venerdì 15 gennaio 2021

Ex grillini, ex forzisti e «avance» a esponenti di Italia viva: così Conte punta a quota 161 al Senato.

 

Senza i senatori di Italia viva per ottenere la maggioranza servono almeno 14 adesioni di possibili «costruttori» che potrebbero confluire in un nuovo gruppo.

Responsabili, costruttori o europeisti: al di là degli esercizi lessicali quello che serve alla maggioranza è trovare i numeri in Parlamento per compensare l’uscita di Italia viva. L’operazione è già in corso e c’è tempo poco tempo per realizzarla: Giuseppe Conte sarà lunedì alla Camera e martedì al Senato e i parlamentari saranno chiamati a votare sulle comunicazioni del premier. Da dove possono arrivare i soccorsi per l’«avvocato del popolo»?

Un nuovo gruppo.

L’operazione dovrebbe assumere la forma di un nuovo gruppo (forse chiamato “Pro Conte” o “Con-te”) in modo da dare una prospettiva elettorale ai senatori e ai deputati che decidessero di aderire. A fornire il contenitore potrebbe essere il Maie (il Movimento per gli italiani all’estero, ora nel gruppo Misto): tre senatori fanno parte della maggioranza e avendo presentato il simbolo alle ultime elezioni possono formare un gruppo parlamentare se si raggiunge almeno quota 10 parlamentari.

La ricerca dei numeri.

Trovato l’aggregatore, si devono individuare i parlamentari da convincere per formare la maggioranza alternativa a quella che ha sostenuto finora il Conte due. Come da tradizione della Seconda Repubblica, è al Senato che i conti non tornano. Attualmente Conte gode del sostegno di M5s (92 senatori), Pd (35), Leu (5), Autonomie (6), nove senatori del gruppo Misto (Buccarella, Cario, De Bonis, Di Marzio, Fantetti, Fattori, Lonardo, Merlo, Ruotolo) e Italia Viva (18). Totale: 165 voti (senza contare i senatori a vita). Con l’uscita del partito di Matteo Renzi si scende a 147 (ma sono 149 se si conteggiano anche i senatori a vita Mario Monti ed Elena Cattaneo che hanno sostenuto finora il secondo governo Conte). Per assicurarsi la maggioranza servono perciò 14 voti (oppure 12 conteggiando Monti e Cattaneo) per toccare quota 161 voti. Il Senato è infatti composto da 321 membri (di cui sei sono senatori a vita).

La base di ex grillini.

A fare da base per la nascita del Conte ter potrebbe essere la schiera degli ex grillini dispersi al Senato: hanno dato la loro disponibilità per aumentare le truppe Gregorio De Falco e Tiziana Drago ma si punta ad altri ex pentastellati (Lello CiampolilloCarlo Martelli e Marinella Pacifico), compresi quelli che hanno aderito al progetto di Renzi (come Gelsomina Vono). Tra ammiccamenti e smentite circolano anche i nomi di ex di Forza Italia confluiti in Italia viva come Donatella Conzatti Vincenzo Carbone. In ogni caso se l’operazione della “lista Conte” andasse in porto e la maggioranza si presentasse al Quirinale da Sergio Mattarella con un quarto gruppo parlamentare, allora partirebbero le avances anche verso i senatori di Iv, invitandoli a “tornare a casa”, separando il loro destino da quello di Renzi.

https://www.ilsole24ore.com/art/ex-grillini-ex-forzisti-e-avance-esponenti-italia-viva-cosi-conte-punta-quota-161-senato-ADKWHiDB

Tutti da Nencini: è suo il simbolo che stacca l’ossigeno a Italia Viva. - Giacomo Salvini

 

Ieri pomeriggio il senatore più cercato a Palazzo Madama era Riccardo Nencini. Fiorentino, ultimo mohicano del socialismo italiano ed ex viceministro ai Trasporti nei governi Renzi e Gentiloni, è lui la chiave di volta dell’operazione “costruttori”. Nencini infatti porta in dote il simbolo del Psi, grazie al quale esiste il gruppo di Italia Viva al Senato. E se mercoledì pomeriggio, nel bel mezzo della crisi, Nencini iniziava a prendere le distanze da Renzi provando a fermarlo (“Matteo, pensaci bene”) ieri è uscito allo scoperto insieme al deputato Enzo Maraio, primi a mollare il leader di Iv: “Noi siamo costruttori – hanno scritto in una nota – Va ricomposto il quadro politico senza soluzioni di fortuna con drappelli di senatori presi uno a uno”.

