giovedì 3 febbraio 2011

«Ad Arcore anche i mafiosi»




Non solo minorenni ed escort per le feste: a villa San Martino sono andati anche gli emissari di Cosa Nostra. Lo sostiene in un recente interrogatorio il pentito Brusca. E la procura di Palermo si prepara ad aprire una nuova indagine.

La procura di Milano indaga sulla presenza di minorenni nella residenza di Arcore del premier per le serate del bunga bunga, e i pm di Palermo lavorano per accertare se a villa San Martino sono stati ricevuti ambasciatori di Totò Riina dopo le stragi Falcone e Borsellino.

Se dunque i magistrati lombardi si apprestano a chiedere il rito immediato per Silvio Berlusconi, indagato di concussione e prostituzione minorile, nell'affaire Ruby, i loro colleghi siciliani starebbero preparando la strada per far cadere una nuova tegola giudiziaria sulla testa del premier riaprendo nei suoi confronti un'inchiesta di mafia archiviata, nella quale era già stato coinvolto con Marcello Dell'Utri. E sullo stesso filone d'indagine, che coinvolge Berlusconi e Dell'Utri, procede pure la procura di Firenze che vuole fare luce sui mandanti occulti delle stragi del 1993: Uffizi, via Palestro e i due attentati romani.

Gli impulsi a queste istruttorie sono stati dati in particolare dai verbali del "dichiarante" Gaspare Spatuzza e dal pentito Giovanni Brusca. Entrambi chiamano in causa Berlusconi. Brusca, dopo essere stato indagato a settembre insieme ai suoi familiari per aver occultato il suo patrimonio durante la collaborazione, non dichiarandolo allo Stato e sottraendolo così alla confisca, ha fatto nuove rivelazioni ai pm di Palermo. Il boss che uccise Falcone sostiene di aver ricevuto da Riina l'incarico di andare ad Arcore per parlare con il Cavaliere dopo le bombe del 1992. Il racconto è contenuto in un verbale di interrogatorio che è stato secretato. Ma di una visita di Brusca a Villa San Martino aveva già parlato in passato un altro pentito, Giuseppe Monticciolo. Tutto ciò potrebbe finire nell'indagine che a Palermo chiamano "trattativa fra mafia e Stato".

Le due inchieste di Firenze e Palermo si potrebbero dunque aggiungere ai quattro processi che già a marzo vedranno il presidente del Consiglio sul banco degli imputati del tribunale di Milano. Archiviata la parziale bocciatura del legittimo impedimento da parte della Consulta, anche gli ostacoli che sembravano fin qui allungare i tempi dei dibattimenti e avvicinare la prescrizione sembrano superati. All'affaire Ruby si aggiunge quello in cui il premier è accusato di corruzione giudiziaria (Mills), quello in cui è chiamato a rispondere di frode fiscale (Mediaset diritti tv) e poi in quello per appropriazione indebita e frode fiscale (Mediatrade).

Senza uno scudo processuale, Berlusconi rischia di dover correre da un'aula all'altra. La Consulta nella sentenza sul lodo Alfano ricorda al premier che non ogni impegno politico è un "legittimo impedimento", ma soltanto quello riconducibile ad attività "coessenziali alla funzione di governo", sempre che sia "preciso", "puntuale", "assoluto", "attuale": insomma, "oggettivamente indifferibile" e "necessariamente concomitante" con l'udienza di cui si chiede il rinvio. Spetterà al giudice valutare "in concreto" questi elementi, senza che la difesa possa eccepire un'invadenza nella sfera di competenza del potere esecutivo.

I tre processi che erano stati congelati in attesa della Consulta non ripartiranno da zero come previsto, perché i giudici già trasferiti ad altri incarichi hanno ottenuto proroghe e così il 28 febbraio riprenderà quello per la presunta frode fiscale per i diritti tv Mediaset, a seguire l'udienza preliminare Mediatrade e il processo Mills, l'avvocato inglese che il premier avrebbe spinto, dietro il pagamento di una somma di denaro, a ritrattare.