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domenica 8 dicembre 2024

CHI HA REALMENTE CREATO I VACCINI COVID-19 (NO, NON E’ PFIZER).

  

Ne abbiamo già parlato. Per alcuni non è una novità, ma nel complesso se ne parla troppo poco. Unire i puntini è sempre più facile. Ora è sempre più chiaro, Kennedy lo ha ammesso apertamente. Quale ruolo gli sarà consentito di svolgere?  

Contrariamente a quanto si crede, i vaccini sperimentali Corona non sono prodotti da aziende farmaceutiche come Pfizer e Moderna. Almeno questo è quanto sostiene Robert F. Kennedy Jr.

Le aziende coinvolte nello sviluppo e nella distribuzione dei vaccini contro il coronavirus erano 138 e tutte appaltatrici della difesa, ha dichiarato Kennedy al Kim Iversen Show. In altre parole, era un progetto dell’esercito.

“Pfizer e Moderna non possiedono questi vaccini. Ci hanno messo sopra la loro etichetta, ma era un progetto del Pentagono”, ha detto Kennedy.  VEDI QUI

Nella sua presentazione, l’ex manager farmaceutico Sasha Latypova ha parlato dei contratti di difesa stipulati per la produzione e la distribuzione di vaccini mRNA contro il coronavirus.

Perché l’approccio corona è stato guidato dai militari e non dagli istituti sanitari?

Come riportato in precedenza, anche il nuovo Ministro della Salute olandese ha confermato di dover aderire alle linee guida della NATO. Ciò solleva importanti domande: Chi guida questa operazione della NATO, fortemente determinate dagli Stati Uniti, e per conto di chi vengono stabilite queste linee guida sanitarie? La combinazione di politica di difesa e strategie sanitarie sotto la guida della NATO solleva seri dubbi sulla trasparenza e sulle reali motivazioni della politica Covid e della preparazione alle pandemie in Europa. FONTE

 Il linguaggio militare della pandemia.

Le metafore dell’invasione e della guerra dominano il discorso pubblico sulla COVID-19, il che non sorprende visto che i generali hanno condotto le “operazioni”. In quei giorni, il più antico degli appelli alla mobilitazione è risuonato in tutte le lingue: siamo in guerra. Il termine coprifuoco, lockdown

Nel 2012, la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) ha iniziato a investire in vaccini codificati geneticamente, parecchi anni prima della dichiarazione di pandemia. Questo è prima di tutto un programma militare.

LA DARPA HA UN RUOLO CHIAVE NELLO SVILUPPO DEL VACCINO COVID19. Questo spiega forse anche che il trattamento genico definito vaccinazione non solo è coperto da segreto industriale, ma è anche militare.

La testimonianza dell’ex capo scienziato della Pfizer, dottor Mike Yeadon sulle intenzioni dietro i “vaccini” : “… le intenzioni dei progettisti sono scritte nelle scelte fatte, nelle strutture e nei componenti, nella formulazione di questi prodotti….” TRANSCRIPT del suo discorso VEDI QUI  (*)

***

PUBBLICHIAMO DI SEGUITO LA TRASCRIZIONE DELL’INTERVISTA A REGINA DUGANEX DIRETTORE DELLA DEFENSE ADVANCED RESEARCH PROJECT AGENCY USA, RILASCIATA A YAHOO FINANCE Il 17 DICEMBRE 2020:

“IL VACCINO ANTI COVID E’ PARTITO DAL DARPA,  DIPARTIMENTO DELLA DIFESA USA”  

 

SEANA SMITH (*): Mentre il vaccino di Pfizer inizia ad essere distribuito questa settimana, e anche mentre ci prepariamo a Moderna che potrebbe essere la prossima opzione, vogliamo parlare – o dare un’occhiata, dovrei dire – al ruolo che un’agenzia della difesa statunitense ha svolto nel preparare gli Stati Uniti a produrre un vaccino molto rapidamente. Per questo, vogliamo coinvolgere Regina Dugan. È l’ex capo della DARPA. E abbiamo anche la nostra reporter Anjalee Khemlani che si unisce alla conversazione.

Regina, mi permetta di iniziare con il fatto che… Immagino che ci spieghi come gli investimenti della DARPA negli ultimi anni, risalenti a circa un decennio fa, hanno contribuito ad accelerare il ritmo che abbiamo visto per un vaccino COVID e ci hanno portato a questo punto che siamo stati in grado di raggiungere così rapidamente.

REGINA DUGAN: Certo. Dovrebbe sapere che la DARPA è stata costituita dopo lo Sputnik nel 1958 con l’obiettivo di prevenire e creare una risposta strategica. Quindi le grandi domande sui rischi e sulle vulnerabilità e sulle nuove capacità che avremmo potuto creare erano di routine alla DARPA.

E ricordo un momento cruciale nel 2010. Stavamo valutando nuovi programmi e un responsabile di programma di nome Dan Wattendorf ha posto delle domande molto importanti. Disse: e se ci fosse una pandemia globale e si trattasse di un nuovo agente patogeno? Sarebbe una catastrofe. Non possiamo aspettare i normali 3-10 anni per un vaccino. E se invece potessimo usare l’mRNA per creare un vaccino in giorni e settimane, invece dei normali tempi di un anno, da 3 a 10 anni?
L’aspetto importante è che a quel tempo erano stati provati dei vaccini a base di DNA. Creavano proteine, ma non ne producevano abbastanza. Mancavano di potenza, quindi non c’era una forte risposta immunitaria. E Dan sostenne che l’mRNA poteva essere diverso.

All’epoca c’erano molti critici. Sostenevano che non c’erano prove che avrebbe funzionato, mentre Dan sosteneva che non c’erano prove che non avrebbe funzionato. E se avesse funzionato, un giorno sarebbe stato importante, e quel giorno è arrivato.

ANJALEE KHEMLANI: Regina, so che una delle cose davvero interessanti è che la tecnologia mRNA sta avendo il suo momento di gloria in questo momento. Abbiamo visto il lancio di Pfizer. Abbiamo anche visto alcune delle preoccupazioni riguardo, sa, se o meno… il mito se possa o meno alterare il DNA, ma anche alcuni degli effetti collaterali. Quindi mi chiedo, in base a quello che sta vedendo e alla sua comprensione della tecnologia, è qualcosa che possiamo aspettarci? È normale passare attraverso questo processo di effetti collaterali, eccetera, con il vaccino?

REGINA DUGAN: Penso che sia una progressione normale nell’indagine sulla sicurezza dei vaccini. Ricordiamo che il nostro compito era quello di creare la possibilità, e credo che dobbiamo capire quanto sia notevole questo risultato. Siamo passati dalla sequenza del virus al primo dosaggio negli esseri umani in 63 giorni. È un risultato senza precedenti.
Ora, dobbiamo ancora fare un duro lavoro per determinare l’efficacia e capire la diffusione e tutte queste attività, ma il primo passo è avere un prototipo di vaccino che crea una risposta immunitaria e offre protezione.