L’operazione portata avanti dalla maggioranza sarebbe questa: Nencini dovrebbe togliere il simbolo al gruppo di IV per fare in modo che 5-6, ma c’è chi dice 8, renziani possano rientrare nel Pd. Tra questi c‘è Donatella Conzatti che mercoledì aveva aperto al “patto di legislatura” e ieri, in un altro vertice dei parlamentari di IV, ha addirittura paragonato Renzi a Conte. Gli altri pronti a lasciare Renzi e tornare nei dem sarebbero Daniela Sbrollini, Leonardo Grimani, Eugenio Comincini, Mauro Marino e forse anche l’ex M5S Gelsomina Vono. Questi ieri hanno criticato la scelta di aprire la crisi. Renzi, dalla sua, prova a bloccare l’operazione: “Bisogna votare il prima possibile in aula – ha detto ieri ai suoi parlamentari – ogni giorno che passa da Chigi cercheranno responsabili spaccando il nostro gruppo”. Ai renziani in uscita si aggiungerebbero gli ex grillini Gregorio De Falco (“se il governo cambia passo, io ci sono” dice al Fatto), Tiziana Drago (“Siamo disponibili”), qualcuno dal Maie e gli ex M5S Martelli, Pacifico, Ciampolillo e l’ex Pd Cerno. Non è escluso che un sostegno possa arrivare anche dall’Udc. Nel frattempo parte la controffensiva della Lega per portare via qualche possibile “responsabile” alla maggioranza. Martedì la conta in aula.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/15/tutti-da-nencini-e-suo-il-simbolo-che-stacca-lossigeno-a-italia-viva/6066366/


Gli Italovivi. - Antonio Padellaro

 

L’altra notte, mentre l’uomo più impopolare della nazione (ora iscritto alla Champions della specialità) si dileguava nel buio dopo aver sfasciato il governo, ai suoi parlamentari veniva richiesto di sacrificarsi come scudi umani su tutte le frequenze radiotelevisive. Salvo qualche eccezione, come Luigi Marattin e Luciano Nobili, che si sono limitati a un paio di generici tweet (forse adducendo ragioni familiari), la chiamata al sacrificio supremo ha coinvolto, tra gli altri, gli eroici onorevoli Ettore Rosato e Ivan Scalfarotto.

Il primo, ospite di Radio anch’io, è stato bastonato perfino dal berlusconiano Renato Schifani, che abbiamo sentito particolarmente indignato “per questa crisi inspiegabile aperta da Renzi in un momento tragico per il Paese”. È stato allora che abbiamo provato una sincera solidarietà per Rosato, persona squisita, costretto a subire le rampogne di chi, in un’altra vita, aveva sostenuto essere Ruby la nipote di Mubarak. No, era troppo.

Del valoroso ex sottosegretario Scalfarotto (recordman, fin dal lontano febbraio 2020 delle dimissioni annunciate e congelate, e adesso sbrinatosi) abbiamo colto un certo smarrimento nel motivare il martirio. Devono essere ore terribili per i deputati e i senatori di Italia Viva, tutte persone, presumiamo di buon senso, prese in ostaggio e immolate per ragioni che anche a loro devono apparire incomprensibili, come avvenne nel Tempio del Popolo con la setta del Reverendo Jones. Immaginiamo le scene strazianti nelle dimore di costoro a cui dal Macron di Rignano sull’Arno era stato garantito un futuro di soddisfazioni e di sonanti rivincite sul Pd. E che si ritrovano imballati e senza prospettiva alcuna, se non la probabile trombatura elettorale, in un partitino che non si schioda dal 3%. All’artefice di questo miracolo al contrario, bisogna comunque riconoscere due primati. La gragnuola di accuse della stampa internazionale (dal Financial Times che lo chiama Demolition Man, a Die Zeit che definisce il suo “un atto disperato”) come non si ricordava dai tempi del Caimano di Arcore. Ma soprattutto aver saputo calamitare sulla sua persona tutta l’incazzatura accumulata da un Paese stremato, giungendo finalmente alla rottamazione di se stesso.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/15/gli-italovivi/6066400/

