mercoledì 11 agosto 2021

“Il principe Andrea non può ignorare il processo per abusi nascondendosi dietro i muri di palazzo”: parla l’avvocato di Virginia Giuffre.

 

Virginia Giuffre sostiene di essere stata aggredita sessualmente dal Principe quando aveva 17 anni e lo chiama in causa sulla base di una potenziale imputazione gravissima, la violazione del Children Act destinato a proteggere bambini e minorenni dai soprusi sessuali.

Le denunce a mezzo stampa diventano un’azione legale in piena regola che minaccia di travolgere di vergogna la famiglia reale britannica tout court. Non si parla d’altro a cavallo dell’oceano che della causa intentata dinanzi alla giustizia americana da Virginia Giuffre Roberts, una delle vittime del defunto miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, contro il principe Andrea, terzogenito e figlio prediletto della 95enne regina Elisabetta, accusato d’aver abusato non meno di tre volte della donna – oggi 38enne – quando Virginia aveva appena 17 anni. Il Duca di York “non può nascondersi dietro la ricchezza ed i muri di palazzo”, ha detto alla Bbc l’avvocato della Giuffre, David Boies, dichiarando che Andrea debba sottoporsi all’esame del tribunale.

Virginia Giuffre sostiene di essere stata aggredita sessualmente dal Principe quando aveva 17 anni e lo chiama in causa sulla base di una potenziale imputazione gravissima, la violazione del Children Act destinato a proteggere bambini e minorenni dai soprusi sessuali. Boies ha ricordato che la sua assistita ha “provato in tutti i modi possibili a risolvere questo contenzioso” senza ricorrere alle vie legali e adesso vuole che siano un giudice e una giuria ad ascoltare le prove. “A questo punto il processo è l’unico modo per stabilire una volta per tutte quale sia la verità – ha proseguito l’avvocato – e il contenzioso è l’unico modo per stabilire una volta per tutte quali siano effettivamente le prove del principe Andrea”. Le persone “ignorano i tribunali a loro rischio“, ha concluso: “Sarebbe molto sconsigliabile che il principe Andrea ignori il processo giudiziario”.

La donna – che oggi vive in Australia e in passato ha sostenuto d’essere stata oggetto d’intimidazioni e persino minacce di morte per il contributo alle denunce sul giro di sfruttamento minorile imputato ad Epstein, morto ufficialmente suicida in un carcere di New York dopo essere stato condannato per reati di pedofilia – afferma d’essere stata messa di fatto ‘a disposizione’ di Andrea in tre distinte occasioni dal miliardario statunitense e dalla sua presunta complice, Ghislaine Maxwell: ereditiera e socialite britannica (attualmente detenuta in America) che avrebbe fatto inizialmente da trait d’union fra il Principe e il finanziere. Gli incontri incriminati – si legge nelle carte depositate alla corte federale di Manhattan nell’atto di citazione, con annesso annuncio di mega richiesta di risarcimento dei danni fisici e morali – sarebbero avvenuti in altrettante proprietà di Epstein.

Londra, New York e nella residenza delle Isole Vergini teatro secondo numerose testimonianze d’indagine di una quantità di riunioni, feste e festini organizzati nel tempo dal tycoon a beneficio di una congrega d’amici ricchi e famosi: congrega in cui, oltre al duca di York, ebbero parte tanti potenti (americani e non) fra i quali Bill Clinton, Bill Gates e altri intoccabili. Virginia già in passato aveva avanzato le sue accuse con gli investigatori newyorchesi e in interviste tv. Ma la causa formalizzata adesso rappresenta una svolta ipoteticamente micidiale, non solo per il Duca, oggi 61enne ma per la reputazione della dinastia dei Windsor in genere. Una grana infinitamente peggiore per la stessa sovrana – già provata in questi mesi dalla perdita del quasi centenario consorte Filippo – rispetto a qualsiasi bega interna al casato innescata da vicende quali lo strappo del nipote ‘ribelle’ Harry, dal suo trasferimento in California con Meghan e la famiglia, dalle polemiche che ne sono derivate e potrebbero derivarne ancora.

