sabato 14 novembre 2020

Arrestato l’Idraulico della Lega “Da dove arrivano tutti i soldi?”. - Stefano Vergine

 

Film Commission - Domiciliari al fornitore del partito: gli fatturò oltre 1,5 milioni.

“Questo qui ha fatto lavori per la Lega per due milioni di euro in un anno e mezzo. Questo qui era un idraulico che aggiustava i tubi delle caldaie. Ma come mai?”. L’intercettazione riportata nell’ordinanza con cui ieri il Tribunale di Milano ha disposto gli arresti domiciliari per Francesco Barachetti, piccolo imprenditore bergamasco, non racconta molto più di quanto già noto sulla vicenda della Lombardia Film Commission e dei commercialisti della Lega, ma suggerisce che l’inchiesta della Procura di Milano sulla compravendita del capannone di Cormano potrebbe fare presto un salto di qualità.

Le 69 pagine firmate dal gip Giulio Fanales spiegano che Barachetti ha avuto un ruolo rilevante nell’affare immobiliare insieme ad Alberto Di RubbaAndrea Manzoni e Michele Scillieri, e che c’è il rischio che i reati commessi in quell’operazione vengano reiterati. Secondo la procura di Milano, attraverso la sua principale società, la Barachetti Service Srl di Casnigo, sede a 300 metri dalla casa di Di Rubba, Barachetti ha infatti avuto un duplice ruolo nell’ormai famosa operazione costata 800mila euro ai residenti lombardi. Da una parte lui e la moglie, cittadina russa, hanno beneficiato personalmente dei soldi pubblici pagati dall’ente controllato dalla Regione, intascando 55 mila euro e usandoli quasi tutti per comprare un appartamento a San Pietroburgo. Dall’altra parte, Barachetti ha permesso a Manzoni e Di Rubba, facendo da sponda attraverso un’altra società a lui riconducibile (la Eco Srl), di intascarsi 188mila euro della Fondazione, provvista che i due contabili leghisti hanno prontamente investito in due villette sul lago di Garda.

Fin qui niente di particolarmente nuovo. Barachetti era già indagato per concorso in peculato e false fatturazioni, ma il suo arresto potrebbe spingere l’inchiesta oltre i confini lombardi. Nella richiesta dei domiciliari il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi non lo citano mai direttamente, ma il partito di Matteo Salvini è il convitato di pietra. Appare solo in quell’intercettazione accennata sopra. È Scillieri a parlare al telefono con Luca Sostegni, presunto prestanome usato nell’operazione Lombardia Film Commission (è in attesa di essere scarcerato):“Questo qui (Barachetti, ndr) ha fatto lavori per la Lega (da intendersi il partito politico Lega per Salvini Premier, specificano i magistrati) per due milioni di euro in un anno e mezzo. Questo qui era un idraulico che aggiustava i tubi delle caldaie. Ma come mai?… Com’è che Di Rubba ha messo su un autosalone di macchine di lusso poco lì accanto a Barachetti che ha comprato un edificio dove ha fatto la sede grandiosa della sua società? Ma da dove arrivano i soldi? Ma come mai la società di noleggio auto ha fatturato quasi un milione di euro alla Lega in un anno?”.

Così Scillieri, che dovrebbe essere interrogato nei prossimi giorni per la seconda volta, potrebbe confermare quanto contenuto in alcune segnalazioni di operazione sospetta richieste alla Uif di Banca d’Italia dalla procura di Genova, che indaga da tempo per il presunto riciclaggio dei 49 milioni di euro della Lega. Le movimentazioni bancarie dicono infatti che Barachetti ha incassato molti soldi negli ultimi anni dal partito di Salvini e dalle sue società. Solo tra il 2016 e il 2018 la Barachetti Service ha fatturato circa 1,5 milioni di euro alla galassia leghista. Numeri da capogiro per l’idraulico di Casnigo, che da quando è diventato fornitore del partito ha visto schizzare verso l’alto il suo giro d’affari. Specializzata in impianti idraulici ed elettrici, la Barachetti Service è passata da un fatturato di 282mila euro nel 2011 a 2,1 milioni nel 2017, fino ai 4,3 milioni del 2019. Barachetti Service ha incassato soldi dalla Lega a fronte di fatture per lavori vari, e poco dopo li ha girati a società riconducibili a Di Rubba e Manzoni. Proprio come avvenuto nel caso della Lombardia Film Commission. Uno schema che sembra interessare anche i magistrati di Milano.

