sabato 12 ottobre 2019

RIFLESSIONI POST-IDEOLOGICHE - Roberta Labonia

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A neanche un mese e mezzo dalla fine del Conte I, che ci ha lasciato in eredità il reddito di cittadinanza, la legge Spazzacorrotti, il Decreto Dignità, il fondo indennizzo truffati dalle banche, col Governo Conte II il Movimento 5 Stelle in 30 giorni ha già incassato il taglio dei parlamentari, il decreto clima e il decreto scuola che mette mano (finalmente!) al precariato cronico di migliaia di docenti italiani.

Domani mi metto in viaggio per Napoli per essere presente alla festa dei 10 anni del Movimento e vado indietro con la memoria. Correva l'anno 2007 quando Beppe Grillo apri' la stagione del Vaffa Day e, da allora, che vi piaccia o no', l'interiezione "vaffanculo" rivolta alla malapolitica, ha sortito degli straordinari effetti, una presa di coscienza, io la chiamo così, collettiva, di larghe fasce di elettorato. Solo due anni dopo sarebbe nato il Movimento 5 Stelle e nulla è stato più come prima. Così come sono cambiati, all'interno del Movimento, le regole interne e l'approccio alle altre forze politiche e menomale, dico io, se non puoi domare la bestia, almeno fino ad oggi, devi imparare a cavalcarla, altrimenti ti travolge.

Alla Mostra D'oltremare, dove si terrà la due giorni grillina, seguirò il consiglio di Luigi Di Maio, ritirerò il libretto dove sono elencati tutti gli altri provvedimenti del programma ancora da realizzare, quegli stessi per cui i pentastellati hanno avuto, da subito, il mio voto. Ora mi aspetto, come prossimo traguardo, che veda la luce la riforma della Giustizia, quella stessa messa sotto il naso di Salvini da una persona per bene, un avvocato, un Ministro capace come Alfonso Bonafede, inutilmente, non l'ha voluta firmare, eppure faceva parte del contratto, così come il reddito minimo che il leghista ha boicottato. Sono obiettivi importanti per tutta la collettività, non per parti di essa, e stavolta vanno tradotti in legge.

Il patto, (obbligatorio), con un'altra forza di Governo, qualunque essa sia (trovate le differenze se ce ne sono), avrà comunque la mia approvazione nella misura in cui si riuscirà a realizzare i punti del programma del Movimento.
Ogni volta che un punto verrà realizzato, lo spuntero', con l'intima speranza (o forse sogno?), che, prima o poi, vedranno tutti alla luce. Del resto chi mai avrebbe scommesso che, solo dopo 5 anni in Parlamento, il Movimento sarebbe diventato la forza di maggioranza al Governo di questo Paese? Questo è ciò che conta. Realizzare, da soli o in compagnia, se le regole democratiche lo impongono, il programma grillino. Questo è l'obiettivo da cui nessuno dei portavoce eletti, così come ogni elettore 5 Stelle, dovrebbe distogliere lo sguardo, il resto è fuffa.

Le chiacchiere, i mal di pancia, i personalismi, le defezioni, le prese di distanza, le piccole invidie interne, le relego fra le cose inutili, anzi, dannose, che tolgono energia ad una squadra che invece avrebbe bisogno della massima carica positiva da parte di tutte le sue donne e dei suoi uomini per abbattere le resistenze del sistema. Perché quella del Movimento è stata, è, e sarà sempre, una strada in salita. Nessuno farà mai sconti al Movimento 5 Stelle e ai suoi uomini perchè, con chiunque esso si allei, rimarrà sempre un'ostacolo formidabile all'attecchire della malapolitica.

Al netto di coloro che hanno utilizzato l'ascensore 5 Stelle per trovarsi un posto al sole e che così come sono entrati ne sono usciti, senza lasciare traccia, gli ex fedelissimi oggi dissidenti, i malpancisti di oggi, spero ritrovino presto la strada maestra. Se così non sarà, si guardino allo specchio e si chiedano se mai hanno compreso il concetto di #Postideologico, concetto sulle cui basi il Movimento si è fondato. Ma, soprattutto, questi signori si chiedano se sono stati mai all'altezza di quell'elettorato che invece, quel concetto, l'ha sposato e fatto suo.