Ora, la mia sensazione è che questo sarà uno dei risultati scientifici più importanti della nostra generazione e certamente tra i primi cinque contributi per la DARPA, che è stata anche responsabile dei primi investimenti per Internet e per il GPS.

ANJALEE KHEMLANI: Assolutamente sì. Regina, quando parliamo di assistenza sanitaria in questo momento e della velocità con cui è stato fatto, sappiamo che questa amministrazione si è concentrata molto sui partenariati pubblico-privati, non solo con le aziende sanitarie, ma anche con le aziende tecnologiche per il lancio di software che tracceranno alcuni di questi eventi avversi e il monitoraggio della sicurezza. Lei ha già fatto parte di questo mondo e mi chiedo che cosa pensa della capacità delle grandi aziende tecnologiche di entrare in questo settore dell’assistenza sanitaria, che è stato tecnologicamente lento ma anche così complesso.

REGINA DUGAN: Beh, guardi, io credo fermamente nei partenariati pubblico-privato. E, in effetti, quando abbiamo fatto l’investimento in Moderna al DARPA, erano tre persone. Questi primi investimenti sono importanti, e ora vediamo cosa è successo con l’investimento di capitale privato.

Ora dobbiamo anche considerare ciò che altre aziende tecnologiche affermate potrebbero apportare al tavolo in termini di portata e di scala. Sono considerazioni molto importanti.

Ma credo che la domanda centrale sia anche: di cosa abbiamo bisogno in termini di nuove scoperte? Come possiamo porre le nuove domande “e se?” per la salute pubblica e la salute umana. E, in effetti, è il motivo per cui ho accettato il ruolo di CEO di Welcome Leap, che è stata costituita dal Wellcome Trust con un finanziamento iniziale di 300 milioni di dollari e un mandato preciso. Si tratta di porre le prossime domande “e se?”, per creare la prossima serie di scoperte per la salute umana. Dobbiamo fare queste cose su scala, e dobbiamo farle in collaborazione.

JEN ROGERS: Regina, mi piace molto ascoltare queste storie perché, per me, è come… è come “Mission Impossible”. È un po’ quello che pensavo sarebbe successo se fossimo stati colpiti da una pandemia. E poi non è andata esattamente secondo il copione del film, e gran parte della colpa è stata attribuita all’amministrazione Trump, sia che si tratti di ciò che è accaduto con il CDC o di seguire il manuale sulle pandemie. Quindi, il fatto che questo… di cui lei parla, ha effettivamente lavorato con la DARPA. Quindi, queste domande “e se?” vengono ancora poste, perché c’è molta preoccupazione riguardo, sa, al Deep State e a ciò che è stato in grado di essere smantellato e a ciò che è sopravvissuto negli ultimi quattro anni. È fiducioso che il Governo e la DARPA stiano ancora ponendo queste domande e che troveranno le soluzioni per la prossima volta che accadrà?

REGINA DUGAN: Beh, credo che la DARPA sia in fase stabile, per quanto ne so, e storicamente la DARPA ha avuto circa lo 0,5% del budget del Dipartimento della Difesa. È un’organizzazione straordinaria per quanto riguarda l’effetto leva che offre: un piccolo investimento, ma proprio in questi punti cruciali in cui abbiamo bisogno di investimenti con una certa tolleranza al rischio.

Ma nel settore della salute vediamo anche organizzazioni private come Wellcome Trust, come la Fondazione Gates, altre che si fanno avanti e iniziano a porre questo tipo di domande “e se?”. Dobbiamo assolutamente farlo su scala.
E penso che sia chiaro che la salute umana e la salute globale ci richiederanno questo. Non è solo un investimento morale. È anche un investimento economico, come stiamo vedendo in questa attuale pandemia.

SEANA SMITH: Regina Dugan, è stato un piacere averla in trasmissione, ex capo della DARPA. E, naturalmente, Anjalee Khemlani, è sempre un piacere averla in queste discussioni. Regina, grazie mille. Ci risentiremo, spero presto.

https://comedonchisciotte.org/chi-ha-realmente-creato-i-vaccini-covid-19-no-non-e-pfizer/

mercoledì 23 agosto 2023

Sindrome DI GUILLAIN-BARRE’ DOPO VACCINAZIONE ANTI COVID-19 IN USA.

 

REPORTS OF GUILLAIN-BARRÉ SYNDROME AFTER COVID-19 VACCINATION IN THE UNITED STATES
Abara WE, Gee J, Marquez P, et al.

JAMA Netw Open 2023; 6(2):e2253845


In questo studio di coorte retrospettivo, è stato osservato un aumento del rischio di sindrome di Guillain-Barré entro intervalli di 21 e 42 giorni dopo la vaccinazione con Ad26.COV2.S (Janssen). Il rischio assoluto era probabilmente dell'ordine di diversi casi per milione di dosi di vaccino somministrate. Al contrario, non è stato riscontrato un aumento del rischio di questa ADR dopo il vaccino anti COVID-19 a mRNA (BNT162b2 [Pfizer-BioNTech] e mRNA-1273 [Moderna]), suggerendo che i casi osservati dopo la vaccinazione a mRNA possono costituire l’incidenza naturale di tale sindrome. 

RIASSUNTO

CONTESTO A causa delle associazioni storiche tra i vaccini e la sindrome di Guillain-Barrè (GBS), questa condizione era un evento avverso pre-specificato di particolare interesse per il monitoraggio dei vaccini anti COVID-19.

OBIETTIVO Valutare le segnalazioni di GBS nel database americano VAERS (Vaccine Adverse Event Reporting System) e confrontare i profili di segnalazione entro 21 e 42 giorni dopo la vaccinazione con vaccini anti COVID-19 Ad26.COV2.S (Janssen), BNT162b2 (Pfizer-BioNTech) e mRNA-1273 (Moderna).

DISEGNO, SETTING E PARTECIPANTI Questo studio di coorte retrospettivo è stato condotto utilizzando le segnalazioni inviate al VAERS da dicembre 2020 a gennaio 2022. Sono stati inclusi i report sui casi di GBS verificati come conformi alla definizione di “caso di GBS” della Brighton Collaboration negli adulti statunitensi dopo la vaccinazione anti COVID-19.

ESPOSIZIONI Vaccini anti COVID-19 Ad26.COV2.S, BNT162b2 o mRNA-1273.