Ieri, mentre venivano disposti i domiciliari per l’imprenditore bergamasco, la Guardia di finanza del capoluogo lombardo ha infatti perquisito anche i rappresentanti della Sdc Srl, società emersa più volte nelle trame finanziarie leghiste. Negli ultimi anni la Sdc ha ricevuto infatti parecchi bonifici dal partito, e ha poi girato buona parte delle somme ai soliti Di Rubba e Manzoni. Non solo. In un solo anno, tra il 2016 e il 2017, anche il tesoriere e parlamentare della Lega Giulio Centemero ha ricevuto denaro dalla Sdc: 61.990,40 euro, con motivazione “saldo fatture”. I documenti sequestrati ieri alla società potrebbero permettere ai magistrati di capire meglio quali prestazioni ha fornito Centemero, il fedelissimo di Salvini.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/14/arrestato-lidraulico-della-lega-da-dove-arrivano-tutti-i-soldi/6003382/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-11-14

Gli insaputi. - Marco Travaglio,

 












La fiera dell’insaputismo ci aveva abituati quasi a tutto. A B. che scambia Mangano per uno stalliere, la Minetti per un’igienista dentale, Alfano per il suo erede e Gasparri per un ministro. A Scajola che compra casa al Colosseo e non si accorge che due terzi glieli ha pagati un altro. A Fontana, presidente della Regione Lombardia che appalta le forniture dei camici alla ditta di suo cognato senza dirgli niente, dopodiché lui tenta di risarcire il cognato per il mancato affare con un bonifico da un conto svizzero che non sa di avere, così come ignora perché la madre dentista e il padre impiegato tenessero 5 milioni alle Bahamas su cui lui, sempre a sua insaputa, aderì alla voluntary disclosure per farli rientrare in Italia, tant’è che li lasciò in Svizzera. Un caso di insaputismo talmente sfortunato da rendere persino credibile il generale Saverio Cotticelli, commissario alla Sanità in Calabria, che confessa in tv di non aver mai fatto il piano di emergenza perché non sapeva che spettasse a lui; poi, quando lo cacciano, spiega restando serio che il piano l’aveva fatto, ma “non ero io quello dell’intervista, non mi riconosco, ho vomitato tutta la notte, forse mi hanno drogato, sto ancora indagando”, forse c’entra “la massoneria”, anzi “la masso-mafia”.

Ci stavamo appena riprendendo, quando sulla scena ha fatto irruzione Christian Solinas, sgovernatore di Sardegna, il genio che quest’estate riaprì le discoteche trasformando la sua Regione in un mega-focolaio. L’ordinanza è firmata da lui, quindi come si discolpa? “Ho obbedito al mio Comitato tecnico scientifico”. La prova sarebbe un’email di quattro righe inviata dal prof Vella, membro del Cts, al capo della Sanità regionale un’ora prima che lui firmasse l’ordinanza. Ora che i pm indagano, Vella spiega a Repubblica che quelle quattro righe “non erano un parere del Cts”, mai convocato e comunque contrario, ma una mail “a titolo personale per tentare di ridurre il danno di una scelta politica già presa. Intendevo dire che per loro, come mi avevano detto, era inevitabile e necessario riaprirle. Per loro, non certo per noi”. Infatti la polizia ha sequestrato altre 10 email del Cts sardo fieramente contrarie alle discoteche. Ma Solinas dice che non ne sapeva nulla: in fondo è solo il presidente della Regione. Otto anni fa, Sara Tommasi girò alcuni film porno e il suo fidanzato di allora, il celebre avvocato-scrittore Alfonso Marra, li attribuì all’abuso di droghe. Ma lei lo smentì sfoderando un alibi decisivo: “È colpa delle entità aliene che mi hanno impiantato un microchip nel cervello per diffondere l’amore nel mondo. Due di loro sono state sempre presenti di nascosto sul set”. Strano che non sia ancora governatrice di qualche Regione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/14/gli-insaputi/6003357/

Matteo Renzi, chi sono gli imprenditori che versavano soldi a Open. I pm al lavoro sulla “concomitanza” con emendamenti favorevoli.