Panico tra i peones renziani: “Quindi ora che facciamo?”. - Giacomo Salvini

 

A un certo punto di ieri, subito dopo il colloquio al Quirinale tra Sergio Mattarella e Giuseppe Conte, i ruoli si erano magicamente invertiti: i maggiori sostenitori del premier erano diventati i parlamentari di Italia Viva. Gli stessi che, sui social e in tv, da giorni bombardavano il presidente del Consiglio bollato come “arrogante”, “irresponsabile” o “il migliore amico di Mastella”, ieri dopo pranzo si preoccupavano per il futuro dell’avvocato del popolo. E quindi per se stessi. “Adesso che fa, apre al patto di legislatura?” si è sentito chiedere da una collega renziana l’ex capogruppo del M5S al Senato, Gianluca Perilli. Il terrore dei parlamentari renziani correva anche nelle chat sotterranee, ché quella ufficiale del gruppo era aggiornata a martedì sera con l’ultimo messaggio del capo: “Indipendentemente da come andrà la conferenza stampa voteremo le comunicazioni di Speranza, il decreto ristori e lo scostamento di mercoledì” aveva serrato le fila Renzi. E, quando qualcuno si è azzardato a chiedergli se sarebbe andato fino in fondo sulle dimissioni delle ministre, la risposta era stata lapidaria: “Sarà deciso prima della conferenza”. Nient’altro. Sicché, esclusi da ogni altra comunicazione, i peones renziani si aggiravano per il Palazzo con fare sconsolato, quasi storditi. “Non sappiamo niente” la risposta ai colleghi della maggioranza che gli chiedevano notizie. Qualcuno, come il senatore fiorentino Riccardo Nencini, che porta in dote il simbolo del Psi per tenere in vita il gruppo di IV al Senato, ha provato anche a far riflettere Renzi: “Matteo, è un momento molto delicato. Pensaci”.

Nel mentre – raccontano fonti di maggioranza – iniziavano le proposte mirabolanti dietro le quali si celava il terrore di perdere la poltrona: “Vi andrebbe bene Di Maio premier?” si è sentito chiedere un senatore del M5S. Quando però hanno capito che i grillini avrebbero fatto quadrato intorno al premier, i renziani hanno alzato la posta: “Glieli do io i responsabili” scherzava Renzi martedì sera. Una battuta, che in questa folle crisi, è diventata in un attimo verità. Quattro o cinque senatori erano già pronti a rientrare nel Pd, ma c’è chi sostiene che arrivassero a otto al momento della conta in aula. La senatrice Udc Paola Binetti, leader in pectore dei “responsabili per Conte”, nel Salone Garibaldi di Palazzo Madama la spiegava così: “Ma voi ci credete che i renziani vogliano rischiare la poltrona per seguire le ambizioni di Renzi?”.

E allora, quando è arrivata la tanto agognata apertura di Conte a un “patto di legislatura” e il segnale proprio a Italia Viva (“Ritroviamoci attorno a un tavolo, Iv troverà da me massima attenzione”), i peones renziani (e non solo) d’un tratto cambiavano umore. La senatrice Daniela Sbrollini, durante le comunicazioni di Roberto Speranza, usciva dall’aula con un sorriso a 32 denti, la collega trentina Donatella Conzatti faceva sapere urbi et orbi che IV era disposta a un “nuovo patto di legislatura” chiedendo al premier di convocare “ un tavolo con i segretari”. E poi la napoletana Annamaria Parente tirava un sospiro di sollievo ché di lasciare la poltrona da presidente della Commissione Sanità non aveva nessuna voglia. Sempre Nencini, alla buvette del Senato, sorrideva garrulo scorrendo le agenzie dove trapelavano le trattative dei pontieri per ricucire: “Mi sembra che la situazione si sia rimessa a posto”. Non sapeva che un paio di ore dopo Renzi avrebbe fatto dimettere le ministre aprendo la crisi. “E adesso che facciamo?” il messaggio che girava di più tra i renziani spiazzati. Qualcuno difendeva “Matteo”, altri lo criticavano apertamente (“Ci ha tenuti fuori da tutto”). Alle 22 Renzi, fiutato il clima, li ha convocati via zoom per compattare il gruppo. E non è escluso che nelle prossime ore potrà arrivare qualche uscita eclatante. Anche perché i primi transfughi del Parlamento sono proprio quelli di IV: su 30 deputati, 25 deputati sono stati eletti con il Pd e gli altri in Forza Italia, Leu e Maie, mentre al Senato gli ex dem sono 15 a cui vanno aggiunti Nencini (Psi), Vono (ex M5S) e Conzatti (FI).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/14/panico-tra-i-peones-renziani-quindi-ora-che-facciamo/6065063/

