venerdì 16 luglio 2021

Perché non ci sono foto di politici mentre fanno il vaccino? - Peter Gomez

 

La politica si divide sul Green Pass. C’è chi è a favore, chi contro e chi lo vuole all’italiana: non per bar e ristoranti, sì per tutto il resto. In attesa che il governo faccia sentire la sua voce, la campagna di vaccinazione registra una brusca frenata. All’appello mancano ancora tantissimi over 60. Il 18 giugno i non vaccinati anziani erano 2 milioni e 833 mila. Tre settimane dopo, il 9 luglio, solo 300 mila in meno.

La chiamata alla siringa del generale Francesco Figliuolo, condita da roboanti frasi del tipo “li cercheremo casa per casa”, è rimasta sulla carta tanto che, se si andrà avanti di questo passo, gli over 60 saranno tutti immunizzati solo a dicembre. L’improvvido ottimismo che il 23 aprile aveva spinto il militare ad assicurare ai sindaci la conclusione della campagna vaccinale entro l’estate è insomma solo un ricordo. Al di là delle discussioni sulle responsabilità di Figliuolo, di Palazzo Chigi, delle Regioni e dell’Europa, resta il fatto che è ben difficile convincere i cittadini a vaccinarsi se chi li rappresenta al governo e in Parlamento marca visita. Tanti politici, è vero, hanno dato il buon esempio. I social sono pieni zeppi di foto di deputati, senatori, presidenti di Regione che offrono il braccio al siero. Curiosamente, però, mancano le immagini di chi di social vive.

Matteo Salvini che documenta su Instagram e Facebook i propri pranzi, le cene e persino il cappuccino, il caffè e l’ammazacaffè, sul punto appare renitente. Il 2 luglio aveva spiegato di aver dovuto far saltare l’appuntamento a causa di un processo e aveva garantito che arrivato il suo momento avrebbe postato “una foto con dedica” (al presidente campano Vincenzo De Luca che gliene aveva chiesto conto, ndr).

Siamo arrivati al 16, in Lombardia vista la carenza di volontari, gli appuntamenti te li fissano ormai nel giro di due giorni, ma tutto ancora tace. E silenziosa è pure Giorgia Meloni che, dopo aver accusato il governo Conte bis e il vecchio commissario Arcuri di imperdonabili ritardi nella pianificazione delle vaccinazioni, il 10 giugno assicurava che presto si sarebbe immunizzata: “Mi sono prenotata”. Sono passati 35 giorni. Nel Lazio vaccinano pure gli under 16, ma lei sui social, per la gioia dei no-vax, ha postato di tutto tranne che la sua foto con la siringa al braccio.
Conte, invece, s’è fatto la prima dose il 12 luglio e farà il richiamo a fine mese. Decisamente pro-vax è anche Matteo Renzi, che da premier impose il “pacchetto” obbligatorio della Lorenzin e lo scorso anno, quando ancora quelli anti-Covid non c’erano, annunciò una petizione perché diventassero obbligatori. Oggi i vaccini ci sono. E in Rete ci sono pure le immagini di Maria Elena Boschi che più giovane di lui, dà il buon esempio con tanto di didascalia: “A tutela della mia salute e di quella della comunità”. Mancano invece quelle di Matteo. Due giorni fa, quando gli hanno chiesto “lei è controcorrente (il titolo del suo nuovo libro, ndr) anche perché è uno dei pochi parlamentari a non essersi ancora vaccinato?”, Renzi ha risposto così: “Nel mese di luglio è in corso il procedimento. Conto di finire entro agosto”. “Quindi è già prenotato?”, ha tentato di insistere una giornalista. Niente da fare. L’ex presidente del Consiglio ha proseguito tutto di un fiato: “Rispettando le regole e non saltando la fila” per poi dirsi d’accordo con le decisioni di Macron. In molti malpensanti resta il dubbio che leader di Italia Viva si sia già vaccinato in marzo al Gran premio del Bahrein, dove i vaccini li facevano gratis, mentre in Italia quasi non c’erano. Lui, a suo tempo, ha negato. E noi gli crediamo. Perché Renzi, si sa, è un uomo di parola.

ILFQ

Renzi è peggio di Craxi: per lui la politica è un affare privato. - Pietro Corrias

 

Nel mondo capovolto di Matteo Renzi, foderato di inchieste, ville col mutuo, querele, prestiti bancari, telefonate imbarazzanti, tradimenti doppi e tripli, amici carcerati, conferenze a tassametro, i soldi sono solo soldi, la politica non c’entra. Ci mancherebbe. E a proposito dei 700 mila euro ricevuti da Lucio Presta per girare un documentario davvero inedito sulla Firenze Rinascimentale, purtroppo valutato pochi spiccioli dai ragionieri del libero mercato, ci raccomanda di non farci idee sbagliate sull’intreccio giudiziario che sventatamente lo riguarda: il malloppo è suo, lo ha incassato “in modo lecito, regolare, trasparente”. E più precisamente: “Quei soldi appartengono alla mia vita privata e li uso per la mia vita privata”.