 

Nei nuovi atti dell'inchiesta, citati dal quotidiano La Verità, i magistrati cercano di ricostruire i rapporti che c'erano tra diverse aziende e la Fondazione. Come la "concomitanza tra il contributo di 20mila euro del 21/12/2017" erogato dalla British american tobacco Italia Spa "a favore della fondazione Open, con un intervento 'in legge di bilancio'".

Alcuni nomi degli imprenditori che nel corso degli anni hanno versato migliaia di euro a Open erano già noti, ma con il deposito di nuovi atti dell’inchiesta cominciano a emergere con più chiarezza i rapporti che c’erano tra quelle aziende e la fondazione legata a Matteo Renzi. Nell’elenco compaiono tra gli altri Beniamino Gavio, azionista dell’omonimo gruppo che gestisce varie tratte autostradali, i Toto delle autostrade abruzzesi, l’emiliano Michele Pizzarotti e pure la divisione italiana della British american tobacco. Come riporta il quotidiano La Verità, gli inquirenti sono al lavoro sulla “concomitanza temporale” tra l’erogazione di alcuni fondi alla cassaforte renziana e una serie di emendamenti o interventi legislativi arrivati in Parlamento quando l’ex segretario del Pd era al governo (o comunque ne era il principale azionista). I magistrati intendono dimostrare come Open fosse una “articolazione politico-organizzativa del Partito democratico (corrente renziana)”, ipotesi su cui si basa l’accusa di finanziamento illecito contestato allo stesso Renzi, Maria Elena Boschi e all’attuale deputato del Pd, Luca Lotti. Stando agli ultimi sviluppi dell’inchiesta, risulta che la fondazione abbia pagato anche 130mila euro per i sondaggi delle campagne politiche dell’ex premier e 150mila euro per la pubblicazione di un book fotografico per il viaggio in camper durante le primarie.

Soldi per l’ascesa politica di Renzi – Dalle ultime informative delle Fiamme gialle inviate alla procura di Firenze, risulta che le casse di Open hanno finanziato molte iniziative politiche di Renzi, impegnato nelle primarie del Pd nel 2012 e nelle Politiche del 2013, per un totale di oltre mezzo milione di euro. Risorse che hanno permesso di finanziare sondaggi elettorali, ma anche campagne di comunicazione politica per invitare i cittadini al voto (126mila euro), cene, alberghi, consulenze di comunicazione politica (quasi 68mila euro) e pure la pubblicazione di un book fotografico. L’ipotesi degli investigatori è che Open (che all’inizio si chiamava Big Bang) anche in questo modo si sia comportata come articolazione di partito.

Beniamino Gavio – Tra gli sponsor della Fondazione, che negli anni ha finanziato la Leopolda a Firenze, c’è innanzitutto Beniamino Gavio. Nell’ottobre 2013, scrive il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, l’imprenditore viene rappresentato da Guido Ghisolfi a una cena a cui partecipano Renzi, il presidente di Open Alberto Bianchi, Marco Carrai, Vito Pertosa, Luigi Pio Scordamaglia e Davide Serra. Il giorno dopo, Bianchi invia a tutti gli ospiti una mail in cui si legge che l’esito dell’incontro ha portato a “due presupposti e alcuni impegni reciproci“. Gavio, Pertosa e Scordamaglia si impegnano a versare 100mila euro l’anno per cinque anni (in realtà poi ne arrivano 76mila). In cambio, si legge, “Matteo assicura almeno tre incontri all’anno” per “brainstorming a 360 gradi”. Nelle carte dell’inchiesta, aggiunge La Verità, viene citato un “elaborato” – intitolato “Contenimento delle tariffe e razionalizzazione del sistema autostradale italiano” – inserito in un faldone di Bianchi (“Renzi M. Think tank“) e accompagnato a sua volta da una cartellina dal titolo “Sblocca Italia, emendam“. Cosa contiene? Un’email di Bianchi del 25 settembre 2014 riguardante una proposta di emendamento al decreto Sblocca Italia e destinata a Antonella Manzione, ex capo dei vigili di Firenze nominata responsabile dell’ufficio Affari legislativi di Palazzo Chigi. Il provvedimento, scrive ancora il quotidiano, proroga senza gara la durata delle concessioni a una serie di gestori autostradali, riconducibili anche ai Gavio.