ESITI PRINCIPALI E MISURE Sono state condotte analisi descrittive dei casi di GBS. Sono stati calcolati i tassi di segnalazione di GBS entro 21 e 42 giorni dopo le vaccinazioni Ad26.COV2.S, BNT162b2 o mRNA-1273 in base alle dosi somministrate. Sono stati calcolati i Reporting Rate Ratios (RRR) dopo la vaccinazione con Ad26.COV2.S rispetto a BNT162b2 o mRNA-1273 negli intervalli post-vaccinali di 21 e 42 giorni. I rapporti osservato-atteso (observed-to-expected, OE) sono stati stimati utilizzando i tassi di base di GBS in letteratura.

RISULTATI Tra le 487.651.785 dosi di vaccino anti COVID-19, 17.944.515 dosi (3,7%) erano di Ad26.COV2.S, 266.859.784 dosi (54,7%) di BNT162b2 e 202.847.486 dosi (41,6%) di mRNA-1273. Su 295 segnalazioni verificate di casi di GBS identificati dopo la vaccinazione anti COVID-19 per 275 (93,2%) è stato documentato il ricovero ospedaliero (12 asiatici [4,1%], 18 neri [6,1%], 193 bianchi [65,4%] e 17 ispanici [5,8%]; 169 maschi [57,3%]; età mediana [IQR] 59,0 [46,0-68,0] anni). Sono pervenute 209 e 253 segnalazioni di GBS che si sono verificate rispettivamente entro 21 giorni e 42 giorni dalla vaccinazione. Entro 21 giorni dalla vaccinazione, i tassi di segnalazione di GBS per 1.000.000 dosi somministrate erano 3,29 per Ad26.COV.2, 0,29 per BNT162b2 e 0,35 per mRNA-1273; entro 42 giorni dalla vaccinazione, erano 4,07 per Ad26.COV.2, 0,34 per BNT162b2 e 0,44 per mRNA-1273. GBS è stata riportata più frequentemente entro 21 giorni dopo Ad26.COV2.S che dopo la vaccinazione con BNT162b2 (RRR 11,40; IC 95% 8,11-15,99) o mRNA-1273 (RRR 9,26; 6,57-13,07); risultati simili sono stati osservati entro 42 giorni dalla vaccinazione (BNT162b2: RRR 12,06; 8,86-16,43; mRNA-1273: RRR 9,27; 6,80-12,63). I rapporti OE erano 3,79 (2,88-4,88) per 21 giorni e 2,34 (1,83-2,94) per 42 giorni dopo la vaccinazione con Ad26.COV2.S e meno di 1 (non significativo) dopo BNT162b2 e vaccinazione con mRNA-1273 in entrambi i periodi post-vaccinali.

CONCLUSIONE E RILEVANZA Questo studio ha rilevato una disproporzionalità di segnalazione e squilibri per la vaccinazione con Ad26.COV2.S, suggerendo che una associazione con un aumentato rischio di GBS. Non sono state invece osservate associazioni per i vaccini a mRNA anti COVID-19. Il Advisory Committee on Immunization Practices raccomanda preferenzialmente che le persone di età pari o superiore a 18 anni ricevano un vaccino a mRNA anti COVID-19 piuttosto che il vaccino Ad26.COV2.S quando entrambi i tipi di vaccino sono disponibili. In particolare, questa raccomandazione si basa principalmente sull'aumento del rischio di una rara condizione grave di trombosi con sindrome trombocitopenica dopo la vaccinazione Ad26.COV2.S, ma si basa anche su un'associazione riconosciuta con GBS.

http://www.sefap.it/web/index.php?class=Comp&className=Content&op=show&param=CID%2C4101%2Cpreview%2C0&fbclid=IwAR11PWUx1hc5ryl5mR50_XAz_CuCnUanBOi75CaG4OetzEzmFvGPhIuv2TI

martedì 22 agosto 2023

IL RACKET CHE PIANIFICA LE PANDEMIE. - Joseph Mercola - tradotto da Markus

 

Nell’autunno del 2022, i media mainstream avevano iniziato a lanciare l’allarme su una potenziale “triplice epidemia”, caratterizzata dalla presenza simultanea di COVID [1], influenza stagionale e virus respiratorio sinciziale (RSV) [2] . La paura fa vendere, si dice, e questo è certamente il sistema usato da Big Pharma quando si tratta di vaccini.

L’improvvisa attenzione per l’RSV in particolare, che esiste da decenni, è coincisa con l’annuncio di una rapida messa a punto di vaccini contro l’RSV, un’impresa rischiosa se mai ce n’è stata una, visto che i produttori di vaccini avevano inutilmente cercato di immettere sul mercato un vaccino contro l’RSV per circa 60 anni, senza riuscirci a causa di problemi di sicurezza.

Non sorprende che Pfizer e Moderna stiano lavorando a vaccini combinati a base di mRNA per COVID, RSV e influenza [3] , che dovrebbero essere immessi sul mercato nel 2024 e/o nel 2025 [4]. Nell’estate del 2023 la Food and Drug Administration statunitense ha approvato i primi vaccini contro l’RSV per gli anziani di oltre 60, uno di Pfizer (Abrysvo) [5] e uno di GlaxoSmithKline (Arexvy) [6] .

Entrambi i vaccini sono vaccini ricombinanti a subunità, In questi tipi di vaccino vengono utilizzate alcune proteine virali per scatenare una risposta immunitaria [7] ed entrambi i produttori hanno segnalato la sindrome di Guillain-Barré come effetto collaterale dei loro prodotti [8].

Il vaccino contro l’RSV di Pfizer costerà probabilmente tra i 180 e i 270 dollari, mentre GSK intende applicare un prezzo compreso tra i 200 e i 295 dollari [9]. GSK aveva inizialmente annunciato un prezzo di 148 dollari per dose, ma ha deciso di raddoppiare il prezzo a causa di dati più recenti che suggeriscono che l’efficacia potrebbe protrarsi anche nella seconda stagione.

Continua la propaganda della tripla pandemia.

Mentre ci avviamo verso l’autunno del 2023, la “tripla pandemia” di COVID, RSV e influenza fa di nuovo notizia. Una ricerca su Google per la frase chiave “tripla pandemia 2023” [10] a metà agosto 2023 aveva dato ben 41,2 milioni di risposte.

Ricordate che l’esempio di cui sopra è solo a scopo illustrativo e vi sconsiglio vivamente di usare Google. Ma ecco la VERA lezione da apprendere. I risultati totali della ricerca possono essere utilizzati solo per farsi un’idea della frequenza del termine. Google ha smesso da tempo di fornire tutti quei 40 milioni di risultati. Indovinate quanti ne potete visualizzare? Solo 100.