Accadeva – in un tempo ormai remoto – proprio il contrario. Qualunque Cirino beccato con la grana nel materasso o il quadro d’autore appeso nel salotto, s’affrettava a scaricarsi la coscienza sulle spalle (e nelle tasche) del partito. Il malcapitato chiedeva clemenza per il disguido d’appropriazione indebita, ammetteva con la lacrima del rimorso e l’inchino delle buone intenzioni, tipo l’indimenticabile Lorenzo Cesa, “sono pronto a vuotare il sacco”, tutti sempre giurando di averlo fatto non “per arricchimento personale”, ma per l’ideale. Intitolato qualche volta a don Sturzo, talaltra a Pietro Nenni, o a Umberto Terracini. E che solo nelle urgenze della vita reale, ahinoi, quell’ideale si era voltato in una bella villa sulla costiera, una sede sfarzosa di partito, qualche clientela, qualche viaggio, qualche discoteca, e poi vabbè, le pupe, i vestiti, i ristoranti, oltre alla ricorrente seccatura delle campagne elettorali utili a rinnovare l’ideale e il malloppo. Una commedia che ha smesso da tempo di andare in scena, salvo che nella cella frigorifera dove si ostina ad abitare Stefania Craxi, immune agli anni che sono passati dalla parabola di suo padre, che si rubò, al netto dei miliardi, l’intera storia del Partito socialista.

Il pronipote Renzi è di tutt’altra pasta. Rivendica, non dissimula. Nella sua celebre auto-intervista a Piazzapulita, ha detto: “Se lei mi domanda se sono stato in Arabia Saudita a fare conferenze, sì. Sono stato negli Emirati Arabi? Sì. In Cina? Sì. Oggi ero in Olanda. L’altra settimana a Barcellona. Sì, vengo retribuito per fare delle conferenze perché c’è gente che pensa che sia interessante ciò che ho da dire”. Anche su Santa Croce, sul David di Donatello e su una sua recente scoperta, gli Uffizi. Nulla lo turba. La politica per lui è un lavorare in proprio. Che sia per un documentario o per il Quirinale prossimo venturo. Con il Pd e contro il Pd. Con Berlusconi quando serve, con Denis Verdini sempre. Qualche volta contro Matteo Salvini, qualche altra volta in coda. Arbitro in proprio del suo dire e disdire. Imbrogliare le carte in tavola. Rivoltare la frittata. Friggere la parola data: “Se perdo il referendum non mi vedrete più”. Come? Gli avevate creduto?

A questo giro dell’inchiesta – mentre il fiorentino si traveste da vittima dei guelfi neri, i magistrati – ci cascano i più facinorosi della destra di carta, quella che strilla legge, ordine e mazzate, ma solo per i poveracci. Lieti di condividere, nel manicomio delle loro ossessioni extralegali, l’ora d’aria con il nuovo martire della “giustizia a orologeria”. Renzi Matteo, l’ennesimo prigioniero della “vendetta dei pm”, anzi del “cancro della magistratura incosciente” diventata “una emergenza nazionale che necessita un intervento non più rinviabile”. Preparate i moschetti. Avanti con i referendum. Che Renzi forse firmerà o forse no. Intanto lancia il libro. Incassa il fatturato. Minaccia: “Non temo niente e nessuno” come ringhiavano agli sceriffi i cercatori d’oro nel Klondike.

ILFQ

Marta, jolly di Formigoni la domenica al Santuario. - Gianni Barbacetto

 

Milano

Per trovare un articolo davvero interessante su Marta Cartabia, ministro della Giustizia, si deve andare a cercare con pazienza su TuttoBiciWeb, il “sito di riferimento del ciclismo italiano”. Qui, Alessandro Brambilla racconta con penna vivace una domenica del 1992. Era il 22 marzo di quell’anno quando la futura giurista partecipa, con un ruolo importante, alla “giornata speciale per il Santuario di Santa Maria alla Fontana e per il quartiere Isola di Milano”. Scrive Brambilla: “I piazzali e giardini del Santuario ospitano una speciale cronostaffetta benefica a coppie su mountain bike. Ogni coppia è composta da un corridore professionista e da un calciatore o disc-jockey o vip. A organizzare sono i giovani di Comunione e liberazione fortemente aiutati dall’onorevole Roberto Formigoni e dal suo segretario particolare Sergio Maggioni. Il duo Formigoni-Maggioni incarica il sottoscritto”, spiega Brambilla, “a condurre l’evento che prevede anche esibizioni musicali, interventi di autorità religiose e politiche. È una manifestazione organizzata in grande stile” – e qui il tono slitta un po’ verso l’agenzia Stefani – “nella domenica post Milano-Sanremo e con il Campionato di Serie A in pausa per impegni della Nazionale. Per l’occasione è presente la troupe Rai Tv con il grande Adriano De Zan pronto a realizzare il servizio; molti sono i ciclisti professionisti invitati a gareggiare, da Stefano Allocchio e da Vitaliano Zini, proprietario del vicino ristorante Il Tronco, e dallo staff Amore & Vita di patron Ivano Fanini”. Un non esperto comincia a perdersi tra i nomi dei vip, da Claudio Chiappucci a Beppe Bergomi, dal dj Ringo al velocista Alessio Di Basco.

“Presentare corridori, calciatori e disc-jockey per me è un invito a nozze, tuttavia data la tipologia dell’evento benefico, il repertorio seppur senza debordare va arricchito con note sociali, e naturalmente ci sono dirigenti da presentare che nulla hanno a che vedere con bici e pallone. Per garantirmi e agevolarmi il lavoro, gli organizzatori mi affidano a Marta, una bella ragazza dai capelli castani, gentile e raffinata”. Chi è? “Marta, mi precisano, è laureata in giurisprudenza”. È “una delle giovani responsabili dell’organizzazione e naturalmente rimane sul palco con l’onorevole Formigoni e altri dirigenti. Lei si dimostra immediatamente efficace. Oltre a rappresentare molto bene il comitato promotore nelle pubbliche relazioni, la ragazza è un jolly capace di occuparsi un po’ di tutto: si presta anche a fare la spola tra la mia postazione e i cronometristi, portandomi classifiche aggiornate e varie comunicazioni, compresi nominativi di starter, di chi deve consegnare i premi ai concorrenti e altre note organizzative”.