“Venti anni fa – si legge nel testo della denuncia presentata a nome della Giuffre – la ricchezza, il potere, la posizione e le connessioni del principe Andrea gli consentirono di abusare di una ragazzina spaventata e vulnerabile che non aveva nessuno a proteggerla” e che era stata “svenduta”; è tempo “che egli ne risponda”. Parole accolte al momento con un imbarazzato “no comment” da un portavoce del Duca, in attesa d’una qualche reazione ufficiale a corte. L’attacco legale segue il fallimento di un tentativo di transazione extra giudiziale nel quadro del quale Andrea di York – decorato come un eroe di guerra per la partecipazione al confitto della Falkland/Malvinas, ma anche protagonista d’innumerevoli scivolate o scandali, fra affari e vita privata, durante la sua vita di principe cadetto sempre alla ricerca d’un ruolo – avrebbe dovuto riconoscersi almeno in parte colpevole.

Cosa che egli viceversa continua a rigettare nella sostanza, negando categoricamente – come fa da anni, spalleggiato dai comunicati di Buckingham Palace oltre che dall’eccentrica ex moglie Sarah Fergusson – d’aver mai avuto rapporti con Virginia. Senza tuttavia riuscire a spiegare una foto d’epoca col suo braccio attorno alla vita della giovane. E soprattutto senza poter smentire “l’errore” di aver frequentato l’inquietante circolo segreto di vip gaudenti messo su a suo tempo da Jeffrey Epstein.

ILFQ


Il problema di questi personaggi, cresciuti in ambienti particolari, nei quali gli è stato fatto credere che tutto ciò che li circonda, persone e cose, gli appartenga, è che mancano di freni inibitori, pertanto, credono che tutto gli sia permesso, anche ciò che per gli altri è illegale.
Molti uomini, infatti, ambiscono ad acquisire ricchezza e notorietà solo per poter fare ciò che più gli aggrada senza dover rispondere di eventuali reati commessi. 
Vogliono sentirsi Dei.
Ne ho conosciuto uno personalmente, diceva di essere il rampollo di una famiglia di industriali, ma suo padre era un povero artigiano che riparava rubinetti; vantava una laurea pur non avendo mai frequentato l'università, e raccontava in giro di essere insegnante di latino, greco e filosofia, descriveva viaggi mai fatti da lui, ma descritti da altri. 
Un emerito imbroglione che comprava anche titoli di studio con soldi non suoi, mai guadagnati con il sudore della fronte.
Con i soldi della moglie, infatti, ci campava e faceva il galletto con chiunque gli capitasse a tiro.
In poche parole, l'inutilità fatta persona.
Cetta.

Procioni, sconti e l’Area Expo. L’ultimo decreto per l’emergenza Covid è sepolto da una raffica di 1300 emendamenti. - Thomas Mackinson

 

Giusto dieci giorni fa Mattarella in persona aveva richiamato le forze politiche a non oberare di richieste "eterogenee" le disposizioni per l'emergenza. In commissione Affari Sociali a Montecitorio è subito pioggia di correttitivi e richieste: c'è chi chiede 50 milioni per la sanità calabrese (in dissesto da 12 anni), chi di inserire per legge la colpa dei medici che vaccinano, chi indennizzi ai magistrati onorari e per sostenere le "farmacie rurali". Ecco una selezione di bizzarrie.

Il Paese scivola nella “dittatura sanitaria” da green pass, ma la Lega che questo sostiene porta ben altre emergenze. Chiede speciali poteri per “Area Expo”, l’eredità dimenticata dell’esposizione milanese del 2015. E vai a capire la logica per cui oggi, con 130mila contagi in 30 giorni, è per l’Italia motivo d’urgenza. Sarà la stessa per cui si chiedono fondi per tutelare i procioni ristorando, con soldi pubblici, gli allevatori. Al pari di conclamare il “legittimo impedimento” se l’udienza salta causa Covid, di riconoscere sconti fiscali per chi va al cinema e indennizzi straordinari per la magistratura onoraria in servizio. Insomma, c’è di tutto e di più tra gli emendamenti all’ultimo decreto Covid-19.

