed ero stato chiaro al riguardo, da subito”. Ma ciò che conta lo riassume un big: “Grillo deve fare un passo indietro, chiarire che lui sarà solo il Garante”. Ipotesi del terzo tipo. In questo clima, in serata, i 5Stelle di governo si riuniscono. Patuanelli è duro: “Beppe vuole dettare la linea anche sulla politica estera”. Si discute, anche di simbolo e rotta politica. Molti insistono: “Grillo e Conte devono parlarsi”. E pare l’ultima boa, per il M5S che affonda.
ILFQ