Un jolly. La gara benefica del Santuario “registra un notevole successo”. E “a fine evento Marta è molto soddisfatta, quanto me. Ci salutiamo con affetto, la ringrazio per la sua preziosa collaborazione e lei nel salutarmi mi porge il suo biglietto: Dottoressa Marta Cartabia”. Jolly di Formigoni e futuro ministro di Mario Draghi.

ILFQ

La Guardagingilli. - Marco Travaglio


L’equivoco del bravo banchiere “competente” e “migliore” per definizione in tutti i rami dello scibile umano sta crollando dinanzi alle scempiaggini che Draghi sforna a piene mani appena esce dal perimetro bancario. “Erdogan è un dittatore di cui si ha bisogno”. “Sì, è un condono fiscale, ma molto limitato e permette una lotta all’evasione più efficiente”. “Il cashback favorisce i più ricchi”. “Con quella Coppa gli Azzurri possono fare ciò che vogliono” (cioè violare il decreto Draghi contro gli assembramenti senza mascherine). “La responsabilità collettiva (nei pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ndr) è di un sistema che va riformato. La riforma Cartabia è un primo passo che appoggio con convinzione”. C’è da sperare che i 52 agenti penitenziari arrestati per aver massacrato di botte i detenuti non leggano l’ultima, altrimenti hanno un alibi di ferro certificato dal premier: non è stata colpa loro, ma di un fantomatico “sistema”; e se, per evitare pestaggi futuri, occorre una riforma, vuol dire che i pestaggi passati e presenti sono previsti dalla legge vigente. In realtà sono da sempre vietati e attengono alla “responsabilità personale” di chi li commette. E la riforma Cartabia del processo (emendamenti peggiorativi alla Bonafede) non c’entra nulla con i pestaggi. Se cercano pretesti per giustificare il nuovo Salvaladri, se ne inventino un altro: questo non attacca.

A meno che non si riferiscano all’altra schiforma minacciata dalla ministra tramite Repubblica: la modifica della legge Gozzini, cioè dell’ordinamento penitenziario del 1975 che ha reso la certezza della pena una burletta e la giustizia uno spaventapasseri: una roba che fa paura da lontano e fa ridere da vicino. Ma questo alla Cartabia non basta ancora: vuole completare il colabrodo con la definitiva decarcerazione. E in effetti, svuotando le carceri, il problema dei pestaggi sarebbe risolto: eliminando non i picchiatori, ma i detenuti da picchiare. L’ideona si basa su un refrain ripetuto a ogni piè sospinto dall’ex cheerleader di Formigoni: “Non può essere il carcere l’unica pena per chi commette un reato”. Che, detto in Italia, è meglio di una barzelletta. Il suo amico Formigoni, condannato a 5 anni e 10 mesi per corruzione e altri delitti, è uscito dopo 5 mesi. Il suo alleato B., condannato a 4 anni per una mega-frode fiscale, se l’è cavata con 10 mesi di visite trisettimanali a un ospizio. Verdini, amico dei suoi alleati, condannato a 6 anni e 6 mesi per bancarotta fraudolenta, è uscito dopo meno di 3 mesi con la scusa del Covid (gli altri 1200 ospiti di Rebibbia invece no) e i giudici hanno appena confermato che può restarsene a casa perché “ha accettato la pena”.

Come se chi accetta la pena meritasse un premio. “La condanno all’ergastolo, che fa: accetta?”. “Ma sì”. “Perfetto, fuori”. Oggi, su circa 90 mila detenuti, 30 mila (un terzo) sono fuori in pena alternativa perché condannati a meno di 4 anni (anche per reati gravissimi: il tetto sale a 7 anni con gli sconti di un terzo per i riti alternativi). Fanno eccezione i soggetti mal difesi e gli stranieri senza fissa dimora: cioè i poveracci. E in una simile farsa che ci viene a raccontare la Cartabia? Che “il carcere non può essere l’unica risposta al reato”. Come se oggi ogni condannato finisse in carcere, mentre tutti sanno che non ci finisce nemmeno un decimo. Ora tenetevi forte e sentite cos’ha in serbo la Guardagingilli. Per le condanne fino a 4 anni (cioè a 7 col patteggiamento o col rito abbreviato, sempreché qualcuno ancora li chieda, con la prospettiva dell’improcedibilità in appello), il carcere resta finto: domiciliari o servizi sociali o semilibertà. Però oggi almeno i condannati sopra i 4 anni vanno in galera, salvo chiamarsi Formigoni e Verdini. Niente paura, Nostra Signora dell’Impunità ha pensato anche a loro con la “messa alla prova”, che sospende il processo e poi lo annulla se l’imputato chiede scusa, ripara il danno e chiede scusa alla vittima: non più per i reati puniti fino a 4 anni, ma addirittura fino a 6 (inclusi quelli sessuali, fiscali, tangentizi, edilizi, ambientali, gli omicidi colposi e naturalmente le violenze delle forze dell’ordine tipo S. M. Capua Vetere). Non solo: per questi reati si potranno pure evitare la confisca dei beni e il licenziamento, finora esclusi dal patteggiamento.