Questo è un punto irrilevante per parole chiave come tripla pandemia del 2023, ma diventa enormemente importante per voi e la vostra famiglia quando cercate di fare una ricerca seria su Internet. È praticamente impossibile ora che Google non solo censura le informazioni vitali sui rimedi naturali per la salute, ma si limita a visualizzare solo i primi 100 risultati.

E, come avevamo visto durante la pandemia COVID, le agenzie di stampa utilizzano gli stessi titoli e le stesse argomentazioni – una prova inequivocabile che la narrativa sulla triple pandemia è coordinata da una fonte centrale.

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/il-racket-che-pianifica-le-pandemie/

sabato 1 gennaio 2022

Vaccini, la Befana vien con l’obbligo, vero o mascherato da Super green pass. - Giacomo Salvini

 

L'EREDITÀ DI DRAGHI - È certa l'estensione ai lavoratori della Pubblica amministrazione dell'obbligatorierà del siero. Ieri gli uffici tecnici di Palazzo Chigi e del ministero della Salute si sono messi a studiare la nuova norma. Conte: “Subito i ristori”.

“Abbiamo fatto molte cose buone, auguri a tutti”. Chiudendo il Consiglio dei ministri che aveva appena approvato le nuove misure per contenere il dilagare della variante Omicron, mercoledì sera, Mario Draghi ai ministri ha dato l’impressione di aver concluso il suo compito da capo del governo. Però poi, dopo il duro litigio tra Lega e M5S e il fronte rigorista di Pd, Leu e Forza Italia, il premier ha annunciato un nuovo provvedimento a inizio anno: “Approveremo il Super green pass per il lavoro nel prossimo Cdm”. La data è cerchiata: il 5 gennaio. Intanto se il pass rafforzato per trasporti e ristoranti entrerà in vigore dal 10 gennaio fino al 31 marzo, le nuove norme sulla quarantena (che cessa con un tampone) dovrebbero valere da oggi con la pubblicazione del decreto in Gazzetta ufficiale. Inoltre, sarà introdotto un prezzo calmierato per le mascherine Ffp2. Giuseppe Conte chiede “ristori subito” per le attività colpite e un nuovo scostamento di bilancio.

Draghi però ha fretta: avrebbe voluto inserire l’obbligo del vaccino anche per i lavoratori già mercoledì, ma l’asse tra Giancarlo Giorgetti e Stefano Patuanelli glielo ha impedito. Chi ha partecipato alle riunioni con il premier però ha avuto la netta sensazione che l’estensione massima del certificato verde – o in alternativa l’obbligo vaccinale – sia l’eredità che Draghi vuole lasciare prima di affrontare l’elezione del presidente della Repubblica. Una misura che vorrebbe dire obbligo vaccinale di fatto perché imporrebbe a tutti i lavoratori di immunizzarsi. Il tampone, insomma, non basterà più.

Così da ieri gli uffici tecnici di Palazzo Chigi e del ministero della Salute si sono messi a studiare la nuova norma. Certa è, su spinta del ministro di FI Renato Brunetta, l’introduzione dell’obbligo di vaccino per i lavoratori della Pubblica amministrazione. Oggi l’obbligo vaccinale riguarda il personale sanitario, le forze dell’ordine e il personale scolastico. L’intenzione di Draghi, però, è anche quella di applicare il pass rafforzato anche per i settori del privato. Il timore del premier, mercoledì, era quello di far andare in tilt alcune filiere come quella dell’agricoltura e dell’edilizia ma ieri da Palazzo Chigi facevano sapere che sarebbe difficile distinguere le categorie dei lavoratori. Con ogni probabilità, il decreto del 5 gennaio introdurrà un tempo cuscinetto per dare tempo ai lavoratori di vaccinarsi. Resta aperto invece il nodo dei controlli e delle sanzioni: più facili nel pubblico impiego, più complicati nel settore privato. Su questo e sui dubbi tecnici del provvedimento, da lunedì Draghi parlerà con i sindacati e le imprese per capire come la pensano. Cgil e Confindustria preferirebbero l’obbligo vaccinale tout court. Ipotesi difficile ma non esclusa nel governo. Ieri, su Repubblica, lo ha proposto il segretario del Pd Enrico Letta, a cui ha risposto positivamente la ministra forzista Mariastella Gelmini: “Siamo favorevoli sia all’obbligo che al Super green Pass”. Il M5S preferirebbe l’obbligo vaccinale per non escludere disoccupati e pensionati.

Resta da convincere la Lega. Che, come spesso accaduto in questi mesi, ha una doppia faccia. La prima è quella dei presidenti di Regione guidati da Massimiliano Fedriga e Luca Zaia, che mercoledì mattina erano stati i primi a chiedere al governo di estendere il pass al lavoro; la seconda è quella di Matteo Salvini che ha imposto il suo “no” al suo capodelegazione in cabina di regia Giorgetti. Il numero due del Carroccio però ha precisato che la Lega non è pregiudizialmente contraria ma l’obbligo del pass rafforzato dovrà essere accompagnato da una “lista dei lavoratori fragili esenti”, si dovrà prevedere una forma di risarcimento per danni da vaccino ed “eliminare la manleva”, ossia il consenso informato da firmare per immunizzarsi. Una mediazione, alla fine, si troverà. Forse l’ultima del governo Draghi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/31/vaccini-la-befana-vien-con-lobbligo-vero-o-mascherato-da-super-green-pass/6441663/

mercoledì 24 novembre 2021

Vaccini e novax.

 

I novax vanno condannati a pagare i danni causati dal loro rifiuto, perché costringono un'intera popolazione a subire i danni che il loro rifiuto produce.

Va da sè che, se i contagi aumentano per la loro dabbenaggine, per le loro idee malsane e campate in aria, tutti, anche i vaccinati, dovranno subire le restrizioni che ne deriveranno, tra le quali il divieto di circolare liberamente e, pertanto, di potersi vedere con parenti e amici.
Il loro rifiuto corrisponde ad una dittatura imposta dal loro comportamento nei confronti di chi, osservando le regole e rispettando l'altrui libertà, si vaccina.
Ma ciò che rende il rifiuto ancora più inaccettabile, è che provoca l'impossibilità di curare gli ammalati di altre sintomatologie anche gravi da parte del personale sanitario impegnato a curare chi ha contratto il virus.
Non li capisco, perché, anche cercando di comprendere il loro pensiero, le motivazioni che adducono, peraltro prive di prove, non trovano una logica che dia conferma alle loro affermazioni.
Una delle loro motivazioni predominanti è che il vaccino contenga veleni... se fosse vero dovrebbero essere morti tutti i vaccinati, me compresa per prima, avendo assunto il famigerato AstraZeneca. Non v'è dubbio che un medicinale, perché produca l'effetto voluto, debba contenere sostanze anche sintetiche abbastanza potenti da combattere e sconfiggere l'intruso, ma ciò non vuol dire che sia un veleno.
Farsi il vaccino corrisponde a scegliere l'opzione migliore perché positiva, logica, di apertura;
- non farlo è da sconsiderati, perché si è irrispettosi verso gli altri, é, inoltre, restrittiva e, pertanto, negativa.

cetta

domenica 17 ottobre 2021

Vaccini - Green pass


Nel 2019 si verifica l'insorgenza di un virus che causa molte vittime specie tra gli anziani e che attacca prevalentemente le vie respiratorie per cui, per chi ha contratto il virus ed è in stadio avanzato, si rende necessario il ricovero ospedaliero in terapia intensiva, con conseguente sovraccarico di posti letto per il tipo di terapia, e aumento di decessi.