No vabbè, ma questa è una notizia clamorosa. - Stefano Ragusa

 

No vabbè, ma questa è una notizia clamorosa. Secondo PiazzaPulita, sei senatori di Italia Viva rimarrebbero con Conte.
Il senatore Nencini che ha prestato il simbolo a Renzi per formare il gruppo, rimarrebbe con Conte. Se fosse confermata, Il gruppo di Renzi rimarrebbe in appoggio di Conte, mentre Renzi finirebbe nel gruppo misto.
Un autovaffanculo più fragoroso di quello dell'altro Matteo.
Io voglio chiarire una cosa però sui cosiddetti responsabili. Si continua a ripetere che per il MoVimento sarebbe un rospo.
Questa è una grandissima stronzata. Se c'è un gruppo di transfughi conclamato, quello è il Gruppo di Italia Viva, che alle elezioni non esisteva.
Non c'era sulla scheda elettorale.
Non c'è neppure oggi in Parlamento.
Usa abusivamente il simbolo di un altro. Ha portato via con sé gente eletta in un altro partito. Ha fatto una scissione dal suo partito dopo aver spinto per un governo dall'interno del PD, presentandosi a Conte come un fungo sbucato dal nulla.
Ha tradito, i suoi compagni e l'intero campo progressista, oltre che la coalizione di Governo, aprendo una crisi.
Ora i traditori sarebbero gli altri?
Chi rimane con Conte è sempre stato dove stava prima. Il 90% dei suoi senatori, sono Piddini! Dove dovrebbero andare, se il loro capo impazzisce e spalanca le porte ai nazionalisti trumpisti? Ritornano col partito che li ha eletti in Parlamento. Idem per i 5stelle, ci sono decine di ex M5S eletti con M5S. Perché mai sarebbero "responsabili" se votano la fiducia a un Governo M5S? Li ha fatti eleggere M5S!
Qui colgo l'occasione per una riflessione. Ci sono state alcune espulsioni che hanno fatto molto rumore. Non dico di accoglierli di nuovo nel gruppo.
Non credo nemmeno loro vorrebbero.
Mi piacerebbe venisse colta l'occasione per una riconciliazione, un chiarimento e un impegno, qualora il Governo dovesse rimanere in carica, sui punti che ci contestavano. Ricordo che alcuni espulsi, firmarono una lettera in coda a un appello di Di Battista, tempo fa. Presumo si riconoscessero in lui.
Sarebbe una bella cosa, in questo periodo di merda, se ci fosse almeno un chiarimento e un impegno con loro. Al di là del gruppo nel quale confluiranno.

Scilipoti è lui. - Marco Travaglio

 

Il renzismo ormai è estinto su tutto il territorio nazionale (e perfino sui suoi social: decine di migliaia di commenti, tutti di insulti e sberleffi, neppure un parente a riequilibrare). Per non parlare di quello internazionale (“Demolition man” è la definizione più amichevole). Ma sopravvive come se nulla fosse tra i giornalisti e i telecommentatori italioti. Che si dividono in cinque categorie. 

1) Quelli che “R. ha rovesciato il governo che aveva inventato e di cui faceva parte, dunque è colpa di Conte che deve andare a casa”. 

2) Quelli che “R. ha tradito per l’ennesima volta i suoi alleati, quindi va invitato a fare un nuovo governo e Conte vada a casa per non disturbarlo”. 

3) Quelli che “R. sul merito ha ragione, ma forse ha sbagliato qualcosa nei tempi e nei modi, dunque Conte deve andare a casa”. 

4) Quelli che “un governo non può reggersi sui responsabili alla Scilipoti&Mastella, ergo Conte deve andare a casa”.