Una pacchia senza fine per i criminali e una beffa alle vittime, alla collettività e a quei fessi di cittadini che si ostinano a rispettare le leggi. Molte di queste facezie erano già nella “riforma” Orlando, quintessenza dell’impunitarismo “de sinistra” che contribuì alla débâcle elettorale del Pd nel 2018 e alla vittoria dei due partiti che si battevano per la certezza della pena: 5Stelle e Lega (poi convertita all’impunitarismo “de destra”). Infatti il governo gialloverde, con Bonafede ministro, smantellò la boiata. Ora, in barba alla volontà popolare, si ricomincia dando la mazzata finale a quel poco che resta dello Stato di diritto. Il tutto, barzelletta nella barzelletta, mentre si combatte sul ddl Zan per punire parole e violenze discriminatorie (rispettivamente) fino a 18 mesi e a 4 anni: altri processi nati morti o destinati a pene finte. L’ennesima macchina per tritare l’acqua. Alle prossime elezioni, chi avrà votato queste follie spiegherà agli elettori che è giusto mandare impunito uno stupratore perché è poco carino che il suo processo d’appello duri 2 anni e 1 giorno. Così gli elettori sapranno cosa fare.

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Bollette, maggior tutela o mercato libero? App, portale e call center: ecco gli strumenti per evitare i raggiri. - Celestina Dominelli

 

L’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente ha ampliato il novero degli strumenti che possono sostenere la scelta dei consumatori finali: l’ultima novità riguarda il servizio di conciliazione. La fine della maggior tutela slitta al 1° gennaio 2023.

La fine della maggior tutela slitta al 1° gennaio 2023, ma l’ennesimo rinvio non ha scoraggiato la corsa ad accappararsi nuovi clienti con pratiche estremamente aggressive e telefonate di zelanti operatori che invitano ad accelerare il passaggio al mercato libero pena l’interruzione della fornitura.

Ecco perché l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente ha ampliato ulteriormente il novero degli strumenti che i consumatori possono utilizzare per formulare al meglio le proprie scelte di consumo energetico e per difendersi dai tentativi di raggiri.

Come risolvere le controversie.

L’ultima novità riguarda il servizio di conciliazione che consente ai clienti finali di risolvere le controversi con gli operatori e i gestori, gratuitamente e comodamente da casa o in mobilità, avvalendosi dell’assistenza di un conciliatore terzo e imparziale.

È infatti possibile scaricare la nuova App “Servizio conciliazione”, vale a dire la versione mobile della piattaforma con il proprio cellulare o tablet, e accedere direttamente alla propria area riservata per risolvere ancora più rapidamente eventuali contrapposizioni con i venditori.

Come funziona il servizio? Il cliente, in caso di errori in bolletta o altre contestazioni, deve inviare prima un reclamo all’operatore e, se la risposta ricevuta non è soddisfacente o in assenza di replica, può attivare on line il servizio collegandosi al sito www.sportelloperilconsumatore.it, partecipando direttamente o facendosi rappresentare da un delegato (per esempio, un’associazione di consumatori). Nel 2020, come comunicato dall’Arera nei giorni scorsi, il servizio di conciliazione ha consentito a clienti e utenti di recuperare oltre 10,3 milioni di euro con oltre 18mila domande presentate.

Come orientarsi tra le tariffe.

Per chi intende trovare una nuova offerta, la legge Concorrenza del 2017 ha previsto la nascita del Portale offerte luce e gas (www.ilportaleofferte.it), la piattaforma informatica realizzata e gestita dall’Acquirente Unico sulla base delle disposizioni dell’Autorità presieduta da Stefano Besseghini, che consente di comparare tutte le proposte luce e gas presenti sul mercato. Si tratta dell’unico comparatore pubblico disponibile sul web.

Per poter confrontare le diverse offerte, il cliente finale deve fornire alcune informazioni reperibili nella sua bolletta: dal consumo annuo di gas e/o energia elettrica al codice di avviamento postale (non tutte le offerte sono disponibili lungo l’intera penisola), fino al consumo per fasce orarie (nel caso dell’elettricità). Queste informazioni permettono di al consumatore di visualizzare le offerte disponibili nella zona dove è collocata la sua utenza e di ottenere per ogni offerta una stima della spesa annua cui andrebbe incontro scegliendo l’una o l’altra proposta.

Come muoversi in caso di difficoltà nella scelta.

Se la ricerca non avesse esito positivo o il consumatore non fosse in grado di trovare una proposta in linea con il proprio profilo di consumo, è possibile optare per una tariffa Placet (prezzo libero a condizioni equiparate di tutela), offerte del mercato libero a prezzo fisso o variabile.

Le offerte Placet non prevedono la fornitura congiunta di energia elettrica e gas naturale: il cliente può, tuttavia, sottoscrivere due distinti contratti di offerta Placet, uno di energia elettrica e uno di gas naturale, con lo stesso venditore. I contratti delle offerte Placet hanno durata indeterminata con condizioni economiche che si rinnovano ogni 12 mesi.

Resta sempre valida la facoltà del cliente di sciogliere il proprio contratto (recedere) e cambiare il proprio venditore o tipo di contratto con lo stesso venditore con le tempistiche e le modalità indicate nel contratto. Alla base di queste offerte, che hanno condizioni economiche liberamente stabilite dai venditori, vi sono una struttura di prezzo e una serie di condizioni contrattuali definite dall'Autorità .

Come consultare i propri consumi.

Per effettuare una scelta ponderata, è anche possibile consultare i propri consumi. Dal 1° luglio, infatti, è operativo il Portale Consumi dell’Arera consultabile all’indirizzo www.consumienergia.it, che consente ai consumatori di tenere sotto controllo i consumi registrati dalle bollette di luce e gas. Il sito, previsto dalla legge di Bilancio 2018, permette infatti di consultare i propri dati di consumo storici, elettrici e gas, in modo chiaro e fruibile.