Taglio dei parlamentari, alla faccia loro. - Tommaso Merlo

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Dopo aver tolto gli indecenti vitalizi, arriva un’altra falciata alla casta politica. Il taglio del numero di parlamentari. Una vittoria storica. L’Italia è stata ostaggio per decenni di una casta politica abnorme. Una marea di poltrone d’oro. Un vero e proprio salasso per i contribuenti. Un ingombrante verminaio nei palazzi. E tutto questo nonostante la casta politica italiana abbia storicamente dimostrato un livello d’inettitudine e di corruzione inauditi. Una casta numerosissima e strapagata nonostante risultati disastrosi al punto di diventare il problema del paese invece che la soluzione. Una casta politica che tra le altre malefatte ha sempre imposto severi sacrifici ai cittadini salvo poi abbuffarsi all’inverosimile alle spalle del contribuente. Poltrone, vitalizi, privilegi. Voragini di bilancio. Voragini d’illegalità. Attici, vestiti di sartoria, vacanze esotiche. A brindare alla bella vita, la loro. E quando i cittadini hanno iniziato ad alzare la voce. Lorsignori hanno chiuso le finestre e si son tappati le orecchie. Convinti che l’avrebbero scampata anche questa volta. Perché il banco vince sempre. Perché il più forte vince sempre. Soprattutto in Italia. Bella, sì, ma vecchia e marcia e ingiusta e granitica nel suo cinico immobilismo. Ma i miracoli a volte succedono. Perfino da noi. Stanchi di gridare al vento, quei cittadini esasperati hanno deciso di fare da soli. Senza quella casta satolla che si ostinava a brindare rinchiusa nei salottini rococò. Senza quella casta ottusa e senza cuore. Per colpa di quei soldi immeritati. Per colpa di quel potere fine a se stesso. Che li ha accecati d’arroganza, che li ha logorati moralmente, che li ha estraniati dalla realtà. Nemmeno la crisi li ha fermati. Nemmeno la povertà e il dolore e la paura. Poi il miracolo. Grazie a quei cittadini che hanno giocato bene le loro carte. Grazie alle loro idee ed istanze sacrosante. Che li hanno fatti diventare milioni. Di volti e poi di voti. E poi scranni e poi decisioni politiche. Fatti. Come quello di scardinare la piaga dei vitalizi. Come quella di tagliare privilegi e poltrone. Alla faccia dei vecchi partiti inconcludenti che oggi votano controvoglia a favore del taglio dei parlamentari dopo anni d’ipocrita melina. Destra, sinistra. Sotto, sopra. Il passato. Alla faccia di quel megalomane egoarca di Salvini che tra una sbronza e una chiappa all’aria stava facendo saltare tutto per l’ennesima volta. Alla faccia dei parrucconi che imbrattano i giornali ed infestano le televisioni, reazionari da quattro soldi che rimpiangono un marciume anche culturale di cui sono stati complici e di cui ne sono ancora intrisi. Alla faccia di chi ha tentano di fermare con ogni vile mezzo quei cittadini testardi ed idealisti e con essi un cambiamento mai così democratico e trasparente. Mai così genuino. Idee, valori, persone, impegno. Senza soldi, senza padroni, senza ammuffite ideologie, senza secondi fini. Roba da applausi in qualunque democrazia moderna. Roba da sputi in faccia in questa Italia. Alla faccia dei menagramo che davano il Movimento per morto e per scisso. Come la loro onestà intellettuale. Come il loro senso storico. Alla faccia di chi è restato a casa sul divano a farsi gli affari propri perché i miracoli non succedono mai. Dopo vitalizi e privilegi, i cittadini la smetteranno di finanziare inutili e costosi scranni e il parlamento potrà operare in maniera più snella. Già, cambiare è possibile. Anche in Italia. Rinnovare la nostra democrazia pure. Tutto dannatamente possibile. Bastava crederci. Bastava volerlo. Alla faccia loro.