Gli scienziati, nel frattempo, si prodigano per trovare un rimedio alla cura e riescono a preparare in pochissimo tempo alcuni vaccini ed a testarli.

Gli Stati, tra cui il nostro, mettono a disposizione della cittadinanza i vaccini da somministrare gratuitamente.

La maggioranza dei cittadini ne approfitta e si vaccina ma, come sempre succede nel mondo, una parte della popolazione, in numero minore, fortunatamente, rifiuta di farsi vaccinare adducendo motivi assurdi, complottistici e senza fondamento, facilmente smontabili, per cui la pandemia non regredisce, minacciando di riportare tutto allo stato iniziale di lock down con tutto ciò che ne consegue sia in termini di ricoveri ospedalieri, che di decessi; 
oltre, naturalmente, a provocare danni all'econimia, causati sia dalle cure costose che dal conseguente blocco della produzione e, pertanto, dell'economia in generale. 

E tutto ciò avviene per colpa della pessima informazione e dalla mancanza di cultura. 

Siamo messi maluccio!


cetta.

domenica 15 agosto 2021

Green pacco. - Marco Travaglio

 

Da ultramaggiorenne, ultravaccinato e greenpassmunito, m’illudo di poter sollevare qualche legittimo dubbio sul pensiero unico che ci circonda senza venire iscritto d’ufficio al partito dei Negazionisti No Vax-No Pass e trascinato con loro sulla pira dei pirla.

1. Un anno fa (con zero vaccinati) avevamo un terzo di contagi e un ottavo di morti al giorno rispetto a oggi (con 2/3 della popolazione vaccinata). Il 13 agosto 2021 sono morti in 45 e il tasso di positività (rapporto tamponi/contagiati) era al 3,28%, contro i 6 e l’1,02 del 13 agosto 2020. L’altroieri i ricoverati in terapia intensiva erano +17 e nei reparti ordinari +58, contro i +2 e i +7 di un anno fa. I dati erano molto inferiori a oggi anche il 13 settembre, dopo l’estate folle delle discoteche aperte: 7 morti, positività all’1,6%, +5 in terapia intensiva. Bastano la variante Delta e il mancato lockdown nel 2021 a spiegare il terribile paradosso? O i vaccini (che continuiamo a raccomandare perché riducono i rischi di morte e di ricovero) sono molto meno efficaci e molto più perforabili di quanto si pensasse?

2. Ancora il 13 ottobre, quando Conte varò il primo Dpcm contro la seconda ondata, i morti erano meno dell’altroieri (41 contro 45). Eppure i giornaloni accusavano il governo di inerzia e gli esperti veri o presunti invocavano il lockdown: quanti morti servono ora perché qualcuno chieda a Draghi &C. almeno una parola chiara?

3. Più che della legittimità filosofico-giuridica del Green pass, bisognerebbe discutere della sua utilità pratica. Cosa risponde il governo a Crisanti che lo accusa di mentire spacciandolo per una misura sanitaria mentre non lo è? Se anche i vaccinati possono contagiarsi (stessa carica virale dei non vaccinati: Fauci dixit), contagiare e persino morire (sia pur in misura molto inferiore ai non vaccinati), che senso ha dividere i cittadini di serie A da quelli di serie B, alimentando per giunta l’illusione che i primi non siano contagiosi e che chi li avvicina non debba mantenere le distanze e le mascherine?

4. Siccome il Green pass non è revocabile, ogni giorno aumenta il rischio di incontrare contagiati-contagiosi muniti di carta verde e dunque travestiti da immuni: non sarebbe meglio mantenerlo come incentivo ai vaccini, ma smetterla di farne un passepartout e puntare a ridurre i contagi con tamponi gratuiti e il binomio distanziamento-mascherine nei luoghi affollati? La risposta è nota: ma così si scoraggiano i vaccini. Se però questi coprono le varianti solo fino a un certo punto, anzi le scatenano, qual è lo scopo della campagna anti-Covid: comprare più vaccini o avere meno contagi?

5. Chiunque sollevi qualche dubbio passa per un fottuto No Vax: ma siamo sicuri che le bugie e le omissioni, anziché ridurre i No Vax, non li moltiplichino?

ILFQ

venerdì 30 luglio 2021

Vaccinazione con doppia dose: l’epidemia si può fermare così. - M.T. Island

 

Non siamo fuori dall'emergenza, anzi siamo nel pieno di una nuova fase di crescita dei casi, ma i dati internazionali di chi ha vaccinato più di noi fissano due obiettivi chiari: con il 55-60% circa della popolazione protetta con doppia dose l’epidemia inizia a rallentare. Di conseguenza con l'80% circa potremmo arrivare all'immunità di gregge e al pieno controllo della Covid-19 causata dalla variante Delta. Il traguardo è a portata di mano e dobbiamo tagliarlo in fretta, sicuramente prima dell'autunno e della piena ripresa delle attività (scuole incluse).

In questa analisi toccheremo i vari punti utilizzando due diverse chiave interpretative: la teoria, per la quale esistono certezze, e la pratica, per la quale vivendo di incertezze dovremo affidarci in particolare a confronti internazionali. Tenendo sempre presente che le previsioni, soprattutto in presenza di un virus nuovo come il Sars-CoV-2, sono un esercizio difficile e ad alto rischio. Questo non significa che la scienza sbaglia, come è fin troppo facile sostenere, ma piuttosto che impara dai propri errori e si corregge. E che proprio grazie a questi continui aggiustamenti arriva al risultato finale.

La situazione attuale dell'epidemia.

Come abbiamo anticipato a partire da metà luglio (anche grazie al commento “I numeri della settimana”) siamo nel pieno di una fase di forte crescita dell'epidemia. La variante Delta è caratterizzata da una rapidità diffusionale di almeno il 60% superiore a quella della vecchia variante Alfa (ex inglese) ormai soppiantata anche nel nostro Paese.