Per l'accesso servono le credenziali sicure dello Spid (il Sistema pubblico di identità digitale), con nome utente, password e la generazione di un codice temporaneo di accesso.

Il Portale consente quindi di recuperare tutte le informazioni sui propri contratti di luce e gas: la denominazione del venditore o dei venditori, il tipo di mercato, come pure la data di inizio del contratto di fornitura e, se nota, della conclusione. E poi ci sono i dettagli sui consumi: dallo storico della fornitura alle letture per ciascun punto di prelievo, fino ai consumi calcolati tra due letture consecutive.

Come aderire ai gruppi d’acquisto.

Tra le possibili opzioni, c’è anche l'adesione a un gruppo d’acquisto rivolto a clienti finali domestici e piccole imprese che s’impegna ad assicurare informazioni e assistenza agli aderenti secondo le linee guida dell'Autorità. I gruppi d’acquisto puntano a selezionare uno o più venditori per la fornitura di energia elettrica e/o gas naturale ai clienti finali riuniti nel gruppo.

Sono promossi da un “organizzatore” attraverso campagne che possono essere periodiche o permanenti, durante le quali singoli clienti finali possono aderire al gruppo. E, solo aver selezionato le offerte commerciali più vantaggiose, il gruppo d’acquisto le propone ai propri membri che possono stipulare il proprio contratto di fornitura con il venditore alle condizioni stabilite.

Va detto anche che l’Arera ha fissato delle regole di comportamento specifiche cui i gruppi di acquisto che aderiscono devono conformarsi per un periodo iniziale di almeno due anni. Gli aderenti sono accreditati e compaiono in un elenco apposito consultabile sul sito dell’Authority (www.arera.it).

foto Google.

IlSole24Ore 

Alitalia, intesa con Ue: Ita decolla il 15 ottobre con 2.800 dipendenti e 52 aerei. Ora aumento di capitale.

 

In mattinata il Governo ha trovato l’intesa con la Commissione europea per il decollo di Ita, la nuova Alitalia.

«Si è conclusa positivamente la discussione con la Commissione Europea sulla costituzione di Italia Trasporto Aereo (ITA). La nuova società sarà pienamente operativa a partire dal prossimo 15 ottobre, data in cui è previsto il decollo dei primi voli». Lo rende noto un comunicato del Ministero dell’Economia confermando quanto anticipato da Radiocor. L’intesa è stata raggiunta nella mattinata del 15 luglio, poche ore dopo il Cda di ITA ha approvato il nuovo piano industriale fino al 2025 che recepisce i rilievi della Commissione europea.

La discussione con la Commissione Europea su ITA, afferma il Mef, «ha consentito di giungere ad una soluzione costruttiva ed equilibrata, che garantisce la discontinuità necessaria al rispetto della normativa europea. L’esito positivo dell’interlocuzione con gli uffici della Commissione - sottolinea il ministero dell’Economia - consente di avviare le procedure relative all’aumento di capitale di ITA e crea le condizioni per la firma del Memorandum d’intesa per il passaggio di determinate attività da Alitalia a ITA».

«Con Ita nasce una nuova importante compagnia aerea italiana, con significative prospettive di sviluppo e che sarà in grado di competere sul mercato nazionale e internazionale», commenta il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini.

Il Ministero dello Sviluppo Economico «vigilerà su tutti passaggi a tutela lavoratori e consumatori e continuerà ad assicurare il massimo impegno per assecondare la nascita di Ita nei tempi previsti». Lo si legge in una nota del Mise, in cui spiega che il ministero «ha rispettato le norme di legge emanate lo scorso anno e aggiornate un mese fa con il decreto rilancio». La cessazione di Alitalia è prevista per il prossimo 15 ottobre. Gli acquirenti di biglietti per voli successivi a questa data «saranno tutelati». I lavoratori Alitalia che «potrebbero essere assunti nella nuova compagnia sono 2800 nel 2021 e 5750 nel 2022».

Ue: vigileremo su rispetto norme per cessazione attività.

«La Commissione europea prende atto dell’annuncio odierno dell’Italia che Ita, una nuova compagnia aerea di proprietà statale, è stata lanciata e inizierà a volare il 15 ottobre 2021 e che Alitalia cesserà di operare come compagnia aerea il 15 ottobre 2021». Lo riferisce un portavoce Ue sottolineando che Bruxelles «rimane in stretto contatto con le autorità italiane per garantire che il lancio di Ita come attore di mercato nuovo e vitale sia in linea con le norme Ue sugli aiuti di Stato». L’annuncio, aggiunge, è il risultato dell’intesa raggiunta a maggio sui «parametri chiave per la discontinuità economica tra Ita e Alitalia».

Aumento di capitale da 700 milioni, pareggio nel 2023.

Il Cda di ITA Spa, riunitosi sotto la presidenza di Alfredo Altavilla, ha approvato le linee del Piano Industriale 2021-2025, illustrato dall'Amministratore Delegato e Direttore Generale Fabio Lazzerini. Il progetto industriale, informa una nota, include le variazioni richieste dalla Commissione Europea, che ha comunicato il parere positivo. L'approvazione del Piano da parte del CdA costituisce il presupposto affinché l'Assemblea dei soci possa deliberare sull'iniziale aumento di capitale di 700 milioni. ITA avvierà le proprie operazioni nel 2021 con un numero di dipendenti, assunti per gestire l'attività “Aviation”, pari a 2.750-2.950, che salirà a fine piano (2025) a 5.550-5.700 persone. Previsto un nuovo contratto di lavoro per maggiore competitività e flessibilità.