Michele Pizzarotti – Da Pizzarotti arrivano a Open 50mila euro e nelle carte dei magistrati sono riportate diverse occasioni in cui il businessman avrebbe incontrato l’ex premier. In questo caso i pm rilevano però anche una “concomitanza temporale” tra un contributo da 25mila euro erogato il 15 ottobre 2014 e lo stanziamento, nella Finanziaria di quell’anno, di 300 milioni per coprire gli ammanchi di traffico sull’autostrada A35. Ad iniziare l’opera, spiega La Verità, è stato nel 2009 il consorzio Bbm che includeva anche l’azienda di Pizzarotti.

Gruppo Toto – Interessati sempre alle autostrade sono i Toto, che gestiscono la tratta A24 (Roma-L’Aquila-Teramo) e la A25 (Torano-Avezzano-Pescara). Il gruppo, scrive sempre l’avvocato Bianchi in una mail a due colleghi del suo studio, avrebbe “espresso il desiderio di versare a Open” un importo “pari al netto del 2% di quanto, a seguito della nostra attività professionale” (come studio legale, ndr) “sarà ricavato dai contenziosi/trattative con Anas spa” e nella vicenda della variante Ss Aurelia a La Spezia. Il quotidiano di Belpietro riferisce che anche qui c’è di mezzo un emendamento. Siamo nel 2017, al governo c’è Gentiloni ma Renzi è ancora leader del Pd: Bianchi spiega a Luca Lotti che la norma è “frutto di un’intesa tra loro”, cioè i Toto “e Armani” (all’epoca capo dell’Anas).

Famiglia Aleotti – Tra i finanziatori “più significativi” per i magistrati c’è poi la famiglia Aleotti. In un’email del febbraio 2018, una collaboratrice di Bianchi scrive che “sono arrivati 50k da Landini Massimiliano, 50k da Aleotti Luciano, 50k da Aleotti Alberto“. A un pranzo con Bianchi, Carrai e Lucia Aleotti, riferisce La Verità, si parla della “possibile nomina di Lucia Aleotti all’interno di un ente non meglio precisato”.

British american tobacco – Come già emerso nelle prime fasi dell’inchiesta su Open, 170mila euro sono arrivati dalla British american tobacco Italia Spa. Secondo gli inquirenti, Luca Lotti ha ricevuto dal suo referente del colosso due “elaborati”. In uno, la multinazionale “auspica una revisione del sistema di tassazione che non penalizzi l’industria e non causi distorsioni della concorrenza, consentendo allo stesso tempo lo sviluppo di prodotti meno dannosi attraverso una loro tassazione inferiore rispetto a quella tradizionale”. Anche in questo caso i finanzieri parlano di una “concomitanza tra il contributo di 20mila euro del 21/12/2017” erogato dalla società “a favore della fondazione Open, con un intervento ‘in legge di bilancio’ evocato da Ansalone (verosimilmente a favore della predetta società) e la ‘proiezione’ verso la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018“.

Pietro Di Lorenzo – Chiude l’elenco Pietro Di Lorenzo, presidente della Irbm di Pomezia che sta lavorando insieme all’università di Oxford al vaccino anti-Covid. Lui e i suoi familiari hanno destinato alla Fondazione 160mila euro. Nelle carte si citano diversi scambi di messaggi tra Bianchi e l’imprenditore, finalizzati a organizzare un incontro con Renzi. Ma anche due appunti dello stesso avvocato che – scrivono gli investigatori – “possono essere messi in correlazione ai finanziamenti statali a favore della società consortile Cnns”. Azienda che, conclude il quotidiano di Belpietro, è controllata al 70% proprio dalla Irbm.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/13/matteo-renzi-chi-sono-gli-imprenditori-che-versavano-soldi-a-open-i-pm-al-lavoro-sulla-concomitanza-con-emendamenti-favorevoli/6002376/