Per le prime 3 specie non c’è logica che tenga: al cuore non si comanda. La 4 dimentica che fu proprio R. a governare con transfughi e responsabili (Ncd e verdiniani) e poi a fondare un partito col 100% di similScilipoti&Mastella e ora rovescia il Conte-2 come Mastella il Prodi-2, senz’alcuno scandalo tra le vergini violate che ora strillano all’ipotesi di rimpiazzarlo con “ex” di altri partiti (soprattutto il suo). Poi ci sono quelli che, ansiosi di liberarsi dell’unico premier che non si fila i loro padroni, menano scandalo perché non s’è ancora dimesso. Purtroppo ignorano la Costituzione (art. 94): “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale”. Che non pare sostituibile con conferenze stampa, interviste, tweet, post, storie o lettere di dimissioni. Quindi a oggi la crisi è tutta mediatica: nessuno l’ha formalizzata e giuridicamente non esiste. Nella Prima Repubblica i premier bypassavano il Parlamento e si dimettevano al Quirinale per averne il reincarico. Una furbata rotta solo da Prodi (due volte) e ora da Conte (due volte), che lunedì sarà alla Camera e poi al Senato per “parlamentarizzare” la crisi annunciata. Senz’averne alcun obbligo, visto che né Iv né le destre hanno presentato mozioni di sfiducia. Del resto le mozioni devono essere “motivate” e, se le destre hanno i loro motivi, sfuggono quelli dell’Innominabile. A meno di non credere davvero che Conte è un “vulnus per la democrazia”, “abusa dei social” e “spettacolarizza la liberazione dei pescatori” (giuro: ha detto così, lui). In attesa di lunedì, si annuncia l’addio a Iv di Nencini, padrone del marchio, che lo spedirebbe nel gruppo misto. Se tutto va bene, per vederlo sparire pure dal Parlamento, non dobbiamo neppure attendere le elezioni.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/15/scilipoti-e-lui/6066359/

Superata la fase del grottesco... - Giancarlo Selmi

 

Superata la fase del grottesco, il partito unico dei giornalisti italiani, capeggiato in questo momento da Mentana, ha imboccato quella del tragicamente comico. Si sta avverando quello che meno auspicavano. L'entrata nella maggioranza di un cospicuo gruppo di "responsabili".

L'aumento della credibilitá dell'eventualitá, é stato direttamente proporzionale alla progressiva scomparsa del sorriso dal volto del "mitraglietta", sorriso che ieri fu eterno con molti sconfinamenti nell'ilaritá.
In un paese dove il 90% dei governi si é sostenuto con gente che cambiava schieramento come mia moglie cambia il pannolino al bimbo, i giornalisti italiani, che fino a ieri avevano digerito di tutto senza scrivere una sola riga sull'argomento, sui "responsabili" hanno dato giudizi di moralitá, etica politica, costituzionalitá, opportunitá e legalitá, letteralmente terrorizzati dall'eventualitá che si realizzi quello che temevano: la prosecuzione dell'attuale Governo. Eventualitá che, in questo momento pare sempre piú probabile.
Sto guardando Mentana, ha la faccia da funerale. Spingendosi perfino ad ipotizzare una parallela campagna acquisti da parte della destra (che, in questo caso invece, sarebbe legalissima).

A proposito dei "costruttori" o "responsabili" che dir si voglia, va detto che:

- la fiducia a Conte fu data dal PD e non da IV. Questo gruppo si é formato dopo l'insediamento del Governo Conte II. Pertanto puó ritenersi in carica fino ad un passaggio parlamentare che lo sfiduci.
- l'attuale legge elettorale proporzionale, permette legittimamente la ricerca di maggioranze in parlamento.
- il Governo D'Alema fu reso possibile da Parlamentari eletti con il centro dx e che cambiarono schieramento con l'occasione. Alcuni di loro assicurarono il voto di fiducia senza aver costituito nessun gruppo. Ció avvenne nonostante leggi elettorali chiaramente maggioritarie. Lo stesso avvenne con Berlusconi.
- Non si capisce perché Conte sarebbe piú debole con il voto dei costruttori, rispetto a quanto lo fosse con l'appoggio di Italia Viva.
- Nella Costituzione non vi é nulla che impedisca a Conte di chiedere a chi ci sta, di dargli la fiducia.

Sono fiducioso. Diventa sempre piú consistente la desiderata eventualitá della relegazione nell'oblio di Renzi, insieme allo spappolamento (metaforico) del fegato di Mentana e dei soloni del partito unico anti-Conte dei giornalisti italiani. Ad maiora!
#AvantiConConte

Giancarlo Selmi 

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