giovedì 1 luglio 2010

Stragi '92: Indagati per depistaggio 3 poliziotti


di Monica Centofante - 1° luglio 2010
C'è una nuova svolta nelle indagini sulle stragi di Capaci e Via D'Amelio. E sui depistaggi che seguirono l'uccisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino negli anni scanditi dalle bombe e dalla trattativa tra Cosa Nostra e lo stato.


Lunedì scorso, in gran segreto, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari e i sostituti Domenico Gozzo e Nicolò Marino avrebbero interrogato per un'intera giornata 3 poliziotti a quanto pare indagati per “calunnia aggravata”. Non poliziotti qualunque, ma ex-investigatori del “Gruppo Falcone-Borsellino” incaricato di svolgere accertamenti dopo quelle stragi. E sotto la direzione di quell'Arnaldo La Barbera - ex capo della Squadra Mobile poi questore di Palermo, morto per un male incurabile nel 2002 - che pochi giorni fa si è scoperto era al soldo dei servizi segreti.

Nel giorno in cui il presidente della Commissione antimafia Giuseppe Pisanu conferma a sorpresa la possibile iscrizione nel registro degli indagati, a Caltanissetta, dello 007 Lorenzo Narracci, già uomo di Bruno Contrada in quel caldo 1992, i 3 nuovi nomi irrompono sulla scena.

Secondo indicrezioni giornalistiche Salvo La Barbera, Mario Bo e Vincenzo Ricciardi – questi i nomi dei poliziotti - sono indiziati di aver estorto le confessioni al falso pentito Vincenzo Scarantino “mediante minacce e pressioni psicologiche”. “In concorso con il dottor Arnaldo La Barbera, nonché con altri allo stato da individuare, con una pluralità di azioni e in esecuzione di un medesimo disegno criminoso”.

Scarantino, lo ricordiamo, è il killer che si autoaccusò della strage del 19 luglio portando le investigazioni su una falsa pista che identificava i mandanti dell'eccidio di Via D'Amelio nella borgata della Guadagna. Spostando l'attenzione degli inquirenti dal mandamento di Brancaccio, indicato oggi dal vero pentito Gaspare Spatuzza e regno dei fratelli Graviano. I boss sospettati per anni di essere stati in contatto con Marcello Dell'Utri, già indagato insieme a Silvio Berlusconi come mandante esterno delle stragi dei primi anni Novanta (le indagini sono state archiviate).

Ora i pm si chiedono: chi organizzò il depistaggio? Chi manovrò Vincenzo Scarantino e i pentiti che lo avevano confermato, Salvatore Candura e Francesco Andriotta, anche loro minacciati? E soprattutto perché?
Domande che, a quanto si apprende, non avrebbero ottenuto una risposta dai 3 nuovi indagati che si sarebbero difesi con una serie di “non so” e “non ricordo”.

Per il momento l'unica certezza è che le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, seguite da quelle di Massimo Ciancimino, hanno riaperto più di uno squarcio sugli anni bui delle stragi. E gettato ombre inquietanti sul ruolo assunto in quel periodo dai servizi segreti.
Dal canto loro gli stessi Candura, Andriotta e Scarantino, incastrati dalle rivelazioni di Spatuzza, hanno ammesso di aver in passato dichiarato il falso. Aggiungendo di non essersi inventati le accuse, ma di aver ripetuto ai magistrati quanto suggerito dai poliziotti che li interrogavano. Quei poliziotti capitanati da Arnaldo La Barbera che si sarebbero limitati ad eseguire un ordine.

A fronte di quanto sinora emerso per molti boss condannati per la strage di Via D'Amelio ci sarà a breve la revisione del processo, mentre continuano le indagini sul ruolo dei servizi che anche questa volta hanno ricevuto più di un input dalle parole di Spatuzza. Anche lui avrebbe fatto il nome di Lorenzo Narracci, secondo le sue dichiarazioni presente, il 18 luglio del 1992, nel garage in cui si stava “caricando di esplosivo” la macchina utilizzata il giorno dopo per l'attentato.

L'uomo chiave, quindi, rimane lui. Il pentito a cui il Viminale non ha concesso il programma di protezione e che prima e dopo la sentenza di condanna al senatore Marcello Dell'Utri in molti si sono affrettati a screditare.


http://www.antimafiaduemila.com/content/view/29375/78/