James Cont 007. - Marco Travaglio FQ 12 ottobre


Avevamo deciso di aspettare di saperne qualcosa di più, prima di commentare lo strano caso di James Cont detto 007, essendo abituati a basarci sui fatti e non sui boatos.
Poi abbiamo letto la seguente dichiarazione di Salvini, rilasciata a un’ora pericolosamente tarda del pomeriggio dell’altroieri: “La parabola di Conte la vedo bella che finita… può andare ovunque quando vuole. Lo vedo confuso, da cinque giorni dice tutto e il contrario di tutto, ma evidentemente c’è qualcosa che non torna. Chiedeva chiarezza da me, ora il popolo chiede chiarezza a lui”.
Già il fatto che Salvini dia del “finito”, “confuso” e contraddittorio a Conte mette di buonumore: è come se Rocco Siffredi desse del pornodivo a Carlo Giovanardi. Il fatto poi che gli intimi di fare “chiarezza” a nome di un fantomatico “popolo” è davvero irresistibile. Conte non ha ancora detto una parola sul tema (dunque difficilmente, a differenza di Salvini, può dire “tutto e il contrario di tutto”) perché chiede da dieci giorni di essere sentito dal Copasir, cioè dal comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti.
Invece da un anno il Parlamento chiede invano a Salvini di chiarire in commissione Antimafia e nelle aule parlamentari due faccenduole da niente: i suoi rapporti col fido Arata, indagato per una presunta tangente al fido Siri e socio occulto di quel Nicastri appena condannato a 9 anni per mafia a causa dei suoi legami con un altro Matteo (Messina Denaro); e le sue trasferte a Mosca con Savoini, indagato per corruzione internazionale con altri due italiani e tre russi che trattavano una fornitura petrolifera da Gazprom e una stecca di 65 milioni di dollari per la campagna europea della Lega (certamente chiesta, non si sa se versata).
Ciò che sfugge a Salvini è che Conte è sospettato (si fa per dire) di rapporti con un Paese alleato da 75 anni, a cui precedenti governi hanno reso servigi infinitamente più scandalosi (l’ok al sequestro di Abu Omar, il segreto di Stato per intralciare le indagini e infine la grazia agli spioni della Cia condannati, per non parlare della vergogna del Cermis e di tante altre). Invece Salvini e/o i suoi cari sono sospettati di rapporti con nemici chiamati Russia e Cosa Nostra.
Se questa lievissima differenza sfuggisse solo a lui, poco male. Ma siccome i giornaloni al seguito dei due Matteo azzardano ridicoli paralleli tra caso Salvini-Russia e presunto caso Conte-Usa, è forse il caso di rammentare qualche dettaglio. Tutto ciò che sono accusati di aver fatto Siri, Arata e Savoini – se confermato – sarebbe illecito. Tutto ciò che è accusato di aver fatto Conte – se confermato – sarebbe lecito.
A meno che qualcuno non tiri fuori una legge, una norma, un regolamento, che vieta ai capi dei servizi di incontrare il ministro di un paese amico. Resta da capire se la condotta di Conte, oltreché lecita, sia stata anche opportuna. Al momento, risulta quanto segue. Il ministro della Giustizia americano Barr, in vacanza in Italia ad agosto, fa chiedere a Conte dall’ambasciatore Usa di poter incontrare i vertici dei servizi. Conte – che dirà di non averne mai parlato con Trump né con Barr – autorizza l’incontro. Che avviene il 15 agosto nella sede del Dis in piazza Dante a Roma, dove Barr arriva col consueto corteo di auto di scorta e rappresentanza: quanto di meno clandestino si possa immaginare.
Quando sa dagli 007 che tipo di informazioni interessano al ministro, Conte detta loro le regole d’ingaggio per il secondo incontro del 27 settembre, sempre in piazza Dante: nessun documento potrà essere consegnato, salvo richieste di rogatoria da Barr (che è pure General Attorney, cioè primo magistrato d’America e responsabile dell’Fbi) alla magistratura italiana.
Invece le semplici informazioni sul Russiagate interessano a entrambi i governi. Se ci fossero state deviazioni di personaggi o ambienti legati ai nostri servizi (Link University, Mifsud ecc.) contro Trump o la Clinton alle Presidenziali 2016, la nostra intelligence dovrebbe saperlo e intervenire. Idem quella americana a parti invertite.
Di solito questi scambi di notizie avvengono tra omologhi: cioè tra servizi e servizi. Dunque l’incontro fra un’autorità politica (ma anche giudiziaria) come Barr ed entità tecniche come i nostri servizi (ma sotto il controllo e con le regole dettate dal premier) è lecito, ma irrituale. Il che non significa che sia inedito: chi può dire che non sia mai accaduto in passato, solo perché non si è mai saputo? Diversi capi di Stato, soprattutto del Medio Oriente e dell’Africa, sono usi contattare personalmente alcuni capi dei nostri servizi, per antiche consuetudini. Ma ovviamente, trattandosi di regimi autocratici, nessun funzionario si sogna di spifferare la notizia ai giornali, come invece accade nell’America di Trump dilaniata dalla guerriglia politico-elettoral-spionistica.
Perciò, prima di giudicare, è meglio attendere che Conte e i capi di Dis, Aise e Aisi raccontino al Copasir quel che è accaduto. Tutto dipenderà da un elemento che ancora nessuno conosce: quali notizie si siano scambiati gli italiani e l’americano. Quando lo sapremo, capiremo se chi accusa Conte di nascondere altarini indicibili o addirittura di aver venduto i nostri servizi a Trump in cambio dell’appoggio al suo nuovo governo (col tweet pro “Giuseppi”) aveva ragione o raccontava balle.
Al momento nulla autorizza i due Matteo e i giornaloni al seguito a menare scandalo. E tutto ci autorizza a sospettarli di voler screditare il nemico comune: Giuseppe Conte, che va abbattuto a ogni costo per motivi che ci sfuggono, ma forse un giorno scopriremo.
Nell’attesa, ci orientiamo con la bussola dell’esperienza: di solito, se uno ha Salvini, Renzi e i giornaloni contro, è gravemente indiziato di stare dalla parte giusta.