Il Piano Industriale è stato approvato prevedendo un fatturato che nel 2025 raggiungerà 3.329 milioni di euro, con un risultato economico (EBIT) di 209 milioni di euro e un pareggio operativo da realizzarsi entro il terzo trimestre del 2023.

Gara per brand Alitalia.

ITA potrà acquisire tramite negoziazione diretta con Alitalia gli asset del settore volo (”Aviation”), mentre il brand Alitalia sarà ceduto attraverso una gara pubblica, bandita e gestita da Alitalia, alla quale ITA parteciperà “in quanto ritiene il brand elemento imprescindibile”. Lo stesso vale per le attività di “Ground Handling”, con una gara alla quale ITA potrà partecipare quale azionista di maggioranza di una nuova società, insieme ad altri partner. In gara anche la “Manutenzione” alla quale ITA potrà partecipare come partner di minoranza di una nuova società. Lo prevede il piano industriale approvato dopo l’accordo con l’Ue.

Flotta di 52 aerei.

All’avvio ITA opererà con una flotta di 52 aerei che crescerà nel 2022 fino a 78 aeromobili con l’inizio dell’inserimento di apparecchi di nuova generazione. A fine 2025 la flotta salirà a 105 aerei, 81 dei quali di nuova generazione (il 77% della flotta) per ridurre significativamente l’impatto ambientale e ottimizzare efficienza e qualità dell’offerta

Collegamenti verso 45 destinazioni.

L'avvio delle operazioni di ITA sarà concentrato per la maggior parte su rotte scelte in base alla loro profittabilità. Lo prevede il piano approvato oggi. ITA focalizzerà la propria attività sull'hub di Fiumicino e sull'aeroporto di Milano Linate, dove si posizionerà come la compagnia aerea di riferimento per il traffico business e leisure. All'avvio delle attività, la compagnia servirà 45 destinazioni con 61 rotte che saliranno a 74 destinazioni e 89 rotte nel 2025, a conclusione del processo di ribilanciamento dei voli verso il settore del lungo raggio che ha l'obiettivo di colmare il gap di connettività del Paese. Sulla rete di lungo raggio, nella stagione IATA Winter 2021 ITA opererà collegamenti su New York (da Roma e Milano), Tokyo Haneda, Boston e Miami (tutte e tre da Roma), ma già con la stagione IATA Summer 2022 la compagnia prevede di avviare nuovi voli su San Paolo, Buenos Aires, Washington e Los Angeles. Sulla rete di breve e medio raggio ITA prevede di operare alla partenza collegamenti da Fiumicino e da Linate con le principali destinazioni europee (tra cui Parigi, Londra, Amsterdam, Bruxelles, Francoforte, Ginevra, con previsione di incrementare ulteriormente il numero di destinazioni e frequenze già con la stagione IATA Summer 2022). Si aggiungono poi numerose altre rotte internazionali servite da Roma (tra le quali, per esempio, quelle per Madrid, Atene Tel Aviv, Cairo, Tunisi e Algeri).

Dopo una notte di lavoro per gli uffici tecnici che si occupano della nuova Alitalia, protagonisti i funzionari di Mef, Mise e Ministero delle Infrastrutture con i colleghi della Commissione europea, è stata messa a punto la lettera formale, su cui mancano solo le firme.

Come previsto, la nuova Ita partirà a metà ottobre. Il pacchetto di interventi prevede una discontinuità totale e interviene su riduzione dei costi, slot e aerei in flotta. Nessuna sorpresa, la discontinuità di Ita sarà totale come richiesto dalla commissaria Vestager.

IlSole24Ore

Rifiuti: illeciti nella gestione, arresti e sequestri.

 

Operazione di Carabinieri e Guardia di Finanza nel palermitano.


Illeciti nella gestione dei rifiuti nel palermitano all'ombra della mafia. I carabinieri e i finanzieri del comando provinciale hanno eseguito un'ordinanza cautelare ai domiciliari per tre amministratori di diritto e di fatto di imprese che si sono occupate della raccolta dei rifiuti nei comuni di Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello.

Per un altro amministratore di diritto e socio delle società è scattato l'obbligo di dimora mentre per un dipendente del Comune di Partinico è stata disposta la misura di sospensione dall'esercizio pubblico. Sono tutti accusati a vario titolo di bancarotta fraudolenta, intestazione fittizia di beni e quote societarie, inadempimento di contratti per pubbliche forniture, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio. L'operazione, denominata Cogenesi e coordinata dalla procura, ha portato al sequestro di beni per 2,5 milioni. Le imprese del settore dei rifiuti, finite nell'inchiesta, erano state già destinatarie di provvedimenti interdittivi antimafia perché avrebbero avuto collegamenti con esponenti mafiosi del mandamento di San Giuseppe Jato. Tutti e tre le amministrazioni comunali sono state sciolte per infiltrazioni mafiose.