La settimana epidemiologica 17-23 luglio, l'ultima completa mentre scriviamo, si è chiusa con un totale di 26.321 nuove infezioni individuate: l'incremento rispetto al periodo precedente (10-16 luglio) è del 106,8%, che conferma un tempo di raddoppio dei casi compreso tra 6 e 7 giorni. Una rapidità anche maggiore di quella (14 giorni) a cui abbiamo assistito a inizio maggio in Uk. Ossia quando, nei Paesi del Regno Unito, si è verificata l'inversione della curva del contagio nonostante un livello di vaccinazioni apparentemente già molto elevato: 35% della popolazione protetto con doppia dose e 54% con “almeno” la dose singola.

Numeri adeguati per affrontare la variante Alfa, che infatti aveva iniziato a declinare rapidamente già con questo livello vaccinale, ma insufficienti per contrastare un virus più veloce e diffusivo come il Sars-CoV-2 nella variante Delta.

Un aspetto importante, che rende particolarmente efficace il confronto dei dati italiani con quelli britannici, è che il momento di inversione della curva nel nostro Paese si è verificato a inizio luglio, con dati vaccinali quasi esattamente sovrapponibili a quelli del Regno Unito di inizio maggio. Anche per noi, dunque, si è confermata l'impossibilità di fermare la variante Delta con lo stesso livello di protezione che aveva tenuto a bada la variante Alfa.

Torniamo rapidamente ai dati dell'ultima settimana epidemiologica: i casi quotidiani hanno raggiunto una media di 3.760 (erano 1.817 la settimana precedente); i ricoverati nei reparti di medicina generale sono saliti dai 1.088 del 16 luglio ai 1.304 del 23 luglio (e attualmente sono in una fase di crescita più consistente); i nuovi ingressi in terapia intensiva (70) hanno iniziato a registrare un incremento sensibile (+29,6% sui 54 della settimana precedente).

Stiamo assistendo, solo con una rapidità maggiore rispetto alle ondate precedenti, alla classica manifestazione temporale delle fasi espansive della Covid-19: prima aumentano i nuovi casi (lo stiamo vedendo da inizio luglio); poi i ricoveri nei reparti ordinari (iniziamo a vederlo chiaramente adesso); poi aumenteranno anche i posti letto occupati in area critica (per ora registriamo l'aumento dei nuovi ingressi, che fino a pochi giorni fa era ancora compensato dalle uscite). Nulla di inatteso quindi, se non per la rapidità estrema che conferma tutta la pericolosità della nuova variante.

La rapidità del contagio inizia a frenare.

Anche questa era una situazione attesa: abbiamo sottolineato più volte come, dopo una prima fiammata, anche l'epidemia italiana avrebbe probabilmente rallentato per portarsi a un tempo di raddoppio dei nuovi casi intorno ai 14 giorni, come già visto in Uk. Questa dinamica sta iniziando a manifestarsi dall'inizio della settimana epidemiologica in corso: mentre scriviamo la crescita è contenuta nel 47,5% contro il 106,8% della settimana epidemiologica precedente, e avvicina il tempo di raddoppio dei nuovi casi ai 14 giorni che abbiamo appena ricordato. Si tratta di un aspetto tutt'altro che secondario, perché ci permetterà di arrivare al momento di picco con un numero di casi più basso rispetto a quello che avremmo raggiunto con il tempo di raddoppio della scorsa settimana.

Come vedremo più avanti in dettaglio, il momento di inversione della curva del contagio è strettamente legato al livello di dosi somministrate, e in Italia è collocabile indicativamente verso la fine di agosto.

Cosa dicono i dati internazionali.

Per capire cosa potrebbe accadere nelle prossime settimane possiamo osservare l'andamento epidemico in Paesi che ci precedono temporalmente, e che hanno un livello di copertura vaccinale superiore al nostro. In particolare abbiamo considerato Regno Unito (numeri aggregati), Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord con i dati consolidati del 25 luglio. Prima di procedere ricordiamo che l'Italia, alla data del 28 luglio (ultima disponibile mentre scriviamo) aveva vaccinato con dose doppia il 52,3% della popolazione, includendo però nel conteggio anche 906.947 soggetti che hanno contratto la malattia e che hanno effettuato una dose di richiamo. Senza questa “aggiunta” i vaccinati con doppia dose sarebbero il 50,8% della popolazione: lo segnaliamo per rendere uniforme il confronto con Paesi che usano un diverso criterio di conteggio delle vaccinazioni, escludendo dai vaccinati “a ciclo completato” i soggetti che hanno contratto l'infezione per via naturale e che hanno ricevuto una sola dose di richiamo.

Uk (dati aggregati): 55,9% della popolazione vaccinata con doppia dose, 69,9% con almeno la dose singola. I nuovi casi, che sulla spinta della variante Delta avevano ripreso a crescere da inizio maggio, sono in calo dal 21 luglio scorso.

Disaggregando i dati del Regno Unito troviamo:

Inghilterra: 55,7% della popolazione vaccinata con doppia dose; 69,9% con almeno la dose singola. I nuovi casi sono in calo dal 21 luglio.

Scozia: 56,7% della popolazione vaccinata con doppia dose; 73,3% con almeno la dose singola. I nuovi casi sono in calo dal 4 luglio.

Galles: 63,8%% della popolazione vaccinata con doppia dose; 73% con almeno la dose singola. I nuovi casi sono in calo dal 20 luglio.

Irlanda del Nord: 53,7% della popolazione vaccinata con doppia dose; 63,5% con almeno la dose singola. I nuovi casi sono in calo dal 25 luglio.

Come vediamo anche in Paesi con caratteristiche molto simili la manifestazione dell'epidemia non è esattamente sovrapponibile. Per cercare una possibile spiegazione possiamo considerare un altro dato, quello della densità della popolazione, che con una maggiore o minore concentrazione degli abitanti può favorire o sfavorire la diffusione del contagio: Scozia 66 abitanti per chilometro quadrato; Irlanda del Nord 133; Galles 281; Inghilterra 462. Per avere un confronto immediato ricordiamo il dato dell'Italia (196).

Dai numeri appena esposti, a prima vista troviamo nella bassa densità della popolazione una spiegazione al calo precoce della Scozia: dove la curva del contagio si è invertita a inizio luglio, in anticipo sugli altri Paesi. Ma questa tesi viene smentita guardando i dati dell’Irlanda del Nord, che nonostante una densità della popolazione più bassa rispetto a Inghilterra e Galles ha dovuto attendere fino al 25 luglio (ultimo Paese del gruppo) per registrare il calo dei nuovi casi individuati. Per contro osserviamo che proprio l'Irlanda del Nord, con il 53,7% della popolazione vaccinata con doppia dose, mostra il livello più basso di copertura vaccinale completa tra tutti i Paesi del Regno Unito. Possiamo quindi ipotizzare che l'inversione della curva del contagio sia correlabile al livello raggiunto di copertura completa della popolazione, e che avvenga in un range collocabile tra il 55 e il 60%.