Almeno nel titolo doveva limitarsi alle “misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica e per l’esercizio in sicurezza di attività economiche e sociali”. Invece, puntuale, è partita nelle commissioni la corsa agli emendamenti: sono già 1300 quelli presentati a Montecitorio in vista della conversione. A niente, dunque, è valso il richiamo del capo dello Stato che il 23 luglio scorso, al momento della promulgazione della legge di conversione del “sostegni bis”, aveva chiesto a Parlamento e Governo di rispettare i contenuti del decreto d’urgenza senza zavorrarlo nei testi, nei tempi e negli oneri con le richieste più strampalate ed eterogenee. Il Sole 24 ore ha raccontato alcune incursioni bizzarre, ma c’è molto di più.

Spulciando la montagna di modifiche si capisce quanto a fondo sia stato colto il messaggio di Mattarella. Il timbro della Lega torna con la consueta prospettiva: per limitare la diffusione del virus chiede di sospendere attracchi di navi e permessi di soggiorno, e pazienza se intanto strizza l’occhio ai NoVax. Del resto Forza Italia (e non solo) si premura di mettere nero su bianco che il distanziamento sociale e i dispositivi di protezione individuale non siano più obbligatori per le persone dotate di green pass che hanno completato il ciclo di vaccinazione. Claudio Borghi, sempre per sostenere l’attività di contrasto alla diffusione del virus, torna alla carica sulla responsabilità colposa dei medici che somministrano il vaccino.

L’emergenza è nazionale, ma pullulano i localismi. C’è ad esempio un manipolo di deputati calabresi che torna a chiedere 20 milioni di euro per rimpinguare le casse della sanità regionale, e pazienza se non è proprio urgente: è commissariata, senza risultati apprezzabili, ormai da 12 anni. Dall’altra parte dello stivale i sudtirolesi come Plangger Albrecht si premurano di chiedere che tutte le misure del decreto siano applicabili alle province di Trento e Bolzano solo se “compatibili coi rispettivi statuti”.

Ogni settore ha il suo sacco da riempiere. C’è chi chiede di finanziare con 1 miliardo le attività, società e associazioni sportive penalizzate dal Covid. Chi chiede detrazioni per il “consumo culturale individuale”, qualunque cosa significhi: libri, manifesti, audiovideo e quant’altro. Qualcuno si preoccupa delle “farmacie rurali” e chiede 50 milioni. Alcuni onorevoli chiedono di aumentare le indennità ai giudici di pace fino a 66mila euro l’anno. La Brambilla vuole vietare cattura, allevamento e uccisione degli animali da pelliccia, poi chiede indennizzi per chi chiude l’attività, senza dire che fine faranno le amate bestiole.

Il decreto è legge, la legge è uguale per tutti. Così, dentro al sacco degli emendamenti finiscono anche anche le beghe di chi le fa. Dal Pd, ad esempio, chiede di vietare l’accesso alle due Camere ai soggetti non muniti di certificato verde Covid-19. Basterebbe il regolamento interno, ma visto che quanto viene imposto per legge al bar in aula non vale, meglio usare la legge per disciplinare l’ingresso nel Palazzo.

ILFQ

Assalto hacker alla piattaforma Poly Network: rubati 600 milioni in cripto asset. - Vittorio Carlini

 

I punti chiave


Una somma importante: circa 612 milioni di dollari. È la cifra che sarebbe stata rubata sulla piattaforma di finanza decentralizzata Poly Network. Si tratta di gran lunga del più grande furto in questo settore. L’autore? Degli hacker. O meglio, visto che nella cultura cibernetica gli hacker non hanno intenti malevoli, dei cracker. La notizia l’ha data la stessa società via twitter. E subito l’informazione, in un tam tam digitale, si è diffusa nella cripto sfera.

Cosa è Poly Network.

A essere colpita, per l’appunto, è stata Poly Network. Si domanderà: ma in cosa consiste questa piattaforma? In generale, e senza entrare in dettagli tecnici, Poly Network è un protocollo di DeFi (Dencentralized Finance) che consente di scambiare i gettoni virtuali (token) attraverso differenti blockchain.

Caro hacker, contattatici..

Come indicato nel messaggio dello stesso Poly Network su Twitter, indirizzato al “caro Hacker”, l’attacco ha coinvolto “decine di migliaia” di mebri della “crypto community” cui sono stati portati via le cryptocurrency. Per questo, in un approccio che solamente nel nuovo mondo degli asset digitali può concepirsi, la stessa piattaforma ha chiesto di essere contattata (dall’hacker) per risolvere il problema.