Le indagini sono iniziate a settembre del 2018 dopo un attentato incendiario nel quale furono distrutti mezzi e strutture dell'autoparco del Comune di Partinico. Le indagini dei carabinieri di Partinico, anche grazie alle intercettazioni, avrebbero accertato che le fiamme furono appiccate a ridosso di una procedura di affidamento per il nolo dei mezzi destinati al servizio di raccolta dei rifiuti che l'Ente locale aveva aggiudicato alla Cogesi srl. Secondo quanto accertato dai carabinieri esisteva una presunta connivenza tra il dipendente comunale e gli amministratori di diritto e di fatto dell'azienda. L'impiegato comunale avrebbe omesso contestazioni per gravi inadempimenti contrattuali (dovuti al nolo di mezzi in misura inferiore a quella dichiarata, nell'impiego di mezzi privi di revisione e/o non iscritti all'Albo dei Gestori Ambientali), le mancate messa in mora e risoluzione del contratto nei confronti della Cogesi Srl e l'omessa comunicazione all'Anac della prematura interruzione del rapporto contrattuale. Controlli poi eseguiti dagli agenti della polizia municipale disposti dal sindaco Maurizio De Luca che poi si dimise. Inoltre, i finanzieri hanno constatato che gli indagati hanno distratto l'intero patrimonio aziendale della Cogesi Srl, portandola al fallimento, "reinvestendo" i capitali per il soddisfacimento di interessi personali come l'acquisto di immobili e beni di lusso (tra cui imbarcazioni, orologi e supercars) e costituendo la nuova Eco Industry srl con sede in San Giuseppe Jato (Pa). Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei profitti derivanti dalla bancarotta fraudolenta e dall'utilizzo di false fatturazioni, del complesso aziendale della Eco Industry, di un immobile situato a San Cipirello e di due autovetture di lusso tra cui una Ferrari, per un valore complessivo di oltre 2 milioni e mezzo di euro.

foto e articolo ANSA

Leucemia, la nuova terapia Car-t ha grandi potenzialità. Forse la cura che aspettavamo da anni. - Elisa Liberatori Finocchiaro


Si chiama “Car-T” ed è una nuova possibilità terapeutica per i pazienti colpiti da tumori del sangue, in particolare da linfomi e da leucemia acuta. L’acronimo “Car-T” deriva dall’inglese Chimeric antigen receptor T-cell e identifica una procedura di immunoterapia cellulare adottiva in cui i linfociti T vengono raccolti, geneticamente modificati per riconoscere le cellule neoplastiche e poi reinfusi per colpire selettivamente il tumore. Tanti ne parlano in questi mesi perché i risultati che sta ottenendo sono molto importanti. Una terapia che potrebbe essere somministrata, solo in Europa, a circa 8mila pazienti idonei. Persone che non hanno altri possibili trattamenti da ricevere, dato il fallimento di tutte le terapie disponibili.

È una cura complessa, estremamente personalizzata, che viene eseguita negli Stati Uniti: costa tra i 350mila e i 450mila dollari a paziente, ma le autorità europee e l’Agenzia italiana del farmaco hanno già dichiarato che nel nostro Paese i prezzi saranno più bassi.

È opinione condivisa che si sia di fronte a un trattamento con grandi potenzialità – qui ne parla un ricercatore della Fondazione Gimema, finanziata dall’Ail, Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma -, forse la cura che da anni tanti malati attendevano. Ma è ancora difficile determinare come e con quali tempi questa strategia terapeutica potrà essere applicata a tutti i pazienti che ne avrebbero necessità.

In queste settimane tante persone stanno creando delle raccolte fondi sul sito GoFundMe per poter avere il denaro utile per accedere alla terapia. Due in particolare le storie emblematiche arrivate sulla piattaforma di crowdfundingSoraya e Calogero.

1. Soraya è una giovane donna di 33 anni nata in Andalusia. Soffre di leucemia linfoblastica acuta, un tipo di cancro molto resistente. La sua salute adesso è così fragile che l’unica opzione presa in considerazione dai medici è di sottoporla proprio alla Car-T. Per questo motivo ha lanciato una raccolta fondi che in pochi giorni è diventata virale sui social in Spagna.

2. Calogero è un 27enne studente di Economia di Nissoria, in provincia di Enna. Due anni fa ha scoperto di avere un linfoma aggressivo, resistente a più linee di terapia: nemmeno la chemio ha avuto un effetto rilevante. Per lui l’ultima possibilità di cura risiede nella “Car-T”, terapia economicamente fuori dalla portata della sua famiglia. Le sorelle di Calogero hanno attivato una raccolta fondi sociale che in tre giorni è arrivata a 100mila euro grazie alle donazioni di quasi 6mila persone.

ILFQ

Il salvaladri ha un papà: il processo breve di B. - Giacomo Salvini

 

In quel novembre del 2009 spirava un vento di “pacificazione nazionale”. Per dirla con Luciano Violante, ex presidente della Camera, era necessario porre fine al “conflitto tra politica e magistratura”. Undici anni e molta acqua sotto i ponti più tardi, il film è lo stesso. Al governo non ci sono più Silvio Berlusconi e Angelino Alfano (ministro della Giustizia), ma Mario Draghi e Marta Cartabia. Eppure la voglia di restaurazione è la stessa di allora. La riforma del processo penale dell’attuale Guardasigilli, approvata all’unanimità in Consiglio dei ministri, infatti, ha un padre che risale ai tempi d’oro del berlusconismo: il “processo breve”. Una legge concepita con un obiettivo preciso: salvare il presidente del Consiglio dai suoi processi. Oggi, invece, il governo dei “migliori”, sempre a trazione centrodestra, con la scusa di velocizzare i tempi della giustizia, ha deciso di cancellare con un tratto di penna la riforma “Bonafede” che stoppava la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Come? Tornando indietro di 12 anni, resuscitando il progetto di legge di Berlusconi-Alfano-Ghedini.

Allarme Salvare Silvio a tutti i costi da Mills.