Le proiezioni dell'epidemia in Italia.

Non siamo lontani da questo traguardo, che potremmo raggiungere entro poche settimane: in particolare, se consideriamo una media di 500.000 vaccinazioni al giorno (restando in linea con quanto fatto nelle ultime settimane) delle quali 300.000 circa destinate alla somministrazione delle seconde dosi, arriveremo al 55% della popolazione vaccinata entro la prima settimana di agosto, e al 60% nella seconda decade di agosto. Se dovessimo replicare la tendenza emersa in Uk, e confermata dall'analisi separata dei singoli Paesi che ne fanno parte, avremmo una crescita dei nuovi casi almeno fino alla seconda metà di agosto, quando si potrebbe manifestare l'inversione della curva epidemica.

Questa ipotesi temporale conferma peraltro quanto emerge dalle proiezioni statistiche, che indicano il possibile picco epidemico proprio nell'ultima parte del mese di agosto. Come abbiamo visto la fase di rallentamento della crescita potrebbe essere già iniziata, e si manifesta con un incremento del tempo di raddoppio dei casi (da 6-7 a 14 giorni): se tutte le ipotesi precedenti trovassero conferma potremmo raggiungere il picco della fase attuale intorno al 20-30 agosto, dopo aver raggiunto un livello massimo di nuove infezioni intorno ai 15.000 casi. Un livello inferiore a quello (30.000) che solo una settimana fa i numeri disponibili proiettavano per la fine di agosto.

A causa dello sfasamento temporale delle curve dei contagiati, ricoverati, ricoverati in area critica e decessi, assisteremo probabilmente a una crescita dei ricoverati fino a inizio settembre, delle terapie intensive fino a metà settembre e dei decessi fino a fine settembre. Prima che, in seguito alla riduzione del contagio, si arrivi all'inversione di rotta anche per questi parametri.

Considerando i dati Uk (tasso di letalità dell'ultimo periodo 0,45%, rapporto ricoverati/casi totali 2,0%) e parametrandoli su un picco atteso di 15.000 casi giornalieri, in Italia potremmo arrivare a un massimo di 300 nuovi ricoveri e di 67 decessi giornalieri. Non ci sono ovviamente certezze in proposito, ma se così fosse l'impatto sarebbe praticamente dimezzato rispetto alle stime basate sui numeri e sulla dinamica epidemica di due settimane fa (600-650 ricoveri e 140-150 decessi).

Siamo in una fase di difficile interpretazione, caratterizzata da oscillazioni fortissime che influiscono direttamente sulle stime del contagio: basti pensare che in Italia, più che un picco vero e proprio, è attesa una fase di plateau come accaduto in passato. Mentre, osservando i dati del Regno Unito, il momento di picco è individuabile con estrema precisione in un giorno singolo.

Le condizioni perché si verifichino queste ipotesi sono legate alla prosecuzione della campagna vaccinale con i ritmi attuali e alla manifestazione epidemica entro i parametri che abbiamo illustrato per Uk (il range dello scostamento possibile varia dalla situazione della Scozia a quella dell’Irlanda del Nord).

Perché è importante la seconda dose.

I dati che arrivano dagli studi condotti sull'efficacia del vaccino sono molto confortanti e testimoniano, come vedremo, la drastica riduzione delle complicanze nei soggetti che hanno ricevuto una doppia dose. Dobbiamo però partire da un dato preliminare: contro la variante Delta i vaccini in uso, dopo la somministrazione della sola prima dose, hanno un'efficacia limitata per quanto riguarda la possibilità di contrarre l'infezione. La riduzione del rischio, infatti, è di poco superiore al 30%: questo significa che il Sars-CoV-2 continua a circolare con una buona efficienza anche tra i soggetti protetti parzialmente, generando nuovi contagi e allargando la base dei positivi totali.

Dopo la seconda dose la situazione cambia in modo radicale, e per verificarlo possiamo ricorrere a dati italiani, recentemente pubblicati dal nostro Istituto superiore di Sanità:
1) Il ciclo completo di vaccinazione (doppia dose o vaccino monodose) protegge dal rischio di infezione, in base alla fascia di età, con valori compresi in un range tra il 79,8% e l'81,5%.
2) Il ciclo completo di vaccinazione, contro il rischio di ricoveri nei reparti di medicina generale e sempre in base alla fascia di età, ha un'efficacia compresa tra il 91,0% e il 97,4%.
3) Il ciclo completo di vaccinazione, nelle fasce di età fino a 59 anni, ha un'efficacia del 100% contro il rischio di ricovero in terapia intensiva e resta su livelli molto elevati (96,6%) anche tra i soggetti over 80.
4) Il ciclo completo di vaccinazione, nelle fasce di età al di sotto dei 59 anni, ha un'efficacia del 100% contro il rischio di morte. Con performance elevatissime anche al di sopra dei 59 anni; 98,7% nella fascia 60-79 anni e 97,2% tra gli over 80.

In sintesi, la doppia dose funziona in modo eccellente ed è in grado di limitare (purtroppo non di eliminare) la circolazione del virus sul territorio. Lo scudo del vaccino risulta ancora più evidente dai dati dell'ultimo Rapporto sui decessi pubblicato dall'Iss (si veda in particolare l'ultima pagina). Dei 35.776 decessi “Covid positivi” registrati tra il 1° febbraio e il 21 luglio 2021, solo 423 hanno riguardato soggetti che avevano completato il ciclo vaccinale: ovvero l'1,18% del totale. Inoltre è corretto registrare che l'età media dei deceduti nonostante la doppia dose è di 88,6 anni, contro una media di 80 anni da inizio epidemia; e che i deceduti presentavano una media altissima (5) di patologie concomitanti. Due elementi che testimoniano come il rischio, nei soggetti con ciclo vaccinale completo, sia legato a situazioni cliniche estremamente complesse in soggetti di età molto avanzata.

Per completezza di informazione segnaliamo che l'Iss ha preso in considerazione i soli numeri successivi al 1° febbraio 2021, e non precedenti, perché quella data coincide con la fine del periodo di 5 settimane necessario per il completamento dei primi cicli vaccinali dopo l'avvio della campagna di immunizzazione, che in Italia è stata avviata il 27 dicembre 2020.