Caccia al ladro.

Al di là del messaggio di Poly Network, la società attiva di cyber sicurezza SlowMist (sempre via Twitter) ha affermato che l’email del “pirata” informatico è stata trovata. «È probabile - è l’indicazione - che si tratti un assalto lungamente ben preparato».

Troppi cripto asset lanciati da inesperti.

«In generale - tiene a precisare al Sole24ore Ferdinando Ametrano, fondatore di CheckSig -, al di là del caso in oggetto, simili situazioni si vengono a creare nelle situazioni, ormai troppe, in cui il codice dell’infrastruttura è scritto in maniera non efficiente». Cioè? «Si tratta di software spesso formalmente non verificati che rischiano di lasciare delle brecce dove il malintenzionato di turno può infilarsi». Un contesto, peraltro, agevolato dall’eccessivo «numero di cripto asset che vengono lanciati sulle piattaforme. Un mondo del “miraggio della ricchezza facile” dove troppe sono le persone che si “inventano” esperti, con il rischio che accada quello che è successo oggi». Al contrario un protocollo di struttura serio e verificato, «come quello del bitcoin - conclude Ametrano - dal 2008 ad oggi mai è stato violato».

IlSole24Ore

Hombre vertical. - Marco Travaglio

 

Prematuramente interrotta la liaison con Renato Farina, l’altro Renato, Brunetta, non s’è preso neppure un giorno di riposo e ha subito preso a tubare con un altro bel bocconcino: il professor Cassese. Il quale, da quando sono arrivati i Migliori, si dedica anima e corpo a scrivere sempre lo stesso pezzo: tutto ciò che fa Draghi è meraviglioso, adorabile, stupefacente, anche quando si tratta delle stesse cose che, quando le faceva Conte, erano spaventose, detestabili, orribili. L’altroieri l’arzillo giureconsulto un tanto al chilo, che un anno fa paragonava Conte a Orbàn per la proroga di tre mesi dello stato di emergenza, s’è prodotto nel suo quotidiano peana a Draghi che l’emergenza l’ha prorogata di cinque mesi. In particolare era tutto eccitato perché SuperMario convoca ogni tanto il Consiglio dei ministri: evento eccezionale, mai visto prima. Poi ha criticato il Parlamento, che s’è permesso di emendare un decreto del governo, cioè di fare il Parlamento. Siccome il decreto è di Brunetta, questi lo ha rassicurato sul Corriere: gli emendamenti non pregiudicano “la necessità di ristabilire il merito nella gerarchia della società italiana”. È l’essenza della sua riforma, sempre tesa alla “mobilità verticale”, ma anche “orizzontale” nell’ambito di un “sistema di selezione moderno, trasparente, efficace e finalmente adeguato agli standard internazionali”. Diciamolo: era ora che arrivasse lui a “privilegiare le esperienze e i risultati raggiunti e non le appartenenze politiche e di casta” (senz’offesa per la nidiata di Cassese-boys sparsi nella Pa e nelle anticamere dei Migliori). Poche balle: occorrono “élite competitive”, e lui modestamente lo nacque, “che sostituiscano le oligarchie castali” affinché “prevalga il merito rispetto alle cooptazioni”. Bene, bravo, bis.

A questo punto ci saremmo aspettati qualche esempio concreto della Nuova Meritocrazia Brunettiana. Tipo la nomina, purtroppo sfumata sul più bello, del “consulente giuridico” Farina-Betulla che, lungi dall’essere cooptato per appartenenze politiche (era deputato di FI) o castali (è di Cl), era il frutto di una lunga e rigorosa selezione in base agli standard internazionali per le sue competenze giuridiche acquisite sul campo: alla Procura di Milano, durante la finta intervista ai pm per depistare le indagini sul rapimento di Abu Omar, poi in Tribunale, durante il patteggiamento di sei mesi di reclusione per favoreggiamento in sequestro di persona. Un caso tipico di ripristino della meritocrazia, che però Renatino s’è lasciato sfuggire l’occasione di vantare al cospetto del prof. Cassese. E noi non ci diamo pace per cotanta modestia. A meno che, parlando di “mobilità verticale”, non sia scappato da ridere anche a lui.

ILFQ