Ieri pomeriggio il senatore più cercato a Palazzo Madama era Riccardo Nencini. Fiorentino, ultimo mohicano del socialismo italiano ed ex viceministro ai Trasporti nei governi Renzi e Gentiloni, è lui la chiave di volta dell’operazione “costruttori”. Nencini infatti porta in dote il simbolo del Psi, grazie al quale esiste il gruppo di Italia Viva al Senato. E se mercoledì pomeriggio, nel bel mezzo della crisi, Nencini iniziava a prendere le distanze da Renzi provando a fermarlo (“Matteo, pensaci bene”) ieri è uscito allo scoperto insieme al deputato Enzo Maraio, primi a mollare il leader di Iv: “Noi siamo costruttori – hanno scritto in una nota – Va ricomposto il quadro politico senza soluzioni di fortuna con drappelli di senatori presi uno a uno”.
L’operazione portata avanti dalla maggioranza sarebbe questa: Nencini dovrebbe togliere il simbolo al gruppo di IV per fare in modo che 5-6, ma c’è chi dice 8, renziani possano rientrare nel Pd. Tra questi c‘è Donatella Conzatti che mercoledì aveva aperto al “patto di legislatura” e ieri, in un altro vertice dei parlamentari di IV, ha addirittura paragonato Renzi a Conte. Gli altri pronti a lasciare Renzi e tornare nei dem sarebbero Daniela Sbrollini, Leonardo Grimani, Eugenio Comincini, Mauro Marino e forse anche l’ex M5S Gelsomina Vono. Questi ieri hanno criticato la scelta di aprire la crisi. Renzi, dalla sua, prova a bloccare l’operazione: “Bisogna votare il prima possibile in aula – ha detto ieri ai suoi parlamentari – ogni giorno che passa da Chigi cercheranno responsabili spaccando il nostro gruppo”. Ai renziani in uscita si aggiungerebbero gli ex grillini Gregorio De Falco (“se il governo cambia passo, io ci sono” dice al Fatto), Tiziana Drago (“Siamo disponibili”), qualcuno dal Maie e gli ex M5S Martelli, Pacifico, Ciampolillo e l’ex Pd Cerno. Non è escluso che un sostegno possa arrivare anche dall’Udc. Nel frattempo parte la controffensiva della Lega per portare via qualche possibile “responsabile” alla maggioranza. Martedì la conta in aula.
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