Tutti questi numeri confermano l'utilità, o meglio l'indispensabilità, della seconda dose di vaccino: con la sola prima dose il virus può circolare ancora efficacemente, e anche i soggetti immunizzati con dose singola possono essere veicolo di infezione. Dopo la seconda dose, non solo diminuisce in modo sensibile come abbiamo visto il rischio di contrarre l'infezione; ma le osservazioni in corso testimoniano anche una bassissima capacità dei positivi immunizzati di trasmettere l'infezione ad altri soggetti. Un fattore di progressiva demoltiplicazione che giocherà un ruolo chiave nel contenere la diffusione del Sars-CoV-2.

Il traguardo da raggiungere: l'immunità di gregge.

Siamo arrivati all'ultimo aspetto da considerare, ovvero l'immunità di gregge: che, come abbiamo visto in passato, secondo la teoria non è raggiungibile. Ne riassumiamo brevemente i motivi. Per il calcolo teorico dell'immunità di gregge si utilizza la formula 1-1/R0 (R0 indica la “velocità” diffusionale del virus in assenza di contromisure). La variante Delta viene accreditata di un R0 di 8,0, ma considerando le stime più conservative possiamo limitarci a un 5,0. Quindi dobbiamo calcolare: 1-1/5. Dalla divisione otteniamo 0,2. Procediamo con la sottrazione (1-0,2) per arrivare al risultato finale: 0,8. L'immunità di gregge teorica è fissata all'80% della popolazione immunizzata con doppia dose.

Per calcolare come arrivare a questa soglia grazie alla campagna vaccinale dobbiamo introdurre un secondo elemento, ovvero la reale efficacia dei vaccini contro l'infezione: che non arriva al 100%, come abbiamo visto, ma secondo i dati dell'Iss si ferma all'80% (range tra il 79,8% e l'81,5% in base alla fascia di età).

Il calcolo della copertura minima vaccinale si effettua dividendo l'immunità di gregge teorica per l'efficacia del vaccino: nel nostro caso 0,80/0,80. Il risultato (1,0) ci dice che per arrivare all'immunità di gregge dovremmo vaccinare il 100% della popolazione, cosa ovviamente impossibile. A questo punto ci viene però in soccorso la pratica, che utilizza come punto di partenza la teoria e la adatta alle situazioni che si presentano sul campo.

Sulla base delle stime epidemiologiche che deriviamo dai dati del Regno Unito, sappiamo infatti che il primo effetto di rallentamento del contagio si manifesta su livelli molto più bassi (il 60% della popolazione protetto con doppia dose): questo grazie all'effetto combinato dei vaccinati e degli immunizzati in modo naturale, in quanto hanno contratto l'infezione e sviluppato gli anticorpi. In Italia i positivi individuati ufficialmente sono il 7,5% della popolazione, ma è comunemente accettata la stima che indica in un numero “almeno doppio” gli italiani venuti a contatto con il Sars-CoV-2. La parte ignota dell'infezione è legata all'alto numero di asintomatici, che nel nostro Paese restano spesso nascosti a causa del basso numero di test eseguiti (un quinto circa rispetto a Uk).

Per semplicità possiamo stimare un 15-20% della popolazione italiana già immunizzata per via naturale: di questi una parte sono stati individuati ufficialmente, e una parte è stata comunque sottoposta a vaccinazione perché non era nota l'infezione pregressa. Non conoscendo con esattezza i numeri in gioco, che peraltro sono anche in questo caso molto simili a quelli del Regno Unito, possiamo stimare che la soglia del 60% della popolazione protetta con doppia dose corrisponda nella realtà a un 75-80% della popolazione in grado di opporre una risposta immunitaria alla Covid-19 (sommando vaccinati e immunizzati in modo naturale). Dell'efficacia di questo effetto combinato nel frenare l'infezione abbiamo certezza, grazie ai dati che mostrano il punto di inversione della curva nel Regno Unito. Spostando un po' più in alto l'asticella possiamo stimare che, arrivando a vaccinare con doppia dose il 75-80% della popolazione, non solo arriveremmo a ridurre tutti i principali parametri dell'epidemia, ma probabilmente raggiungeremmo quell'immunità di gregge “pratica” a cui tanto miriamo.

Non è un obiettivo facile, ma è l'obiettivo da raggiungere per mettere sotto controllo la variante Delta. E potremmo arrivarci prima della fine dell'anno in corso, godendo tra l'altro dei vantaggi del rallentamento della curva che si dovrebbe manifestare, come abbiamo visto, già tra fine agosto e inizio settembre.Per questo sarà importantissimo procedere il più rapidamente possibile con le vaccinazioni, accompagnando la campagna con il mantenimento di alcune misure precauzionali che facciano da ulteriore argine all'infezione e alla malattia che potenzialmente ne consegue.

In tal senso deve essere letta la decisione di imporre il “green pass” come documento indispensabile per poter accedere a una gamma crescente di servizi. Da un punto di vista epidemiologico la scelta di concederlo dopo una singola dose è molto debole, un po' come la riduzione del rischio di infezione che segue la sola prima somministrazione. Ma ha il merito di avviare sul percorso vaccinale molti soggetti indecisi, che a quel punto avranno anche tutto l'interesse a completare il ciclo di immunizzazione: capace, come abbiamo visto, di azzerare o quasi il rischio di decesso a causa di una malattia che finora ha generato oltre 127.000 morti.

In conclusione

Fissiamo alcuni punti fermi per il nostro prossimo futuro:
1) Al raggiungimento del 60% circa della popolazione protetta con doppia dose, sulla base delle evidenze che stanno emergendo in Uk, potremmo avere una prima inversione della curva del contagio.
2) Dopo l'inversione della curva dei contagi giornalieri vedremo crescere ancora per 1-2 settimane il numero dei ricoverati; per 2-3 settimane il numero delle terapie intensive; per 3-4 settimane il numero dei decessi.
3) Al raggiungimento del 75-80% della popolazione vaccinata con doppia dose dovremmo ottenere l'immunità di gregge, grazie alla somma con un numero consistente di soggetti (il 15% circa della popolazione) che hanno contratto la malattia e sono quindi immunizzati per via naturale.

Si tratta ovviamente di stime e ipotesi, quindi suscettibili di errori e variazioni in base all'andamento epidemico. Ma soprattutto di stime basate sulla circolazione della variante Delta e sull'efficacia dei vaccini in uso nel fermarne la diffusione e ridurne le ricadute cliniche. Se arrivasse una nuova variante tutti i calcoli dovrebbero essere rivisti: con la certezza, però, di poter aggiornare rapidamente i vaccini (in particolare quelli a mRna).

La battaglia è ancora lunga e tutt'altro che finita; ma, forse per la prima volta, vediamo davvero una luce in fondo al tunnel nel quale ci stiamo dibattendo da inizio 2020.

IlSole24Ore