A fine 2009, a Milano, incombeva il processo per frode fiscale nel caso Mediaset, per corruzione giudiziaria nel processo Mills, mentre a Roma per istigazione alla corruzione di alcuni senatori del centrosinistra. Così, dopo aver vinto le elezioni un anno e mezzo prima, nel primo anno e mezzo di legislatura Berlusconi riesce a piazzare ben quattro leggi ad personam: la “blocca processi”, il ddl Intercettazioni, lo scudo fiscale e il “lodo Alfano” che rendeva immuni le principali cariche dello Stato. Nell’ottobre 2009 però la Corte costituzionale dichiara incostituzionale il “lodo Alfano”. C’è bisogno di mettere una pezza subito per evitare che riprendano i processi in corso. Così, provvidenziale, arriva l’ennesima legge ad personam: il “processo breve”. Nel novembre 2009 i responsabili giustizia dei partiti di maggioranza, Matteo Brigandì (Lega), Giulia Bongiorno (An) e Niccolò Ghedini (Forza Italia) iniziano a studiare una legge per salvare il premier dai processi, soprattutto da quello con l’avvocato Mills, il più pericoloso. Il 12 novembre, dopo un incontro risolutore tra Berlusconi e Fini, l’accordo è raggiunto: il capogruppo e vice capogruppo del Pd al Senato, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, presentano un ddl per “tutelare i diritti e le garanzie del cittadino”. Il principio è semplice: la legge stabilisce che se un processo non si conclude entro una certa data, scatta la prescrizione. Sei anni in tutto: 2 dalla richiesta di rinvio a giudizio, 2 per l’Appello e 2 per la Cassazione. Se il processo dura anche solo un giorno in più, muore. La legge non si applica per i delitti gravissimi e per gli imputati recidivi: vale per i reati puniti fino a 10 anni e per gli incensurati. Inclusi i reati contro la pubblica amministrazione. Quelli che interessano a Berlusconi e ai colletti bianchi. La legge Cartabia di oggi sembra copiata per quanto è simile: la prescrizione si blocca dopo la sentenza di primo grado, ma da quel momento il processo si deve celebrare in Appello in 2 anni e in Cassazione in 1. Altrimenti scatta l’improcedibilità. Ergo: la prescrizione.

Mannaia Mediaset, Cirio: procedimenti in fumo.

Il governo nasconde una norma ad personam dietro a un trucco linguistico – il “processo breve” – ma i magistrati non la bevono: l’Anm parla di “riforma devastante”, il Csm calcola che si estingueranno il 40-50% dei processi. Alfano assicura che “solo l’1% dei procedimenti in corso è a rischio”, ma anche ad Arcore c’è chi prende le distanze. Addirittura l’altro avvocato di B. Gaetano Pecorella si dissocia: “La legge risponde a esigenze demagogiche e populiste – dice – la corsia preferenziale per gli incensurati è irragionevole e se il processo è molto complesso è difficile che si celebri in due anni”.

Dopo le proteste, la legge viene un po’ modificata in Parlamento: il processo breve si applicherà a tutti gli imputati senza distinzione e i procedimenti si estinguono in 3 anni per il primo grado, 2 in Appello e 1 anno e 6 mesi per la Cassazione. La norma transitoria è quella ad personam perché fa scattare il processo breve per tutti i reati commessi prima del maggio 2006 tra cui quelli del processo Mills e Mediaset. Insieme a questi moriranno anche tutti gli altri procedimenti che vedono imputati i colletti bianchi: i crac Cirio e Parmalat, le scalate illegali di Antonveneta e Bnl, lo spionaggio Telecom e lo scandalo Calciopoli. Tutto prescritto. La legge viene approvata al Senato con 163 voti del Pdl, 130 no di Pd, Udc e Idv, ma il “processo breve” non sarà mai legge dello Stato: il governo lo usa come grimaldello per approvare un’altra legge ad personam, il “legittimo impedimento”.

Quirinale Persino re Giorgio si oppose al governo.

In quei giorni, l’approvazione della riforma aveva fatto scattare la rivolta nel centrosinistra. Il Pd minacciava fuoco e fiamme: Luigi Zanda chiedeva al premier di “venire in aula a riferire” sulle 10 domande poste da Repubblica sul caso escort, mentre i leader dem annunciavano le “barricate”. Anna Finocchiaro sull’Unità parlava di “amnistia mascherata”. Ancora Pier Luigi Bersani: “Se cancelliamo i processi sarà scontro”. Il più duro era il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, che parlava addirittura di “crimine” di cui era “complice” Fini. Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano provò a influenzare le mosse di Palazzo Chigi: “No alle riforme di corto respiro” fu il monito. Anche i quotidiani iniziarono una campagna durissima contro la legge. Repubblica di Ezio Mauro parla di “legge salva-premier”, pubblica le denunce dei pm e schiera le migliori firme contro la norma. Massimo Giannini accusa B. di “stato di eccezione”, Giuseppe D’Avanzo di legge “che sfascia la già malmessa macchina giudiziaria” e Curzio Maltese di “vergogna al potere”. Si immola anche Roberto Saviano che chiede al premier di ritirare “la norma del privilegio”. Anche L’Unità titola contro il self made laws (l’uomo che si fa le leggi da solo) e la direttrice Concita De Gregorio scrive della “ossessione di uno solo”. Anche il Corriere e il Sole 24 Ore si schierano: per Sergio Romano sono “riforme piccole e sbagliate” mentre il quotidiano di Confindustria fa il conto dei processi a rischio (100 mila). Oggi, invece, 12 anni dopo, è tutto cambiato: il Pd sostiene la riforma Cartabia che sulla prescrizione è identica a quella del 2009. La differenza? Al posto del “diavolo” Berlusconi a Palazzo Chigi c’è Draghi e il governo dei migliori. Quindi va bene tutto. Anche a costo di rinnegare anni di battaglie.

ILFQ